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Google Vs Antitrust Usa, presto qualcosa cambierà per tutti noi

In conclusione, la sentenza contro Google rappresenta un passo significativo verso un internet più equo e competitivo, ma il percorso per smantellare il monopolio e creare un mercato realmente aperto sarà lungo e complesso.

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    Google è un monopolista. Lo ha sentenziato l’Antitrust Usa che potrebbe cambiare il nostro rapporto con il web.

    Una sentenza storica contro Google

    Segnatevi questa data 5 agosto 2024. Abbiamo a che fare con una storica sentenza emessa dal giudice Amit P. Mehta della corte distrettuale della Columbia, dichiarando Google colpevole di abuso di posizione dominante nel settore delle ricerche online. Questa sentenza, frutto di un processo iniziato nel 2020 e durato 10 settimane, segna un punto di svolta significativo per l’industria delle Big Tech.

    Quali sono le accuse

    Secondo il Dipartimento di Giustizia americano, Google ha violato la seconda sezione dello Sherman Act, una legge antitrust del 1890. Google è accusato di aver mantenuto il suo monopolio attraverso pratiche scorrette e accordi economici con altri colossi tecnologici come Apple e Samsung. In particolare, Mountain View ha pagato ingenti somme, fino a 26 miliardi di dollari all’anno, per assicurarsi che il suo motore di ricerca fosse l’opzione predefinita sui dispositivi di queste aziende.

    E cosa risponde Google?

    La Casa Bianca ha accolto con entusiasmo la sentenza, definendola una “vittoria per il popolo americano“. Google d’altronde ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso, sostenendo che il successo del suo motore di ricerca è dovuto alla sua qualità superiore, non a pratiche monopolistiche.

    Che futuro ci aspetta sul web

    La sentenza del giudice Mehta potrebbe avere profonde ripercussioni sul futuro di Google e dell’intera industria tecnologica. È ancora incerto quali misure specifiche saranno adottate per smantellare il monopolio, ma è chiaro che l’azienda potrebbe, e dovrebbe, dover rivedere il suo modello di business. La sfida ora è capire come le autorità intendano implementare la sentenza e quali saranno le conseguenze pratiche per noi utenti. Cambiare un sistema digitale profondamente radicato richiederà tempo e potrebbe incontrare resistenze dovute alle abitudini consolidate di tutti noi.

    Il precedente di Microsoft del 1998

    Questo caso ricorda il processo antitrust contro Microsoft nel 1998, quando l’azienda fu accusata di abuso di posizione dominante nel mercato dei browser. Allora, come oggi, l’accusa principale riguardava l’impossibilità per i concorrenti di emergere a causa delle pratiche monopolistiche. La sentenza evidenzia come i comportamenti monopolistici danneggino startup, aziende affermate, pubblicitari e, soprattutto, i consumatori. La mancanza di concorrenza limita le opzioni disponibili per gli utenti e favorisce l’egemonia di un singolo servizio.

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      Moda

      Moda, il ritorno del paltò: classico, oversize o vintage, il cappotto dell’inverno si porta con personalità

      Simbolo di stile e sobrietà, il cappotto lungo riconquista passerelle e armadi. Tra lana spessa, tweed o cashmere, è il capo chiave dell’autunno-inverno 2025.

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      il ritorno del paltò

        Il ritorno del cappotto lungo

        È ufficiale: il paltò è tornato. Dopo stagioni dominate da piumini tecnici e bomber oversize, il cappotto lungo torna a dettare legge, riscoprendo l’eleganza classica. Le passerelle di Parigi e Milano l’hanno consacrato protagonista assoluto dell’inverno: tagli dritti, spalle importanti e silhouette pulite. Ma non è un ritorno nostalgico — il nuovo paltò gioca con proporzioni, tessuti e dettagli contemporanei. Il fascino è quello di un capo che non urla, ma comunica con autorevolezza.

        Dalla sartoria al guardaroba urbano

        Una volta simbolo di rigore, oggi il paltò si reinventa. Si porta aperto, con sneakers o stivali, su jeans o completi fluidi. La moda lo mescola al quotidiano, lo alleggerisce, lo rende democratico. I colori? Dominano i neutri — cammello, grigio, blu notte, ma anche nero e verde bosco. Per chi osa, tornano i quadri e i motivi check di ispirazione british, in perfetto equilibrio tra nostalgia e modernità.
        Gli stilisti lo reinterpretano in lana cotta, tweed o cashmere double, e le versioni oversize diventano quasi una coperta urbana: rassicurante, elegante, mai banale.

        Paltò per lei, paltò per lui

        Nel guardaroba femminile il paltò abbraccia forme morbide, cintura in vita e collo ampio, spesso portato sopra minidress o maglioni chunky. Per l’uomo resta il grande classico — doppiopetto o monopetto, spalle strutturate e linea asciutta — ma il nuovo modo di indossarlo è più rilassato: con cappuccio sotto, dolcevita o camicia sbottonata.
        È il ritorno di una certa idea di eleganza: quella che non ha bisogno di stupire, ma solo di durare.
        In un’epoca di abbigliamento usa e getta, il paltò resta un manifesto di stile. Si compra una volta, si indossa per anni. Ed è proprio questo — la sua discreta, resistente bellezza — il vero lusso del presente.

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          Cucina

          Pollo alla romana, la coccola d’autunno che profuma di stufa accesa e domeniche lente

          Un piatto nato nelle campagne laziali e ormai simbolo delle tavole romane. Niente fronzoli, solo ingredienti semplici e genuini che cuociono piano, riempiendo la casa di profumi avvolgenti e di quella sensazione di famiglia che solo l’autunno sa riportare.

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          Pollo alla romana

            La tradizione che scalda anche il cielo grigio
            Novembre chiede stoviglie pesanti, pentole capienti e piatti che sembrano abbracci. Il pollo alla romana è questo: memoria, intimità e l’odore di qualcosa che cuoce piano mentre fuori la città rallenta sotto la pioggia. Non è un piatto da trattoria turistica, ma da casa vera, di quelle dove il tempo si prende e non si rincorre. Ogni famiglia romana ha la sua versione, e ognuna giura che sia la migliore.

            Ingredienti semplici, sapore enorme
            La forza di questa ricetta è la sua essenzialità. Un pollo tagliato a pezzi, peperoni carnosi — sì, anche in autunno: basta sceglierli ben maturi o usare quelli conservati “alla romana” — pomodori pelati, vino bianco, aglio, olio, sale e pepe. Una foglia di alloro, erbe fresche e pazienza.
            Ingredienti per 4 persone:
            1 pollo in pezzi

            3 peperoni rossi e gialli

            400 g di pomodori pelati

            1 spicchio d’aglio

            1/2 bicchiere di vino bianco

            olio extravergine d’oliva

            alloro

            sale

            pepe

            basilico o prezzemolo.

            La cottura lenta è la vera ricetta
            Si comincia rosolando il pollo in padella larga, lasciandolo dorare bene: è questo che regala quel sapore pieno e rotondo. Si sfuma con il vino bianco, si lascia evaporare e nel frattempo i peperoni vengono fatti appassire a parte con l’aglio. Poi tutto insieme, fuoco basso, pomodoro e alloro. E via, a sobbollire piano, mentre la cucina si riempie di un aroma che sa di sera che scende presto, pioggia che batte ai vetri e famiglia che si raccoglie.
            Quando il sugo si stringe e la carne diventa tenera, basta un ultimo gesto: un ciuffo di basilico — o prezzemolo, più autunnale — e un pane rustico pronto a farsi complice.

            Il pollo alla romana non si presenta, si serve. E ogni forchettata ricorda che un piatto, quando nasce dalla terra e dall’attesa, non ha stagione: ha solo cuore.

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              Cucina

              Il budino viola che profuma d’autunno: il budino di uva nera, due ingredienti e tanta poesia per un dessert leggero e irresistibile

              Dalla tradizione contadina arriva un dessert scenografico e leggero. Il budino di uva nera Solarelli conquista per il suo colore intenso, la texture vellutata e il gusto pulito. Una ricetta essenziale che trasforma la frutta di stagione in una dolcezza viola brillante, perfetta dopo cena e impossibile da dimenticare.

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              Il budino viola

                Il dolce che nasce dalla terra
                In un panorama di dessert elaborati, creme ricche e glassature lucide, il budino di uva nera è una carezza. È la prova che a volte bastano due ingredienti e un po’ di pazienza per ottenere qualcosa di unico. Il segreto è tutto nella frutta: uva nera senza semi Solarelli, raccolta al giusto grado di maturazione, succosa, profumata e naturalmente dolce. È un dolce della tradizione rurale, nato quando in cucina si lavorava con ciò che la natura offriva, senza sprechi e con lentezza. Il risultato è un budino che non chiede zucchero, panna o gelatine: solo il succo dell’uva e una piccola quantità di farina per addensare. Novembre lo accoglie alla perfezione: è viola profondo, ricorda il vino novello e profuma di vendemmia.

                L’arte della semplicità: la cottura lenta dell’uva
                La prima fase è quasi meditativa. I grappoli si lavano, si sgrana l’uva e si raccolgono gli acini in un tegame capiente. La fiamma è bassa, il tempo è lento: due ore circa perché gli acini rilascino lentamente tutto il loro succo. Durante la cottura si schiacciano con cura, così ogni goccia diventa parte del dolce. Il passaggio successivo è il più importante: filtrare il succo con un colino per eliminare bucce e residui, lasciando soltanto un liquido liscio e intenso, che ritorna in casseruola per la trasformazione finale. Il profumo che invade la cucina è già dessert: dolce, vinoso, leggermente floreale.

                Dal fuoco allo stampo: nasce il budino
                Quando il succo è pronto, si aggiunge gradualmente la farina, mescolando fino a ottenere una consistenza densa ma ancora scorrevole. La miscela torna sul fuoco, dove ribolle appena per due o tre minuti, mescolata senza sosta con una frusta. È una danza breve ma essenziale: il liquido prende corpo, si addensa, brilla. Poi arriva la parte più bella, quella domestica e affettiva: versarlo in uno stampo e lasciarlo raffreddare, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per circa tre ore. Quando si sforma, il budino appare lucido, morbido, con una tonalità viola che sembra rubata a un cielo d’autunno al tramonto. Fresco, leggero, naturalmente dolce. Perfetto da solo, magnifico con una cucchiaiata di yogurt bianco o un filo di miele di castagno per chi vuole una nota più golosa.

                È un dolce che parla piano. E proprio per questo conquista.

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