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Curiosità

Il ritorno dell’uccello del terrore

Gli “uccelli del terrore” fanno parte di un gruppo estinto di giganteschi pennuti carnivori che per centinaia di anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo depredando i territori dell’odierna zona della Terra che comprende Argentina, Brasile, Cile e Uruguay.

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    Ai suoi tempi ha terrorizzato tutti gli animali che vivevano sulla Terra là dove lui poteva colpire indisturbato. Era considerato – ma da chi? – un vero e proprio uccello del terrore. Un pennuto rapace che dominava senza rivali nel periodo giurassico.

    La notizia del suo ritrovamento è stata pubblicata sulla rivista Electronic Paleontology che per gli appassionati di paleontologia, è considerata un po’ una Bibbia. Questa scoperta ha galvanizzato e incuriosito la comunità dei paleo-ornitologi di tutto il mondo. Si tratta infatti di una novità straordinaria che amplia la visuale e allarga gli orizzonti riguardo la storia e la geografia di quelli definiti “uccelli del terrore”.

    A che specie appartengono e da dove provenivano

    Gli “uccelli del terrore” fanno parte di un gruppo estinto di giganteschi pennuti carnivori che per centinaia di anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo sorvolando e depredando i territori dell’odierna zona della Terra che comprende Argentina, Brasile, Cile e Uruguay. Stiamo descrivendo animali, vissuti tra 23 milioni e 17 mila anni fa. Un tratto di vita della Terra enorme.
    Tra i primi a descrivere questa specie è stato il giovane paleo-ornitologo di Montevideo Washington Jones, che lavora presso il Museo Nazionale di Storia Naturale dell’Uruguay.

    Washington Jones descrive questi predatori come “creature con una corporatura simile a quella di uno struzzo, dotate di un becco ricurvo e artigli enormi, paragonabili a quelli dei rapaci di Jurassic Park“. Il loro peso poteva superare i 100 kg, e naturalmente vista la imponente stazza e la potenza predatrice, erano capaci di strappare la carne della propria preda con estrema facilità.

    Com’è stata possibile questa scoperta

    La scoperta di questi predatori è stata possibile grazie al ritrovamento di due falangi sull’isola di Seymour, nell’estremità settentrionale della penisola antartica. Si tratta di una piccola isola vicino all’isola di Baltra nelle isole Galápagos in Ecuador. Formato dal sollevamento di una formazione lavica sottomarina Seymour è ricoperta da una vegetazione bassa e cespugliosa con una superficie davvero minima: di 1,9 km quadrati. I ritrovamenti fanno intuire che l”uccello del terrore’ 50 milioni di anni fa potrebbe aver dominato le foreste dell’Antartide. Visto che in quell’epoca anche quella zona era un ambiente rigoglioso e caldo, e oltretutto ben collegato con il resto del Sud America. Il ritrovamento in effetti ha rimescolato le carte dei paleo-ornitologi. Per loro è una vera e propria sfida rispetto alle conoscenze sugli ecosistemi preistorici dell’area: ecosistemi noti per essere privi di grandi predatori terrestri.

    La paleontologa ricercatrice Carolina Acosta Hospitaleche, dell’Università Nazionale di La Plata, insieme a Jones, ha analizzato attentamente le ossa ritrovate. Concludendone che potrebbero appartenere a un antenato degli ‘uccelli del terrore’. Se questa scoperta una volta analizzate attentamente le ossa, fosse comprovata e accertata, potrebbe indicare un lignaggio parallelo finora sconosciuto. Ma soprattutto offrire nuove prospettive sui primi esemplari della famiglia dei Phorusrhacidae.

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      Monkey, il gatto cleptomane che ha arricchito la sua padrona Megan

      Monkey è un gatto della Cornovaglia che ruba ogni cosa e lo porta alla sua padrona MeganPer esempio? Un “gratta e vinci” da 14 mila euro.

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        Un gatto cleptomane della Cornovaglia, Inghilterra, sta diventando una piccola celebrità sui social. Monkey, questo il suo nome, torna ogni giorno a casa con un “dono” per la sua umana, Megan . Il suo bottino? Di tutto: da sacchetti vuoti di patatine a bustine di semi. Ma la vera sorpresa è arrivata quando Monkey ha riportato a casa un gratta e vinci già grattato, e per giunta risultato essere vincente.

        Quattordicimila euro tra i canini del gatto

        Inizialmente Megan pensava fosse solo spazzatura, ma ha scoperto che il biglietto valeva il doppio di quanto previsto: circa 14 euro. Nulla di straordinario, ma sicuramente un colpo di fortuna inaspettato! Il video dell’impresa felina naturalmente nel corso del tempo è diventato virale su TikTok (@meganchristiann), raccogliendo migliaia di commenti divertiti.

        Monkey è diventato social tra divertimento e telecamere segrete

        C’è chi scherza sul fatto che Monkey ripaghi i suoi debiti, mentre altri propongono di mettere una telecamera sul suo collare per svelare le sue misteriose incursioni. Megan, però, preferisce mantenere la sorpresa e continua a godersi le buffe avventure del suo gatto. Chi sa cosa Monkey porterà a casa la prossima volta!

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          La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

          La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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            La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

            La storia dietro il rifiuto

            Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

            Un simbolo di resistenza

            La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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