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Lifestyle

La playlist dell’estate è un’illusione: perché ascoltiamo sempre le stesse 10 canzoni sotto l’ombrellone

Da Raffaella Carrà ai tormentoni latino-trap, la musica estiva non è mai solo questione di gusti. Cosa succede alle nostre orecchie in vacanza, tra cocktail, sdraio e Spotify in loop?

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    Ci illudiamo ogni anno che la playlist dell’estate sarà diversa. Più fresca. Più varia. Più “nostra”. E invece, appena mettiamo piede sulla sabbia, ecco il solito loop sonoro: due hit reggaeton, un remix anni ’90, un rapper in canotta che canta d’amore (ma con le parolacce) e qualche sopravvissuto di Sanremo. Cambiano i nomi, ma l’effetto resta identico: sotto l’ombrellone si ascolta sempre la stessa musica.

    Non è colpa del DJ dello stabilimento balneare o di quell’amico col Bluetooth facile. È la cultura pop che ha un suo ritmo ciclico, rassicurante e pigro, esattamente come il nostro modo di vivere l’estate. Quando siamo in vacanza, il cervello cerca familiarità, non novità. Non vogliamo essere sorpresi, vogliamo sentire quello che “fa estate”, che ci fa muovere la testa mentre mastichiamo ghiaccio o rincorriamo un pallone sgonfio.

    E così, anche se Spotify ci propone milioni di brani, noi finiamo sempre per ascoltare quella decina di pezzi che si rincorrono ovunque: nei negozi, nei bar, sui pedalò, nei TikTok dei bambini accanto. Funzionano perché sono semplici, ballabili e – diciamolo – anche un po’ idioti. Ma è proprio questa leggerezza a renderli perfetti: non dobbiamo pensarli, basta lasciarli entrare, come la sabbia tra le dita dei piedi.

    E se un tempo era Raffaella Carrà a monopolizzare le radio con “Tanti auguri”, oggi è Baby K a suggerirci di ballare sul bagnasciuga, o Angelina Mango a sussurrare malinconie tra due mojito. Ma la struttura è sempre quella: ritmo incalzante, ritornello da urlare anche se stonati, e un videoclip pieno di corpi sudati che si rincorrono su una spiaggia qualsiasi. Un rito collettivo che ci fa sentire parte della stessa tribù: quella che a luglio si dimentica tutto e si abbandona alla colonna sonora dell’ozio.

    Che vi piaccia o no, l’estate non è la stagione della musica bella. È la stagione della musica facile. Ma forse è giusto così. Perché tra una crema solare e una frittura di calamari, abbiamo bisogno di canzoni che non chiedano troppo. Basta che durino poco, che abbiano un basso potente, e che riescano, almeno per tre minuti, a farci dimenticare il resto.

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      Società

      Amore e spiaggia: quando le effusioni diventano uno spettacolo indesiderato per tutto il litorale

      Che il sole risvegli gli ormoni è risaputo, ma chi trasforma l’ombrellone in alcova pubblica dimentica un dettaglio: ci sono altri esseri umani intorno. E no, non sempre è uno spettacolo gradito.

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        L’amore è bello, l’estate pure. L’amore in estate? Pericoloso. Perché tra un bagno al tramonto e una granita al limone, c’è sempre la coppietta che scambia la spiaggia per una succursale di “Love Island”. E lì il romanticismo finisce, lasciando spazio al disagio generalizzato.

        Sia chiaro: nessuno si scandalizza per un bacio sotto l’ombrellone. Anzi, fa parte del folklore balneare. Ma c’è bacio e bacio. E poi ci sono le sessioni acrobatiche da divano rosso di reality show, i massaggi intensi degni di un centro benessere notturno e gli “abbracci” che durano quanto una telenovela messicana. Con tanto di colonna sonora: sospiri, risatine, e quelle frasi sussurrate che nemmeno i gabbiani vogliono sentire.

        Il punto non è moralismo, ma sopravvivenza sociale. Perché mentre i protagonisti si rotolano nella sabbia come se non ci fosse un domani, a un metro di distanza c’è una famiglia con bambini. E non è facile spiegare a un sei-enne perché “quel signore sta facendo ginnastica sulla signora”.

        Il bon ton in spiaggia non vieta l’amore, ma consiglia di contenerlo. È una questione di rispetto, di eleganza, di senso della misura. E di buon senso, che d’estate pare sempre in ferie.

        Anche perché, diciamolo: la spiaggia non è un luogo adatto alle prodezze erotiche. Tra sabbia che gratta, salsedine che punge e vicini con lo smartphone sempre pronto, più che passione rischiate la figuraccia virale su TikTok.

        Quindi sì, baciatevi. Ma con grazia. Accarezzatevi, pure. Ma senza sembrare in prova per un film vietato ai minori. E se proprio non resistete, c’è sempre l’opzione camera vista mare. Almeno lì, le tende si possono chiudere.

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          Società

          Dove si guadagna di più in Italia? Milano in testa, Sud in fondo alla classifica

          Un’analisi della Cgia di Mestre rivela le disparità salariali tra Nord e Sud. Mentre le province settentrionali vedono retribuzioni elevate grazie a settori ad alta produttività, il Mezzogiorno soffre con stipendi medi annui ben al di sotto della media nazionale. Milano svetta con 32.472 euro lordi, mentre Vibo Valentia chiude la classifica con soli 12.923 euro.

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            Milano conferma il suo primato come la provincia con gli stipendi più alti in Italia, con una retribuzione media lorda annua nel settore privato di 32.472 euro. Seguono Parma e Modena, rispettivamente con 26.861 e 26.764 euro. La classifica delle province più “ricche” vede una predominanza delle aree settentrionali e in particolare dell’Emilia Romagna, dove settori ad alta produttività come la meccanica e l’automotive contribuiscono a stipendi più elevati. Bologna, Reggio Emilia, Lecco, Torino, Bergamo, Varese e Trieste completano la top ten, con retribuzioni che variano dai 25.165 ai 26.610 euro.

            Il Sud stenta: Vibo Valentia fanalino di coda

            Al contrario, le province meridionali continuano a mostrare un divario significativo. Trapani, Cosenza, Nuoro e, ultima in classifica, Vibo Valentia, registrano retribuzioni medie lorde annue ben al di sotto della media nazionale, con Vibo Valentia che chiude la classifica con soli 12.923 euro. Questo divario del 35% rispetto al Nord è una realtà che i contratti collettivi nazionali non sono riusciti a colmare, evidenziando le persistenti disuguaglianze salariali tra Nord e Sud Italia.

            Il perché del divario: le cause delle disuguaglianze salariali

            Le province settentrionali beneficiano della presenza di industrie ad alta produttività e valore aggiunto, come l’automotive, la meccatronica e il biomedicale, che garantiscono stipendi più elevati. Al contrario, al Sud, la mancanza di queste realtà produttive e la prevalenza di piccole imprese limitano significativamente il potere contrattuale e, di conseguenza, le retribuzioni. Le multinazionali e le grandi imprese, concentrate principalmente al Nord, contribuiscono ad accentuare questo divario, offrendo salari più alti rispetto alle medie nazionali.

            Un’Italia a due velocità

            L’Italia continua a essere un Paese diviso anche sul fronte delle retribuzioni, con un Nord che beneficia di una maggiore concentrazione di settori produttivi e un Sud che, nonostante gli sforzi contrattuali, stenta a ridurre il gap. Questo divario salariale rappresenta una delle sfide più complesse per il futuro del Paese, che dovrà affrontare non solo le differenze economiche, ma anche le loro ricadute sociali e territoriali.

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              Lifestyle

              Comportamento in spiaggia: guida (ironica ma utile) per sopravvivere all’estate senza litigare con mezzo litorale

              La spiaggia è un’oasi di relax… finché non arriva il vicino di asciugamano maleducato. Piccolo vademecum per evitare di diventarlo noi, tra abitudini da dimenticare e bon ton balneare da rispolverare.

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                La scena è sempre quella: mare azzurro, sabbia calda, profumo di crema solare e… il solito caos balneare. Perché diciamolo: la spiaggia d’estate è una giungla con l’ombrellone. E se la convivenza fosse una disciplina olimpica, molti si giocherebbero la squalifica già in fase di sdraio.

                In teoria, le regole del buon comportamento in spiaggia sono poche e intuitive. In pratica, ogni estate si ripropone la solita sfilata di strafalcioni da ombrellone: dal vicino rumoroso ai giochi con la sabbia lanciata in faccia ai bagnanti. Serve davvero una guida al bon ton estivo? Sì. Soprattutto se vogliamo evitare il titolo di “peggior vicino di telo dell’anno”.

                Primo comandamento: rispetta lo spazio altrui. Il mare è di tutti, ma il tuo asciugamano no. Evita invasioni di campo, accampamenti da campeggio selvaggio e ombrelloni conficcati a mezzo metro da chi è già lì da ore.

                Secondo: abbassa la voce (e la musica). Sì, anche la tua playlist dell’estate. Non tutti condividono l’amore per l’ultimo tormentone reggaeton a 200 decibel. E no, la spiaggia non è il salotto dove raccontare a voce alta il tuo divorzio del 2021.

                Terzo: sabbia e pallone sono nemici giurati della pace. Scava pure buche e castelli, ma senza coprire i vicini di granelli. E se proprio devi tirare un pallone, fallo lontano dalla riva: l’ombrellone altrui non è un bersaglio.

                Quarto: cura l’igiene, anche sotto il sole. Cibo sparso, pannolini a vista e docce-shampoo da spiaggia sono in cima alla lista dei reati non scritti. E la crema solare, se proprio devi spruzzarla come una lancia antincendio, guarda almeno dove miri.

                Insomma, la spiaggia è libertà, ma con stile. Il vero lusso dell’estate? Un tuffo in un mare di civiltà.

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