Lifestyle
Le regole del sesso per coppie di lungo corso: come mantenere viva la passione nel tempo
Vivere una relazione di lungo corso richiede adattamento e creatività, soprattutto quando si tratta di vita sessuale. Dalle sveltine da evitare ai menù del sesso da creare insieme, ecco 5 regole per mantenere viva la fiamma della passione e ritrovare il piacere di stare insieme.

In una relazione di lungo corso, sia il corpo che i desideri cambiano, così come evolve anche la vita di coppia. Quello che una volta era intrigante, eccitante e pieno di passione, col tempo può trasformarsi in routine e abitudine. Ma, come sottolineano gli esperti, è proprio quando la ripetitività bussa alla porta che è necessario rinnovarsi, soprattutto sotto le lenzuola. Creare nuove regole di coppia è la chiave per mantenere viva l’intimità e superare le inevitabili sfide della vita a due.
Sia che si tratti di debiti, figli o persino delle vacanze da organizzare, ogni aspetto della vita può potenzialmente interferire con la sfera sessuale. Il segreto? Fare del sesso una priorità, una parte piacevole e divertente della relazione da coltivare con cura.
Ecco cinque regole che potrebbero aiutare a ravvivare il rapporto:
- Scegliete insieme il porno
Guardare film porno non deve essere un’attività solitaria. Condividere questo momento con il partner può stimolare la conversazione sulle fantasie sessuali e offrire spunti per nuove esperienze insieme. Trovate ciò che piace a entrambi, accendete una candela e godetevi il momento senza pregiudizi. - Lasciatevi ispirare dal Kama Sutra
Anche se alcune posizioni sembrano impossibili o ridicole, sfogliare il Kama Sutra insieme può accendere l’immaginazione e la passione. L’importante non è riuscire a replicare ogni mossa, ma divertirsi insieme. - Eliminate le sveltine (per un po’)
Le sveltine hanno il loro fascino, ma se diventano la norma, il sesso può perdere di intensità. Dedicare più tempo a momenti intimi più lenti e accurati può fare la differenza. - Litigate in modo sano
Litigare è naturale, ma trasformare ogni conflitto in una scusa per il sesso può essere controproducente. Piuttosto, usate il sesso come celebrazione di un problema risolto, mantenendo comunque una sana capacità di discutere. - Create il menu del sesso
Come si sceglie il pasto della sera, create insieme un menu di atti sessuali che vi piacerebbe provare. Antipasto, portata principale e dessert: scrivete le vostre preferenze e fate diventare la serata un’esperienza unica e condivisa.
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Cucina
Zafferano: l’oro rosso d’Italia che vale più dell’oro
Dal Medioevo a oggi, il prezioso zafferano dell’Aquila è diventato un’eccellenza mondiale amata dagli chef e venduta a cifre da capogiro.

Ci sono prodotti che non sono solo ingredienti, ma veri e propri tesori, e tra questi lo zafferano occupa un posto d’onore. Con il suo colore intenso, il profumo inconfondibile e il sapore unico, questa spezia è stata soprannominata “l’oro rosso”, non solo per il suo colore, ma anche per il valore altissimo che raggiunge sul mercato: fino a 40.000 euro al chilogrammo per le qualità più pregiate. Lo zafferano dell’Aquila DOP, in particolare, è considerato tra i migliori al mondo. Ma prima di diventare una star della cucina gourmet, ha dovuto attraversare secoli di storia e una lotta per la sopravvivenza.
Come è arrivato in Italia lo zafferano
Il viaggio dello zafferano inizia molto lontano, dall’Asia Minore, per poi attraversare il Nord Africa e la Spagna, fino ad approdare in Abruzzo, precisamente a Navelli, in provincia dell’Aquila, tra il XIV e XV secolo. Secondo la leggenda, a portarlo in Italia fu un monaco domenicano della famiglia Santucci, che impiantò i primi bulbi nei campi dell’altopiano abruzzese. Le condizioni perfette della zona – terreno fertile e clima ideale – fecero il resto, trasformando la coltivazione in un’eccellenza regionale.
Una storia di resilienza (e qualche rischio di scomparsa)
Nel XIX secolo, lo zafferano abruzzese veniva coltivato su 500 ettari, con una produzione di oltre 4 tonnellate. Ma nel 1930, i numeri erano già calati: appena 1,5 tonnellate l’anno. Poi, negli anni ‘50, la vera crisi: la coltivazione non era più redditizia, e i bulbi venivano dati in pasto agli animali. A salvare lo zafferano è stato Silvio Salvatore Sarra, un agricoltore di Civitaretenga, che ha continuato a coltivarlo, contro ogni logica economica. Nel 1971, la sua opera di tutela ha portato alla nascita della Cooperativa Altopiano di Navelli, che ha rilanciato la produzione e attirato l’attenzione nazionale. Un passaggio chiave? La presentazione dello zafferano in TV, nello storico programma Portobello di Enzo Tortora. Grazie a questo lavoro, nel 2005 il zafferano dell’Aquila ha ottenuto la certificazione DOP, garanzia della sua qualità superiore.
Come si coltiva e come si usa
Lo zafferano viene prodotto in 13 comuni dell’Abruzzo, tra cui L’Aquila, Navelli, Poggio Picenze e Fontecchio, a un’altitudine fino a 1000 metri. La coltivazione segue un ciclo lungo, con i bulbi piantati ad agosto e la fioritura che avviene in ottobre. La raccolta dei preziosi stigmi rossi è completamente manuale, un lavoro lungo e meticoloso, che contribuisce al suo valore altissimo. Ma cosa rende lo zafferano così speciale? È il principale protagonista di risotti, paste e piatti raffinati, oltre a essere utilizzato in dolci, liquori e perfino nella medicina per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Lo zafferano dell’Aquila non è solo un ingrediente, ma un patrimonio culturale. Salvato dalla scomparsa, oggi è una eccellenza italiano che gli chef di tutto il mondo desiderano.
Cucina
Giorgione lo chef strappato alla terra è diventato un influencer suo malgrado in tv, Facebook e Instagram
La sua visione della cucina come esperienza conviviale e gioiosa, e non solo come nutrimento fisico, è illuminante. Giorgione rifiuta l’idea che l’alimentazione debba essere noiosa o monotona e crede fermamente che il cibo debba essere gustoso e appagante.

Romano de Roma, sessantasette anni Giorgio Barchiesi, più conosciuto come Giorgione, deve il suo successo ai piatti che serve nel suo ristorante di Montefalco in provincia di Perugia, Ristorante alla Via di Mezzo da Giorgione. Ma anche alla sua rubrica televisiva “Giorgione. Orto e cucina” in onda su Gambero Rosso Channel e al suo approccio alla cucina e alla vita. Una persona genuina che riflette una profonda conoscenza e un profondo rispetto per il cibo e le tradizioni culinarie italiane. Prima di diventare ristoratore e anche chef televisivo faceva il veterinario. I suoi nemici? Il sovranismo alimentare che reputa una stupidaggine come tutti i sovranismi.
Star in tv e star sui social
Da Instagram a Facebook è seguito e noto dai 5 ai 90 anni, un successo di cui è consapevole che reputa carico di problemi e inquietudini. Quando ha iniziato a occuparsi della sua immagine e ha deciso di studiare l’uso dei social, circa sedici anni non avrebbe mai scommesso un centesimo “Sulla vita che sto facendo ora“, dice. Non era sua intenzione fare l’influencer. Il successo è arrivato in maniera fortuita, per caso. Sedici anni aveva fatto una festa in casa con amici e amici di amici. Alcuni di loro avevano un ristorantino nel borghetto a Montefalco, in Umbria.
“Fu allora“, dice, “che l’occasione della mia vita mi corse incontro. Gli amici dei miei amici volevano lasciar perdere e allora l’ho rilevato, e anche per pochi soldi, anzi pochissimi“. Giorgione allora non faceva il cuoco nel senso che non era uno chef con tanto di corsi e di scuola. No lui amava cucinare in casa per amici e tavolate intere ma solo per stare insieme e gustare i suoi piatti preferiti cercando di stare in buona compagnia e fare divertire.
Uno che si diverte e fa divertire
Uno di suoi motti è: l’alimentazione è sana quando non è noiosa. “A casa spesso le persone mangiano sempre le stesse cose. E’ triste“. La tavola non deve essere solo ingurgitare alimenti a caso nella giusta quantità che contengono gli elementi nutritivi, sali minerali, vitamine, amminoacidi, etc. “A chi va in farmacia a caccia di integratori io dico caro mio mangia di tutto e vedrai non ti serve niente”. Inoltre Giorgione reputa il pasto che sia serale o a pranzo un momento sacro. Che deve essere gestito e vissuto bene. In armonia con il giusto tempo. “Ci siamo ridotti che oggi a tavola non si parla più, si mangia e non si chiacchiera e magari si è distratti dalla tv che ci distoglie da quello che stiamo mangiando e non ci fa assaporare nel giusto modo il cibo“.
Ma come si è guadagnati a sua fama?
Suo padre voleva che facesse il liceo, ma lui scelse l’istituto agrario. Poi si iscrissi a veterinaria. Anche sua moglie ha studiato all’agrario. “Stiamo insieme dal 1975 e siamo sposati dal 1981“, dice. Per 20 anni ha fatto il veterinario agricolo in un’azienda. Proprio in quella lunga esperienza che ha avuto modo di conoscere la materia prima, gli ortaggi, la frutta, i grani. E la carne. “E’ stato fondamentale“. All’inizio degli anni Ottanta, per lo scandalo dei bovini allevati con antibiotici ed estrogeni che coinvolse la Plasmon e gli omogeneizzati per i bambini non si vendeva più carne.
“Lavoravo come veterinario in una azienda, che aveva tanti animali da vendere in un periodo di crisi“, ricorda. Per superare quel momento creò una cooperativa che iniziò a confezionare e vendere i primi pacchetti di carne “pronta da cuocere”. “Indossai il camice da macellaio e tolsi quello da veterinario e mi misi a vendere la carne che ci fece guadagnare una buona fama almeno nella zona d Roma“.
Prezzi contenuti e alta qualità
Nel ristorante di Giorgione il prezzo è sempre quello. Trentotto euro bevande escluse in un’epoca in cui i ristoranti hanno fatto salire i loro prezzi a cifre inavvicinabili. E in più le cucine super stellate propongono menu da capogiro. “Sono dell’idea che trentasei euro bevande escluse sia un prezzo ragionevole per la nostra qualità e quantità“. Nel menù a prezzo fisso di Giorgione si trovano trippa, lingua, nervetti, lampredotto, formaggi da spizzicare. E poi due primi, due secondi, due contorni e un tris di dolci.
Ma si mangia quello che vuole lui in maniera insindacabile. “Attenzione si mangia quello che diciamo noi: quello che arriva, arriva, non c’è alcuna trattativa. Non si può scegliere. Non facciamo porzioni ma portiamo vassoi e se non basta la quantità non è un problema, perché aumentiamo“. Sono questi i motivi per cui il conto da lui è ancora abbordabile. Naturalmente per chi soffre di intolleranze alimentari Giorgione ha predisposto una serie di alternative.
Pur essendo uno strenuo difensore della tradizione culinaria, è contro l’idea di sovranismo alimentare. “Certo perché il seme del sovranismo è inquietante e trova un terreno fertile per germogliare. Credo che in cucina bisogna provare con curiosità sempre. Come la carne non carne che comunque nasce e si sviluppa da una trasformazione in laboratorio da cellule animali per cui se buona perché non mangiarla per di più produrla non inquina. Così come essere a priori contro l’utilizzo degli insetti è sbagliato. Bisogna sempre provare. Ricordiamoci che c’è gente che muore di fame, che il cibo è cosa seria e che in tempi di guerra…“.
Curiosità
Quel respiro profondo che svela chi siamo: lo studio che legge il carattere dal respiro
Gli schemi respiratori di ciascuno sono unici e possono rivelare ansia, depressione e perfino tratti della personalità.

Il modo in cui respiriamo potrebbe dire molto di più su di noi di quanto pensiamo. Secondo uno studio pubblicato su Current Biology, gli scienziati del Weizmann Institute of Science in Israele hanno scoperto che ogni individuo ha una sorta di “impronta digitale del respiro”, unica come le impronte digitali, e che può rivelare dettagli sulla salute fisica ed emotiva. Utilizzando un dispositivo indossabile leggero, i ricercatori hanno monitorato il flusso d’aria nasale di 100 volontari per 24 ore consecutive, raccogliendo dati sulle loro variazioni respiratorie durante le attività quotidiane e il sonno. Con una precisione del 96,8%, il team ha dimostrato che è possibile identificare una persona solo in base al suo schema respiratorio.
La mente rivela il respiro o il respiro modifica la mente?
Ma il dettaglio più intrigante della ricerca riguarda il legame tra respirazione e stato mentale. Gli studiosi hanno notato che i partecipanti con livelli più alti di ansia tendevano ad avere inspirazioni più brevi e una maggiore variabilità tra un respiro e l’altro, specialmente di notte. Inoltre, la respirazione sembra essere strettamente collegata al peso corporeo, al ritmo sonno-veglia e ai tratti comportamentali. Ciò che sorprende è l’inversione di prospettiva. Normalmente si pensa che stress, ansia o depressione influenzino il modo di respirare, ma il team israeliano suggerisce che potrebbe essere il contrario. E se il modo in cui respiriamo contribuisse a generare stati emotivi negativi? Se fosse così, imparare a regolare il proprio schema respiratorio potrebbe diventare un nuovo metodo per migliorare il benessere mentale, con implicazioni che potrebbero rivoluzionare la psicologia e la medicina.
Gli studiosi stanno già testando questa ipotesi. Modificando consapevolmente il proprio modo di respirare, potrebbe essere possibile ridurre ansia e depressione, aprendo nuove strade nella terapia del benessere psicologico.
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