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“Oltre la selva oscura” di Diego Pitea: il romanzo che reinventa l’Inferno di Dante

Diego Pitea, autore calabrese, offre una rilettura avvincente dell’Inferno di Dante. Un romanzo accessibile, emozionante e profondamente legato alla tradizione italiana, capace di incantare lettori di tutte le età.

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    Diego Pitea, scrittore calabrese originario di Reggio Calabria, ha stupito il panorama editoriale con il suo nuovo romanzo Oltre la selva oscura: Il romanzo sull’Inferno di Dante. Pubblicato di recente, questo libro rappresenta una reinterpretazione moderna e coinvolgente del primo canto della Divina Commedia, trasformandolo in un’opera narrativa accessibile a tutti, dai più grandi ai più piccoli.

    Una riscrittura affascinante e universale

    Con Oltre la selva oscura, Pitea ci conduce per mano in un viaggio letterario attraverso l’Inferno, riproponendo i celebri cerchi danteschi con un linguaggio moderno e una narrazione avvincente. Ogni incontro, ogni sfida e ogni tappa del cammino di Dante rivive nelle pagine del romanzo con una freschezza che rende omaggio al poema originale senza mai snaturarlo.

    Grazie alla semplicità della scrittura e alla profondità delle emozioni, il libro diventa un ponte tra la tradizione e il presente, capace di catturare l’immaginazione di lettori esperti e neofiti. È un’opera che si rivolge anche a chi, magari intimorito dalla complessità della Divina Commedia, desidera avvicinarsi al suo messaggio universale.

    L’autore: un talento calabrese

    Diego Pitea non è nuovo al successo letterario. Già noto per i suoi romanzi gialli e thriller, con quest’opera dimostra una versatilità narrativa straordinaria. Nato e cresciuto in Calabria, Pitea porta con sé l’intensità e la passione della sua terra, unendole a un talento narrativo che gli permette di reinventare i grandi classici con una prospettiva fresca e originale.

    La sua capacità di rendere accessibile un’opera complessa come l’Inferno di Dante testimonia non solo il suo rispetto per la tradizione, ma anche la volontà di trasmettere al grande pubblico i valori e le emozioni che questa contiene.

    Emozione e riflessione: un romanzo per tutti

    Tra azione, mistero e riflessione, Oltre la selva oscura cattura il lettore con una narrazione che si snoda tra atmosfere suggestive e personaggi straordinari. Ogni capitolo è un’esperienza che svela una lezione, una sfida, o un’emozione, rendendo il libro un’avventura letteraria capace di parlare al cuore e all’immaginazione.

    Questo romanzo rappresenta un’opportunità imperdibile per riscoprire uno dei più grandi capolavori della nostra tradizione culturale, senza però rinunciare alla leggerezza di una lettura piacevole e accessibile.

    Una reinterpretazione che celebra Dante

    Oltre la selva oscura non è solo un libro: è un atto d’amore nei confronti della Divina Commedia e della cultura italiana. Diego Pitea riesce a coniugare tradizione e innovazione, facendo del suo romanzo una lettura indispensabile per chiunque voglia lasciarsi incantare dalla magia della letteratura.

    Con la sua reinterpretazione, Pitea non solo rende omaggio a Dante, ma anche alla potenza dei classici come strumenti di dialogo con il presente, dimostrando come le grandi opere del passato possano ancora parlarci e insegnarci.

    Se desideri scoprire un’opera capace di emozionarti, farti riflettere e avvicinarti al mondo di Dante come mai prima, Oltre la selva oscura è il libro che fa per te.

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      Libri

      “Il tempo dell’odio” di Antonio Lanzetta: una nuova edizione per un viaggio nell’oscurità dell’animo umano

      Il romanzo, ambientato nel Cilento durante la Seconda Guerra Mondiale, torna disponibile in una nuova edizione autoprodotta dall’autore.

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        Torna in una nuova veste uno dei libri più intensi di Antonio Lanzetta, “Il tempo dell’odio”, disponibile in una nuova versione su Amazon all’indirizzo https://amzn.eu/d/iSVo6aY . Lo scrittore salernitano , noto per la sua capacità di intrecciare storie avvincenti con atmosfere cupe e misteriose, ripropone al pubblico quello che da molti è considerato come il suo libro più rappresentativo.

        Gli esordi fantasy e poi tanto giallo

        Lanzetta ha iniziato la sua carriera letteraria dedicandosi al genere fantasy, con opere come “Warrior” e “Revolution”, entrambe pubblicate da La Corte Editore. Successivamente, ha virato verso il thriller, ottenendo riconoscimenti significativi con il racconto breve “Nella pioggia”, finalista al premio “Gran Giallo Cattolica”, e con romanzi come “Il buio dentro”, tradotto in Francia, Canada e Belgio, e citato dal “Sunday Times” come uno dei cinque migliori thriller stranieri dell’anno.

        Negli ultimi anni, Lanzetta ha collaborato con Newton Compton Editori, pubblicando titoli come “L’uomo senza sonno”, “Delitto in riva al mare” e “Luna rosso sangue”. “L’uomo senza sonno” ha ottenuto riconoscimenti internazionali, vincendo il Prix Coup de Coeur du Jury Noir Charbon 2024 a Orchies, in Francia.

        “Il tempo dell’odio” è ambientato nel suggestivo Cilento durante l’estate del 1943 e segue la drammatica vicenda di Michele, un ragazzo di quattordici anni la cui vita viene sconvolta da un atto di violenza che lo costringe a confrontarsi con la brutalità del mondo adulto. Lanzetta, spesso definito non a torto lo “Stephen King italiano”, mescola abilmente elementi storici con atmosfere gotiche e western, creando un racconto che esplora i confini tra bene e male, coraggio e odio. La sua scrittura cinematografica e coinvolgente trasporta il lettore in un viaggio emotivo attraverso le ombre dell’animo umano.

        L’intervista

        D: Cosa l’ha spinta a ripubblicare “Il tempo dell’odio” in una nuova edizione autoprodotta?

        R: “Desidero condividere con voi un pezzo del mio cuore: ‘Il tempo dell’odio’, uno dei miei lavori preferiti, torna disponibile su Amazon in una nuova edizione autoprodotta. Questa storia è nata dal desiderio di esplorare quei momenti in cui ci si sente smarriti, quando la strada di casa sembra lontana e incerta.”

        D: Quali temi ha voluto approfondire attraverso la storia di Michele?

        R: “Il romanzo segue il giovane Michele, un ragazzo di quattordici anni la cui vita viene sconvolta da un atto di violenza che lo costringe a confrontarsi con la brutalità del mondo adulto. È una storia di formazione che intreccia temi di resistenza e antifascismo, ma soprattutto scava negli angoli più oscuri dell’animo umano, mettendo in luce la sottile linea tra bene e male.”

        D: Quali influenze stilistiche hanno guidato la scrittura del romanzo?

        R: “Ho cercato di infondere nelle pagine l’atmosfera del Southern Gothic americano e del western, con personaggi complessi e ambientazioni che riflettono le ombre e le luci dell’umanità.”

        “Il tempo dell’odio” è un’opera che non solo intrattiene, ma invita il lettore a riflettere sulla resilienza umana e sulle scelte impossibili che la vita ci impone. Un viaggio letterario che promette di lasciare un segno indelebile nel cuore di chi legge.

        La trama

        “La morte venne a cercarmi nell’estate del 1943. Avevo quattordici anni quando sparai per la prima volta in faccia a un uomo. È passato molto tempo da allora e le cose che ho fatto, le cose brutte che sono stato costretto a fare, mi hanno cambiato per sempre.”

        Cilento, un angolo del sud d’Italia intrappolato tra le braccia della guerra e l’ombra di un regime al tramonto. Michele, quattordici anni, vive una quotidianità scandita dal lavoro nei campi e dai silenzi di un padre lontano, disperso in Africa. Ma l’estate segna l’inizio di un incubo: tornato a casa, trova la sua famiglia distrutta da un manipolo di fascisti. La madre giace senza vita, le due sorelle sono strappate via, e il mondo che conosceva viene inghiottito dalla violenza.

        Sopravvissuto per miracolo, Michele si ritrova costretto a crescere troppo in fretta, affrontando l’orrore e il peso della vendetta. Rifugiatosi da un’anziana vicina, scoprirà che anche nel cuore della disperazione germogliano il coraggio e l’odio.

        Tra le pieghe di un’Italia devastata, Il tempo dell’odio è un romanzo di formazione che scava nel buio dell’anima umana, illuminando i legami spezzati, le scelte impossibili e la resilienza di un ragazzo che lotta per sopravvivere.
        Un libro per chi ha smarrito la strada e cerca di tornare a casa. Una storia che parla di memoria, resistenza e sacrificio.

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          Un sogno così, il nuovo libro di Paolo Colombo presentato alla Fondazione ATM di Milano

          Nella parabola privata di una famiglia, la sua, l’autore traccia un’epopea che si svolge nella cornice della Storia collettiva del nostro paese: con le sue miserie, i suoi riscatti e, più spesso di quanto siamo soliti pensare, i suoi squarci di grandiosità.

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            Fondazione ATM ospita Paolo Colombo per un incontro con le lettrici e i lettori dedicato alla presentazione del suo nuovo libro, Un sogno così (Feltrinelli). L’evento si terrà giovedì 23 gennaio 2025, alle ore 17:30, in Via Carlo Farini 9 a Milano. Un’occasione unica per immergersi in una vicenda che celebra il valore della comunità, della famiglia e della resilienza.

            Quando il racconto personale si fonde con la storia del nostro Paese

            Ambientato al Giambellino, storico quartiere della periferia sud-ovest di Milano, racconta un’appassionante saga familiare nel secondo dopoguerra. Il romanzo narra la storia di Carlo, giovane e intraprendente, che trasforma un piccolo negozio di ferramenta in un simbolo di rinascita per la comunità locale. Attorno a lui si sviluppano le vite di personaggi intensi, in un intreccio che unisce il racconto personale alla grande Storia d’Italia.

            L’autore

            Paolo Colombo è professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna anche Storia contemporanea. Creatore e promotore del progetto “Storia e Narrazione”, ha scritto numerosi saggi e collaborato con RaiStoria e Rai3.

            Un estratto dal libro

            Un passaggio del suo nuovo libro descrive con grande sensibilità la trasformazione del quartiere che fa da sfondo alla storia: “Capolinea, limitare estremo di via Giambellino. Il rondò nuovo. Qualcuno chiamava così la piazza, perché in fondo non era molto, solo dal ’48, che il tram arrivava fin lì. In precedenza la linea s’interrompeva oltre un chilometro indietro, al rondò vecchio, che continuava a venir chiamato in quel modo, pure ora che oramai rondò non era neppure più ma si era trasformato in un normale, appena un poco più ampio, incrocio di vie. Prima della guerra, oltre il rondò vecchio, non c’era praticamente nulla: prati lasciati al pascolo di mucche e pecore, qualche cascina sparsa qua e là, canali di irrigazione, marcite, fossi e, più spesso che no, nebbia. La strada che proseguiva oltre il rondò vecchio era uno sterrato punteggiato di buche e, per diversi mesi all’anno, pozzanghere. La si percorreva con una sgangherata corriera che la fantasia dei milanesi, forse affamati di esotico, aveva battezzato “Carioca”. Vai a capire come e perché.”

            Dove si svolgerà la presentazione

            Fondazione ATM, nata nel 1998, è un punto di riferimento per il benessere e la solidarietà dei dipendenti ATM, promuovendo iniziative culturali, sociali e ricreative. La Fondazione ha come missione il miglioramento della qualità della vita dei suoi membri, valorizzando il patrimonio storico e culturale dell’azienda e della città.

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              Claudio Amendola senza filtri: “Dell’ipocrisia su chi snobba la TV me ne sono fregato. Salvato da Totti e Ilary”

              Claudio Amendola è uno di quegli attori che non le manda a dire. Diretto, schietto, con una lunga carriera alle spalle e ancora tanta voglia di mettersi in gioco, si racconta in un’intervista dove parla del suo percorso, della TV, dell’ipocrisia di chi la snobba e della sua vita personale, tra separazioni, dipendenze superate e ricordi familiari indelebili.

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                Amendola è pronto a tornare sul set per il revival de I Cesaroni, una delle serie più amate della televisione italiana. “C’è un’attesa febbrile, che non va disattesa, ma siamo un gruppo solido. Torneranno tutti i maschi Cesaroni, sono convinto che ritroveremo quello spirito”, dice con entusiasmo.

                Ma sa bene che il rischio di deludere le aspettative è alto: “È un progetto insidioso, ma non mi fa paura. Quando c’è il gruppo giusto, il lavoro viene da sé”.

                L’ipocrisia di chi snobba la TV

                Nella sua carriera, Amendola ha spaziato tra cinema, fiction e programmi televisivi. E non sopporta chi ancora considera la TV un gradino sotto al cinema: “C’è chi guarda con sufficienza chi fa fiction di grande successo. Poi però, quando il cinema è andato in crisi, sono stati i primi a buttarsi in televisione. Io questa ipocrisia l’ho sempre ignorata”.

                Dipendenze e separazione: “Mi sono detto ‘A Clà, ma che cao stai a fa?’”**

                L’attore ha affrontato problemi di dipendenza, ma ne è uscito con una forza interiore che oggi rivendica con orgoglio: “Non ho parlato con un medico, mi sono guardato allo specchio e mi sono detto ‘A Clà, ma che ca**o stai a fa?’”.

                E quando il discorso si sposta sulla separazione da Francesca Neri, riesce persino a scherzarci su: “Siamo stati fortunati, ci siamo separati nello stesso periodo di Totti e Ilary. Ho ringraziato Francesco, gli ho detto ‘grazie, perché così stanno tutti appresso a voi’”, racconta ridendo.

                Memoria e politica: “Se Berlinguer e Almirante fossero vivi oggi, che direbbero?”

                Per Amendola, la memoria è un valore imprescindibile, tanto nella vita personale quanto in quella politica: “La memoria è il filo che non possiamo tagliare con il passato. Ogni tanto mi chiedo: se fosse vivo De André, Gaber… ma anche Berlinguer o Almirante? Cosa direbbero oggi? Meglio non pensarci”.

                Un simbolo della romanità? “A forza di sentirmelo dire, sì”

                Alla fine, quando gli chiedono se si sente un’icona della romanità, sorride e risponde con la sua solita ironia: “A forza di sentirmelo dire, sì! Ancora oggi la gente mi prende la guancia e mi fa ‘a scafetta’. È un segno di grande intimità, e mi piace sentirmi parte di questa comunità”.

                Tra il passato, il presente e un futuro che lo vedrà ancora protagonista, Amendola si conferma quello che è sempre stato: diretto, sincero, romano fino al midollo.

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