Luxury
MareTerra: la visione futuristica del lusso eco-sostenibile del Principato di Monaco
Principato di Monaco, inaugurato il quartiere di lusso per super ricchi: solo un metro quadro di casa vale quanto 10 anni di stipendio di un operaio.

Nel cuore del Principato di Monaco, il nuovo quartiere MareTerra ridefinisce i limiti del lusso estremo e dell’architettura sostenibile. Questa “penisola felice” è frutto di un progetto visionario durato oltre dieci anni, che ha trasformato sei ettari di mare in un’oasi per l’élite mondiale. Situato tra i quartieri di Larvotto e Monte-Carlo, MareTerra rappresenta il volto contemporaneo di Monaco, con una fusione unica tra tecnologia avanzata, design architettonico e sostenibilità ambientale.
Un paradiso per pochi eletti fronte mare
MareTerra è destinato ai super-ricchi, con prezzi che superano i 120.000 euro al metro quadro. Acquistare una villa in questo quartiere può arrivare a costare fino a 200 milioni di euro. Per fare un confronto, un singolo metro quadro in questa zona equivale al reddito di dieci anni di un operaio medio. Con 110 appartamenti e 10 ville esclusive, alcune affacciate direttamente sul mare, MareTerra è un quartiere disegnato su misura per chi cerca il massimo della privacy, del comfort e dell’esclusività. Tra le residenze più iconiche spicca Le Renzo, un edificio progettato dall’architetto Renzo Piano, con linee ispirate alle onde del mare. La realizzazione di MareTerra è stata una sfida ingegneristica titanica. L’ampliamento ha aumentato del 3% la superficie del Principato, grazie alla costruzione di una struttura delimitata da cassoni di cemento posizionati con precisione millimetrica. Questa nuova terra è stata poi riempita per creare un’area edificabile di sei ettari.
Innovazione e sostenibilità per il lusso di MareTerra
Nonostante il lusso estremo, MareTerra pone una forte enfasi sulla sostenibilità ambientale. Ogni residenza è dotata di un sistema geotermico avanzato che utilizza l’acqua marina per il riscaldamento e il raffreddamento, riducendo al minimo l’impatto ambientale. Inoltre, il quartiere è stato progettato per preservare la biodiversità marina, con interventi specifici per proteggere la Posidonia oceanica, un elemento essenziale dell’ecosistema mediterraneo. Pannelli solari, ampi spazi verdi e un’architettura che si fonde con il paesaggio rendono MareTerra un esempio di eco-lusso senza precedenti.
Un omaggio alla Famiglia Reale del Principato di Monaco
Il design del quartiere rende omaggio alla Famiglia Reale con dettagli ricercati. Una piazza è dedicata alla principessa Gabriella, mentre la promenade Prince Jacques ospita una scultura di Alexander Calder, acquistata negli anni Sessanta da Grace Kelly. La piscina del quartiere porta il nome della principessa Charlène, in onore del suo passato da nuotatrice olimpica.
MareTerra: un’esperienza unica
Il team di progettazione include alcuni dei più celebri architetti del mondo, tra cui Renzo Piano, Stefano Boeri, Tadao Ando, e lo studio Valode & Pistre. Il risultato è un connubio di estetica e funzionalità, che integra il lusso contemporaneo con una visione futuristica della sostenibilità urbana. MareTerra non è solo un quartiere: è una dichiarazione di ciò che il lusso può diventare nel futuro. Tra architettura d’eccellenza, attenzione all’ambiente e prezzi che sfidano l’immaginazione, questo progetto rappresenta il nuovo paradigma della vita esclusiva. Ma è chiaro che questa “penisola felice” è destinata a restare accessibile solo a una ristretta élite di super-ricchi, lasciando al resto del mondo il sogno di un lusso così sfrenato e fuori dal comune.
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Bye bye poveri: Milano è solo per ricchi, e guai a chi resta indietro
Dal Quadrilatero alla CityLife, i nuovi padroni di Milano sono miliardari stranieri con flat tax, attici da 39mila euro al metro quadro e vista Duomo. I milanesi? Sfrattati ai confini della metropoli. Perché i ricchi fanno tendenza, anche quando comprano case che non abitano.

Milano non è più la città che lavora. È la città che capitalizza. Lavorano gli altri, quelli che prendono la metro da Rho o da Corsico e tornano a casa la sera, stanchi e fuori budget. Intanto, nei quartieri di lusso, si vendono metri quadri a peso d’oro. Nell’arco di tre anni – dal 2021 al 2024 – il prezzo degli immobili di fascia alta è salito del 57%, con punte di 39mila euro al metro quadro nel Quadrilatero della Moda. Non una casa: un investimento, un status symbol, una cambiale dorata.






E tutto grazie a una parolina magica: flat tax. Centomila euro secchi all’anno per chi si trasferisce in Italia con un patrimonio milionario. Un affarone, se si guadagna a sei zeri, perché qui le tasse si pagano meno che in Svizzera. E quindi via libera a ville, superattici, grattacieli deluxe. Mentre gli italiani, soprattutto i giovani, arrancano.
È il paradosso milanese: l’immobiliare che si fa vetrina della disuguaglianza. Chi compra case sopra il milione sono per il 70% stranieri, molti dei quali non mettono neppure piede nei loro appartamenti. Ma intanto li comprano. E l’effetto domino è servito: anche il mercato “normale” si adegua, rincara, si adatta. Perché se il vicino vale 30mila euro al metro quadro, tu non puoi mica svendere a 7mila, no?
I numeri fanno impressione: solo nel 2023, circa 4.500 super ricchi hanno scelto l’Italia come residenza fiscale. E due terzi si sono piazzati proprio a Milano. I quartieri diventano club esclusivi, i negozi cambiano vetrine, le scuole rivedono il target. Il problema non è solo economico: è culturale. Chi non appartiene a questo mondo è fuori. Letteralmente.
Milano corre. Ma non tutti riescono a tenere il passo.
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Altro che crisi: sui voli Emirates il caviale va a ruba (+30% in un anno)
Mentre i passeggeri low cost stringono le ginocchia e si accontentano di un toast stantio, chi vola Emirates da Dubai a Londra o Sydney si fa coccolare con caviale Osetra e champagne. Una bolla dorata che ignora ogni crisi e anzi rilancia gli eccessi.

Altro che ristrettezze: nei cieli del lusso il caviale non conosce recessioni. Emirates, la compagnia di bandiera di Dubai, ha trasformato le preziose uova di storione in un simbolo di status. E i numeri parlano chiaro: il consumo a bordo, nell’ultimo anno, è salito del 30%.
Nelle suite della prima classe, da Dubai a Londra, Parigi, Mosca o Sydney, non si vola solo per arrivare a destinazione, ma per vivere un rito. Un rituale che parte dall’apertura della cloche con gesto teatrale, prosegue con i cucchiaini di madreperla che affondano nell’Osetra del Mar Caspio e si completa con blinis, toast, panna acida e tuorlo d’uovo. Tutto accompagnato da Dom Pérignon, di cui Emirates detiene l’esclusiva mondiale nei cieli.
Il dettaglio non è casuale: la compagnia ha costruito un marchio di ospitalità che passa da un’offerta maniacalmente curata. Dietro c’è un esercito logistico: 165 mezzi e autisti che garantiscono la catena del freddo per rifornire i 26.800 posti di prima classe sparsi nella flotta. Un viaggio Londra–Dubai? Si parte da 4.000 euro a tratta, con la certezza di non vedersi mai servire un panino stantio.
Eppure, a ben guardare, la cabina pressurizzata non sarebbe il luogo migliore per le raffinatezze gourmet. La bassa umidità e la pressione ridotta attenuano i recettori del gusto. Ma di fronte a caviale e champagne, il palato si ridesta, eccome. Non sarà il miglior contesto per una degustazione, ma chi vola a 10mila metri difficilmente lo nota, immerso nella sua bolla di lusso.
Intanto, nei corridoi delle low cost, i passeggeri si interrogano se valga la pena spendere 8 euro per un toast riscaldato al microonde, mentre alle quattro del mattino pregano che ci sia spazio per allungare un ginocchio. In prima classe Emirates, invece, qualcuno solleva il calice e sorride: «Hanno fame? Che mangino caviale».
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Mark Zuckerberg e il rifugio hawaiano: un lusso da 270 milioni di dollari tra accuse e segreti
Oltre 500 ettari di terra, un bunker sotterraneo e ville di lusso: l’isola di Kauai è diventata il rifugio segreto di Mark Zuckerberg. Un progetto faraonico che ha scatenato polemiche sulla gestione delle terre ancestrali e accuse di neocolonialismo.

Mark Zuckerberg ha costruito un vero e proprio impero alle Hawaii, trasformando l’isola di Kauai in un rifugio esclusivo da 270 milioni di dollari. La tenuta, che si estende per oltre 500 ettari, comprende ville di lusso, piscine, campi da tennis e un bunker sotterraneo di 465 metri quadrati. Tuttavia, il progetto è stato oggetto di aspre critiche da parte della comunità locale, che ha accusato Zuckerberg di speculazioni sulle terre ancestrali.
La storia inizia nel 2014, quando il fondatore di Meta acquista 300 ettari per 100 milioni di dollari, seguiti da altri 241 ettari nel 2021 per 53 milioni. Tra le proprietà, spiccano la spiaggia di Pilaa e il bacino idrico di Ka Loko. Ma il cuore delle polemiche riguarda i kuleana, piccoli appezzamenti di terra con radici profonde nella cultura hawaiana.
«Non vogliamo espropriare nessuno», ha dichiarato Zuckerberg, spiegando che le acquisizioni mirano a preservare l’ambiente e rispettare le tradizioni locali. Tuttavia, le cause legali avviate per ottenere i kuleana hanno scatenato accuse di neocolonialismo, con la comunità locale che ha visto in queste operazioni un tentativo di cancellare il passato.
Il rifugio, soprannominato Ko’olau Ranch, è avvolto da un’aura di segretezza. Gli operai sono vincolati da accordi di non divulgazione, mentre il bunker sotterraneo, dotato di sistemi di approvvigionamento autonomi, ha alimentato le speculazioni. Ma Zuckerberg respinge l’idea di un «rifugio apocalittico», definendo il complesso un luogo di ritiro e sperimentazione.
Le critiche non si sono fermate alle dispute territoriali. Nel 2022, la famiglia di una guardia di sicurezza deceduta ha avviato una causa per «negligenza e morte ingiusta», evidenziando condizioni di lavoro estreme. Nonostante ciò, Zuckerberg continua a descrivere Kauai come un luogo di pace e innovazione: «Vogliamo preservare la bellezza naturale dell’isola e creare una comunità sostenibile per le generazioni future».
Mentre il progetto prosegue, la domanda rimane aperta: fino a che punto il lusso e l’ambizione possono convivere con la responsabilità sociale?
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