Società
Alcolock: il dispositivo che promette di rivoluzionare la sicurezza stradale. Ce la farà?
Obbligatorio da luglio per chi ha guidato in stato di ebbrezza, l’Alcolock divide l’opinione pubblica tra vantaggi e criticità. Ecco come funziona e cosa accade all’estero.

In queste ultime settimane abbiamo imparato a conoscere l’Alcolock, un dispositivo elettronico progettato per impedire l’avvio del motore in caso di tasso alcolemico elevato. Un dispositivo che potrebbe diventare obbligatorio in Italia. A partire da luglio, infatti, salvo obiezioni dell’Unione Europea, sarà installato su auto e camion di chi è già stato condannato per guida in stato di ebbrezza. Il sistema, simile a un etilometro digitale, richiede al conducente di soffiare in un boccaglio prima di accendere il veicolo. Se il tasso alcolemico supera la soglia consentita, il motore rimane bloccato.
Vantaggi e difficoltà dell’Alcolock
L’Alcolock rappresenta un passo avanti nella prevenzione della guida in stato di ebbrezza, riducendo la recidività e promuovendo una maggiore consapevolezza. In altri Paesi europei il dispositivo ha dimostrato di essere efficace nel rieducare i conducenti e migliorare la sicurezza stradale. Tuttavia, emergono dubbi sui costi elevati (circa 2.000 euro per singola installazione) e sull’impatto sulle famiglie, soprattutto quando il veicolo è condiviso. Inoltre, la scelta delle officine autorizzate da parte dei produttori solleva questioni sulla libera concorrenza.
Cosa accade all’estero
Il dispositivo è già in uso in alcuni Paesi europei e nordamericani. Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Polonia, Lituania, Svezia e Finlandia, lo hanno adottato come strumento di rieducazione per ridurre la recidività. In questi contesti, ha dimostrato di essere efficace nel promuovere una guida più responsabile. In Svezia, ad esempio, è obbligatorio per i conducenti professionali. Viene utilizzato anche nei programmi di riabilitazione per chi ha commesso reati legati alla guida in stato di ebbrezza. Studi dimostrano che il dispositivo riduce significativamente la recidività, ma l’efficacia diminuisce una volta rimosso. L’introduzione dell’Alcolock in Italia potrebbe davvero segnare un cambiamento importante nel panorama normativo. Resta da vedere come verranno affrontate le criticità emerse. La sicurezza stradale è una priorità, ma è fondamentale bilanciare prevenzione e sostenibilità economica.
Tecnologia e sicurezza, per ridurre i recidivi
Il decreto attuativo del Ministero dei Trasporti è in fase di notifica a Bruxelles, e l’introduzione di questo strumento punta a ridurre recidività e incidenti stradali. Funziona come un qualsiasi etilometro ma digitale. Ovvero richiede al guidatore di soffiare in un boccaglio prima di poter accendere l’auto. Se viene rilevato un tasso alcolemico oltre il limite consentito, il dispositivo impedisce l’avviamento del motore. Questo sistema sarà obbligatorio per due anni dopo la sospensione della patente per un tasso di 0,8 gr/l, che diventano tre se il livello supera 1,5 gr/l.
…ma duemila euro sono tanti!
L’installazione dell’Alcolock sarà a carico dell’automobilista e avrà un costo stimato di circa 2.000 euro, cui si aggiungeranno i costi per i boccagli monouso e la manutenzione. La scelta degli installatori autorizzati, che sarà demandata ai produttori, ha sollevato critiche da parte di Federcarrozzieri. La federazione infatti denuncia un possibile danno alla libera concorrenza. Inoltre, l’obbligo di utilizzo riguarda tutti i membri della famiglia che devono guidare il veicolo, influenzando anche chi non ha avuto problemi con la legge, ma condivide l’auto.
Alcolock: sigilli e manutenzione
Un sigillo autodistruttivo proteggerà il dispositivo da manomissioni. Ma i periti dell’Aiped hanno sollevato dubbi su situazioni come danni accidentali o derivanti da incidenti stradali. Il rischio di essere accusati ingiustamente di manomissione del dispositivo è una delle criticità più discusse.
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Società
Che c’entra il “sommo poeta” Pirandello con OnlyFans? Chiedi alla maestra
Il caso di Elena Maranga, licenziata per il suo profilo hot, accende il dibattito: chi è più immorale, lei o chi ha divulgato le sue immagini?

C’era una volta una maestra che, oltre alla lavagna, aveva un profilo su OnlyFans. Sì, perché in Italia insegnare è una vocazione, ma il conto in banca non sembra condividere l’entusiasmo. E così Elena Maranga, dopo un periodo di stipendio da fame, ha deciso di mettere a frutto la sua immagine in un contesto decisamente lontano dai banchi di scuola. Tutto normale, o almeno così sembrava, fino a quando un genitore – non proprio mosso da nobili intenti – ha pagato l’abbonamento per accedere ai suoi contenuti. Invece di limitarsi alla curiosità personale, ha pensato bene di diffondere le immagini. Risultato? Bufera, indignazione, e licenziamento. E Pirandello…? Calma!
Alla fine chi è immorale?
E’ a questo punto che sorge il dilemma pirandelliano che la stessa Maranga ha sollevato: “Chi è immorale? Io che ho aperto un profilo su OnlyFans o il papà di un bambino della mia scuola che pagando è andato su OnlyFans e ha divulgato le immagini?”. La maestra non si arrende e ha denunciato il papà per diffamazione. Ma non solo. Ha fatto notare un dettaglio non di poco conto. Ha sostenuto che in questo Paese di poeti, santi e VIP, un’insegnante guadagna poco più di 20mila euro lordi l’anno, con cui si fatica ad arrivare a fine mese. A meno che non ci siano genitori e nonni generosi o, appunto, un profilo su OnlyFans. Se Pirandello fosse ancora tra noi, probabilmente tirerebbe fuori “Uno, nessuno e centomila” e chiederebbe a tutti di riflettere su questa doppia faccia della moralità. Da una parte, una donna che cerca un’alternativa per guadagnare, dall’altra chi grida allo scandalo mentre è lui stesso il primo a sbirciare.
Il poeta e la maestra
Alla fine, Maranga ha voltato pagina: eventi, serate in discoteca e forse un reality in arrivo. Perché, si sa, in Italia la via per il successo è fatta di polemiche e un buon uso del momento mediatico. Insomma un gran bel minestrone all’italiana fatto di moralità, ipocrisia, stipendi ridicoli e indignazione selettiva condito con un pizzico di OnlyFans. E Pirandello? Lui avrebbe osservato tutto con un sorriso enigmatico, chiedendosi chi sia davvero il piccolo uomo in questa storia.
Pirandello e OnlyFans realtà e apparenza
Premio Nobel per la Letteratura nel 1934, il “sommo”, nel corso della sua storia ha esplorato la frammentazione dell’identità e dell’ipocrisia sociale, mettendo in discussione il concetto di realtà e di apparenza. Il riferimento nasce proprio dalla sua riflessione sull’identità: “Io sono colei che mi si crede“, potrebbe dire oggi la Maranga, citando il suo pensiero. Pirandello ha sempre sottolineato come le persone vengano giudicate in base all’immagine che gli altri si fanno di loro, piuttosto che sulla loro reale essenza. La maestra, licenziata per la sua attività online, solleva infatti il tema della percezione sociale e del giudizio pubblico. Viene definita “immorale” per il suo profilo. Ma allo stesso tempo chi ha divulgato le sue immagini, violando la sua privacy, non viene considerato altrettanto discutibile.
Società
Maturità? Anche i vip hanno sudato (e a volte anche fallito)
Da Fiorello a Margherita Hack, passando per Alberto Angela e Giulio Andreotti: quando una bocciatura non ha fermato il successo.

L’esame di maturità è uno dei momenti più temuti dagli studenti italiani. L’ansia cresce, i ripassi si fanno frenetici e il timore di non farcela aleggia nell’aria. Ma se c’è una cosa che la storia dimostra è che una bocciatura alla maturità non è la fine del mondo. Anzi, può persino essere l’inizio di qualcosa di grande.
Prendiamo come esempio l’indimenticabile Tullio De Mauro, uno dei più importanti linguisti, lessicografo e saggista italiano, ex ministro della pubblica istruzione. Da ragazzo De Mauro fu bocciato all’esame di licenza ginnasiale, proprio in Italiano, Latino e Greco. Un colpo duro, certo, ma che gli servì per capire quanto le interrogazioni orali potessero essere ingiuste e squilibrate. Da docente, decise di cambiare le regole, puntando sulle tesine scritte per dare agli studenti una possibilità più equa per dimostrare la propria preparazione.
I bocciati diventati famosi
Anche Umberto Veronesi, celebre oncologo e punto di riferimento per i malati di tumore, non fu esattamente uno studente modello. Ma come professore? Eh sì perchè Veronesi fu bocciato ben due volte alle superiori, ammise candidamente di non fare mai i compiti a casa. La scuola dell’epoca era dura e punitiva, ma lui trovò comunque la sua strada, diventando uno dei medici più rispettati al mondo. E vogliamo parlare della futura astrofisica Margherita Hack che fu respinta al ginnasio proprio in matematica? L’astrofisica fu rimandata non tanto per la sua preparazione, quanto per l’antipatia del professore verso il suo modo di fare. Eppure, quella bocciatura non le impedì di diventare una delle menti più brillanti della scienza italiana.
Persino Alberto Angela, oggi re della divulgazione, ha avuto il suo momento difficile. Bocciato in quinta elementare per insufficienza in Italiano. Ma davvero? Un duro colpo per un bambino, ma che non gli impedì di migliorare e costruire una carriera straordinaria sotto gli occhi di tutti.
E con i politici come andiamo con la maturità?
Tra i politici, il caso più curioso da raccontare è quello di Giulio Andreotti, bocciato in terza media per un brutto voto in Latino. Ironia della sorte, anni dopo diventò un latinista di fama internazionale fondando il Centro di studi ciceroniani. Nel mondo dello spettacolo, le bocciature non sono mancate. Pierfrancesco Favino ha dovuto ripetere il secondo liceo, mentre Giovanna Mezzogiorno è stata bocciata due volte. E Fiorello? Ahh… lui ha collezionato ben tre bocciature al liceo scientifico prima di riuscire a diplomarsi. Ma non finisce qui. Nella Storia c’è l’esempio lasciato nientepopodimenoche da Albert Einstein che non a scuola non brillava. Tanto che il suo insegnante di matematica gli disse che non avrebbe mai combinato nulla. Bingo!! E Winston Churchill? Fu bocciato più volte e Steve Jobs abbandonò il college poi ce lo siamo ritrovati in casa…
Insomma, la maturità è importante, ma non definisce il futuro dei candidati. Se anche i grandi hanno inciampato, forse vale la pena prendere tutto con un po’ più di leggerezza. E chissà, magari proprio un inciampo può diventare il primo passo verso un futuro di successo.
Lifestyle
Nuove prospettive sulla memoria nell’era dell’invecchiamento
L’esempio dei superanziani ci invita a riconsiderare le nostre concezioni sulla memoria nell’invecchiamento, aprendo la strada a nuove prospettive e approcci per mantenere attiva e vitale la nostra mente anche negli anni d’oro della vita.

Nel panorama del progressivo invecchiamento della popolazione, il tema della memoria riveste un’importanza sempre maggiore. Sebbene comunemente si associ l’avanzare dell’età a un declino delle capacità cognitive, gli studiosi stanno ora gettando luce su una categoria di individui che sembrano sfidare questa concezione: i “super-agers”. Questi superanziani, come li definiscono gli scienziati dell’Alzheimer Disease Research Unit di Madrid, possiedono una memoria eccezionale, paragonabile a quella di individui molto più giovani.
Ecco i superanziani
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, i ricercatori hanno seguito per cinque anni 64 superanziani dotati di una memoria brillante, confrontandoli con un gruppo di 55 anziani tipici. I risultati hanno evidenziato che i superanziani mostrano una migliore tenuta della sostanza bianca cerebrale, un maggiore volume in aree cruciali come l’ippocampo e la corteccia entorinale, e una migliore connettività tra le regioni coinvolte nei processi cognitivi.
Straordinarie capacità
Tuttavia, i motivi alla base di queste straordinarie capacità restano ancora da chiarire. Mentre alcuni fattori come una pressione sanguigna ottimale, un metabolismo del glucosio equilibrato, una buona mobilità e relazioni sociali soddisfacenti sembrano correlati a questa eccezionale memoria, altri, come la qualità del sonno, l’alimentazione e lo stile di vita, non sembrano avere lo stesso peso.
Nonostante il numero di superanziani sia attualmente limitato, gli esperti suggeriscono che potrebbero rappresentare fino al dieci per cento della popolazione anziana. Esempi di super-agers come Amalia Ercoli Finzi, 87 anni, ingegnere aerospaziale e consulente di istituti prestigiosi, e il professor Silvio Garattini, 95 anni, farmacologo e oncologo, dimostrano che una buona memoria può essere mantenuta anche in età avanzata.
Infatti, sia Finzi che Garattini attribuiscono la loro eccezionale memoria a uno stile di vita attivo e al continuo impegno nel mantenere la mente stimolata. Mentre Finzi fa affidamento su trucchi come l’associazione di parole e il focalizzarsi solo sui ricordi positivi, Garattini sottolinea l’importanza di un costante aggiornamento attraverso lo studio della letteratura scientifica.
Anche Corrado Augias, 89 anni, e Silvana Giacobini, 85 anni, offrono preziosi spunti su come mantenere viva la memoria anche in età avanzata. Augias consiglia un costante esercizio mnemonico e un interesse genuino per ciò che si desidera ricordare, mentre Giacobini sottolinea l’importanza di eliminare i ricordi negativi e concentrarsi su quelli positivi.
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