Società
La guerra non è mai una soluzione: il nostro impegno civile per dire no a violenza e indifferenza
Non restare neutrali di fronte all’orrore: scuole distrutte, bambini sepolti dalle bombe, città ridotte in macerie. Papa Francesco e Papa Leone lo hanno detto: “La guerra è assurda, disarmiamo la Terra”. Il Network LaC sceglie di raccontare e resistere.

Non è uno slogan, è un grido. È la linea di confine che separa l’indifferenza dalla responsabilità, la complicità dal coraggio. Oggi quel confine passa attraverso le macerie di Gaza, attraverso i corpi di migliaia di bambini morti di fame, attraverso le strade sventrate di Kiev, Mariupol, Kharkiv, e attraverso le decine di conflitti che insanguinano il pianeta nell’indifferenza generale.
Ogni giorno assistiamo alle immagini di città ridotte in cenere, scuole, chiese, mense, ospedali sventrati; ogni giorno vediamo piccoli sepolti vivi sotto le case distrutte dalle bombe, mamme disperate che piangono figli e ragazzi con le pentole vuote e senza più lacrime da piangere.
Il Novecento, secolo breve e tragico, è tornato con la stessa ferocia, come se Auschwitz, Srebrenica, Ruanda non ci avessero insegnato nulla.
Per questo il nostro gruppo editoriale ha scelto di non tacere. Non restiamo neutrali di fronte all’orrore, non voltiamo lo sguardo dall’altra parte. Con la campagna “Le nostre scelte di vita definiscono chi siamo” lanciamo un’offensiva civile contro la guerra e contro ogni violenza. Racconteremo, mostreremo, daremo voce a chi soffre. Perché raccontare è resistere.
Papa Francesco e Papa Leone lo hanno ripetuto nettamente: “La guerra è assurda, disarmiamo la Terra.”
La pace non è un’utopia, è un impegno solenne che parte da ciascuno di noi. Ogni parola, ogni gesto, ogni scelta può alimentare odio o generare speranza. È il momento della scelta.
La guerra non è mai una soluzione: è sempre e solo la disfatta dell’uomo, il trionfo della disumanità. Ogni bomba non uccide soltanto vite innocenti, ma brucia il futuro stesso dell’umanità.
Il Network LaC è in prima linea. Perché il silenzio non è neutralità: è complicità. È accettazione del massacro. Noi diciamo no. No alla guerra, no alla violenza, no all’indifferenza. E sì, con forza, alla vita. “Le nostre scelte di vita definiscono chi siamo”.
La Redazione
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Società
Mercato del lavoro in Italia: dinamismo aziendale ma insoddisfazione tra i lavoratori, soprattutto giovani
Gli italiani sognano nuovi impieghi. Salari inadeguati, ruoli poco stimolanti e desiderio di crescita tra le cause principali.

L’80% delle aziende italiane è pronto ad assumere, ma gli imprenditori denunciano difficoltà crescenti nel trovare e trattenere talenti. Dall’altro lato, una buona metà dei lavoratori italiani vorrebbe cambiare impiego, spinta da insoddisfazione per stipendi giudicati bassi, poche opportunità di crescita e ruoli percepiti come poco stimolanti. È quanto propone il report Hays Salary Guide 2025, che analizza i principali trend del mercato del lavoro in Italia.
La Generazione Z: voglia di crescita e flessibilità
Tra coloro maggiormente propensi a cambiare lavoro ci sono i giovani della Generazione Z, che cercano posizioni in cui sentirsi valorizzati. Per loro, non basta lo stipendio: pesano soprattutto la qualità del lavoro e il work-life balance. Il lavoro agile è diventato irrinunciabile per questa fascia di età, così come un ambiente stimolante e inclusivo. I giovani in fondo vogliono crescere rapidamente, ricevere formazione continua e partecipare a progetti innovativi. L’attenzione verso le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale generativa, viene vista come un’opportunità fondamentale, ma l’88% dei giovani ritiene che la formazione in questo ambito sia ancora molto carente.
I lavoratori over 50: stabilità e benefit tradizionali
Se i giovani inseguono flessibilità e innovazione, gli over 50 cercano stabilità e mantengono il mito dell’auto aziendale come benefit prioritario. Tuttavia, questa generazione rappresenta una parte cruciale del mercato del lavoro italiano, costituendo il 35% del totale dei lavoratori. Un altro tema emergente riguarda il benessere mentale, sempre più riconosciuto come un fattore strategico per la produttività aziendale, anche se gli interventi concreti restano rari. Il work-life balance è fondamentale: il 45% dei lavoratori ha incontrato difficoltà nel conciliare lavoro e vita familiare.
Retribuzioni inadeguate e scarse prospettive
Nonostante un aumento medio dei salari del 3,7% (con una media di 56.000 euro annui per i colletti bianchi), il 57% dei lavoratori giudica gli stipendi insufficienti rispetto alle responsabilità ricoperte. Inoltre, il 63% non si aspetta incrementi nel corso dell’anno, ritenendo il cambiamento aziendale l’unica soluzione per ottenere retribuzioni più elevate. Secondo Carlos Manuel Soave, managing director di Hays Italia, “La bassa soddisfazione dei lavoratori e la loro propensione a cambiare lavoro indicano la necessità di un ripensamento delle strategie aziendali”. Investire in benefit, formazione continua e progetti stimolanti potrebbe rappresentare la chiave per attrarre e trattenere i talenti, soprattutto tra giovani e donne.
Società
Settimana corta: perché l’80% degli italiani la desiderano
Un sondaggio rivela che l’80% degli italiani desidera la settimana corta per migliorare il benessere e la produttività. Ecco i motivi di questa tendenza e i benefici percepiti.

La settimana lavorativa di quattro giorni sta diventando un argomento sempre più popolare in Italia. Un recente sondaggio ha rivelato che l’80% degli italiani sarebbe favorevole a ridurre i giorni di lavoro settimanali da cinque a quattro. Questa soluzione è vista come un modo per migliorare la qualità della vita e aumentare la produttività.
I motivi della richiesta
I principali motivi dietro questa richiesta includono il desiderio di un migliore equilibrio tra vita professionale e personale, la riduzione dello stress e un aumento del tempo libero da dedicare a famiglia e hobby. Inoltre, molti credono che una settimana corta possa portare a una maggiore efficienza lavorativa, con dipendenti più riposati e motivati.
Esperienze internazionali
La settimana lavorativa di quattro giorni non è un concetto nuovo e ha già mostrato risultati positivi in vari paesi. Ad esempio, esperimenti in Islanda e Nuova Zelanda hanno dimostrato che i lavoratori possono mantenere o addirittura aumentare la loro produttività con una settimana più breve, riducendo allo stesso tempo il burnout e migliorando la loro soddisfazione generale.
Cambiamento epocale
L’interesse per la settimana lavorativa corta in Italia riflette un cambiamento più ampio verso una maggiore attenzione al benessere dei lavoratori. Mentre il dibattito continua, è chiaro che molti italiani vedono questa come una soluzione promettente per il futuro del lavoro. La transizione verso una settimana corta potrebbe rappresentare un passo significativo verso un equilibrio migliore tra vita lavorativa e personale, beneficiando sia i dipendenti che le aziende.
Società
Comunicazione e Linguaggio nuova materia scolastica, la proposta al Governo per contrastare il cyberbullismo
La proposta al Governo del giornalista Biagio Maimone, di inserire la Comunicazione come materia all’interno delle discipline scolastiche, a partire dalla scuola dell’obbligo

Una nuova disciplina scolastica per imparare fin da piccoli il valore della parola e della comunicazione. È questa la proposta del giornalista Biagio Maimone, direttore della Comunicazione dell’associazione Bambino Gesù del Cairo, che annuncia un progetto destinato al Governo e al Ministero dell’Istruzione e del Merito: introdurre tra le materie di studio, a partire dalle elementari, “Comunicazione e Linguaggio”.
L’idea nasce dalla constatazione che i nuovi media, i social e l’intelligenza artificiale abbiano trasformato profondamente il modo in cui le persone comunicano, portando con sé opportunità ma anche pericoli. Cyberbullismo, incitamento all’odio, fake news e messaggi violenti sono ormai fenomeni quotidiani. Per Maimone non basta regolamentare l’uso delle tecnologie: serve un intervento educativo che insegni a distinguere i contenuti positivi da quelli nocivi, sviluppando consapevolezza critica e valori di rispetto reciproco.
«La parola fonda i significati vitali dell’esistenza umana», sostiene il giornalista, «ma oggi troppo spesso viene distorta e trasformata in arma di offesa. È necessario formare i giovani a un linguaggio umanizzante, dialogante e non conflittuale».
Il progetto, ancora in fase di stesura, prevede di fornire agli studenti strumenti culturali e deontologici che permettano loro di affrontare con preparazione i nuovi linguaggi tecnologici. L’obiettivo è contrastare l’impoverimento delle relazioni umane causato da una “subcultura comunicativa” basata su superficialità e violenza verbale.
Maimone intende consultare l’Ordine dei Giornalisti per formalizzare l’iniziativa e rafforzarne il profilo istituzionale. Alla base c’è la convinzione che la scuola e le istituzioni abbiano il compito di insegnare il valore della parola come veicolo di dialogo, gentilezza, fratellanza e crescita collettiva.
«Siamo a una svolta epocale», conclude, «l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie devono essere governate da un’opera educativa che parte dall’infanzia. Solo così eviteremo danni irreparabili e costruiremo una società fondata sull’amore e sul rispetto reciproco».
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