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Società

Tra fascino e fastidio: perché alcuni dialetti italiani ci conquistano, come il genovese, e altri ci lasciano indifferenti, come il palermitano?

Un sondaggio svela quali sono i dialetti più amati e odiati dagli italiani. Scopriamo insieme perché alcuni ci fanno sorridere e altri ci fanno storcere il naso!

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    L’Italia è un paese ricco di tradizioni, usanze e… di dialetti. Ogni regione ha la sua lingua locale, un patrimonio linguistico che racconta storie, evoca immagini e ci trasporta in mondi lontani. Un patrimonio da preservare sempre. Ma se da un lato i dialetti rappresentano una inestimabile ricchezza, dall’altro possono suscitare reazioni contrastanti.

    Un inconfondibile mosaico di suoni e parole

    I dialetti italiani sono come le tessere di un mosaico: ognuno ha le sue sfumature, le sue peculiarità e la sua bellezza. Dal dolce suono del toscano al ruvido del napoletano, passando per il melodico siciliano e il colorito romano, il panorama linguistico italiano è estremamente variegato. Ma qual è il dialetto che fa breccia nel cuore degli italiani? E quale, invece, suscita qualche perplessità? Un recente sondaggio ha cercato di fare chiarezza su questo tema tanto affascinante quanto controverso.

    I campioni del gradimento

    A quanto pare, i dialetti che conquistano maggiormente il cuore degli italiani sono quelli del Nord-Ovest. Il genovese si aggiudica la medaglia d’oro, seguito a ruota dai dialetti emiliano-romagnoli. Anche il toscano, nonostante la sua fama di “italiano ufficiale”, gode di un’ampia popolarità.

    E quali sono i “meno amati”?

    Al polo opposto troviamo il napoletano, che si conferma il dialetto meno amato dagli italiani. Seguono a ruota il sardo e il siciliano. Ma perché questi dialetti suscitano reazioni così diverse?Le ragioni di queste preferenze sono molteplici e complesse. Dipendono da fattori culturali, sociali e anche psicologici. Ad esempio la familiarità o gli stereotipi. I dialetti che sentiamo fin da piccoli quando siamo nella culla ci risultano più familiari e rassicuranti, inoltre i dialetti sono associati sempre a stereotipi positivi o negativi da cui dipende il nostro giudizio. Anche la rappresentazione nei media conta molto e può influenzarne la loro percezione. Infine alcuni dialetti sono effettivamente più complessi di altri e quindi possono risultare più difficili da comprendere. Del resto non siamo tutti antropologi…

    Un patrimonio culturale da preservare

    Nonostante le preferenze personali, è innegabile che i dialetti rappresentino un patrimonio culturale inestimabile per l’intera nazione. Sono la memoria storica delle nostre comunità, un ponte tra passato e presente, un elemento fondamentale della nostra identità.

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      Società

      Quando una madre uccide: l’emergenza del figlicidio materno tra solitudine, stigma e fragilità

      È un gesto rarissimo ma devastante, che richiede una riflessione profonda sulle cause psicologiche, sul ruolo della solitudine materna e sulle misure di prevenzione necessarie.

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      Quando una madre uccide

        La cronaca recente ha riportato all’attenzione della società un tema doloroso e difficile: il figlicidio commesso da madri. Tali episodi, in apparenza inspiegabili, spingono a interrogarsi non solo sul ruolo delle patologie psichiche, ma anche sulle condizioni sociali che possono contribuire a generare tragiche tragedie familiari. Se, da un lato, emerge il bisogno di giustizia, dall’altro non si può ignorare la dimensione collettiva: quanto pesa la solitudine di una neomamma? Qual è la responsabilità della comunità?

        Il peso della solitudine materna
        Come osserva il pedagogista Daniele Novara, l’isolamento dopo il parto rappresenta un rischio significativo. Studi psicoanalitici, tra cui quelli di Franco Fornari, hanno descritto forme di “paranoia primaria”: un timore inconscio legato alla morte, percepita come potenziale minaccia rappresentata dal neonato. In passato, in società più tradizionali, le madri non venivano lasciate sole: la rete familiare e comunitaria aiutava a prevenire situazioni di estremo disagio. Oggi, invece, nella struttura familiare nucleare moderna, molte madri non dispongono di un supporto adeguato, rendendo molto vulnerabile la fascia post-natale.

        Il fenomeno in Italia
        Secondo dati Eures citati anche da CronacaComune, dal 2010 al 2022 in Italia si sono registrati 268 figlicidi, con una media di quasi un episodio ogni due settimane. Di questi, una quota significativa — oltre il 50% — riguarda bambini sotto i 12 anni, e in più di un terzo dei casi la madre è l’autrice dell’omicidio. Da una prospettiva storica, la Psicologia in Tribunale evidenzia che tra il 2006 e il 2017 sono stati identificati 34 omicidi di neonati ad opera delle madri. Cifre che, pur restando rare, segnalano l’urgenza di comprendere e affrontare un rischio che spesso rimane nell’ombra.

        Aspetti giuridici: l’infanticidio nella legge italiana
        Il diritto italiano prevede una norma specifica per l’infanticidio: l’articolo 578 del codice penale punisce la madre che uccide il neonato immediatamente dopo il parto, o il feto durante il travaglio, se l’atto è collegato a condizioni di abbandono materiale o morale legate alla maternità. Questa previsione legislativa riflette la consapevolezza della fragilità psicologica materna, ma allo stesso tempo pone limiti stringenti per il riconoscimento delle attenuanti che derivano da un forte disagio emotivo.

        Cause psicologiche e sociali
        Le motivazioni dietro il figlicidio materno sono quasi sempre multifattoriali. Non sempre si tratta di gravi malattie psichiatriche: secondo alcuni studi, in molti casi emergono disturbi meno evidenti ma reali, come depressione, personalità fragile oppure isolamento emotivo. La cosiddetta “sindrome di Medea”, proposta da Jacobs nel 1988, descrive situazioni in cui la madre – spesso dopo relazioni travagliate – può arrivare a compiere azioni estreme come forma di rivalsa o distruzione del legame, ma non necessariamente da uno stato di insanità mentale totale. Il sentimento di vergogna, la pressione sociale sull’ideale di maternità perfetta e l’assenza di reti di sostegno rappresentano fattori che aggravano la fragilità emotiva, come rilevato da numerosi psicologi.

        Prevenzione: quale responsabilità ha la società?
        Per evitare che episodi simili si ripetano, è fondamentale un cambio culturale e un investimento concreto nel sostegno alle neomamme. Secondo Novara, servono strutture di supporto, figure come assistenti all’allattamento, forme di accompagnamento finanziario per le famiglie nei primi mesi dopo la nascita. Non basta criminalizzare: occorre prevenire. Un welfare che dia alle madri la possibilità di essere seguite, ascoltate, aiutate può fare la differenza.
        Il figlicidio materno è un fenomeno drammatico e complesso, che va oltre il semplice gesto criminale. Richiede un’analisi attenta delle sue radici psicologiche, sociali e culturali. Non è sufficiente punire: la comunità ha il dovere di offrire ascolto, prevenzione e presenza. Solo così si può sperare di proteggere davvero le famiglie più fragili e prevenire tragedie intime che scuotono il cuore della società.

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          Società

          POS e registratori di cassa: dal 2026 scatta il nuovo obbligo digitale per gli esercenti

          La misura punta a contrastare l’evasione, ma solleva dubbi tra tabaccai, edicole e attività che non emettono scontrino fiscale. Ecco cosa cambia, quali rischi si corrono e come funzionerà davvero il nuovo sistema.

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          POS

            Dal 1° gennaio 2026 tutti gli esercenti dovranno associare i propri POS ai registratori di cassa telematici. Lo stabilisce la Legge di Bilancio 2026, introducendo un passaggio che mira ad allineare pagamenti elettronici e corrispettivi comunicati all’Agenzia delle Entrate. Una novità che, sulla carta, non dovrebbe comportare costi aggiuntivi, ma che sta provocando preoccupazione in diverse categorie commerciali, soprattutto quelle che non rilasciano scontrino fiscale.

            Come funziona il collegamento digitale secondo l’Agenzia delle Entrate

            L’Agenzia delle Entrate ha precisato che non servirà alcun collegamento fisico tra dispositivi: si tratta di una procedura interamente online. Attraverso l’area riservata del portale, l’esercente dovrà:

            • accedere al proprio profilo;
            • selezionare il registratore telematico già censito;
            • associare i POS utilizzati nel punto vendita.

            L’obiettivo è consentire un controllo automatico: ogni pagamento elettronico dovrà trovare un riscontro nella trasmissione dei corrispettivi. Il sistema, in sostanza, confronterà due flussi: quello delle transazioni con carta e quello dei dati inviati dal registratore di cassa.

            L’Agenzia ha inoltre rassicurato sul fatto che non sono previsti aggiornamenti obbligatori ai dispositivi, né modifiche hardware.

            Il nodo delle attività senza scontrino

            Una questione irrisolta riguarda le attività che per legge non emettono scontrino, come:

            • tabaccai;
            • edicole;
            • punti vendita di valori bollati;
            • sale scommesse e sale gioco;
            • rivendite di prodotti soggetti a monopolio.

            Questi esercizi certificano i propri incassi tramite documentazione dei Monopoli, dei concessionari o dei gestori dei servizi, e non tramite il registratore telematico. Ciò potrebbe generare discrepanze: il POS registra un pagamento, ma nel sistema non compare un corrispettivo associato.

            Il rischio è che, in assenza di una corretta interpretazione delle casistiche, questi esercenti vengano segnalati come “anomalie”, nonostante operino nel rispetto della normativa vigente.

            Le sanzioni previste per chi non si adegua

            La normativa introduce un sistema sanzionatorio piuttosto severo:

            • fino a 100 euro per trasmissione incompleta dei dati;
            • da 1.000 a 4.000 euro per mancata associazione tra POS e registratore;
            • nei casi più gravi o reiterati, possibile sospensione dell’attività.

            Un esempio chiarisce il timore diffuso: un tabaccaio incassa 10 euro con carta per due pacchetti di sigarette — vendita per cui lo scontrino non è previsto. Il sistema, però, potrebbe segnalarlo come pagamento “privo di corrispettivo”.

            Come si muoverà l’Agenzia delle Entrate

            Negli ultimi anni l’Agenzia ha intensificato l’invio di lettere di compliance quando rileva incoerenze tra transazioni elettroniche e documenti fiscali. Le categorie considerate più esposte a irregolarità vengono già monitorate con maggiore attenzione.

            L’Agenzia ha affermato di essere consapevole delle specificità dei settori soggetti a monopolio. Tuttavia, soltanto con l’entrata in vigore del nuovo sistema sarà possibile capire come verranno gestiti gli incassi legittimi non accompagnati da scontrino.

            Tempistiche operative e fase di avvio

            Sebbene l’obbligo parta dal 1° gennaio 2026, la procedura potrà essere materialmente eseguita soltanto quando la piattaforma sarà aggiornata. Le tempistiche previste sono:

            • da marzo 2026: prime possibilità di associazione tra POS e cassa;
            • per i POS utilizzati tra 1° e 31 gennaio 2026, scatterà un periodo di 45 giorni dalla messa online del servizio;
            • a regime, la registrazione andrà fatta entro il sesto giorno del secondo mese successivo al primo utilizzo del POS.

            Il percorso verso una maggiore trasparenza nei pagamenti elettronici è ormai tracciato. Resta però la necessità di chiarimenti operativi per evitare che categorie già regolamentate con criteri particolari vengano penalizzate da automatismi informatici o interpretazioni non coerenti con la normativa vigente.

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              Società

              Furti sui treni: tutte le nuove tecniche dei ladri e gli avvertimenti della Polizia ferroviaria

              Furti e borseggi sui treni sono in costante aumento e i ladri utilizzano tecniche sempre più ingegnose. Dai diversivi creati con monetine al sistema del “bagaglio matrioska”, i passeggeri diventano spesso vittime inconsapevoli. Gli ultimi episodi – incluso quello che ha coinvolto il deputato Matteo Richetti – mostrano un fenomeno ormai quotidiano e diffuso.

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              Furti sui treni

                I furti sui treni non sono più episodi sporadici, ma un fenomeno strutturale che coinvolge quotidianamente pendolari, turisti e viaggiatori in tutto il Paese. L’ultimo caso, diventato pubblico perché ha colpito un volto noto della politica, è quello di Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, che durante un viaggio Brescia–Roma si è visto sottrarre due bagagli. Un incidente che per gli operatori del settore non ha nulla di eccezionale: ciò che sorprende non è l’episodio in sé, ma la frequenza con cui simili situazioni si verificano ormai su molti convogli.

                Come confermano gli esperti della Polizia ferroviaria, i ladri agiscono con estrema rapidità e con schemi ben collaudati. Non si tratta di criminali improvvisati, ma spesso di gruppi organizzati che monitorano i passeggeri, studiano le loro abitudini e sfruttano ogni piccolo momento di distrazione.

                La mappa dei furti: tra stazioni e carrozze

                «È un fenomeno criminale odioso con cui ci confrontiamo ogni giorno: nelle stazioni, sui treni e persino nelle aree esterne», spiega a Adnkronos Nunzio Trabace, dirigente del secondo settore della Polizia ferroviaria della Lombardia.

                La Polfer distingue due grandi contesti:
                1. Le stazioni, dove agiscono soprattutto borseggiatrici esperte nel cogliere l’attimo giusto, ovvero un portafoglio che spunta dalla tasca, uno smartphone appoggiato sulla valigia o un passeggero carico di bagagli.
                2. I convogli in movimento, dove entrano in gioco gruppi composti da tre o quattro persone, coordinate con auricolari e telefoni.

                La logica è semplice: confondersi tra i viaggiatori, individuare il bersaglio e colpire nel momento di maggiore vulnerabilità, spesso quando il treno rallenta per entrare in stazione.

                Il metodo “monetine” e gli altri trucchi più diffusi

                Il trucco della monetina lanciata a terra è uno dei più comuni: un complice fa cadere alcune monete vicino alla vittima o gliele tende come se appartenessero a lui. Mentre il passeggero si china o si distrae, un altro criminale afferra la borsa o lo zaino riposto sopra o accanto al sedile.

                Un’altra strategia frequente è la richiesta di informazioni: indicazioni sul posto a sedere, sui binari o sul bagaglio a mano. Basta qualche secondo per distogliere lo sguardo dal proprio trolley e perderlo.

                I criminali più organizzati utilizzano anche il sistema del “bagaglio matrioska”: ne sistemano uno ingombrante vicino alla valigia della vittima per rallentare eventuali reazioni e creare confusione durante la fuga. In alcuni casi nascondono la refurtiva in un’altra valigia vuota che portano con sé per sembrare passeggeri come gli altri.

                Le bande agiscono spesso in quattro: due controllano l’ingresso dei passeggeri al vagone, mentre gli altri due eseguono il furto. La scelta della vittima non è mai casuale: «Puntano sui bagagli più vistosi, quelli che suggeriscono un contenuto di valore», precisa Trabace.

                I momenti più pericolosi

                La maggior parte dei furti avviene nelle fasi più caotiche del viaggio:

                • salita e discesa dei passeggeri,
                • ingresso o uscita dalla stazione,
                • cambi di carrozza,
                • soste brevi, quando i ladri approfittano di porte aperte e affollamenti.

                In questi momenti cala inevitabilmente l’attenzione e i criminali ne approfittano per colpire e allontanarsi prima che la vittima si accorga del furto.

                Le raccomandazioni della Polfer

                Per prevenire i furti, le forze dell’ordine consigliano alcune precauzioni di base ma molto efficaci:

                • tenere sempre sott’occhio il bagaglio, preferendo valigie ridotte e zaini da tenere vicino;
                • non lasciare oggetti di valore in vista;
                • evitare di allontanarsi dal posto durante le soste;
                • diffidare di chi crea distrazioni, dà indicazioni non richieste o si avvicina troppo;
                • in caso di sospetti, avvisare immediatamente il personale ferroviario o la Polfer.

                Un’attenzione costante, soprattutto nei momenti più caotici, può ridurre drasticamente il rischio di furti.

                Un fenomeno in crescita, ma contrastato

                Grazie ai controlli intensificati e all’azione coordinata della Polizia ferroviaria, negli ultimi anni molte bande specializzate sono state identificate e arrestate. Tuttavia, l’enorme volume di passeggeri e la naturale mobilità dei treni rendono difficile un controllo totale del fenomeno.

                Per questo, prevenire resta la strategia più efficace: conoscere le tecniche utilizzate dai ladri e mantenere alta la soglia di attenzione significa proteggere i propri effetti personali e rendere più sicuro il viaggio per tutti.

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