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Caro chatbot consumi troppo. L’impatto ambientale dell’AI e dei modelli linguistici
Quanta acqua e quanta elettricità servono per alimentare l’intelligenza artificiale? Ecco i numeri del consumo globale dei modelli generativi.

L’intelligenza artificiale – AI – sta rivoluzionando il nostro modo di lavorare e comunicare, ma quanto costa in termini ambientali? Secondo Sam Altman, Ceo di OpenAI, una singola richiesta a ChatGPT consuma circa 0,34 wattora di energia, più o meno quanto una lampadina ad alta efficienza per pochi minuti. Inoltre, ogni query utilizza 0,000085 galloni d’acqua, cioè un quindicesimo di cucchiaino. Ma se questi numeri sembrano irrilevanti su scala individuale, la situazione cambia drasticamente se si moltiplicano per centinaia di milioni di utenti.
Con 800 milioni di richieste giornaliere, il consumo totale raggiunge 272 milioni di wattora al giorno, equivalenti a 272.000 kWh e a 257.000 litri d’acqua. A titolo di paragone, il prelievo idrico annuo italiano per uso potabile supera 9,14 miliardi di metri cubi, ovvero 25 miliardi di litri al giorno. Se confrontiamo questi dati, il consumo di AI appare più contenuto, ma resta significativo per un’unica tecnologia.
L’energia dei modelli linguistici
Una recente ricerca pubblicata su arXiv ha cercato di stimare l’impatto energetico dei grandi modelli linguistici (LLM). Alcuni sistemi avanzati, come ChatGPT-o3 e DeepSeek-R1, possono arrivare a 33 Wh per un prompt lungo, un valore 70 volte superiore rispetto ai modelli più efficienti come GPT-4.1 nano. Se si considera una media di 700 milioni di query giornaliere, l’impatto annuale dell’AI potrebbe essere paragonabile al fabbisogno energetico di 35.000 abitazioni statunitensi, contribuendo a 1,5 milioni di tonnellate di acqua evaporata e a emissioni di CO₂ tali da richiedere un’intera foresta grande quanto Chicago per essere assorbite.
Verso un’AI più sostenibile?
Con la continua crescita delle tecnologie AI, il tema della sostenibilità diventa cruciale. Se la superintelligenza è il futuro, come sostiene Altman, allora l’AI dovrà trovare soluzioni per ridurre il suo impatto ecologico. Intanto, gli sviluppatori stanno già lavorando per ottimizzare i consumi energetici e rendere l’intelligenza artificiale più efficiente. Perché, se oggi consumiamo una lampadina per ogni richiesta, domani potremmo farlo in modo ancora più intelligente (e sostenibile). La sfida è aperta!
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Sam Altman: “L’intelligenza artificiale ha già superato quella umana”
Secondo Altman, il punto di singolarità – quando l’IA supera l’intelligenza umana – è stato superato. I sistemi attuali sarebbero già più intelligenti delle persone sotto molti aspetti. Nel 2027 arriveranno robot per la vita quotidiana. Ma non tutti ci credono.

Sam Altman non usa mezzi termini: “Siamo oltre l’orizzonte degli eventi, il decollo è iniziato”. Tradotto: l’intelligenza artificiale ha già oltrepassato il punto di singolarità, ovvero quel momento immaginato da decenni nei film e nei romanzi di fantascienza in cui le macchine superano la nostra intelligenza. Solo che, per il CEO di OpenAI – la società che sviluppa ChatGPT – quel momento non è nel futuro. È già qui.
Nel suo ultimo post sul blog aziendale, pubblicato mercoledì scorso, Altman afferma senza esitazioni che siamo già entrati in una nuova era. Certo, ammette, “finora è molto meno strano di quanto sembri”. Non vediamo robot per le strade, non parliamo ancora per ore con l’IA (o almeno, non tutti), non siamo diventati immortali e non abbiamo colonie su Marte. Però, qualcosa è cambiato in profondità.
Secondo Altman, i sistemi di intelligenza artificiale oggi in uso sono già più intelligenti degli esseri umani in molte attività specifiche. “Centinaia di milioni di persone vi fanno affidamento ogni giorno – scrive – e per compiti sempre più importanti. Una piccola funzione può creare un impatto positivo enorme. Un piccolo errore, al contrario, può diventare una catastrofe se moltiplicato per milioni di utenti”.
È un concetto cruciale: l’IA è già ovunque, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Scrive email, compila documenti, traduce, genera codici, riassume, corregge bozze. E secondo Altman, nei prossimi anni sarà sempre più autonoma. Già nel 2025 – sostiene – vedremo sistemi capaci di formulare intuizioni originali, non solo di rielaborare dati. E nel 2027 potrebbero arrivare robot in grado di svolgere compiti nel mondo reale, sostituendo l’essere umano nelle mansioni quotidiane.
Il vero salto, però, avverrà entro il 2030. In quell’orizzonte, dice Altman, “intelligenza ed energia – cioè idee e capacità di realizzarle – diventeranno estremamente abbondanti”. Uno scenario che suona come l’utopia transumanista: la creatività infinita combinata con la forza per attuarla. Una rivoluzione industriale, cognitiva ed esistenziale.
Certo, non manca chi storce il naso. Altman, ricordiamolo, è il capo della società che ha più da guadagnare nel convincerci che l’IA sia la nuova divinità del XXI secolo. Apple, ad esempio, ha da poco sottolineato come i principali chatbot (ChatGPT incluso) falliscano ancora nei compiti di ragionamento logico complesso. E resta il nodo del cosiddetto “disallineamento”: ossia, il rischio che un’IA, pur intelligente, non faccia ciò che ci aspettiamo. O che lo faccia troppo bene.
L’unico punto su cui sembrano concordare tutti, è che il mondo sta cambiando più in fretta di quanto immaginiamo. L’uso dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana non è più un’ipotesi, è realtà. E anche se i robot non stanno ancora invadendo le strade, i nostri smartphone, computer e assistenti vocali sono già pieni di algoritmi che imparano, decidono, prevedono.
Il problema, semmai, è un altro: siamo pronti?
Oppure, come nei migliori film di fantascienza, ci accorgeremo troppo tardi di aver dato alle macchine più potere di quanto il nostro cervello potesse contenere?
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In quel ramo del lago di Como… svelato il volto della mummia egizia
Fino al 15 giugno 2025 a Como è possibile visitare la mostra “Incontri. L’Egitto da esplorare” dove sarà possibile ammirare e ‘toccare’ la ricostruzione del volto di una mummia egizia realizzata da Spazio Geco FabLab di Pavia.

Grande curiosità ed entusiasmo hanno accompagnato l’inaugurazione della mostra Incontri. L’Egitto da esplorare nella Biblioteca “G. Pontiggia” di Erba (Como), dove, fino al 15 giugno del 2025, sarà possibile ammirare la ricostruzione del volto di una mummia egizia e toccare repliche tattili in 3D di reperti millenari. La mostra, organizzata dal Museo Civico di Erba in collaborazione con il Mummy Project, permette un’esperienza immersiva ed educativa, con supporti specifici per non vedenti e ipovedenti.
La magia della tecnologia 3D per un’esperienza tattile
L’elemento distintivo della mostra è la possibilità di interagire con le copie tattili in 3D di tre frammenti di mummie. Grazie alla tecnica di scansione laser e alla stampa in resina a scala 1:1, realizzata dal team di Spazio Geco FabLab di Pavia, i visitatori possono “toccare con mano” la storia, un’opportunità speciale anche per il pubblico con disabilità visive. È stato creato un ambiente inclusivo grazie alla collaborazione di numerosi partner che hanno realizzato testi in Braille, contenuti in Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) e altri supporti.
Il volto della mummia e la ricostruzione forense
L’antropologa forense Chantal Milani, membro del Mummy Project, ha ricostruito il volto dell’antica mummia egizia utilizzando il metodo basato sul decodificatore di protocollo Manchester Configurable. Il metodo consente di raggruppare i bit utilizzando varie combinazioni di velocità in bit, polarità, condizione di inattività, timeout e altro in messaggi decifrabili. Si tratta della stessa tecnica che ha già permesso di restituire i volti di personaggi come Dante Alighieri e Raffaello. La ricostruzione realistica è basata su dati anatomici e antropologici. Grazie anche a questa tecnica il pubblico può finalmente vedere che aspetto aveva quest’uomo vissuto millenni fa.
Fondi regionali per la valorizzazione della cultura
La mostra è stata resa possibile anche grazie al sostegno della Regione Lombardia, che ha stanziato 5,6 milioni di euro per promuovere la cultura e le attività legate al patrimonio storico, archeologico e artistico. Il progetto del Museo Civico di Erba, risultato settimo nella graduatoria del bando “Avviso Unico Cultura 2024”, è un esempio di come questi fondi possano facilitare l’accesso alla cultura anche per i visitatori con esigenze specifiche. E inoltre rendere fruibili preziosi beni culturali anche in spazi alternativi, come le biblioteche, durante i periodi di chiusura per lavori.
Una mostra inclusiva e affascinante per tutte le età
Oltre all’esposizione, sono previsti laboratori didattici per le scuole e attività per famiglie e associazioni, che renderanno la cultura egizia accessibile a tutta la comunità. Grazie all’attenzione verso l’inclusività e all’uso delle tecnologie, la mostra rappresenta un nuovo modello di esposizione museale, capace di abbattere le barriere e offrire un’esperienza unica a ogni visitatore.
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Mai così vicini al Sole: il viaggio record della Parker Solar Probe nella corona solare
A 692mila chilometri orari e 982 gradi Celsius, la Parker Solar Probe ha raggiunto un nuovo traguardo nella sua missione iniziata nel 2018. Gli scienziati attendono i dati per svelare i segreti della nostra stella.

Il 24 dicembre 2024 entrerà nella storia dell’esplorazione spaziale. La Parker Solar Probe, sonda della Nasa lanciata nel 2018, ha stabilito un nuovo record, avvicinandosi al Sole come nessun veicolo spaziale aveva mai fatto prima: soli 6,1 milioni di chilometri.
Un’impresa straordinaria resa possibile da un’orbita calcolata con precisione millimetrica. La sonda ha sfruttato l’effetto gravitazionale di Venere per aumentare la propria velocità, raggiungendo l’incredibile cifra di 692mila chilometri orari. Per comprendere la portata di questo dato: è oltre 200 volte più veloce di un aereo passeggeri.
La Parker Solar Probe non si è limitata a battere record di velocità. Ha volato nella corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole, affrontando temperature vicine ai 982 gradi Celsius. Eppure, grazie a un avanzatissimo scudo termico, è riuscita a proteggere i suoi strumenti scientifici, garantendo il corretto funzionamento della missione.
Un viaggio iniziato nel 2018
Lanciata dalla base di Cape Canaveral, la sonda prende il nome dall’astrofisico Eugene Parker, che nel 1958 teorizzò l’esistenza del vento solare. La missione ha come obiettivo principale quello di studiare da vicino la nostra stella per comprendere fenomeni fondamentali come il riscaldamento della corona solare, la dinamica del vento solare e le eruzioni di particelle cariche che possono influenzare le telecomunicazioni e i sistemi elettrici sulla Terra.
Dal 2018, la Parker Solar Probe ha effettuato diversi flyby di Venere, utilizzando la gravità del pianeta per spingersi sempre più vicina al Sole. Ogni passaggio ha permesso alla sonda di perfezionare la sua traiettoria, portandola in una posizione mai raggiunta prima.
Attesa per i dati
Nonostante il traguardo storico, il vero lavoro della missione inizia ora. La sonda ha raccolto dati cruciali durante il suo passaggio ravvicinato e, vista l’enorme distanza dalla Terra, il primo segnale radio con la conferma ufficiale del successo è atteso proprio in queste ore. Gli scienziati della Nasa sperano di ricevere informazioni dettagliate che potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione del Sole e dei suoi processi.
Perché studiare il Sole?
La nostra stella non è solo la fonte primaria di energia per il sistema solare, ma anche un elemento fondamentale per la vita sulla Terra. Tuttavia, il Sole è anche responsabile di fenomeni che possono avere conseguenze devastanti. Le tempeste solari, ad esempio, possono danneggiare i satelliti, interrompere le comunicazioni radio e causare blackout elettrici. Comprendere meglio questi eventi è essenziale per prevederli e mitigarne gli effetti.
Oltre alla scienza pratica, la missione Parker Solar Probe rappresenta un progresso tecnologico e umano straordinario. Affrontare condizioni estreme come quelle della corona solare richiede non solo una progettazione all’avanguardia, ma anche una conoscenza approfondita delle leggi fisiche che governano il nostro universo.
Un futuro sempre più vicino al Sole
L’ultimo flyby della sonda non è la fine della missione. La Parker Solar Probe continuerà a orbitare attorno al Sole, avvicinandosi ulteriormente con ogni passaggio. Gli scienziati prevedono che entro il 2025 la sonda possa raggiungere una distanza di appena 5,9 milioni di chilometri dalla superficie solare.
Questo storico avvicinamento non è solo un tributo alla capacità dell’uomo di superare i propri limiti, ma anche un invito a guardare verso il cielo con rinnovato stupore. La Parker Solar Probe ci ricorda che, anche in un’epoca di sfide globali, lo spirito di scoperta e l’aspirazione a esplorare l’ignoto restano tra le più grandi conquiste dell’umanità.
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