Tech
Che fine ha fatto l’inventore di Msn, Nathan Myhrvold?
L’inventore di un servizio ai tempi avveniristico, del quale Bill Gates capì subito il grande potenziale, arruolandolo nel suo team. Oggi il suo business sono i brevetti.

Un servizio di video chat passato alla storia, dietro al quale c’è Nathan Myhrvold, genio dell’hitech che a poco più di 20 anni, fonda la sua prima startup, Dynamical System Research. Nel 1986 sviluppa un ambiente operativo che consente di usare più applicazioni contemporaneamente. Microsoft ne comprende il potenziale e acquista per 1,5 milioni di dollari e arruola pure Nathan, che per 13 anni scala posizioni fino a diventare CTO, mentre scrive un documento che cambia per sempre la vita della multinazionale di Bill Gates.
Fonda una squadra speciale con l’ok di Gates
Nathan, master in matematica ed economia a Princeton e un post dottorato a Cambridge, non possiede certo il profilo di chi entra in una grossa azienda in silenzio. Pronti-via… il primo incarico che gli viene affidato è di occuparsi dello sviluppo di tecnologia avanzata. Rileva una falla in azienda e scrive un corposo documento nel quale chiede a Bill Gates (al tempo Ceo di Microsoft) di creare una squadra speciale formata da ricercatori. Con l’ok di Gates nasce il Microsoft Research, per sviluppare progetti innovativi. Sono i primi mattoni di quello che oggi è un centro di ricerca nato nel 1991 con un gruppo di cinque persone e cresciuto fino a impiegare oggi oltre 1000 risorse, tra America, Europa e Asia.
La nascita di Msn
È il 24 agosto 1995 quando debutta uno dei primi prodotti che Microsoft decide di commercializzare: Microsoft Network, un insieme di servizi online. Due su tutti diventano subito popolari, Hotmail (per la posta elettronica). E Messenger, servizio di istant messaging. Oggi, nell’epoca di Whatsapp, l’idea fa un po’ sorridere. Ma ai tempi era rivoluzionario, in anni in cui i ragazzi possedevano cellulari con traffico prepagato, quando gli anni in cui sarebbe stato possibile inviare messaggi gratis erano molto lontani. Con Messenger potevi chattare, fare video, telefonate, con la tua lista di amici in Italia o all’estero. Tutto gratis. I trentenni che ci sono passati, i Millennials, lo ricordano molto bene.
Con l’avvento di Facebook si inaugura una nuova era e il Web ne esce radicalmente trasformato. Messenger perde utenti, 48% l’anno. Mentre un altro software di messaggistica istantanea e voip, nato in Estonia, cresce a ritmi vertiginosi. Si chiama Skype e nel 2011 ha 663 milioni di utenti registrati a livello mondiale. Nel 2012 la decisione: Messenger confluisce in Skype che lo rimpiazza ufficialmente. E vengono chiusi anche i cosiddetti “space”, i blog, associati a ogni account. La fine di un servizio e di un’epoca.
Il business attuale di Myhrvold è quello di fare soldi coi brevetti
Il nome di Nathan Myhrvold negli ultimi anni è legato alla Intellectual Ventures, società che sviluppa, compra e vende brevetti per risolvere grosse sfide dell’umanità come epidemie e riscaldamento globale. Fondata nel 2000, l’azienda ha raccolto finanziamenti complessivi di 5,5 miliardi. Più investimenti da università come Stanford, con ricavi di 3 miliardi di dollari sulle licenze accumulate negli anni. Un vero e proprio dominio sul mercato dei brevetti: ne possiede circa 70 mila. In molti lo criticano ma lui risponde sereno: «Lo scopo dell’azienda è di investire in nuove invenzioni. Le grosse aziende che mi accusano di essere un troll sono solo ipocrite. Facciamo esattamente quello che fanno Microsoft, Apple, Facebook. Tutte comprano brevetti per rivenderli e guadagnarci».
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Tech
Tra gossip e algoritmi, l’amore ai tempi dell’AI
Sotto i riflettori del gossip e dell’opinione pubblica, le coppie vip fanno discutere. Ma cosa potrebbe accadere se l’Intelligenza Artificiale entrasse in gioco, offrendo un parere inaspettato sul futuro di un amore?

Nel panorama mediatico odierno, le vicende private di personaggi pubblici spesso si intrecciano con l’interesse collettivo, alimentando dibattiti e i pettegolezzi. La separazione di una coppia vip, in particolare, accende i riflettori e spinge molti a interrogarsi sulle dinamiche profonde che hanno portato alla rottura.
In un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale riempie sempre più ambiti della nostra vita, ecco che anche questo tema così intimo e personale non sfugge al suo sguardo analitico. Algoritmi sofisticati, alimentati da una vastità di dati e informazioni, provano a fornire un responso sul futuro di una coppia vip.
Le motivazioni alla base di queste previsioni sono complesse e sfumate, frutto di un’analisi approfondita dei dati relativi alla coppia, alle loro interazioni e al contesto in cui vivono. L’IA, pur non potendo prevedere il futuro con assoluta certezza, individua elementi che potrebbero favorire una separazione e le problematiche che hanno portato alla crisi.
L’intervento dell’IA in questa vicenda così delicata solleva numerose questioni etiche e filosofiche. In che misura è lecito affidarsi a un algoritmo per giudicare le dinamiche umane così complesse e sfuggenti? Può un responso impersonale e asettico sostituire l’empatia e la comprensione umana?
Il dibattito è aperto e non ha risposte facili. Tuttavia, l’inaspettato verdetto dell’IA ci spinge a riflettere sul ruolo sempre più importante che la tecnologia sta assumendo nelle nostre vite, anche in quelle sfere intime e personali che un tempo erano considerate dominio esclusivo dell’esperienza umana.
Ma una cosa è certa: l’Intelligenza Artificiale ha già lasciato il segno, aprendo un nuovo capitolo nel modo in cui percepiamo e affrontiamo le sfide del cuore.
Tech
Google inquina sempre di più: +11% di emissioni nel 2024, colpa dell’intelligenza artificiale
Dal 2019 a oggi le emissioni di carbonio di Google sono cresciute del 51%. A farle impennare è soprattutto la catena di fornitura dell’intelligenza artificiale: produzione, trasporti e logistica per alimentare i data center divorano energia e aumentano l’impatto ambientale.

C’era una volta il sogno green di Google. Ma nel 2024, la realtà è ben diversa. Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal colosso di Mountain View, le emissioni complessive di carbonio sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente. Un incremento che porta il dato totale a +51% rispetto al 2019, allontanando sensibilmente l’azienda dall’obiettivo dichiarato: dimezzare le emissioni entro il 2030.
La causa? Una sola parola: intelligenza artificiale.
Nel documento, Google ammette che a pesare sono soprattutto le emissioni legate alla catena di fornitura, ovvero la cosiddetta “scope 3”, che comprende tutte quelle attività esterne al diretto controllo dell’azienda: acquisto di beni e servizi, trasporti, logistica, produzione e assemblaggio delle componenti necessarie per alimentare l’ecosistema AI. Proprio questa categoria ha visto un aumento del 22% nel 2024, mentre le emissioni interne alle sole operazioni aziendali sono diminuite dell’11%.
“Per realizzare le sue promesse, l’intelligenza artificiale ha bisogno di energia”, ammette senza giri di parole il report. La crescente domanda di calcolo generata dalle nuove tecnologie richiede infatti infrastrutture sempre più complesse e assetate di corrente. Tuttavia, c’è una nota positiva: l’innovazione tecnologica sta rendendo i data center più efficienti, riuscendo a contenere l’aumento dei consumi.
Google prova a rassicurare: “Entro il 2030, i nostri data center consumeranno meno energia rispetto a quella richiesta da motori industriali, climatizzatori o auto elettriche”. Ma il trend resta preoccupante, soprattutto considerando la velocità con cui l’industria dell’IA sta crescendo.
E se Big G arranca, anche gli altri big tech non brillano. Meta, ad esempio, ha annunciato un data center alimentato a gas in Louisiana. E negli Stati Uniti, l’ultima mossa politica ha fatto discutere: l’ex presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’uso del carbone nei data center IA, una scelta che appare in netta controtendenza rispetto alle strategie ambientali globali.
L’era dell’intelligenza artificiale è solo all’inizio. Ma, a quanto pare, la transizione ecologica dovrà aspettare.
Tech
Auto senza pilota sull’autostrada del Brennero: ecco il progetto futuristico da 9,2 miliardi
Una smart highway all’avanguardia: connettività, sicurezza e transizione ecologica per un’autostrada intelligente che accoglierà veicoli a guida autonoma. I test sono già in corso e promettono di rivoluzionare la mobilità.

Il sedile del conducente vuoto, il volante che si muove da solo e gli occupanti liberi di leggere, lavorare o schiacciare un pisolino: non è fantascienza, ma la realtà che presto potrebbe materializzarsi sull’autostrada del Brennero. Grazie a un progetto da 9,2 miliardi di euro, l’A22 si prepara a diventare il primo green corridor europeo, un’autostrada intelligente progettata per accogliere veicoli a guida autonoma.
Un investimento rivoluzionario
Il piano, approvato dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, prevede non solo la manutenzione e il risanamento dell’attuale infrastruttura, ma un ammodernamento che trasformerà l’autostrada da analogica a digitale. L’obiettivo è creare una smart highway in cui i veicoli autonomi, di livello 3, dialoghino direttamente con l’infrastruttura, scambiandosi dati in tempo reale.
Carlo Costa, direttore tecnico generale di Autobrennero, spiega: «La circolazione diventa simile a quella di un convoglio ferroviario, in cui ogni veicolo si muove in relazione al precedente, garantendo sicurezza e fluidità».
Tecnologia e innovazione: il ruolo del 5G
Il cuore del progetto è il 5G, che permette una connessione continua tra i veicoli e l’autostrada. Negli scorsi mesi sono stati condotti oltre 300mila chilometri di test, con scenari simulati che hanno coinvolto anche una colonna di tir: solo il primo camion era guidato da un autista, mentre gli altri seguivano in modo autonomo. «Oggi un veicolo predisposto può già dialogare con l’autostrada», conferma Autobrennero.
Un modello di mobilità sostenibile
Il progetto punta anche a favorire la transizione ecologica. La guida autonoma, infatti, permette una maggiore efficienza nei consumi e una riduzione delle emissioni, contribuendo a un sistema di mobilità più sostenibile.
La guida autonoma: un’anticipazione dal mondo
Se l’A22 si prepara a fare da apripista in Europa, negli Stati Uniti la guida autonoma è già realtà. Vasco Rossi, il rocker di Zocca, ha recentemente provato un taxi senza autista a Los Angeles, definendolo una “esperienza incredibile” sui suoi profili social. Un assaggio di ciò che potremmo vivere presto anche sulle strade italiane.
Cosa aspettarsi dal futuro
Con l’introduzione della guida autonoma sull’A22, l’Italia si posiziona all’avanguardia nel panorama europeo. Una trasformazione epocale che promette di rivoluzionare non solo la mobilità, ma anche l’esperienza degli automobilisti, portando sicurezza, innovazione e sostenibilità su uno dei tratti più strategici del Paese.
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