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In quel ramo del lago di Como… svelato il volto della mummia egizia

Fino al 15 giugno 2025 a Como è possibile visitare la mostra “Incontri. L’Egitto da esplorare” dove sarà possibile ammirare e ‘toccare’ la ricostruzione del volto di una mummia egizia realizzata da Spazio Geco FabLab di Pavia.

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    Grande curiosità ed entusiasmo hanno accompagnato l’inaugurazione della mostra Incontri. L’Egitto da esplorare nella Biblioteca “G. Pontiggia” di Erba (Como), dove, fino al 15 giugno del 2025, sarà possibile ammirare la ricostruzione del volto di una mummia egizia e toccare repliche tattili in 3D di reperti millenari. La mostra, organizzata dal Museo Civico di Erba in collaborazione con il Mummy Project, permette un’esperienza immersiva ed educativa, con supporti specifici per non vedenti e ipovedenti.

    La magia della tecnologia 3D per un’esperienza tattile

    L’elemento distintivo della mostra è la possibilità di interagire con le copie tattili in 3D di tre frammenti di mummie. Grazie alla tecnica di scansione laser e alla stampa in resina a scala 1:1, realizzata dal team di Spazio Geco FabLab di Pavia, i visitatori possono “toccare con mano” la storia, un’opportunità speciale anche per il pubblico con disabilità visive. È stato creato un ambiente inclusivo grazie alla collaborazione di numerosi partner che hanno realizzato testi in Braille, contenuti in Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) e altri supporti.

    Il volto della mummia e la ricostruzione forense

    L’antropologa forense Chantal Milani, membro del Mummy Project, ha ricostruito il volto dell’antica mummia egizia utilizzando il metodo basato sul decodificatore di protocollo Manchester Configurable. Il metodo consente di raggruppare i bit utilizzando varie combinazioni di velocità in bit, polarità, condizione di inattività, timeout e altro in messaggi decifrabili. Si tratta della stessa tecnica che ha già permesso di restituire i volti di personaggi come Dante Alighieri e Raffaello. La ricostruzione realistica è basata su dati anatomici e antropologici. Grazie anche a questa tecnica il pubblico può finalmente vedere che aspetto aveva quest’uomo vissuto millenni fa.

    Fondi regionali per la valorizzazione della cultura

    La mostra è stata resa possibile anche grazie al sostegno della Regione Lombardia, che ha stanziato 5,6 milioni di euro per promuovere la cultura e le attività legate al patrimonio storico, archeologico e artistico. Il progetto del Museo Civico di Erba, risultato settimo nella graduatoria del bando “Avviso Unico Cultura 2024”, è un esempio di come questi fondi possano facilitare l’accesso alla cultura anche per i visitatori con esigenze specifiche. E inoltre rendere fruibili preziosi beni culturali anche in spazi alternativi, come le biblioteche, durante i periodi di chiusura per lavori.

    Una mostra inclusiva e affascinante per tutte le età

    Oltre all’esposizione, sono previsti laboratori didattici per le scuole e attività per famiglie e associazioni, che renderanno la cultura egizia accessibile a tutta la comunità. Grazie all’attenzione verso l’inclusività e all’uso delle tecnologie, la mostra rappresenta un nuovo modello di esposizione museale, capace di abbattere le barriere e offrire un’esperienza unica a ogni visitatore.

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      Tech

      Google inquina sempre di più: +11% di emissioni nel 2024, colpa dell’intelligenza artificiale

      Dal 2019 a oggi le emissioni di carbonio di Google sono cresciute del 51%. A farle impennare è soprattutto la catena di fornitura dell’intelligenza artificiale: produzione, trasporti e logistica per alimentare i data center divorano energia e aumentano l’impatto ambientale.

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        C’era una volta il sogno green di Google. Ma nel 2024, la realtà è ben diversa. Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal colosso di Mountain View, le emissioni complessive di carbonio sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente. Un incremento che porta il dato totale a +51% rispetto al 2019, allontanando sensibilmente l’azienda dall’obiettivo dichiarato: dimezzare le emissioni entro il 2030.

        La causa? Una sola parola: intelligenza artificiale.

        Nel documento, Google ammette che a pesare sono soprattutto le emissioni legate alla catena di fornitura, ovvero la cosiddetta “scope 3”, che comprende tutte quelle attività esterne al diretto controllo dell’azienda: acquisto di beni e servizi, trasporti, logistica, produzione e assemblaggio delle componenti necessarie per alimentare l’ecosistema AI. Proprio questa categoria ha visto un aumento del 22% nel 2024, mentre le emissioni interne alle sole operazioni aziendali sono diminuite dell’11%.

        Per realizzare le sue promesse, l’intelligenza artificiale ha bisogno di energia”, ammette senza giri di parole il report. La crescente domanda di calcolo generata dalle nuove tecnologie richiede infatti infrastrutture sempre più complesse e assetate di corrente. Tuttavia, c’è una nota positiva: l’innovazione tecnologica sta rendendo i data center più efficienti, riuscendo a contenere l’aumento dei consumi.

        Google prova a rassicurare: “Entro il 2030, i nostri data center consumeranno meno energia rispetto a quella richiesta da motori industriali, climatizzatori o auto elettriche”. Ma il trend resta preoccupante, soprattutto considerando la velocità con cui l’industria dell’IA sta crescendo.

        E se Big G arranca, anche gli altri big tech non brillano. Meta, ad esempio, ha annunciato un data center alimentato a gas in Louisiana. E negli Stati Uniti, l’ultima mossa politica ha fatto discutere: l’ex presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’uso del carbone nei data center IA, una scelta che appare in netta controtendenza rispetto alle strategie ambientali globali.

        L’era dell’intelligenza artificiale è solo all’inizio. Ma, a quanto pare, la transizione ecologica dovrà aspettare.

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          Tech

          Auto senza pilota sull’autostrada del Brennero: ecco il progetto futuristico da 9,2 miliardi

          Una smart highway all’avanguardia: connettività, sicurezza e transizione ecologica per un’autostrada intelligente che accoglierà veicoli a guida autonoma. I test sono già in corso e promettono di rivoluzionare la mobilità.

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            Il sedile del conducente vuoto, il volante che si muove da solo e gli occupanti liberi di leggere, lavorare o schiacciare un pisolino: non è fantascienza, ma la realtà che presto potrebbe materializzarsi sull’autostrada del Brennero. Grazie a un progetto da 9,2 miliardi di euro, l’A22 si prepara a diventare il primo green corridor europeo, un’autostrada intelligente progettata per accogliere veicoli a guida autonoma.

            Un investimento rivoluzionario
            Il piano, approvato dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, prevede non solo la manutenzione e il risanamento dell’attuale infrastruttura, ma un ammodernamento che trasformerà l’autostrada da analogica a digitale. L’obiettivo è creare una smart highway in cui i veicoli autonomi, di livello 3, dialoghino direttamente con l’infrastruttura, scambiandosi dati in tempo reale.

            Carlo Costa, direttore tecnico generale di Autobrennero, spiega: «La circolazione diventa simile a quella di un convoglio ferroviario, in cui ogni veicolo si muove in relazione al precedente, garantendo sicurezza e fluidità».

            Tecnologia e innovazione: il ruolo del 5G
            Il cuore del progetto è il 5G, che permette una connessione continua tra i veicoli e l’autostrada. Negli scorsi mesi sono stati condotti oltre 300mila chilometri di test, con scenari simulati che hanno coinvolto anche una colonna di tir: solo il primo camion era guidato da un autista, mentre gli altri seguivano in modo autonomo. «Oggi un veicolo predisposto può già dialogare con l’autostrada», conferma Autobrennero.

            Un modello di mobilità sostenibile
            Il progetto punta anche a favorire la transizione ecologica. La guida autonoma, infatti, permette una maggiore efficienza nei consumi e una riduzione delle emissioni, contribuendo a un sistema di mobilità più sostenibile.

            La guida autonoma: un’anticipazione dal mondo
            Se l’A22 si prepara a fare da apripista in Europa, negli Stati Uniti la guida autonoma è già realtà. Vasco Rossi, il rocker di Zocca, ha recentemente provato un taxi senza autista a Los Angeles, definendolo una “esperienza incredibile” sui suoi profili social. Un assaggio di ciò che potremmo vivere presto anche sulle strade italiane.

            Cosa aspettarsi dal futuro
            Con l’introduzione della guida autonoma sull’A22, l’Italia si posiziona all’avanguardia nel panorama europeo. Una trasformazione epocale che promette di rivoluzionare non solo la mobilità, ma anche l’esperienza degli automobilisti, portando sicurezza, innovazione e sostenibilità su uno dei tratti più strategici del Paese.

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              Tech

              Chi è David Mayer e soprattutto perchè non piace a ChatGpt?

              Il chatbot di OpenAI restituisce un messaggio di errore ogni volta che legge il nome di David Mayer e nessuno sa il perché.

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                Cosa ci sarà mai dietro il misterioso caso del nome David Mayer e il bizzarro comportamento di ChatGPT? Basta digitare sulla piattaforma di AI la fatidica domanda “Chi è David Mayer?” nel chatbot di OpenAI per ottenere un messaggio di errore: “Non sono in grado di fornire una risposta”. E non importa come si provi a girare la questione—con screenshot, account ribattezzati o domande creative—ChatGPT proprio non collabora. Questo fenomeno ha scatenato una tempesta di teorie, meme e accuse di complotto sui social, ma la verità potrebbe essere più banale (o forse no?). Vediamo…

                Il mistero del nome proibito

                Il tutto è iniziato da un post su Reddit, in cui un utente segnalava l’incapacità di ChatGPT di rispondere a qualsiasi domanda riguardante “David Mayer”. Il nome sembra mandare il sistema in confusione totale, restituendo sempre lo stesso errore. Alcuni utenti hanno suggerito che si tratti di una restrizione intenzionale, magari per proteggere un personaggio misterioso e potente. Altri credono invece che si tratti di un semplice bug o di una misura legata al diritto all’oblio, una normativa che consente a individui di chiedere la rimozione di contenuti online che li riguardano.

                Ma chi potrebbe essere David Mayer?

                Le speculazioni sulla vera identità di David Mayer si moltiplicano a dismisura alcune delle quali anche evocative e intriganti. Potrebbe essere il nome di un agente segreto sotto protezione, oppure nientepopodimenoche David de Rothschild, erede della famosa famiglia e ambientalista, noto per le sue avventure sostenibili. C’è chi sostiene l’ ipotesi di uno storico controverso, erroneamente associato a vicende delicate come il terrorismo. Ma non basta. I più fantasiosi ipotizzano un personaggio talmente potente da aver fatto sparire ogni traccia di sé dal web. L’esperta di tecnologia Justine Moore ha aggiunto pepe alla questione, suggerendo che Mayer non sia l’unico nome a scatenare questa reazione di ChatGPT. Potrebbe esserci una lista segreta di individui che, per motivi legali o di privacy, risultano “protetti” dalle risposte del chatbot.

                Complotto o bug? This is the question…

                La spiegazione più probabile è quella tecnica. Potrebbe trattarsi di un bug nel sistema, magari legato a filtri di sicurezza eccessivamente rigidi. OpenAI, infatti, imposta restrizioni per evitare di diffondere contenuti sensibili o imprecisi. In alcuni casi, nomi specifici potrebbero essere erroneamente associati a queste restrizioni. Tuttavia, l’aura di mistero persiste, alimentata dall’ostinazione di ChatGPT nel non “parlare” del nome.

                Ma perché ChatGPT si blocca?

                Dietro questa apparente avversione per il nome David Mayer potrebbe esserci una sovrapposizione con blacklist di nomi segnalati per ragioni legali abbinata a speciali filtri basati su richieste di diritto all’oblio, che costringono le piattaforme a limitare contenuti correlati.
                Oppure, banalmente, un errore di programmazione. La verità per ora non la sa nessuno, ma ci piace pensare al complotto mentre OpenAI non ha ancora rilasciato chiarimenti ufficiali. Gli utenti continuano a interrogarsi sul fine ultimo di questa Umanità affascinati dall’ignoto anche quando anche quando abbiamo a che fare con un semplice chatbot.

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