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Meta dice addio ai filtri di bellezza su Instagram: cosa cambia dal 14 gennaio

Oltre due milioni di filtri scompariranno dalle piattaforme Meta, segnando una svolta epocale nella gestione della realtà aumentata. Tra critiche etiche e nuove priorità aziendali, Meta rivede il futuro di Instagram e Facebook.

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    A partire dal 14 gennaio 2025, i filtri di bellezza su Instagram e Facebook saranno solo un ricordo. Meta ha annunciato la fine della sezione Spark, la piattaforma che permetteva la creazione di effetti di realtà aumentata (AR) da parte di terzi, inclusi i famosi filtri di bellezza. Da quella data, saranno disponibili solo gli effetti AR proprietari di Meta, che ammontano a circa 140, un numero irrisorio rispetto ai milioni di filtri attualmente disponibili.

    Il comunicato ufficiale di Meta chiarisce:

    “A partire da martedì 14 gennaio 2025, gli effetti di Realtà Aumentata (AR) realizzati da terze parti, inclusi marchi e creatori AR, non saranno più disponibili.”

    Questo segna una svolta per gli utenti di Instagram e Facebook, che negli anni hanno reso i beauty filter un elemento irrinunciabile della propria presenza online.

    Cosa succederà ai filtri su Instagram e Facebook?

    Non tutti i filtri spariranno. Come precisato dall’azienda, continueranno a essere disponibili gli effetti AR di proprietà di Meta, ma l’eliminazione della sezione Spark ridurrà drasticamente la varietà di opzioni a disposizione. Un cambiamento che potrebbe portare a conseguenze impreviste, come il proliferare di filtri non ufficiali, scaricabili da piattaforme esterne.

    Questi filtri, privi dell’indicatore di filigrana, potrebbero essere applicati a foto e video senza alcun controllo, complicando ulteriormente la gestione di contenuti manipolati. Il rischio è che il problema legato ai filtri non scompaia, ma diventi più difficile da monitorare.

    Perché Meta ha deciso di eliminare i filtri di bellezza?

    I beauty filter sono stati oggetto di critiche crescenti negli ultimi anni. Accusati di alimentare standard estetici irrealistici, ansia, depressione e dismorfia corporea, questi strumenti hanno contribuito a creare un rapporto malsano con la propria immagine, soprattutto tra i più giovani.

    La decisione di Meta nasce dunque da due obiettivi principali:

    1. Promuovere un utilizzo più consapevole dei social media, riducendo l’impatto negativo dei filtri sulla salute mentale.
    2. Ridistribuire gli investimenti verso altre priorità aziendali, come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

    Meta ha infatti annunciato investimenti tra i 35 e i 40 miliardi di dollari per il potenziamento di strumenti AI, spingendo gli utenti verso soluzioni AR interamente realizzate dall’azienda.

    Un viaggio lungo sette anni: l’era Spark

    Lanciata sette anni fa, la piattaforma Spark è stata pioniera nel mondo della realtà aumentata, permettendo ai creatori di sviluppare esperienze immersive e innovative. Il comunicato di Meta sottolinea il contributo della comunità AR:

    “Siamo profondamente grati alla comunità di creator, aziende e stakeholder che hanno esteso la portata dell’AR a centinaia di milioni di persone sulle piattaforme Meta.”

    Nonostante il successo, la chiusura della sezione Spark segna la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova fase per Meta, che guarda sempre più verso l’integrazione tra realtà aumentata e intelligenza artificiale.

    Cosa farà TikTok?

    Meta non è la sola a prendere provvedimenti contro i filtri di bellezza. TikTok ha deciso di vietarli agli utenti minorenni, un approccio più circoscritto ma significativo. Tuttavia, mentre TikTok mantiene alcuni filtri disponibili, Meta sembra puntare a una strategia più drastica, concentrando gli sforzi su strumenti proprietari.

    L’impatto sui social e la percezione degli utenti

    La scomparsa dei filtri di bellezza rappresenta una rivoluzione per i social media, costringendo utenti e influencer a rivedere il modo in cui presentano la propria immagine. Sarà sufficiente per migliorare la salute mentale degli utenti e arginare le critiche legate alla manipolazione digitale? Solo il tempo lo dirà.

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      Tech

      I robot con muscoli umani: la frontiera della bioingegneria prende vita ad Harvard

      Nel laboratorio del Wyss Institute, un team di ricercatori guidato da Sun Ryun Shin ha sviluppato microrobot capaci di muoversi grazie a tessuti muscolari umani coltivati in laboratorio. Un passo decisivo verso la “biohybrid robotics”, dove tecnologia e biologia si fondono.

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        La nascita dei robot bioibridi

        Sembra fantascienza, ma è realtà. In un laboratorio dell’Università di Harvard, nel cuore del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, piccoli automi di silicone si contraggono e si muovono come fossero vivi. A dar loro energia non sono batterie o circuiti, ma muscoli umani coltivati in provetta.

        A coordinare la ricerca è Sun Ryun Shin, professore di bioingegneria, che insieme al suo team ha descritto l’esperimento sull’International Journal of Extreme Manufacturing. Gli scienziati hanno isolato cellule muscolari scheletriche umane e le hanno fatte crescere fino a formare sottili fasci di tessuto. Parallelamente, grazie alla stampa 3D, hanno costruito piccoli telai biocompatibili in idrogel, un materiale morbido e flessibile che imita la consistenza del muscolo naturale.

        Sulla superficie di queste strutture sono stati incisi micro-solchi orientati: guide che aiutano le cellule ad allinearsi, proprio come accade nel corpo umano. Una volta ancorate, le cellule hanno iniziato a organizzarsi, creando veri e propri mini-muscoli funzionanti.

        Per attivarli, i ricercatori hanno utilizzato impulsi elettrici e luminosi, stimolando le cellule a contrarsi in sincronia. Il risultato? Minuscole strutture capaci di piegarsi, spostarsi o trascinare oggetti. Un passo concreto verso la creazione di robot “vivi”, in parte biologici e in parte artificiali.

        Le applicazioni in medicina

        I risultati aprono prospettive straordinarie nel campo biomedico.
        Secondo Shin, “queste strutture rappresentano una piattaforma ideale per studiare il comportamento del tessuto muscolare e sviluppare nuovi trattamenti per la rigenerazione dei muscoli danneggiati”.

        Le applicazioni principali sono tre:

        1. Medicina rigenerativa – I mini-muscoli potranno essere impiegati per analizzare come il tessuto umano si ripara dopo lesioni, immobilizzazione o invecchiamento. Le scoperte potranno contribuire a terapie contro atrofie muscolari e distrofie.
        2. Test farmacologici – Sperimentare nuovi farmaci su tessuti umani coltivati in laboratorio permette di valutarne efficacia e tossicità riducendo la necessità di test sugli animali. In particolare, sarà possibile osservare in tempo reale la risposta dei muscoli ai medicinali che influenzano la contrazione o la trasmissione elettrica.
        3. Microchirurgia di precisione – Dispositivi bioibridi miniaturizzati potrebbero un giorno essere usati come pinze o strumenti autonomi, capaci di operare in aree del corpo oggi inaccessibili con la chirurgia tradizionale.

        Le sfide ancora da affrontare

        Nonostante i progressi, la biohybrid robotics deve superare ostacoli significativi. Il primo riguarda la sopravvivenza del tessuto muscolare: se la struttura di supporto è troppo spessa, le cellule interne non ricevono abbastanza nutrienti. Per questo si stanno sviluppando microcanali simili a capillari, che consentano un flusso costante di ossigeno e sostanze vitali.

        Un’altra sfida è la trasmissione uniforme del segnale elettrico. Oggi, gli impulsi non si propagano in modo omogeneo lungo il tessuto. La soluzione potrebbe arrivare da idrogel conduttivi di nuova generazione, dotati di minuscoli elettrodi integrati.

        C’è poi il problema della resistenza meccanica: materiali troppo rigidi ostacolano il movimento, ma quelli troppo morbidi si deteriorano in fretta. I ricercatori stanno quindi studiando matrici rinforzate, in grado di mantenere flessibilità e durata.

        Infine, la tecnologia di stampa 3D dovrà diventare più rapida e precisa per creare strutture più grandi senza compromettere la vitalità cellulare.

        Oltre Harvard: la corsa ai robot “vivi”

        Il lavoro del team di Shin non è isolato. Al Massachusetts Institute of Technology (MIT), nel marzo 2025, un gruppo di bioingegneri ha sviluppato un tessuto artificiale in grado di contrarsi in diverse direzioni, imitando il movimento dell’iride umana.

        E al Ren Lab della Carnegie Mellon University, i ricercatori hanno presentato gli AggreBots, microscopici automi composti da cellule polmonari umane che si muovono grazie a minuscole ciglia biologiche.

        Questi progetti segnano l’inizio di una nuova era in cui la distinzione tra organismo e macchina si fa sempre più sottile. La prospettiva, ancora lontana ma sempre più concreta, è quella di robot che non solo si muovono, ma crescono, si riparano e reagiscono all’ambiente come esseri viventi.

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          Tech

          Luca Marinelli e Alissa Jung, coppia anche nel nuovo Death Stranding 2

          I due attori italiani protagonisti nel videogame di Hideo Kojima presentato a Lucca Comics & Games. Dopo Paternal Leave, tornano insieme in un progetto segreto girato tre anni fa

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            Luca Marinelli e Alissa Jung hanno fatto tappa a Lucca Comics & Games per presentare la chiusura del tour mondiale di Death Stranding 2: On the Beach, il nuovo capitolo del visionario Hideo Kojima. La coppia, sullo schermo e nella vita, ha conquistato fan e gamer con la loro partecipazione al progetto, tra i più attesi del 2025.

            Due volti italiani nel mondo di Kojima

            Marinelli e Jung interpretano in motion capture due nuovi personaggi, Neil e Lucy, uniti da un legame profondo che richiama uno dei temi centrali dell’universo di Kojima: la connessione. Un concetto che, nel linguaggio del game designer giapponese, diventa riflessione sul rapporto tra esseri umani, tecnologia e sopravvivenza.

            Un progetto segreto

            Il lavoro sul videogioco è iniziato tre anni fa, in totale riservatezza, mentre nel frattempo la regista tedesca Alissa Jung dirigeva Marinelli in Paternal Leave, uscito lo scorso maggio. La loro presenza in Death Stranding 2 segna un nuovo punto d’incontro tra cinema e videogame, due mondi sempre più intrecciati.

            L’anteprima di Lucca ha confermato l’attesa globale per il ritorno di Kojima e ha consacrato Marinelli e Jung come una delle coppie artistiche più interessanti d’Europa — capaci di portare la sensibilità del cinema d’autore dentro una delle saghe più iconiche del videogioco moderno.

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              Tech

              La casa intelligente non dorme mai: la tecnologia che semplifica la vita (senza rubarci l’anima)

              La smart home non è più un lusso da visionari, ma una realtà accessibile. Parla con noi, si adatta alle abitudini, regola la luce, la musica, la temperatura. Eppure, tra comfort e controllo, resta una domanda sospesa: fino a che punto la tecnologia può anticipare i nostri desideri senza sostituirli?

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                Non serve più dire “accendi la luce”: oggi basta entrare in casa e tutto si sistema da solo. Le tapparelle si abbassano, il riscaldamento sale di due gradi, parte la playlist del venerdì. È la smart home, l’evoluzione silenziosa che ha trasformato le abitazioni in organismi intelligenti, capaci di adattarsi a noi — o forse il contrario.

                Secondo le ultime stime, oltre un italiano su tre possiede almeno un dispositivo connesso: termostati digitali, serrature smart, assistenti vocali, lampadine Wi-Fi. Oggetti che una volta sembravano futuristici e oggi sono la normalità di un’abitudine che si chiama automazione domestica.

                Il fascino è comprensibile: risparmio energetico, sicurezza, comodità. Un solo comando — o meglio, un algoritmo — decide tutto. I sistemi di illuminazione gestiscono la luce naturale durante il giorno, i frigoriferi segnalano quando manca il latte, le lavatrici dosano da sole il detersivo. È il sogno della semplicità, finalmente realizzato.

                Eppure, la tecnologia che ci semplifica la vita rischia anche di addormentarci. Gli esperti di digitale parlano di “dipendenza da comfort”: più una casa è intelligente, meno lo è chi la abita. Gli assistenti vocali imparano le nostre abitudini, ci ascoltano, prevedono. E se da un lato ci sollevano da mille microgesti, dall’altro riducono il nostro margine di scelta.

                Ma la verità, come sempre, sta nel mezzo. La nuova frontiera non è scegliere tra uomo o macchina, ma trovare equilibrio. Una casa che collabora con chi la vive, senza sostituirne l’intelligenza. Perché il bello della tecnologia non è la perfezione, ma la possibilità di usarla per ciò che è: un alleato, non un padrone.

                Così, quando torniamo la sera e la luce si accende da sola, il termostato ci accoglie alla temperatura giusta e la voce dell’assistente ci augura il bentornato, il vero lusso non è la domotica. È sentirsi ancora, finalmente, a casa.

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