Spettacolo
“A Viale Mazzini al posto del cavallo ci vorrebbe la statua di Pippo Baudo”: Fiorello si inchina al maestro che per lui è stato la televisione
Il comico, visibilmente commosso, ha sostato in preghiera davanti alla bara del presentatore. Poi l’appello: “La Rai gli deve moltissimo. Era qualcosa di più dei suoi 13 Sanremo, era la televisione stessa”.

Rosario Fiorello non ha scelto le parole leggere né le frasi di circostanza. Rientrato a Roma dalla Sardegna, si è presentato alla camera ardente di Pippo Baudo, allestita al Teatro delle Vittorie, e vi è rimasto diversi minuti, raccolto in silenzio, in preghiera. Poi, all’uscita, con la voce rotta dall’emozione, ha consegnato ai cronisti un ritratto che più di tanti ricordi restituisce la statura del conduttore scomparso.
«Per noi siciliani sapere di essere siciliani come Pippo era un vanto e noi lo seguivamo più di altri, anche per Antenna Sicilia», ha detto. E subito ha chiarito: «Non sento il peso della sua eredità: non sono io il suo erede. Non ho un aggettivo per dire cosa rappresenti per la tv italiana. La Rai gli deve moltissimo».
Poi la frase che è già diventata un manifesto: «A Viale Mazzini dovrebbero sostituire la statua del cavallo con quella di Pippo. Ci ha insegnato tanto solo a guardarlo». E la domanda, quasi una confessione di smarrimento: «Ora chi insegnerà ai giovani di oggi a fare la tv?».
Fiorello ha ripetuto più volte che Baudo era qualcosa di diverso e più grande dei suoi record: «Pippo era qualcosa di più dei 13 Sanremo, o delle centinaia di pagine di televisione scritte. Pippo era la televisione. Lui ha tracciato un solco in cui tutti siamo andati dietro a fare quella televisione fatta di grandi professionalità, ma anche genuina, che lasciava spazio all’umanità».
Il ricordo è quello di un maestro che non voleva esserlo: «Ci ha insegnato senza volere insegnare», ha detto ancora Fiorello, indicando in quelle doti di naturalezza e rigore insieme la lezione più grande lasciata dal presentatore.
Un omaggio che non è solo personale, ma generazionale: il riconoscimento che senza Baudo la televisione italiana non sarebbe stata la stessa.
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Spettacolo
Pupo non resiste nemmeno davanti alla morte: il ricordo di Baudo diventa un atto di vanità fuori tempo
Il cantautore rivela che Baudo lo giudicava “antipatico” e “finito già negli anni ’80”. Ma la sua uscita divide e indigna: in molti parlano di caduta di stile, segno di un artista incapace di restare in silenzio.

Il copione del lutto collettivo prevede applausi, ricordi affettuosi, ringraziamenti. Alla scomparsa di Pippo Baudo, morto il 16 agosto a 89 anni, il mondo dello spettacolo ha seguito alla lettera la liturgia del cordoglio. Tutti, tranne uno: Pupo. L’eterno ragazzo di Gelato al cioccolato, oggi 69enne, ha deciso di distinguersi con un post che più che un omaggio somiglia a una puntura di spillo.
«Ricordo quando mi disse che gli stavo antipatico e, soprattutto, gli stava antipatico il mio nome d’arte: Pupo». C’è chi non sa tacere neppure quando dovrebbe. Come Pupo, che ha deciso di usare la morte di Pippo Baudo come un modo per richiamare su di sé i riflettori ormai sempre spenti. Ha scritto, sottolineando di non essere mai stato aiutato o sostenuto dal conduttore. Non pago, ha aggiunto: «Il più grande talent scout di tutti i tempi aveva sentenziato, già negli anni ’80, la mia fine. Ci rimasi malissimo, ma non mi buttai giù, anzi, mi rimboccai le maniche e ricominciai a combattere».
Il tono è quello di chi coglie l’occasione per togliersi un sassolino, ma la tempistica rende l’operazione indigesta. Perché tirare fuori vecchie ruggini quando un gigante della televisione viene appena salutato dal Paese? La memoria di Baudo diventa così il pretesto per ribadire la propria resilienza, con tanto di ringraziamento al contrario: «Grazie Pippo, senza di te, probabilmente, non avrei mai trovato la tenacia e la forza di reagire che oggi mi permettono di festeggiare i 50 anni di carriera».
Risultato: un coro di critiche sotto al post. «Le lacrime di coccodrillo mi hanno sempre disgustato, ma è nulla in confronto al rumore di fondo di un artista di piccolo cabotaggio che alza la voce per provare a farsi notare nel momento del cordoglio», scrive un utente, interpretando il pensiero di molti.
In un clima di dolore condiviso, Pupo ha preferito l’ego alla discrezione. Un’uscita che racconta più di lui che di Baudo, e che lascia l’amaro in bocca: perché a volte il silenzio, quello vero, è la forma più alta di rispetto.
Televisione
DAZN, un pozzo senza fondo: nel 2023 ha perso 1,5 miliardi di dollari. E in Italia i conti non tornano
Il colosso dello streaming sportivo aumenta i ricavi ma continua a perdere cifre astronomiche. Solo nel 2023 il bilancio si è chiuso con un passivo di quasi 1,5 miliardi di dollari, mentre il suo azionista ha dovuto iniettare altre centinaia di milioni per tenere in piedi la baracca. In Italia la situazione resta preoccupante: i costi della Serie A pesano e gli abbonati non bastano a coprire le spese.

DAZN continua la sua corsa a perdifiato, ma il traguardo del pareggio di bilancio sembra sempre più un miraggio. I conti della piattaforma di streaming sportivo sono ancora in profondo rosso e il 2023 si è chiuso con perdite per 1,488 miliardi di dollari, un dato in peggioramento rispetto ai 1,262 miliardi del 2022. E non si tratta di un episodio isolato: dal 2018 a oggi il gruppo ha accumulato una perdita complessiva di 7,7 miliardi di dollari, con una media di 1,54 miliardi l’anno.
I numeri emergono dal bilancio consolidato 2023 di DAZN Group Limited, pubblicato sul sito ufficiale del governo britannico. Nel documento si legge che i ricavi globali della piattaforma sono saliti a 2,86 miliardi di dollari, in crescita del 30,3% rispetto ai 2,19 miliardi del 2022. Ma l’incremento delle entrate non è riuscito a tamponare il fiume di spese, soprattutto per i diritti televisivi, che rappresentano di gran lunga il costo maggiore per l’azienda. Solo nel 2023 DAZN ha speso 3,12 miliardi di dollari per i diritti tv, mentre nel complesso i costi operativi hanno superato i 4,2 miliardi di dollari.
Il problema principale resta quello di un modello di business che fatica a reggersi in piedi. DAZN sostiene di avere circa 300 milioni di utenti mensili, ma gli abbonati paganti – ovvero quelli che realmente generano ricavi – sarebbero appena 20 milioni secondo le stime di mercato. Un numero troppo basso per garantire la sostenibilità dell’intero sistema.
A tenere in piedi il colosso dello streaming sportivo è Len Blavatnik, il magnate ucraino naturalizzato britannico che controlla DAZN attraverso il suo gruppo Access Industries. Dal 2016 ad oggi, l’imprenditore ha dovuto versare quasi 7 miliardi di dollari nelle casse della società per evitarne il collasso, con un’ulteriore iniezione di 827 milioni di dollari solo negli ultimi mesi, tra cui 100 milioni a dicembre 2023.
Guardando al futuro, il management di DAZN prevede di raggiungere ricavi per 3,4 miliardi di dollari nel 2024, grazie anche all’acquisizione della società australiana Foxtel per 2,2 miliardi di dollari e ai diritti per i Mondiali per Club FIFA 2025, che da soli costeranno un miliardo di dollari. Obiettivi ambiziosi, ma che non cancellano il problema strutturale di fondo: DAZN continua a spendere più di quanto guadagni.
E in Italia? I numeri ufficiali non esistono, ma le stime parlano chiaro: la piattaforma perderebbe circa 200 milioni di euro ogni anno. Il costo principale è ovviamente rappresentato dai diritti della Serie A, per cui DAZN paga 700 milioni di euro l’anno, senza contare gli altri campionati e competizioni, dalla Liga alla Serie B. Applicando lo stesso schema del bilancio globale, si può ipotizzare che i costi operativi complessivi della piattaforma in Italia si aggirino attorno ai 930 milioni di euro annui.
Il problema è che gli abbonati italiani non bastano a coprire questa montagna di spese. DAZN può contare su circa 1,7 milioni di clienti, ma non tutti pagano la tariffa piena di 34,99 euro al mese. Anche ipotizzando che lo facessero, il fatturato si aggirerebbe sui 700 milioni di euro l’anno, a cui si aggiungono 50-60 milioni dalla pubblicità gestita da Mediaset. Più realisticamente, il giro d’affari di DAZN in Italia potrebbe essere inferiore ai 600 milioni, lasciando così un buco di almeno 200 milioni ogni 12 mesi.
Il paradosso è che DAZN, nata con l’ambizione di rivoluzionare il mercato della trasmissione sportiva, si ritrova oggi in una situazione finanziaria traballante, in cui ogni anno ha bisogno di capitali freschi per sopravvivere. Il modello basato sugli abbonamenti non si è dimostrato sufficiente e, nonostante i rincari applicati nel tempo, il problema della redditività resta enorme.
Il nodo cruciale è rappresentato dalla strategia sui diritti tv. DAZN continua a investire cifre enormi per garantirsi le esclusive, ma senza avere un ritorno economico immediato. E la sostenibilità di questo sistema è sempre più in discussione. Se da un lato gli investitori sperano in una crescita esponenziale dei ricavi nei prossimi anni, dall’altro la realtà dei numeri racconta una storia molto diversa.
Il rischio è che DAZN diventi l’ennesimo esempio di startup brucia-miliardi, sostenuta solo dall’intervento costante del suo finanziatore. Ma fino a quando Blavatnik sarà disposto a coprire le perdite? E soprattutto, quanto ancora potrà permettersi di farlo?
Televisione
Grande Fratello Gold: chi entrerà nella Casa dei veterani e chi è già fuori dai giochi
Cristina Plevani, Sophie Codegoni e Tommaso Zorzi tra i possibili concorrenti della versione celebrativa. Ma per Oriana Marzoli, Daniele Dal Moro e Luca Argentero la porta di Cinecittà sembra chiusa. E in studio spunta la strana coppia Orlando-Pettinelli.

Altro che “una sola edizione l’anno”: il Grande Fratello si fa in due. Per festeggiare i 25 anni dall’arrivo del reality più longevo della TV italiana, Mediaset lancia una doppia programmazione autunnale: da un lato il classico GF Nip, con volti non famosi; dall’altro il debutto di Grande Fratello Gold, una versione deluxe che riunirà i personaggi che hanno segnato la storia del programma.
A guidare questa doppia maratona saranno due volti ben noti al pubblico: Alfonso Signorini tornerà al timone della versione “celeb”, mentre Simona Ventura si occuperà della caccia ai nuovi gieffini. L’obiettivo? Celebrare la storia del programma, ma con dinamiche fresche e imprevedibili.
Intanto, il casting della Casa Gold alimenta indiscrezioni e speranze. La più accreditata? Cristina Plevani, prima vincitrice del GF e fresca di trionfo all’Isola dei Famosi. Con lei potrebbe tornare anche Sophie Codegoni, il cui passato sentimentale tra quelle mura promette sviluppi succosi. Spuntano poi i nomi di Dayane Mello, Floriana Secondi, Margherita Zanatta e persino Tommaso Zorzi, tutti veterani capaci di animare le dinamiche.
E in studio? Secondo i rumor, fuori Cesara Buonamici e Beatrice Luzzi, dentro la coppia Stefania Orlando e Anna Pettinelli: la prima da ex gieffina esperta, la seconda con la lingua affilata già vista ad Amici. Il mix promette scintille nei prime time del lunedì sera.
Non tutti, però, varcheranno la porta rossa. Le indiscrezioni parlano di esclusioni eccellenti: Oriana Marzoli e Daniele Dal Moro, spesso al centro del gossip, sembrerebbero tagliati fuori. Stessa sorte per Brando e Raffaella, mai realmente considerati. E se qualcuno sperava in un ritorno di Luca Argentero, dovrà rassegnarsi: l’attore avrebbe gentilmente declinato per “impegni artistici”.
Prepariamoci, dunque: quest’autunno il Grande Fratello non si limiterà a entrare nelle case degli italiani. Ne prenderà possesso. Due volte. E per 25 settimane.
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