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Spettacolo

Andy Luotto: “Per colpa del meteorologo arabo mi volevano morto. Ma con le tagliatelle si rimorchia che è un piacere”

Attore, comico, doppiatore, cuoco, meteorologo immaginario e perfino spacciatore di sacchi dell’immondizia: Andy Luotto si racconta senza filtri, tra spaghetti ai pigmei, battute mancate con Arbore e pentole tatuate sulle cosce. “Mio figlio mi chiama Conad il Barbaro. La cucina è un atto d’amore. E di seduzione”

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    «Lei è un comico?» gli chiese Renzo Arbore al telefono. «Ma come si permette?» rispose Andy Luotto, all’epoca venditore ambulante con 35 milioni di debiti e un furgone verde pisello pieno di buste per l’immondizia. Era il preludio a una delle carriere più folli della tv italiana. E no, non era uno scherzo.

    Luotto, classe 1950, vero nome André Paul Christopher, è stato tutto: riformato per piccoli furti negli Usa, doppiatore di Alvaro Vitali, fuggitivo dalla guerra in Vietnam, spacciatore di scolapasta nei mercati rionali e infine cuoco con oltre 50 tatuaggi gastronomici. «Ho sulle cosce due caciocavalli. Una rivista mi ha pagato 3 mila euro per fotografarli».

    Con Arbore l’avventura iniziò a L’altra domenica, come valletto muto. «In regia urlavano: toglietemi quel c…one!». Poi arrivò Quelli della notte e Harmand, il meteorologo arabo. Ma non tutti risero: «Gli integralisti si infuriarono. Due volte sono stato malmenato. C’era una taglia di un milione di dollari su di me. Il settimanale Oggi mi portò in giro nei Paesi arabi a chiedere perdono. Un incubo».

    Luotto non ha mai amato le mezze misure. «Ho cucinato spaghetti per una tribù di pigmei in Africa. Gli ho insegnato a dire “Porca vacca”. Fumavano marijuana dalla mattina alla sera». E con la stessa passione ha abbracciato la cucina in tv: «Impastare le tagliatelle è di una sensualità incredibile. È come il sugo: se lo sai mescolare bene, ti aiuta in tutta la faccenda».

    Ha disertato l’esercito americano per rifugiarsi in Puglia a studiare cucina. «Sono italiano per scelta. L’America non mi piaceva, e con Trump ancor meno. Sono un vecchio hippie». Oggi prepara piatti “effetto UAM”: «Uuu che bello! Aaa che profumo! Mmm che sapore!». Niente fronzoli: «Voglio che si riconosca cosa c’è nel piatto. Gli chef stellati? Troppo complicati. I loro piatti arrivano tiepidi».

    E su RaiDue, da settembre, tornerà in tv con una rubrica di cucina. Ma a chi lo accusa di aver cucinato qualcosa di immangiabile, risponde sereno: «Se è successo, l’ho mangiato solo io».

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      Musica

      Renato Zero e la storia con Enrica Bonaccorti: un amore giovanile tra passione e spettacolo

      Dalla manager Lucy Morandi all’intensa relazione con Enrica Bonaccorti: gli amori che hanno accompagnato il percorso umano e artistico di Renato Zero.

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        Renato Zero è un’icona della musica italiana, capace di conquistare intere generazioni con il suo talento unico e i suoi brani indimenticabili. Ma oltre alla sua carriera stellare, anche la sua vita privata ha lasciato spazio a relazioni significative che hanno contribuito a definirlo non solo come artista, ma anche come uomo.

        I grandi amori di Renato Zero
        Il primo grande amore di Renato Zero è stato Lucy Morandi, sorella di Massimo Morante, il chitarrista dei Goblin. I due si conobbero negli anni ’70, in un periodo in cui Zero muoveva i primi passi nel panorama musicale italiano. Lucy non fu solo la sua compagna, ma anche un’importante collaboratrice: per anni fu la sua manager, aiutandolo a costruire una carriera che sarebbe poi diventata leggendaria.

        Nonostante la fine della loro relazione, Renato Zero conserva un bellissimo ricordo di Lucy, sottolineando il legame speciale che li ha uniti in passato.

        La relazione con Enrica Bonaccorti
        Dopo la rottura con Lucy Morandi, nella vita di Renato Zero arrivò Enrica Bonaccorti, nota conduttrice e autrice televisiva. Il loro fu un amore giovanile, intenso e ricco di passione. “Ricordo la nostra passione per lo spettacolo, l’ingenuità dei nostri vent’anni, i baci rubati nei portoni. Ho riconosciuto il suo talento da subito,” ha raccontato Enrica in alcune interviste.

        La loro relazione, seppur breve, lasciò un segno indelebile in entrambi. Tuttavia, le ragioni della loro separazione non sono mai state rese pubbliche, lasciando un alone di mistero su uno dei capitoli più affascinanti della vita privata di Renato Zero.

        Un uomo riservato ma generoso
        Nonostante le sue relazioni passate, Renato Zero ha sempre mantenuto un forte riserbo sulla sua vita privata. Tuttavia, ciò non gli ha impedito di costruire legami profondi. Tra questi spicca il rapporto con Roberto Anselmi Fiacchini, il figlio che Zero ha adottato. Negli anni, il loro legame è diventato indissolubile, mostrando un lato umano e generoso dell’artista che pochi conoscono.

        L’eredità di un artista completo
        Renato Zero non è solo un simbolo della musica italiana, ma anche un uomo capace di vivere con intensità i suoi rapporti umani. Dalle storie d’amore del passato alla dedizione verso il figlio adottivo, la sua vita privata riflette la stessa passione e autenticità che hanno caratterizzato la sua carriera artistica. Un artista e un uomo che continuano a ispirare, lasciando un’impronta indelebile nel cuore di chi lo ama.

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          Musica

          La scienza rivela la canzone più allegra di sempre: ecco quale brano ha conquistato il primo posto!

          Jacob Jolij, dell’Università di Groningen, ha stilato una classifica delle canzoni più gioiose di sempre, analizzandone ritmo, accordi e testi. Il primo posto spetta a un brano che incarna energia e libertà, ma la top ten include anche successi intramontabili come “Dancing Queen” degli ABBA e “Good Vibrations” dei Beach Boys.

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            La canzone più festosa mai creata: grazie a una formula matematica, il ricercatore Jacob Jolij ha classificato i brani più “feel-good” della storia, incoronando il celebre brano dei Queen. Jacob Jolij, ricercatore dell’Università di Groningen, ha sviluppato un algoritmo capace di individuare le canzoni più gioiose di sempre. Al primo posto della playlist c’è “Don’t Stop Me Now” dei Queen, il brano del 1978 che trasmette energia e libertà assoluta. Nella top ten dei brani più allegri anche classici di Gloria Gaynor, Billy Joel e gli ABBA.

            Una formula per la felicità musicale: la playlist di Jolij
            Qualche anno fa, il neuroscienziato Jacob Jolij, su commissione del marchio britannico Alba, ha studiato i brani identificati come “felici” da migliaia di ascoltatori, analizzandoli secondo una formula che valuta caratteristiche come velocità, accordi e contenuto del testo. La sua ricerca ha portato a una playlist scientificamente calibrata: 10 canzoni “feel-good” dove gioia, spensieratezza e ritmo creano una formula perfetta di felicità musicale. In cima alla lista si trova “Don’t Stop Me Now” dei Queen, con il suo ritmo energico e un testo che celebra la libertà assoluta. È un brano che, dai film cult agli spot pubblicitari, è entrato nel cuore degli ascoltatori, mantenendo intatta la sua capacità di farci sentire bene.

            La top ten dei brani più allegri
            Oltre ai Queen, Jolij ha selezionato classici come “Dancing Queen” degli ABBA e “Good Vibrations” dei The Beach Boys. Tra gli elementi ricorrenti di queste canzoni, Jolij ha individuato testi che celebrano eventi positivi o sono privi di un significato troppo impegnativo, con sonorità vivaci e ritmi elevati. Ecco la lista completa delle dieci canzoni più allegre di sempre:

            1. Don’t Stop Me Now – Queen
            2. Dancing Queen – ABBA
            3. Uptown Girl – Billy Joel
            4. Eye of the Tiger – Survivor
            5. I’m a Believer – The Monkees
            6. Girls Just Want to Have Fun – Cyndi Lauper
            7. Livin’ On a Prayer – Bon Jovi
            8. Walking On Sunshine – Katrina & The Waves
            9. I Will Survive – Gloria Gaynor
            10. Good Vibrations – The Beach Boys
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              Anna Tatangelo: «Per anni mi sono sentita sbagliata. Mi descrivevano come la rovinafamiglie»

              Nell’intervista al Corriere della Sera, Anna Tatangelo ripercorre i momenti più duri: il rapporto con il padre, le accuse ai tempi di Gigi D’Alessio, la malattia della madre e la voglia di non fermarsi mai.

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                Anna Tatangelo oggi ha 38 anni, un pancione di cinque mesi e un sorriso che la illumina. Accanto, il barboncino Chupita e, su una mensola, i tre Leoni vinti a Sanremo. «Non avevo etichette, solo una valigia e mio padre. Ero tutta istinto, incoscienza», ricorda pensando al debutto a 15 anni con Doppiamente fragili.

                Cresciuta a Sora, tra mercati e profumo di pane, la musica era la sua valvola di sfogo. «Da piccola vendevo ciambelle, poi tornavo a casa e cantavo. Da maggiorenne, sono andata a Roma e per due anni non ho parlato con mio padre. Col successo, erano nati meccanismi tossici: voleva essere il mio manager anche dopo i miei 18 anni. Ora l’ho perdonato».

                Il capitolo più esposto è quello dell’amore con Gigi D’Alessio. «Per anni, mi sono sentita sbagliata. Gigi aveva vent’anni più di me, una famiglia, e io venivo descritta come la rovinafamiglie, anche se era già separato. Il nostro sentimento era puro ed è durato 15 anni. Non ho mai risposto, per proteggere quell’amore e non alimentare tensioni. Volevo sembrare forte, ma dentro soffrivo».

                Il carattere chiuso le derivava da un’educazione severa: «In gita non si andava, a dormire da un’amica nemmeno. Ho visto volare qualche schiaffo su mamma e su noi figli. Ho perdonato, ma da lei ho imparato che una donna deve essere rispettata e amata».

                La separazione è stata seguita da anni difficili: «Ho cambiato casa, mio figlio non capiva cosa succedeva, poi il Covid e la malattia di mia madre. Al San Raffaele stavo settimane, cercando di tenere insieme tutto. Sono stati gli anni più brutti della mia vita, ma non ho rimpianti: ogni momento libero l’ho passato con lei».

                Oggi, col nuovo compagno Giacomo, la cantante affronta il tour in gravidanza. «Settembre, forse ottobre, dipende da come sto. Mi piace salire sul palco e trasmettere serenità. È un periodo speciale, la ripartenza personale coincide con quella musicale. Nel prossimo disco mi racconto come mai, e c’è anche una Ragazza di periferia 2.0».

                Il tatuaggio sul braccio sintetizza il suo approccio alla vita: «Lavora per una causa, non per un applauso… Vivi per esprimere, non per impressionare».

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