Cinema
“Alberto Sordi Secret”: il docufilm che ha rivelato la vita nascosta di Albertone: «Viveva la solitudine come una compagna costante»
Un viaggio nel privato con “Alberto Sordi Secret” che svela le sfaccettature della vita fuori dal set del grande indimenticabile artista.
Il mito di Alberto Sordi, l’indimenticabile Albertone, si arricchisce di un nuovo capitolo grazie al docufilm “Alberto Sordi Secret”, uscito di recente nelle sale italiane. Un racconto inedito, che va oltre i personaggi che Sordi ha interpretato con maestria sul grande schermo, per immergersi nella sua vita privata, quella lontana dai riflettori, ma non meno affascinante. Con il suo solito sarcasmo e la sua ironia tagliente, il film svela dettagli intimi e curiosi della vita dell’attore romano, rivelando una personalità complessa e mai completamente conosciuta.
Una vita difficile
Realizzato con la partecipazione di amici, colleghi e biografi, “Alberto Sordi Secret” ha mostrato un Sordi inedito, diverso da quello che siamo abituati a vedere sul grande schermo. “Non voglio fare il solito ritratto di un eroe del cinema, ma raccontare l’uomo che stava dietro il personaggio”, ha dichiarato il regista del docufilm, Francesco Montanari. “Alberto Sordi è stato un uomo straordinario, ma la sua vita non è stata sempre semplice. Abbiamo cercato di restituire l’immagine di un uomo che viveva con una grande solitudine, ma anche con un’umanità e una forza incredibili”.
Ne parla il suo biografo
A parlare del Sordi più privato sono anche chi lo ha conosciuto meglio, come il suo biografo ufficiale, Andrea Piva. “Alberto era un uomo molto riservato, quasi misantropo, ma allo stesso tempo amava profondamente le persone che aveva vicino”, racconta Piva nel documentario. “Era un uomo con una vita sentimentale molto complicata, ma anche con una grande voglia di essere amato. Nonostante l’immagine di uomo cinico che dava nei suoi film, era molto vulnerabile”. Sordi, infatti, non amava la vita mondana e viveva la sua celebrità con un certo distacco. “Non amava essere etichettato come un’icona. Lo considerava più un mestiere che una missione”, afferma il regista Montanari. “Molto spesso si rifugiava nella sua casa di campagna, lontano da tutto e tutti, per ricaricarsi e trovare pace. Non cercava il clamore, ma un angolo di tranquillità”.
Dietro al sorriso da mattatore la fragilità dell’uomo
La sua carriera è stata segnata anche da battaglie interiori e da momenti di grande sofferenza, spesso celati dietro il sorriso dei suoi personaggi. Nonostante il grande successo professionale, Sordi ha vissuto la solitudine come una compagna costante, rivelando solo a pochi intimi la sua fragilità. Questo contrasto tra l’uomo e il suo personaggio pubblico è uno dei temi principali del docufilm. Un racconto che finalmente fa giustizia al mito, rivelando un uomo che, nonostante tutto, è stato profondamente umano.
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Cinema
Johnny Depp e Tim Burton: l’amicizia che ha resistito al dolore
Durante le riprese di Sweeney Todd nel 2007, la figlia di Depp, Lily-Rose, si ammalò gravemente. Il regista interruppe la produzione per stargli accanto. Oggi, una docuserie racconta quell’episodio che ha cementato un legame umano oltre il set.
Johnny Depp e Tim Burton condividono da oltre trent’anni uno dei sodalizi più affascinanti del cinema contemporaneo. Ma dietro le atmosfere gotiche e visionarie dei loro film, si nasconde una storia di amicizia profonda, segnata anche dal dolore.
A raccontarla è Depp nella docuserie in quattro parti Tim Burton: Life in the Line, diretta dalla regista Tara Wood, che esplora la carriera e l’universo creativo del cineasta americano.
Nel terzo episodio, l’attore ricorda il 2007, anno in cui la sua vita si fermò bruscamente. Durante le riprese di Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, sua figlia Lily-Rose — allora di appena sette anni, nata dalla relazione con Vanessa Paradis — fu colpita da una grave infezione da Escherichia coli che compromise i reni, costringendola alla dialisi.
“Tim ha fatto enormi sacrifici durante Sweeney,” racconta Depp. “Lo consideravo già parte della famiglia. Quando gli dissi che dovevo lasciare il film, lui mi fermò subito: ‘Non dirlo nemmeno, amico. Troveremo un modo’.”
La produzione si fermò per quasi un mese. “Siamo rimasti in ospedale più di tre settimane,” ricorda l’attore. “Tim venne a trovarci il giorno dopo la telefonata, portando fiori. Si comportò da vero zio, da padrino amorevole. Non lo dimenticherò mai.”
Derek Frey, storico produttore di Burton, conferma l’episodio nella docuserie: “La malattia di Lily-Rose cambiò l’atmosfera sul set. Era un film oscuro, e Johnny stava vivendo il suo personale incubo. Credo che quel dolore autentico abbia influenzato la sua interpretazione.”
Fortunatamente, la storia ha avuto un lieto fine. Lily-Rose Depp si è completamente ristabilita e oggi, a 26 anni, è un volto emergente del cinema. Dopo il successo della serie The Idol, sarà tra le protagoniste del nuovo Nosferatu di Robert Eggers, in uscita nel 2025.
“Quell’esperienza ci ha segnati per sempre,” ha dichiarato Depp. “Tim è rimasto vicino a me quando tutto sembrava crollare. Da allora, ogni film con lui è anche un atto di gratitudine.”
La docuserie, che include interviste a Helena Bonham Carter, Danny Elfman e Michael Keaton, mostra un Tim Burton più umano che mai — e un Johnny Depp finalmente disposto a ricordare che, dietro il mito, c’è un uomo che ha imparato a sopravvivere anche grazie all’amicizia.
Cinema
Anthony Hopkins, il silenzio degli abissi: “Quando bevevo parlavo con l’oceano. Ora dico a me stesso: è andata bene, ragazzino”
“Quando bevevo avevo esperienze semi-religiose. Parlavo all’oceano di Malibu e lui mi rispondeva”, racconta Sir Anthony Hopkins nella sua autobiografia in uscita il 4 novembre per Longanesi. Smette di bere nel 1975: “Ovunque vada, l’abisso mi segue. È carburante per razzi, ma può distruggerti”.
A 87 anni Sir Anthony Hopkins si racconta senza filtri, con l’ironia e la profondità che hanno segnato ogni suo ruolo. Il due volte premio Oscar pubblica il memoir We did ok, kid (È andata bene, ragazzino), in uscita il 4 novembre per Longanesi. Un viaggio tra ricordi, fragilità e rinascita, dove il genio si intreccia al dolore e la gratitudine alla sopravvivenza.
“Quando bevevo avevo esperienze semi-religiose. Pensavo di essere Giovanni Battista, parlavo all’oceano a Malibu e il mare mi rispondeva”, confessa l’attore, ricordando gli anni più bui della sua dipendenza. Hopkins smette di bere nel 1975, dopo aver toccato il fondo: “Ovunque io vada, l’abisso mi segue. È carburante per razzi. Ma può farti a pezzi e ucciderti”.
L’alcol distrugge i suoi primi due matrimoni e mina il rapporto con l’unica figlia, Abigail. “Non abbiamo più rapporti, è la sua scelta. Dico ai giovani: se i vostri genitori vi fanno soffrire, andatevene. Vivete la vostra vita”. Oggi Hopkins parla di sé come di un uomo “semplicemente grato di essere vivo e di lavorare ancora”.
Nel libro, tradotto da Alberto Pezzotta, l’attore ricorda la sua infanzia a Port Talbot, piccola città siderurgica del Galles: “Tengo sul telefono una foto di me e mio padre in spiaggia. Ogni tanto la guardo e mi dico: è andata bene, ragazzino”. Figlio di un fornaio, con una dislessia mai diagnosticata e un talento vorace, Hopkins costruisce la sua leggenda a forza di disciplina: legge ogni copione 250 volte ad alta voce e memorizza una poesia nuova ogni settimana per tenere viva la mente.
Nel volume non mancano gli aneddoti sul set de Il silenzio degli innocenti, il film che gli regalò il primo Oscar. “Non so perché Jonathan Demme mi scelse, ma si fidò di me. Trovava divertente quanto fossi oltraggioso. L’idea che Hannibal Lecter fosse già in piedi nella cella fu mia: Clarice può sentire il suo odore, dissi a Jonathan. Mi guardò e rispose: sei davvero strano, Hopkins”.
La voce di Lecter, spiega, è ispirata al “cinguettio tagliente” di Katharine Hepburn, unita alla freddezza ipnotica di Charles Manson. Un mix che lo rese immortale. E oggi, tra un dipinto e una nuova poesia imparata a memoria, il vecchio Anthony guarda il mare senza più parlare da solo — ma con la serenità di chi, dopo l’abisso, ha imparato ad ascoltare solo il silenzio.
Cinema
Matilda De Angelis: “A 23 anni non uscivo di casa per l’acne. Ora sono la vampira di Besson, Dracula morde per amore”
Protagonista nel nuovo film di Luc Besson, Dracula, accanto a Caleb Landry Jones e Christoph Waltz, Matilda De Angelis interpreta una vampira devota e ironica. “È un Dracula romantico, morde per amore”. E confessa: “Ho sofferto d’acne e insicurezza, ma oggi mi sento più libera. La polemica con Elodie? Un malinteso”.
Altro sangue, per favore. Così scherza Matilda De Angelis parlando del suo ruolo in Dracula, il nuovo film di Luc Besson in uscita il 29 ottobre per Lucky Red. L’attrice bolognese, trent’anni appena compiuti, è Maria, l’adepta del conte (interpretato da Caleb Landry Jones), una vampira selvaggia e appassionata che vive di devozione e amore. “Sono la sua aiutante — racconta —, completamente soggiogata dal suo fascino. Ha attraversato quattro secoli alla ricerca del suo amore perduto, e io divento amica della sua sposa come riflesso del suo sentimento per Vlad”.

Dopo aver girato contemporaneamente Fuori di Mario Martone e il kolossal di Besson, Matilda è esplosa d’energia: “Ero pompata di entusiasmo. Due set opposti, uno intimo e realistico, l’altro visionario e sanguigno. Mi sono divertita tantissimo”.
Eppure, confessa, il genere horror la terrorizza: “Io non riesco a guardarli, mi fanno troppa paura. L’unico che ho visto è Paranormal Activity, ma giravo la testa dall’altra parte. È la paura di ciò che non vedi che ti paralizza”.
Con Besson, spiega, Dracula diventa un eroe romantico. “Morde per amore. Non è un mostro, ma un’anima condannata a cercare eternamente un sentimento che lo completi. È ironico, malinconico, capace di prendersi in giro. C’è humour, ma anche poesia”.
Sul set non mancavano gli scherzi: “I miei canini sono davvero sviluppati e il primo giorno Zoe Bleu mi ha chiesto: te li hanno già messi? Le ho risposto: guarda che sono i miei! Forse ero predestinata”.
Poi un ricordo con Christoph Waltz: “Interpretava un prete, e durante una pausa parlavamo di politica, coperti di sangue, con le budella di fuori. Una scena surreale che non dimenticherò mai”.
Ma dietro il sorriso, Matilda porta anche la memoria di un periodo difficile: “A 23 anni non sono uscita di casa per mesi a causa dell’acne. Mi sentivo brutta, insicura. È stata una prova durissima. Oggi però ho imparato ad accettarmi, a non farmi definire da come appaio”.
E sulla polemica con Elodie precisa: “Le mie frasi sono state travisate. Non c’è mai stata una lite. Le voglio bene, la stimo moltissimo”.
Oggi Matilda De Angelis è una delle attrici italiane più richieste al mondo — ma resta, come dice lei stessa, “una ragazza che ha imparato a mordersi le paure, non solo sullo schermo”.
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