Cinema
Alla salute di Star Wars: quando in Cile trasformarono la saga in uno spot ad alto tasso alcolico (video)
Due anni fa, in un angolo dell’universo chiamato Cile, una TV decise di aggirare le pause pubblicitarie con una trovata geniale (o sacrilega, dipende dai punti di vista): inserire spot di birra dentro i film di Star Wars. Il risultato? Obi-Wan con una lattina, Palpatine che fa il barista Jedi e fan in delirio. George Lucas non l’ha presa bene…

Non è una fan fiction né una teoria complottista: nel 2003, l’emittente cilena Channel 13 trasmise la trilogia originale di Star Wars… con un twist. Per evitare interruzioni pubblicitarie tradizionali, decisero che fosse molto più elegante infilare gli spot direttamente dentro il film. Ed ecco che, con un colpo di scena degno di Yoda, la birra Cerveza Cristal entrò a gamba tesa nella Forza.
Jedi e birra: una combinazione esplosiva
Le scene modificate rasentano il grottesco e il geniale. Obi-Wan Kenobi che estrae una lattina dalla tunica come fosse una spada laser. L’Imperatore Palpatine che usa la Forza non per distruggere i ribelli, ma per afferrare una birra gelata. Luke Skywalker che si prende una pausa prima del duello finale per sorseggiare qualcosa di fresco. Insomma, mancava solo Chewbacca col grembiule da barista.
Lato chiaro, lato scuro… e lato pubblicitario
Il popolo del web, quando i video riemersero anni dopo, non ha saputo resistere: il materiale è diventato virale e “stracultissimo”. I meme si sono moltiplicati come cloni imperiali. E sebbene fosse palese che non ci fosse nessun accordo ufficiale con Lucasfilm, l’effetto era talmente ben confezionato da far quasi credere a un bizzarro spin-off birroso della saga.
Lucasfilm: “Questo non è il marketing che stavamo cercando”
Purtroppo per i cileni, George Lucas non apprezzò l’omaggio. Gli avvocati di Lucasfilm si scatenarono come Ewok a una festa, denunciando la violazione del codice pubblicitario cileno e l’uso non autorizzato del marchio. I documenti legali ritrovati da Gizmodo Australia confermano l’inferno burocratico scatenato dalla birra più controversa della galassia.
Un brindisi al marketing estremo
Se la galassia di Star Wars ha un canone, questo episodio è certamente fuori da ogni rotta tracciata. Ma resta uno degli esempi più esilaranti di product placement non autorizzato della storia. E, a quanto pare, anche uno dei più apprezzati dal pubblico.
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Cinema
Johnny Depp, l’attore che non deve chiedere mai: perché a lui non frega nulla di ciò che dicono (e forse non gli è mai fregato)
Da star del rock mancata a divo internazionale. Da Freddy Krueger alla Disney, da Tim Burton alle aule dei tribunali: la parabola di Johnny Depp è la storia di un uomo che, nonostante tutto, continua a essere se stesso. Che piaccia o meno.

Fino a pochi anni fa, Johnny Depp era uno di quegli attori capaci di mettere d’accordo quasi tutti. Affascinante, fuori dagli schemi, trasformista, geniale. Poi è arrivata la caduta, rumorosa, pubblica, senza rete. Eppure, a ben guardare, la cosa che più colpisce non è tanto la sua parabola discendente quanto la sua impassibilità. Perché a Johnny Depp, davvero, sembra non fregare nulla di quello che si dice di lui.











E non è solo una posa. Lo era già da ragazzino, quando sognava di diventare una rockstar e non certo un attore. Nel 1983 si trasferì a Los Angeles per inseguire il sogno con la sua band, The Kids. Suonavano come spalla a mostri sacri come i Talking Heads e Iggy Pop, ma il contratto discografico non arrivò mai. Arrivò invece un matrimonio lampo con Lori Ann Allison, che lo introdusse a un certo Nicolas Cage. Ed è stato Cage, figlio del cinema, a spingerlo verso il suo primo provino. Da lì, Nightmare – Dal profondo della notte, e una carriera cominciata con la morte, letteralmente: quella scena cult in cui viene risucchiato nel letto da Freddy Krueger.
Il resto è storia. Da 21 Jump Street al cinema indipendente, dal sodalizio con Tim Burton ai miliardi di Pirati dei Caraibi. Ma anche bar, risse, scandali, cause legali. Un rockstar del cinema, nel bene e nel male. Fino alla débâcle pubblica e giudiziaria con Amber Heard, che ha segnato l’inizio di un lungo inferno mediatico.
Accusato di violenza domestica, diffamazione, abuso. Sospeso dai set, cacciato da Warner Bros nel ruolo di Grindelwald, mentre il gossip e i tribunali si rimpallavano la sua immagine a colpi di registrazioni e dichiarazioni velenose. Ma nonostante tutto, lui è rimasto in piedi. Scornato, sì, ma indifferente. «È finita in un millisecondo», ha raccontato al Telegraph. «Mi dissero: ‘Vorremmo che ti dimettessi’. Ma io sapevo che intendevano: ‘Vattene e non farti più vedere’».
E invece Depp si è fatto vedere eccome. Prima al Festival di Cannes con Jeanne du Barry, poi dietro la macchina da presa con Modì, in cui ha diretto Riccardo Scamarcio. Ora si prepara a recitare accanto a Penélope Cruz in Day Drinker. Non è un ritorno col botto, ma un lento, ostinato riemergere. Un modo per dire che no, non è finita. E forse non lo sarà mai.
A rendere ancora più affascinante il personaggio è il fatto che Depp, in fondo, non ha mai fatto nulla per piacere. Ha sempre rischiato. Da giovane raccontava ai giornalisti, senza filtri, di aver provato qualsiasi droga. «A 15 anni avevo quasi un dottorato in farmacologia», ha detto una volta. Provocatorio, dannato, allergico a qualsiasi etichetta. Durante 21 Jump Street faceva di tutto per sabotare la propria immagine da teen idol. Aveva paura di restare intrappolato in una carriera televisiva e finiva volontariamente in situazioni da incubo per le sue PR.
Forse è anche per questo che non lo scalfisce nulla. Neppure le perdite milionarie: secondo i rumors avrebbe sperperato oltre 650 milioni di dollari, tra gestioni dissennate, affari sbagliati e consulenti poco onesti. Ma anche su questo non ha mai fatto drammi. «Mi ha insegnato mia madre», dice. Betty Sue, figura centrale nella sua biografia, era una donna dura, violenta, difficile. «Mi picchiava con bastoni, scarpe, posacenere. Ma le sono grato. Mi ha insegnato cosa non fare con i figli».
Oggi Johnny Depp ha sessant’anni. Potrebbe ritirarsi su un’isola, vivere di ricordi e royalties. Invece no. Gira film, suona con gli Hollywood Vampires, firma progetti nuovi. Perché, come spiega Scamarcio, «Johnny ama il rischio. Per lui la creatività va sempre a braccetto con il pericolo». E per uno che ha vissuto tutta la vita sul bordo del precipizio, ogni passo avanti è solo un altro giro di danza.
Non cerca il perdono di Hollywood. Non chiede l’approvazione del pubblico. «Non mi sto candidando a una carica pubblica», dice. E forse è proprio questo che lo rende ancora interessante. Perché in un mondo dove tutti cercano consensi, lui resta l’ultimo pirata. Uno che, malgrado tutto, continua a fregarsene.
Cinema
Il bacio perfetto secondo Sharon Stone? “Solo Robert De Niro. Avrebbe potuto colpirmi con un martello e… wow”
Niente baci da copertina o scene hot alla Hollywood, per Sharon Stone il massimo della passione è arrivato da Robert De Niro sul set di Casinò. “Lo ammiravo così tanto che anche se mi avesse steso con un martello, avrei sorriso. Ma è stato un bacio meraviglioso”.

Altro che giovani divi muscolosi o attori da poster adolescenziale. Per Sharon Stone, il bacio più bello della sua vita professionale è arrivato da Robert De Niro. Lo ha confessato lei stessa in un’intervista che ha fatto il giro del web: “Ero follemente innamorata di lui come attrice e lo ammiravo così tanto che quel bacio è stato il momento culminante. Ero incantata. Avrebbe potuto colpirmi in testa con un martello e avrei comunque detto: ‘Oh, sì!’. Ma è stato favoloso”.
Parole che suonano come una dichiarazione d’amore artistico più che sentimentale. Perché in fondo, lo sappiamo, nella lista dei sogni proibiti Sharon Stone ha avuto un posto d’onore per decenni, ma quando parla di De Niro sembra diventare una spettatrice qualsiasi, persa nel mito. E non si tratta nemmeno di un partner particolarmente passionale – almeno sullo schermo. Il loro bacio avviene in Casinò di Martin Scorsese, film cupo, violento, duro. Eppure, per lei, è stato magia pura.
“Con gli altri colleghi si ride, si scherza, ci si aiuta. Ma con De Niro c’era una tensione sacra, quasi religiosa”, ha spiegato l’attrice. E non è la prima volta che lo dice. In varie occasioni, Sharon ha ribadito quanto quella collaborazione sia stata importante nella sua carriera. Non tanto per il ruolo – pur meraviglioso – di Ginger McKenna, ma proprio per il confronto con l’attore che più ha segnato il cinema americano degli ultimi 50 anni.
Un bacio, insomma, come coronamento. E che bacio. Nessuna coreografia da videoclip, niente labbra socchiuse alla francese, nessuna lingua in primo piano: “Un gesto semplice, ma pieno di senso. E poi… era lui”, ha detto Sharon. Il sottotesto è chiaro: ci sono baci e baci. E poi c’è quello con chi incarna per te il cinema, la potenza, la bravura assoluta.
E pensare che molti, all’epoca, credevano che la vera chimica di Sharon fosse con Michael Douglas, o magari con Richard Gere. Ma lei no, non ha dubbi. Nessuno regge il confronto con Bobby D.
Anzi, pare che dopo il ciak non abbia nemmeno voluto replicarlo. “Non volevo rovinare la magia di quel momento. Era perfetto. E certe cose si fanno una volta sola”. Un bacio e via. Da leggenda.
Cinema
John Goodman, addio a 90 chili e a quel riflesso che non voleva più vedere
Dal rifiuto dello specchio alla rinascita: l’attore statunitense si mostra con una nuova silhouette dopo un percorso iniziato nel 2007. Niente scorciatoie, solo costanza, sport e dieta mediterranea. E un messaggio potente sul rapporto tra corpo e identità.

L’attore statunitense, indimenticato interprete di Fred Flintstones nella celebre pellicola prodotta da Spielberg nel 1994, ha lasciato tutti senza parole alla première del nuovo film dei Puffi a Los Angeles. Occhi puntati su di lui, o meglio sul suo nuovo corpo: in abito blu e con una figura molto più asciutta, John Goodman ha sfoggiato una forma smagliante. E la sorpresa è stata generale.
Non è la prima volta che l’attore, oggi 73enne, mostra i risultati del percorso iniziato nel 2007, ma a ogni apparizione pubblica il cambiamento appare sempre più radicale. Non si tratta di una “dieta per un ruolo”, ma di una trasformazione profonda, cercata e voluta con determinazione. Il punto di rottura, raccontava tempo fa a People, è arrivato quando non riusciva più a guardarsi allo specchio. Con i suoi 180 chili e una relazione complessa con il cibo, Goodman aveva imboccato una strada pericolosa fatta di abbuffate e disordine.
Il primo passo? Dire addio all’alcol. Il secondo, reinventarsi: sport regolare, attenzione alle porzioni, e una dieta ispirata al modello mediterraneo, seguita con l’aiuto di un nutrizionista. Risultato? Oltre 90 chili in meno, ma soprattutto un nuovo equilibrio. Un approccio semplice ma rigoroso che, nel tempo, ha dato i suoi frutti e gli ha permesso di mantenere la forma conquistata.
Oggi, Goodman è un uomo diverso. Non solo fisicamente, ma anche nel modo in cui si espone: più sereno, più centrato. E se nei suoi ruoli iconici – da Il grande Lebowski ad Arizona Junior – la sua stazza era parte del personaggio, ora è la sua trasformazione a parlare. E a ispirare.
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