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Cinema

Sexy sì ma porno mai: come Barbara Bouchet disse sempre “no” ai ruoli troppo spinti

Ospite di Monica Setta, l’attrice si racconta: dai film troppo spinti che ha rifiutato alle relazioni con divi di Hollywood del calibro di con Steve McQueen e Warren Beatty.

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    In un’epoca in cui il successo spesso passava per scene audaci, Barbara Bouchet ha saputo costruire la propria carriera rifiutando compromessi. Ospite del programma Storie di donne al bivio condotto da Monica Setta su Rai 2, l’iconica attrice tedesca naturalizzata italiana ha raccontato una scelta controcorrente: «Nel 1975 rifiutai Histoire d’O perché era un film troppo spinto per me».

    Rifiutare Tinto Brass: “La mia sensualità aveva dei limiti”

    Non solo il celebre film tratto dal romanzo erotico francese. Anche La chiave di Tinto Brass, proposto a lei nel 1983, fu un “no” convinto. Il ruolo andò poi a Stefania Sandrelli, ma Barbara Bouchet non ha mai rimpianto la decisione: «Le mie commedie sexy si fermavano al bagno nella vasca. Non sono mai andata oltre». Una dichiarazione che rivela la sua visione di una sensualità elegante, mai volgare, che le ha permesso di imporsi senza dover superare i propri confini personali.

    Gli amori tra Hollywood e Cinecittà

    La Bouchet è stata anche protagonista di amori celebri e aneddoti indimenticabili. Su Steve McQueen, racconta con ironia: «Mi aveva confinato ai fornelli. Dovevo cucinare per lui e i suoi amici». Un’altra parentesi riguarda il fascinoso Warren Beatty: «Lo ammanettai per gioco a una festa. Era bellissimo, ma non gli bastava una donna sola». Frasi leggere che svelano il carattere forte e indipendente di un’attrice capace di tenere testa anche ai giganti del cinema internazionale.

    Un’icona di stile e misura nella commedia sexy all’italiana

    Barbara Bouchet ha segnato gli anni ‘70 con una serie di ruoli nella commedia sexy all’italiana, accanto a nomi come Lino Banfi e Alvaro Vitali, ma sempre mantenendo una cifra stilistica distinta. Film come La moglie in vacanza… l’amante in città o Spaghetti a mezzanotte l’hanno resa un simbolo di quella stagione cinematografica. Tuttavia, a differenza di altre colleghe, ha scelto la misura, l’ironia e il rispetto di sé come linea guida della sua carriera.

    Diva fuori dagli schemi

    A quasi 80 anni, Barbara Bouchet resta un esempio di donna libera e consapevole, capace di dire “no” anche quando la carriera sembrava chiedere il contrario. La sua storia dimostra che la vera forza di una diva non sta nella provocazione, ma nella coerenza con sé stessa. Una lezione di stile, etica e dignità che ancora oggi risuona forte nel mondo dello spettacolo.

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      Cinema

      Sul red carpet di Cannes 2025 da oggi sfila il dress code: basta con gli eccessi

      Stop a nude look, sneakers e selfie: il Festival di Cannes raddrizza la schiena e aggiorna il suo dress code in nome della decenza. Il tappeto rosso torna a essere un simbolo di eleganza, non di provocazione. E occhio a strascichi e borse formato valigia: anche l’ordine ha il suo fascino.

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        Il Festival di Cannes 2025 mette un freno agli eccessi e riscopre il pudore. Le nuove regole sul dress code del red carpet parlano chiaro: niente nudità, niente abiti trasparenti. La svolta arriva dopo anni di outfit che hanno fatto discutere più dei film in concorso. Da oggi, data di inizio della manifestazione, il messaggio è chiaro: la Croisette non è il backstage di un cabaret, né la preview di un reality show.

        Bandita la nudità

        Secondo quanto pubblicato sul sito ufficiale della kermesse, “per motivi di decenza, la nudità è vietata sul tappeto rosso e in tutte le aree del festival”. Un affondo deciso contro chi ha fatto della pelle scoperta il proprio biglietto da visita.

        Strascichi e abiti ingombranti? Rallentano lo spettacolo

        Non solo nude look. Cannes dichiara guerra anche agli abiti troppo voluminosi: niente strascichi che intralciano il passaggio, complicano la logistica e rallentano il flusso degli ospiti. Il glamour, insomma, deve diventare funzionale. Lo staff è stato istruito: chi non rispetta il regolamento non metterà piede sul tappeto rosso. Perché Cannes non è solo apparenza, è anche organizzazione, puntualità, rispetto degli altri e dello spettacolo.

        Scarpe basse sì, ma con classe. Le sneaker restano a casa

        Buone notizie per chi non ama i tacchi vertiginosi: sono finalmente ammessi sandali bassi e scarpe eleganti flat. Ma attenzione: le sneaker restano escluse. Dopo anni di proteste – come quella iconica di Julia Roberts scalza nel 2016 e Kristen Stewart nel 2018 – il festival apre alle calzature comode, ma impone un minimo di stile. Insomma: va bene non soffrire, ma sempre con garbo.

        Niente selfie, niente zaini: il red carpet si fa sobrio

        Oltre al guardaroba, Cannes impone limiti anche ai comportamenti: vietati i selfie, sia tra ospiti che tra fan e celebrità. Il tappeto rosso non deve trasformarsi in un set da social network. Anche le borse oversize e gli zaini sono banditi: chi arriva troppo carico potrà usare gli armadietti messi a disposizione.

        Parola d’ordine: eleganza, non esibizionismo

        Il nuovo regolamento del Festival di Cannes 2025 non vuole soffocare la creatività, ma rimettere il focus sull’eleganza e sul cinema, evitando che il tappeto rosso si trasformi in uno show parallelo fatto solo di provocazioni e look estremi. Cannes non vuole essere bigotta, ma ribadisce che classe e stile sono ancora sexy, più di un vestito trasparente o uno scatto rubato.

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          Cinema

          Depardieu condannato per aggressione sessuale: 18 mesi con la condizionale

          Gérard Depardieu, 76 anni, è stato condannato per aver aggredito due donne durante le riprese del film nel 2021. Iscritto nel registro dei criminali sessuali, perderà i diritti civili per due anni. Un altro processo per stupro lo attende

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            Nel giorno in cui la Croisette si illumina per il Festival di Cannes, un’ombra pesante si abbatte sul monumento del cinema francese: Gérard Depardieu è stato riconosciuto colpevole di aggressioni sessuali dal tribunale di Parigi. L’attore, 76 anni, è stato condannato a 18 mesi di prigione con la condizionale per i fatti avvenuti nel 2021 sul set del film Les Volets Verts di Jean Becker.

            Il giudice Thierry Donard ha accolto la richiesta del pubblico ministero: nessuna multa, né obbligo di cure, ma l’iscrizione al registro dei criminali sessuali e la sospensione dei diritti civili per due anni. Depardieu, assente in aula al momento della lettura della sentenza, dovrà ora fare i conti con un marchio infamante che pesa quanto la sua lunga carriera.

            Le accuse mosse da Amélie K., decoratrice 54enne, e da Sarah, assistente 34enne, si sono rivelate solide e coerenti secondo la corte. L’attore avrebbe toccato le due donne in modo inappropriato durante le riprese, con gesti che Depardieu ha cercato di minimizzare, attribuendoli a un goffo tentativo di non scivolare o a semplici fraintendimenti. Ma le sue versioni, mutate nel tempo, non hanno convinto il giudice.

            «Non plausibili», le ha definite Donard. E poco credibili anche le giustificazioni fornite per l’episodio con Sarah. Ancora più discutibili le parole del suo legale, Jérémie Assous, che durante il processo aveva affermato: «Il trauma delle vittime, anche se l’aggressione fosse avvenuta, è comunque relativo».

            Un’affermazione che ha scatenato la rabbia delle avvocate delle due donne, Claude Vincent e Carine Durrieu-Diebolt, che hanno denunciato il clima ostile in aula: insulti, delegittimazioni, accuse di isteria e venalità rivolte alle vittime.

            Questa condanna non chiude i conti giudiziari di Depardieu. Un altro processo lo attende per le accuse di stupro mosse nel 2018 da Charlotte Arnould, e sono oltre venti le donne che, negli ultimi anni, hanno denunciato comportamenti simili da parte dell’attore. Molti dei procedimenti sono stati archiviati per prescrizione, ma il quadro che emerge è quello di un gigante del cinema crollato sotto il peso delle sue colpe.

            E mentre Cannes si accende di flash e tappeti rossi, una delle sue icone più controverse è ormai entrata nel lato oscuro della storia del cinema francese.

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              Drew Barrymore: la bambina prodigio che ha imparato a salvarsi da sola

              49 anni di carriera tra successo, abissi e rinascita. “Ora sono felice, non temo l’età. A 11 mesi ero già davanti alla macchina da presa. A volte non capisco come sia possibile essere ancora qui”. Con queste parole, Drew Barrymore racconta al Corriere della Sera una vita straordinaria, segnata da picchi di gloria e vertiginosi momenti bui.

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                Il suo esordio nello spettacolo è quasi genetico: l’attrice è nata in una delle famiglie più iconiche di Hollywood, con attori da generazioni, con un destino già ampiamente segnato. Ma quel dorato percorso annunciato dorato si è presto rivelato un peso gravoso da sostenere.

                Il successo precoce e la caduta nell’abisso

                Dopo il boom planetario di E.T. – L’extra-terrestre, in cui incanta come la piccola Gertie, la vita di Drew prende una piega oscura. A nove anni già fa uso di alcol, a tredici tenta il suicidio. Viene ricoverata in una clinica psichiatrica per oltre un anno. Un’esperienza che oggi, a distanza di decenni, la Barrymore definisce decisiva: «Sopravvivere è stato il primo atto della mia rinascita».

                Dagli anni bui alla rinascita: icona pop e madre felice

                Negli anni ’90 e 2000, Drew diventa l’icona di una nuova Hollywood: libera, ribelle, sexy e ironica. Ma è solo col tempo che trova il vero equilibrio. Oggi, a 50 anni, è una donna diversa. Madre devota di due figlie, produttrice, conduttrice del suo Drew Barrymore Show, ha finalmente fatto pace con sé stessa: «È il momento più felice della mia vita. Non ho alcun problema con l’invecchiamento».

                Sophia Loren, l’Italia e il valore della memoria

                A legarla all’Italia è un legame sorprendente: «Da bambina passavo le estati a casa di Sophia Loren. Giocavo con i suoi figli. Quando MSC mi ha chiesto di essere madrina di una nave come lei, mi è sembrato incredibile. È una donna che ammiro, da sempre». Un filo invisibile che lega due dive di epoche diverse, unite da un’eleganza senza tempo.

                Il confronto con il passato e il presente: da E.T. alla sostenibilità ambientale

                Drew Barrymore non dimentica le sue origini, ma guarda avanti. I suoi figli, racconta, non hanno capito E.T.: «Forse erano troppo piccoli, è un film che può far paura». E oggi si impegna per l’ambiente, sostenendo progetti come Ocean Cay, alle Bahamas, dove una vecchia area industriale è stata trasformata in un’oasi verde. «Io mi sento come quell’isola: puoi avere un passato difficile, ma anche un futuro luminoso».

                Una stella autentica, sopravvissuta e più luminosa che mai

                Drew Barrymore è molto più di un’ex bambina prodigio. È la prova vivente che si può cadere e risorgere, che la resilienza è più potente del talento stesso. Con la sua sincerità disarmante e la capacità di reinventarsi, oggi è un simbolo di autenticità in un mondo spesso artefatto. Una donna che non ha solo vissuto sotto i riflettori, ma ha imparato a brillare con la propria luce.

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