Cinema
Cannes in subbuglio per Tom Cruise: attendiamo la sua ultima mission impossible (gallery)
Il ritorno del divo a tre anni dall’ultima apparizione sulla Croisette accende l’entusiasmo dei fan. Tutti i momenti più iconici e le star presenti alla première mondiale del nuovo capitolo della saga action, al cinema dal 22 maggio.

Il festival francese ha visto il ritorno trionfale di Tom Cruise, l’intramontabile star di Hollywood, attesissima sul tappeto rosso del Festival. A tre anni dall’ultima apparizione con Top Gun: Maverick, Cruise è approdato nuovamente sulla Croisette, stavolta per presentare Mission Impossible – The Final Reckoning, capitolo conclusivo della celebre saga action. Il film è stato proiettato fuori concorso e arriverà nelle sale italiane il 22 maggio 2025.



Il red carpet
La seconda serata della celebre manifestazione ha offerto uno spettacolo memorabile: Cruise, 62 anni e in perfetta forma, ha percorso il red carpet firmando autografi, scattando selfie con i fan e sfoggiando il suo inconfondibile sorriso. Ad accompagnarlo, il regista Christopher McQuarrie e il suo cast d’eccezione. Un gruppo a cappella ha poi eseguito dal vivo il celebre tema musicale della saga, regalando un momento suggestivo e fortemente evocativo.



Emozioni sul tappeto rosso: tra abbracci e riconoscimenti
Tom Cruise non ha nascosto la commozione: ha abbracciato più volte Thierry Frémaux, direttore del festival, ringraziando il pubblico e l’orchestra per l’omaggio musicale. Sul red carpet, ha posato con tutti i membri del cast, alternando sorrisi e strette di mano a momenti di autentica emozione. Anche il resto del team creativo, da Greg Tarzan Davis a Erik Jendresen, ha sfilato sulla celebre Montée des Marches, sotto gli occhi attenti di fotografi e fan.
Le altre star presenti alla première di Cannes 2025
L’evento ha richiamato numerose celebrità internazionali. Tra le presenze più applaudite: Andie MacDowell, Eva Longoria, Heidi Klum con il marito Tom Kaulitz, protagonisti di un romantico bacio, Emma Todt, modella americana, il produttore francese Nicolas Seydoux.
Mission Impossible – The Final Reckoning: l’attesa è finita
Il film promette di chiudere in grande stile una delle saghe più amate del cinema d’azione. Diretto da Christopher McQuarrie, l’ottavo episodio si preannuncia come un concentrato di adrenalina, effetti speciali e colpi di scena. Il pubblico italiano potrà vederlo al cinema dal 22 maggio, in contemporanea con l’uscita mondiale.
Un evento da ricordare
Il red carpet di Mission Impossible – The Final Reckoning ha confermato Cannes come il palcoscenico ideale per le grandi première internazionali. Tom Cruise, ancora una volta, ha dimostrato di essere non solo un’icona del cinema, ma anche un professionista capace di emozionare e connettersi con il pubblico come pochi altri.
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Cinema
Michael Madsen, volto duro e cuore fragile del cinema americano, se ne va a 67 anni l’attore amato da Tarantino
Addio a Michael Madsen, morto a 67 anni: lo sguardo da duro, la voce bassa, l’anima poetica. Indimenticabile Mr. Blonde di Le iene, simbolo del male che affascina, della violenza che balla. Con lui se ne va l’ultimo cowboy metropolitano del cinema di Tarantino.

Aveva lo sguardo di chi non chiede scusa, la voce di chi non ha bisogno di urlare, il fisico da cattivo e l’anima da poeta. Michael Madsen è morto a 67 anni, e con lui se ne va uno degli ultimi duri del grande schermo, quello che anche quando non parlava rubava la scena
Indimenticabile Mr. Blonde in “Le iene”, vendicativo Budd in “Kill Bill”, fratello dimenticato di Beatrix Kiddo e alter ego sporco e malinconico di un’America che sapeva farsi amare mentre ti prendeva a calci. Era il volto che Quentin Tarantino ha scelto per raccontare la bellezza imperfetta del male, la sua parte più cool e disperata, quella che sa farti ballare un motivetto anni ’70 mentre taglia un orecchio con calma metodica.
Eppure, dietro quella maschera da duro, c’era anche il volto rassicurante del patrigno tenero che in “Free Willy” aiutava un ragazzino a liberare un’orca dal suo destino da attrazione acquatica. Anche lì, occhi stanchi ma sinceri, mani grandi e movimenti misurati. Madsen era uno di quegli attori che non cercavano la luce ma che, per una strana legge gravitazionale, la attiravano.
Non aveva bisogno di gridare per imporsi: bastava uno sguardo obliquo, una camminata lenta, una battuta detta sottovoce. Il suo carisma, ruvido come il suo timbro vocale, si portava dietro l’odore dei bar di provincia, dei motel di terza mano, delle giacche di pelle consumate. Non era una star da tappeto rosso: era un’icona da asfalto bollente. Sul set, Michael era un fuoriclasse con la stessa naturalezza con cui fuori dal set si trasformava in un disastro ambulante.
Una carriera costellata di film cult e b-movie dimenticabili, di successi che brillavano anche grazie alla sua presenza e di scelte artistiche che sembravano fatte più con l’istinto che con la testa. Eppure, anche nei ruoli minori, riusciva sempre a restare impresso. Perché Madsen era una di quelle presenze che non puoi ignorare. Una scheggia di cinema purissimo, pericoloso, romantico. A renderlo ancora più umano c’era la vita vera, quella che non si monta e non si recita. Lì dove si fanno figli, si sbaglia, si beve troppo, si piange senza telecamere. E oggi che la sua voce si è spenta per sempre, resta quel mix di fascino e autodistruzione che lo ha reso unico. Non era l’attore perfetto. Era Michael Madsen. E tanto basta.
Cinema
Charlize Theron snobbata da Bezos e Lauren Sanchez: “Loro fanno schifo, noi siamo a posto”
Charlize Theron ironizza sul mancato invito al matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sanchez e poi affonda il colpo: “Penso che siamo le uniche a non aver ricevuto un invito. Ma loro fanno schifo”. E forse, tra jet privati e pacchianerie, non esserci è stato un colpo di fortuna.

A Venezia, il matrimonio da favola tra Jeff Bezos e Lauren Sanchez ha attirato mezza Hollywood. Star, miliardari, influencer, politici, e una discreta dose di pacchianeria si sono riversati in Laguna per quello che molti hanno definito l’evento del secolo. Tutti presenti, o quasi. Perché tra i grandi esclusi – e parecchio risentiti – c’era Charlize Theron. E l’attrice premio Oscar non ha perso l’occasione per farlo notare al mondo intero.
Sabato scorso, durante l’annuale Block Party organizzato dalla sua fondazione benefica “Africa Outreach Project”, Charlize ha fatto una battuta che sapeva di rosicata, ma anche di velenosa ironia. «Penso che siamo le uniche persone a non aver ricevuto un invito», ha detto con un mezzo sorriso, ma il tono era tutt’altro che neutro.
Difficile non cogliere il disappunto sotto l’ironia. Perché essere esclusi dal party del miliardario più chiacchierato del globo e dalla sua ex giornalista diventata regina del jet set, fa notizia. Ma Charlize ha rincarato la dose, andando ben oltre la stoccata: «Ma va bene, perché loro fanno schifo e noi siamo a posto». Un colpo basso, certo, ma che strappa applausi in un’epoca in cui dire quello che si pensa – soprattutto se scomodo – è diventato rivoluzionario.
Il contesto, poi, era quanto mai significativo: non una première o un red carpet, ma un evento benefico dedicato alla salute e alla sicurezza dei giovani sudafricani. Una serata sobria e impegnata, lontana anni luce dai festeggiamenti barocchi messi in piedi dalla coppia Bezos-Sanchez.
E dire che gli invitati al matrimonio non mancavano di peso: Leonardo DiCaprio con Vittoria Ceretti, Tom Brady, Oprah Winfrey, Ivanka Trump e Jared Kushner, senza dimenticare il clan Kardashian al completo. Sembrava la versione terrestre del Met Gala con budget illimitato e gusto opinabile.
Nel tripudio di sfarzo, champagne e gondole, forse Charlize Theron ha avuto davvero poco da rimpiangere. Tra i gossip di laguna e l’aria da girarrosto veneziano, la sua assenza potrebbe essere stata una benedizione. E lei lo sa bene. Tanto che, tra una stilettata e un applauso solidale, ha ringraziato il pubblico presente: «Grazie per aver dedicato del tempo a partecipare, soprattutto quando il mondo sembra bruciare».
Charlize 1 – Feste pacchiane 0.
Cinema
Luca Zingaretti tra cinema, scuola e memoria: «La preside di Caivano? Una lezione di resistenza»
Luca Zingaretti sbarca a Ischia con la moglie Luisa Ranieri e presenta La casa degli sguardi. Parla del suo debutto da regista, della fiction su Eugenia Carfora, della memoria di Camilleri e di un sogno rimasto nel cassetto: un film su Garibaldi, il rivoluzionario “pop”.

Sbarca a Ischia a bordo della sua barca, in compagnia della moglie Luisa Ranieri, Luca Zingaretti. Ad attenderlo c’è il pubblico del 23esimo Ischia Film Festival, diretto da Michelangelo Messina, che accoglie l’attore – e ora anche regista – per la proiezione de La casa degli sguardi, film tratto dal romanzo di Daniele Mencarelli che segna il suo debutto dietro la macchina da presa.
«Desideravo mettermi alla prova dall’altro lato della telecamera da dieci anni, col tempo il desiderio è diventato una vera e propria urgenza», racconta. «Sono rimasto fulminato dal libro di Mencarelli, dalla storia di questo ragazzo devastato da un mal di vivere talmente profondo da aver bisogno di anestetizzarsi per andare avanti. Occuparmi della regia è stato un viaggio faticoso e sorprendente, che voglio ripetere. Attualmente sto lavorando a tre storie, ma devo ancora scegliere quale sviluppare».
Con Luisa Ranieri, Zingaretti è anche produttore della casa Zocotoco, impegnata in questi mesi con La preside, fiction per Raiuno ispirata alla figura di Eugenia Carfora, preside dell’istituto Francesco Morano a Caivano. Un progetto che, a sentire lui, nasce da una folgorazione.
«Abbiamo scoperto questa storia guardando Che ci faccio qui di Domenico Iannacone. Il giorno dopo ho chiamato la scuola e chiesto della preside. Quando mi ha risposto, le ho detto: “Buongiorno, sono Luca Zingaretti” e lei mi ha risposto: “E io sono Napoleone”, poi ha riattaccato. Ma alla fine siamo riusciti a parlarci».
Il tono si fa più serio. «In Italia la scuola viene sempre messa ai margini, e invece forma il nostro futuro. Chi ci lavora si spende, guadagna poco, affronta situazioni delicate. Dovrebbero avere molta più considerazione. Eugenia ha creduto nei suoi ragazzi, si è battuta per garantire loro gli stessi diritti dei coetanei più fortunati. Ha compiuto un miracolo, e la sua storia merita di essere raccontata».
Impossibile non parlare di Andrea Camilleri, nell’anno del centenario della nascita. Oltre che la penna che ha dato vita a Montalbano, è stato anche il suo insegnante.
«Quando ero suo studente, l’Accademia non poteva permettersi neanche una telecamera. Camilleri ci insegnava il mestiere con la sua arte di oratore. Aveva uno sguardo inimitabile, riusciva a vedere cose che io neanche notavo. Incontrandolo poi, già scrittore di fama mondiale, era rimasto uguale. La sicurezza di sé non era frutto del successo, ma di una profonda coerenza interiore. Il successo ha poco a che fare con quello che sei, e lui ci credeva. Anche io. Per omaggiarlo interpreterò il suo testo teatrale Lettura di autodifesa di Caino in sole quattro date».
C’è un personaggio che avrebbe voluto interpretare?
«Mi sarebbe piaciuto dirigere una storia sulla vita di Garibaldi. Ma per farlo servirebbe un budget importante, e non è il momento storico giusto per il nostro cinema. La sua è una vita pazzesca: era un rivoluzionario vero, un pazzo scatenato che ha portato scompiglio ovunque sia andato. Un personaggio estremamente pop. Chissà, magari un giorno…».
E Napoli? Per lui è molto più di una città.
«È una terra in cui il richiamo dell’arte si sente nei vicoli, nel vento, nelle mura. Napoli è cultura. Non è un caso se le opere più importanti degli ultimi trent’anni sono nate qui: cinema, narrativa, teatro, musica. E poi il cibo. Può sembrare una sciocchezza, ma il buon cibo educa ai sensi, allo sguardo. E nessun posto sa farlo meglio di Napoli».
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