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Cinema

Charlize Theron ignora Johnny Depp a Parigi: gelo tra le star venticinque anni dopo La moglie dell’astronauta

A distanza di venticinque anni dal film che li vide protagonisti, la scena si ripete ma al contrario: lui pronto a sorridere, lei lo evita con eleganza glaciale. Sui social si moltiplicano i video del momento e gli interrogativi sulle ragioni di un gelo tanto evidente.

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    Parigi, notte di gala per LVMH. Tappeti rossi, fotografi, flash e abiti da sogno. Ma il momento più commentato non è quello della sfilata o della cena di gala: è il mancato saluto tra Charlize Theron e Johnny Depp, che si sono ritrovati a pochi passi l’uno dall’altra dopo più di venticinque anni dal film La moglie dell’astronauta (1999).

    Lui, elegantissimo in smoking scuro, era accanto a Brigitte Macron; lei, in abito dorato e sorriso impeccabile, è avanzata tra le autorità salutando il presidente di LVMH Bernard Arnault e la first lady francese. Tutto sembrava pronto per il consueto scambio di convenevoli tra due divi che avevano condiviso un set entrato nella memoria degli anni Novanta. E invece no: Charlize ha rivolto un breve cenno di saluto a Brigitte Macron e ha proseguito oltre, senza nemmeno incrociare lo sguardo di Depp.

    Il gesto, immortalato dai presenti e rilanciato in poche ore su tutti i social, ha scatenato un’ondata di commenti. “Sembrava lo stesse aspettando”, ha scritto un utente su X, “ma lei lo ha letteralmente ignorato”. I più maliziosi parlano di vecchie ruggini legate alle difficoltà durante le riprese di La moglie dell’astronauta, quando — secondo alcune voci di set — tra i due non correva buon sangue.

    Altri ipotizzano invece un gesto deliberato: Theron, oggi paladina delle cause femministe a Hollywood, non avrebbe gradito le polemiche e le controversie legate al lungo processo tra Depp e Amber Heard, chiusosi nel 2022 ma ancora oggetto di dibattito pubblico.

    Nessuno dei due ha commentato l’accaduto, ma i video del “gelo di Parigi” continuano a macinare visualizzazioni. C’è chi parla di “freddezza diplomatica”, chi di “classe inavvicinabile”, chi ancora ironizza: “Charlize Theron ha fatto in due secondi quello che la giuria ha fatto in sei settimane”.

    Per ora resta solo un fatto: a distanza di un quarto di secolo dal loro film insieme, Johnny e Charlize non sembrano più appartenere allo stesso universo. Anche nel mondo dorato delle star, certe orbite non si incrociano due volte.

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      Cinema

      Benigni e Braschi, il bilancio (in calo) di una coppia d’oro: Melampo scende sotto il milione ma in vent’anni ha fruttato oltre 100 milioni di euro

      Fondata nel 1991, la Melampo resta una miniera d’oro per Roberto Benigni e Nicoletta Braschi, che in due decenni hanno incassato oltre 100 milioni di euro grazie ai diritti dei loro film. Ma ora i numeri raccontano un rallentamento fisiologico, dopo vent’anni senza nuove produzioni cinematografiche.

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        C’erano una volta Roberto Benigni e Nicoletta Braschi, coppia d’arte e d’amore, e la loro creatura produttiva: Melampo Cinematografica srl. Una società nata nel 1991, cresciuta sull’onda di successi internazionali come La vita è bella, Il mostro e La tigre e la neve, e capace di trasformare l’estro del comico toscano in un piccolo impero economico. Oggi, però, i numeri raccontano un fisiologico rallentamento.

        Nel bilancio dell’ultimo anno, Melampo ha registrato un fatturato di 852.683 euro, per la prima volta sotto il milione, contro gli 1,4 milioni dell’anno precedente. L’utile netto si è attestato a 184.353 euro, ben lontano dai 733.782 del 2023. Un calo significativo, accompagnato da una decisione inedita: per la prima volta, Benigni e Braschi non si sono distribuiti dividendi, lasciando l’intero utile in azienda.

        Il dato segna la chiusura di un ciclo. L’ultimo film prodotto dalla Melampo risale al 2005 — La tigre e la neve — ma negli anni la società ha continuato a generare profitti grazie ai diritti d’autore e di sfruttamento delle opere più celebri. In bilancio la voce “diritti di utilizzazione opere dell’ingegno” ammonta infatti a oltre 106,8 milioni di euro, una cifra che da sola racconta il valore del patrimonio costruito dalla coppia.

        Un tesoro accumulato tra Oscar e incassi miliardari, che permette a Benigni e Braschi di dormire sonni tranquilli nonostante il declino dei numeri recenti. Del resto, la Melampo è stata per decenni una macchina perfetta: dopo La vita è bella (1997), vincitore di tre Oscar e campione d’incassi nel mondo, arrivarono Pinocchio e Asterix e Obelix contro Cesare, meno fortunati ma comunque redditizi.

        Oggi, la società vive dei ricavi provenienti dalle repliche televisive, dalle distribuzioni internazionali e dagli spettacoli teatrali e televisivi su Dante, la Costituzione e l’Europa, che hanno visto Benigni ancora protagonista. In parallelo, i due artisti controllano anche la Tentacoli Edizioni Musicali, che gestisce i diritti musicali dei loro film. Qui il fatturato è cresciuto a 158 mila euro, ma l’utile netto si è dimezzato a 40 mila euro.

        Nessun dramma, assicurano i contabili: la Melampo resta una delle case di produzione indipendenti più solide d’Italia, con un patrimonio netto imponente e una storia che pochi possono vantare. Per ora niente nuovi film all’orizzonte, ma Benigni e Braschi — come il titolo del loro capolavoro — possono dire che la vita è ancora bella, anche con un utile più piccolo.

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          Cinema

          Ciuchino torna da protagonista: in arrivo lo spin-off del personaggio più amato di Shrek

          Il doppiaggio partirà a settembre 2025, mentre l’uscita è prevista per il 2028. Intanto DreamWorks lavora anche a Shrek 5, in sala dal dicembre 2026.

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          Ciuchino torna

            Il mondo di Shrek si espande ancora. A distanza di oltre vent’anni dal primo film e dopo il grande successo degli spin-off del Gatto con gli Stivali. Ora è il momento per Ciuchino, uno dei personaggi più iconici della saga, di avere finalmente il suo film da protagonista.

            A dare la notizia è stato lo stesso Eddie Murphy, storica voce dell’asino parlante. Durante un’intervista per promuovere la sua nuova pellicola The Pickup, ha rivelato che inizierà a registrare il doppiaggio dello spin-off nel settembre 2025. La data d’uscita? Secondo quanto emerso, DreamWorks punta al 2028.

            Il progetto, ancora in fase iniziale, sarà costruito sul modello narrativo già collaudato con il Gatto con gli Stivali. Focus sul personaggio principale e maggiore attenzione alla sua vita privata. In questo caso, protagonista della storia sarà la strampalata famiglia di Ciuchino, in particolare i sei figli nati dalla relazione con la Dragona. I famosi “Dronkey”, adorabili ibridi metà drago e metà asino.

            I piccoli Debbie, Coco, Bananas, Peanut, Parfait ed Éclair, introdotti per la prima volta in Shrek 2, avranno così finalmente uno spazio narrativo tutto loro. «La storia è davvero divertente – ha dichiarato Murphy – Ciuchino avrà il suo mondo, la sua famiglia, e sarà un film con un tono simile a quello del Gatto con gli Stivali».

            Ma non è tutto. Durante l’intervista, Murphy ha confermato anche che Shrek 5 è già in fase di lavorazione, e che il team è “a circa due anni” dalla conclusione del progetto. Il nuovo capitolo, atteso per il 23 dicembre 2026, riunirà il cast originale: Mike Myers (Shrek), Cameron Diaz (Fiona) ed Eddie Murphy stesso.

            Tra le novità, è stato annunciato anche l’ingresso nel cast vocale di Zendaya, che interpreterà Felicia, la figlia adolescente di Shrek e Fiona. A febbraio 2025 è stato rilasciato un primo teaser, in cui si vede lo stesso Shrek alle prese con meme e tecnologia, segno che l’umorismo surreale e attuale della saga resterà intatto.

            Con due progetti di grande respiro in cantiere, DreamWorks punta a rilanciare il franchise per conquistare non solo i fan storici, ma anche le nuove generazioni cresciute a pane e animazione. E con Ciuchino pronto a raccontare la sua storia, il divertimento è assicurato.

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              Cinema

              Sharon Stone: «Weinstein mi toccò il sedere, lo scagliai via. Io e mia sorella abusate da mio nonno, mia madre mi diceva cose terribili»

              Sharon Stone, 66 anni, non si risparmia: «Non sono una che può prendersi. Dopo Basic Instinct ero considerata una barzelletta, con Casinò ho toccato l’apice e poi più nulla. A quei tempi, se eri donna e ti succedeva qualcosa, eri finita». Parole dure anche contro Weinstein: «Mi ha molestata e strattonata più volte».

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                Sharon Stone non ha mai avuto paura di usare la verità come arma. E nell’intervista al Guardian lo conferma ancora una volta: brutale, spiazzante, scomoda. L’attrice di Basic Instinct, 66 anni, ha attraversato Hollywood come un uragano e adesso, con l’ironia tagliente di chi ha visto troppo, mette in fila i suoi fantasmi: le violenze in famiglia, le molestie subite da Harvey Weinstein, il marchio infamante di un film diventato cult ma anche boomerang, l’ictus che l’ha quasi uccisa.

                Il racconto parte da una ferita recente: la morte della madre Dot. «Se ne è andata qualche mese fa, ma ho avuto bisogno di tempo per parlarne. Dovevo sbollire le sensazioni furiose con cui reagisco sempre alla morte», confessa. Poi, con una risata amara, rievoca gli ultimi giorni di vita della donna: «Negli ultimi giorni mi avrà detto “Ti prendo a calci nella f…” probabilmente quaranta volte. Delirava. E quando l’ultima cosa che tua madre ti dice prima di morire è: “Parli troppo, mi fai venire voglia di suicidarmi”, e tutta la stanza ride, pensi solo che abbia esagerato ancora una volta. Ma lei era così: non riusciva a trovare tenerezza e pace dentro di sé».

                Stone conosce bene la violenza domestica. Nel 2021, con il memoir Il bello di vivere due volte, ha raccontato l’incubo vissuto da bambina: «Io e mia sorella siamo state abusate da mio nonno materno, un molestatore violento e pedofilo. Mia madre stessa è stata picchiata da lui dall’età di cinque anni fino a quando, a nove, fu mandata a fare la domestica». Le cicatrici di quella famiglia si sono trascinate per generazioni: «Le sorelle di mia madre erano cinque. Solo lei è sopravvissuta oltre i cinquant’anni. Le altre hanno avuto vite spezzate o malattie mentali dovute agli abusi».

                La Stone non si tira indietro quando le viene chiesto se anche lei sia stata molestata direttamente. «Sì. E quando l’ho scritto, molti mi hanno accusata di raccontare storie non mie. Ma non era così: non ho mai fatto nomi che non fossero di persone che hanno fatto del bene. Raccontavo la mia storia, punto».

                Dalla famiglia agli abusi nel sistema Hollywood. Sharon Stone non ha mai nascosto lo scontro con Harvey Weinstein: «Mi ha toccato il sedere, l’ho scagliato dall’altra parte della stanza. Non sono una di quelle che può prendersi. Non sono quella che stupri o molesti, né quella a cui chiedi un massaggio. Sono quella che ti dice di toglierti di torno. Ma sono anche quella che lui ha strattonato e schiaffeggiato più volte, cercando di imporsi». L’attrice ricorda un episodio durante un evento benefico: «Cercò di portarmi via il microfono, di farmi chiudere un affare con un suo amico. Mi ribellai: “Sei un truffatore, Harvey, toglimi quelle cazzo di mani di dosso”. Non provò a stuprarmi, ma usò violenza fisica».

                Poi c’è la pietra miliare della sua carriera: Basic Instinct. Il thriller del 1992 la trasformò in icona globale, ma anche in bersaglio. «Per un lungo periodo ero considerata una barzelletta. Quella scena delle gambe accavallate mi ha segnata. Mi dissero che non si sarebbe visto nulla, invece usarono tutto. Pensai di far causa, ma alla fine lasciai la scena perché era fedele al personaggio». L’eco del film fu devastante: «Recitai in Casinò di Scorsese, ottenni una nomination all’Oscar, e poi basta. Nessuna proposta. A volte penso sia colpa della mia eccessiva bravura».

                Stone lo racconta con un filo di orgoglio, ma anche con amarezza. «Quando ricevi una nomination e il più grande attore vivente – Robert De Niro – no, si crea uno squilibrio che il sistema non tollera. Dopo Casinò per me si è chiuso tutto».

                Come se non bastasse, nel 2001 arrivò l’ictus: «Sanguinamenti cerebrali per nove giorni. Mi diedero l’1% di possibilità di sopravvivenza. Dovetti imparare di nuovo a camminare, parlare, leggere. Ma a quei tempi, come donna, se ti succedeva qualcosa, eri finita. Non ti perdonavano la malattia. Era come se avessi fatto qualcosa di sbagliato».

                Per anni le offerte di lavoro si ridussero a comparsate di poco conto. «Mi proponevano solo ruoli umilianti. A un certo punto decisi che non avrei più lavorato. O meglio: che non avrei accettato ruoli che non mi piacessero. Il che equivaleva a non lavorare».

                Eppure Sharon Stone non si è mai piegata. «Ho perso tanto, ma non ho perso me stessa. Non mi sono mai lasciata comprare, non mi sono mai lasciata zittire». Oggi, tra nuovi film e serie, si gode una seconda vita artistica, con la stessa fierezza di sempre. «Dopo tutto quello che ho passato – dice – anche un bicchiere vuoto può avere un lato positivo: può sempre essere riempito».

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