Cinema
David di Donatello 2024: le nomination che nessuno voleva (ma che ci meritavamo)
“Berlinguer”, “Il tempo che ci vuole”, “L’arte della gioia”, “Parthenope” e “Vermiglio” si dividono la torta delle candidature. Tra autorialità militante e kolossal da piattaforma, spicca l’assenza dei film davvero amati dal pubblico. Il cinema italiano sceglie i suoi campioni stagionali, ma la vera sfida è contro la sua stessa irrilevanza.
Era già tutto previsto. I David di Donatello 2025 arrivano a mettere il punto su una stagione cinematografica tutt’altro che brillante. Dopo il naufragio agli Oscar, la débâcle dei titoli italiani nei festival più importanti e il teatrino imbarazzante della crociata contro il tax credit e gli autori “scomodi”, il nostro cinema si rifugia in cinque titoli che — con tutta la buona volontà — non passeranno alla storia. Forse nemmeno alla prossima settimana.
I magnifici cinque, quelli che si spartiscono miglior film e miglior regia, sono: Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre, Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini, L’arte della gioia di Valeria Golino, Parthenope di Paolo Sorrentino e Vermiglio di Maura Delpero. Nessuno di questi film è un fallimento, ma nessuno è un terremoto. Sono il riflesso fedele di un’industria che naviga a vista, tra biopic, drammoni esistenziali, adattamenti letterari da salotto e l’eterna cartolina napoletana con punte di nostalgia scudettara.
Berlinguer è solido ma scolastico, Il tempo che ci vuole tocca corde intime ma fatica a staccarsi dalla sua autrice, L’arte della gioia è una produzione titanica con tutte le trappole del caso, Parthenope è un Sorrentino d’ordinanza con mare e malinconia, Vermiglio ha un premio importante da Venezia e un impianto rigoroso, ma convince a metà.
E gli altri? Familia di Francesco Costabile, che almeno si è fatto notare tra gli attori, Diamanti di Ozpetek, accusato di essere troppo pop, Il ragazzo dai pantaloni rosa, troppo “furbo” per gli accademici. Insomma, la solita esclusione dei titoli che al botteghino hanno avuto un senso, in favore di quelli che stanno bene nel palmarès.
La tendenza più evidente è quella del cinema al femminile: tre registe su cinque in lizza per il miglior film. Un segnale importante, ma anche una scorciatoia ideologica per giustificare scelte non sempre audaci. Tra le attrici, il dominio è delle protagoniste dei film “nominati”: Celeste Dalla Porta (Parthenope), Martina Scrinzi (Vermiglio), Ramona Maggiora Vergano (Il tempo che ci vuole), Tecla Insolia (L’arte della gioia) e la straordinaria Barbara Ronchi di Familia, che meriterebbe ben più di una candidatura.
Tra le non protagoniste, si rivedono le immancabili Valeria Bruni Tedeschi e Jasmine Trinca, Luisa Ranieri in versione Greta Cool di Parthenope, Insolia che fa doppietta e una sorprendente Geppi Cucciari in Diamanti. Capitolo uomini: Elio Germano con parrucca in Berlinguer, Tommaso Ragno in versione veneta in Vermiglio, Gifuni in modalità padre assente, Silvio Orlando professore malinconico e il giovane Francesco Gheghi che regge bene l’urto in Familia.
I soliti noti anche nei ruoli secondari: Citran, Di Leva, Lanzetta, Caprino e Favino. Qualcuno si distinguerà, ma è chiaro che manca il fuoco. Gli esordi? Margherita Vicario con Gloria! è il nome che buca lo schermo (e le playlist), ma ci sono anche Edgardo Pistone, Gianluca Santoni, Loris Lai e Neri Marcoré. Peccato che i loro film li abbiano visti in pochi.
Fuori dalle nomination eccellenti film come Grand Tour di Miguel Gomes (classificato come “italiano” ma ignorato), Challengers di Guadagnino (sacrificato come sempre), Iddu, Hey, Joe e Il treno dei bambini della Comencini, snobbato anche se aveva Piovani in colonna sonora. I film stranieri sembrano scelti da una rassegna del cineforum Eden: Anora, Perfect Days, Giurato numero 2… niente che faccia sobbalzare.
È il solito David: prevedibile, autoreferenziale, con l’illusione di rappresentare un sistema che invece si sta spegnendo lentamente. Sarà Parthenope contro Vermiglio, Freemantle contro Rai, Napoli contro le montagne, il mare contro la neve. Ma il vero duello è con la rilevanza culturale, sempre più distante. Se il cinema italiano non riesce a parlare al suo pubblico, nemmeno i premi più prestigiosi possono salvarlo dalla sua apatia.
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Cinema
Arriva Halloween e l’Italia accende il brivido: la classifica dei film e delle serie horror più visti sulle piattaforme streaming
Il 31 ottobre si avvicina e lo streaming diventa il luogo dove esorcizzare la paura. JustWatch fotografa le tendenze italiane: piattaforme più “horror friendly”, titoli più cercati e sorprese in vetta tra cinema e serie TV. Da The Substance a The Last of Us, passando per cult e nuove icone del brivido.
L’atmosfera di Halloween contagia anche la programmazione streaming e, puntuale come una zucca luminosa sul davanzale, arriva la classifica firmata JustWatch. La piattaforma di ricerca e comparazione ha analizzato le preferenze degli utenti italiani per raccontare come e dove si consuma la paura digitale. Il dato più interessante riguarda chi punta di più sull’horror: Prime Video, Infinity+ e Paramount Plus guidano la top 10 dei servizi più “horror friendly”, con circa il 10% del catalogo dedicato al genere. Dietro di loro, Netflix e MUBI si fermano al 7%, mentre NOW TV tocca il 5% e Disney+ il 4%.
Film: Paramount Plus regina del brivido
La classifica dei film più visti sfoggia un mix di novità, cult e picchi di sperimentazione. Dominano The Substance (2024), The Menu (2022), Terrifier 3 (2024), Assassinio a Venezia (2023), 28 giorni dopo (2002), Subservience (2024), Talk to Me (2023), Godzilla Minus One (2023), Five Nights at Freddy’s (2023) e Bones and All (2022).
Sul fronte piattaforme, Paramount Plus stacca tutti: arriva al 14% di catalogo horror. Subito dietro Prime Video e Infinity+ con l’11%, mentre Netflix mantiene una buona tenuta all’8%. Dall’altra parte della barricata Disney+ e Apple TV+ restano più “soft”, rispettivamente al 5% e al 2%. Curiosità: Discovery+ non ospita alcun film del genere.
Serie TV: il dominio inatteso di MUBI
Sul fronte seriale arriva la sorpresa: MUBI guida per offerta horror, con un 33% dedicato al genere. Seguono Netflix, Prime Video e Infinity+ al 5%, mentre tutte le altre piattaforme — compresa Paramount Plus — si attestano al 3%.
La classifica dei titoli più visti premia The Last of Us, fresca di Emmy, che mescola orrore post-apocalittico e dramma umano, seguita da From, ambientata in una città da incubo da cui non si può fuggire. In terza posizione, immancabile, Stranger Things. A seguire: The Walking Dead, L’Attacco dei Giganti, The Vampire Diaries, The Owl House – Aspirante Strega, American Horror Story, Alice in Borderland e Sandman.
In Italia ottobre profuma di castagne, ma sugli schermi regna la paura: zucche fuori, brividi dentro.
Cinema
Riccardo Scamarcio, aria di gelosia sul set? Si mormora che l’attore non gradisca le “affinità” tra Benedetta Porcaroli e Lorenzo Zurzolo
Lui, icona di fascino tormentato; lei, attrice raffinata della nuova generazione; l’altro, talento giovane e magnetico. Si racconta che Riccardo Scamarcio non abbia preso benissimo l’alchimia sul set tra Benedetta Porcaroli e Lorenzo Zurzolo per 7 Anniversari. Sarà solo atmosfera da ciak o qualcosa di più ha sfiorato l’aria sul set?
Le voci corrono veloci quanto i flash. Si dice che Riccardo Scamarcio abbia percepito un’eccessiva “affinità elettiva” tra Benedetta Porcaroli e Lorenzo Zurzolo durante le riprese di 7 Anniversari, film che segna l’esordio alla regia di Sabrina Iannucci. Nulla di ufficiale, ovviamente: solo sussurri da set, mezze frasi e quella sottile corrente che nasce quando due attori si trovano bene sullo stesso respiro. Quella chimica scenica che il cinema esige, e che a volte, inevitabilmente, qualcuno osserva con un sopracciglio leggermente sollevato.
Benedetta, Lorenzo e la magia del set
Porcaroli e Zurzolo sono due nomi del nuovo cinema italiano che piacciono, funzionano e brillano. Giovani, belli, versatili, capaci di accendere la macchina da presa con un’intesa naturale, fatta di sguardi e ritmo emotivo. E come ogni coppia ben assortita sullo schermo, attirano attenzione, commenti, supposizioni. Non è la prima volta che un set diventa terreno fertile per chiacchiere e intuizioni: la distanza tra finzione e vibrazione autentica, a volte, è appena una linea di dialogo. E intanto, qualcuno osserva e interpreta.
Scamarcio, fascino e protezione (forse)
Riccardo Scamarcio non è nuovo a ruoli intensi e a quell’aura mediterranea che lega amore e tormento. Da qui a immaginarlo nella parte dell’uomo che alza un po’ le antenne il passo è breve, almeno per chi alimenta il racconto. Gelosia o semplice attenzione? Curiosità o spirito di protezione per la compagna? Le fonti parlano di un’ombra lieve, una vibrazione sottintesa più che una reazione visibile. Nulla di clamoroso, solo quel sottotesto che spesso accompagna le coppie del cinema quando sul set entra un terzo elemento talentuoso e bello da vedere.
In fondo, è la formula classica del gossip: due attori in crescita, un partner celebre, un film che ancora nessuno ha visto ma di cui già si parla. Il resto lo farà il grande schermo. Perché, alla fine, l’unica verità certa è quella che passa attraverso un’inquadratura. E lì, si sa, chimica e percezioni non mentono mai — o almeno ci piace crederlo.
Cinema
Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”
Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.
L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.
Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.
Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».
Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.
Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.
Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.
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