Cinema
Depardieu a giudizio, l’attore alla sbarra per molestie: “Processo farsa, accuse infondate”
Il protagonista di “Cyrano” accusato da due donne di palpeggiamenti e frasi oscene: “La giustizia ha calpestato i miei diritti”. Tensione alle stelle in aula tra i legali mentre si attende la testimonianza di Fanny Ardant. Rischia fino a cinque anni di carcere.

Gérard Depardieu non è solo uno dei simboli del cinema francese, ma anche – e sempre più – uno dei suoi scandali più clamorosi. A 76 anni, con una carriera leggendaria alle spalle e un passato che gli ha fatto indossare il mantello di Cyrano e di Danton, Depardieu si ritrova oggi sul banco degli imputati della sala 213 del tribunale di Parigi. Il gigante del cinema deve rispondere di gravi accuse: aggressione sessuale nei confronti di due donne, una decoratrice e un’assistente alla regia, che hanno lavorato sul set di «Les Volets Verts», film girato nel 2021.
A rendere ancora più grottesco il quadro, il contrasto tra le condizioni fisiche dell’attore – cardiopatico, diabetico, un po’ barcollante ma sempre capace di lanciare baci al pubblico e sorrisi ai fan – e la durezza di una sala dove si respira un clima teso, quasi da battaglia. Davanti a lui una folla di testimoni, tra accusa e difesa: costumisti, tecnici luci, assistenti di scena, ma anche la sua storica amica Fanny Ardant, che martedì salirà sul banco per difenderlo.
Le accuse sono pesanti. Secondo Amélie e Sarah – le due donne che hanno trovato il coraggio di portarlo in tribunale – Depardieu avrebbe proferito frasi sessualmente esplicite e avrebbe palpeggiato le vittime in più occasioni, durante le riprese. Il tutto avvenuto in un clima che, a detta loro, era ormai intollerabile.
Lui respinge tutto, con quella teatralità che solo un mostro sacro del cinema sa mettere anche fuori scena. Al giudice che gli ricorda che può restare in silenzio, Depardieu replica di voler parlare e annuncia una dichiarazione. Poi lascia spazio al suo avvocato, Jérémy Assous, che entra subito a gamba tesa: “Questo processo è una violazione del principio di contraddittorio, nessuno ha ascoltato i 19 testimoni a discarico che confermano che non è accaduto nulla”. E lancia l’accusa più grave: “Il pubblico ministero ha deciso l’imputazione sulla base di una sola parola, senza prove concrete”.
Nel frattempo, fuori dall’aula, monta la protesta: una cinquantina di militanti femministe manifesta contro Depardieu, gridando slogan e mostrando cartelli che invocano giustizia per le vittime. Ma nell’aula, il tono cambia e si fa ancora più caustico. Il legale dell’attore attacca duramente anche i media, citando il caso della trasmissione “Complément d’enquête” che – secondo lui – avrebbe manipolato i filmati diffondendo un passaggio su presunti commenti sessuali di Depardieu nei confronti di una bambina durante un viaggio in Corea del Nord. “Quella scena è stata montata ad arte. Non parlava della bambina, ma di tutt’altro”, sostiene Assous, che definisce il trattamento mediatico ricevuto dall’attore “una fucilazione pubblica”.
Nessuna conferenza stampa, nessuna dichiarazione plateale da parte di Depardieu. Solo qualche battuta ai disegnatori che stanno immortalando l’udienza per la stampa e uno sguardo di complicità a Fanny Ardant, che lascia l’aula sorridendogli.
Il regista Jean Becker, che avrebbe potuto chiarire il clima sul set, non si è presentato in aula. Un’assenza pesante, che alimenta l’idea di un processo ancora più controverso.
Depardieu rischia fino a cinque anni di carcere e una multa di 75mila euro. Ma il verdetto sarà ben più ampio di quello scritto sulla sentenza: in ballo c’è il suo mito e l’ennesimo capitolo del #MeToo francese che, come sempre, divide l’opinione pubblica tra giustizialisti e garantisti. La battaglia è appena iniziata.
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Cinema
Il cavallo, i rigatoni e Ulisse: quando Fellini provò a salvare i libri dalla TV
Federico Fellini depositò alla Siae nove mini-capolavori pubblicitari dedicati alla letteratura. Non li girò mai, ma oggi quei soggetti – tra cavalli in biblioteca, letti-barca e incontri con Ulisse – tornano a galoppare grazie a un libro di Rosita Copioli che ne rivela la bellezza sommersa

Cosa ci fa un cavallo che trotta elegante in una biblioteca silenziosa? Se il regista è Federico Fellini, la risposta è sempre la stessa: sogna. E infatti quel cavallo non è mai esistito. O meglio: ha vissuto solo sulla carta, in un soggetto per uno spot pubblicitario che il maestro di Rimini scrisse negli anni Ottanta per promuovere nientemeno che la lettura. Sì, avete capito bene: la lettura. In un’epoca in cui la televisione stava fagocitando tutto, compresi i cervelli, Fellini provò a salvarli con i libri. O almeno ci pensò.
Ora quel sogno ritorna tra le mani dei lettori, grazie al volume “Il cavallo in biblioteca”, edito da Vallecchi, in cui la poetessa e saggista Rosita Copioli trascrive, analizza e illumina quei nove spot mai realizzati, depositati dal regista alla Siae nel 1988 e rimasti dimenticati per decenni. Una galleria di visioni tenere e surreali, come solo Fellini sapeva fare.
C’è il cavallo mansueto che entra in una biblioteca sacra, fiuta i libri, ne lecca la costa. C’è un uomo disteso su un letto che si trasforma in barca – forse un’eco di una poesia di Stevenson – e poi in astronave. C’è persino Ulisse in corazza rilucente che compare accanto a un lettore tormentato dal frastuono del condominio. Altro che caroselli con il detersivo: qui siamo dalle parti dell’epifania.
Eppure Fellini la pubblicità non la sopportava. Soprattutto quella che interrompeva i film. In un prologo fulminante ai soggetti, scrive: «Il mezzo che più di ogni altro ha esiliato ed emarginato la lettura è proprio la televisione. Dunque: invitare il pubblico televisivo a leggere ha un che di paradossale, di profondamente contraddittorio». Ma anche, aggiunge, di inevitabile. Era l’ultima spiaggia. L’ultima chance per tentare un colpo di teatro e risvegliare le coscienze.
E pensare che lui gli spot li aveva anche fatti, e benissimo. Memorabile quello per la Barilla, con il tormentone dei rigatoni. Deliziosi quelli per la Banca di Roma, con uno strepitoso Paolo Villaggio nei panni dell’ansioso da incubo, e Fernando Rey, attore-feticcio di Buñuel, come psicanalista. Oppure quello per la Campari, tanto elegante quanto beffardo. Fellini sapeva come rendere anche la réclame un set da sogno.
Ma quei nove spot sui libri – onirici, delicati, spesso malinconici – non li girò mai. Nessun committente, nessun budget, forse anche troppa distanza tra quel mondo sospeso e il linguaggio commerciale. Rimasero lì, custoditi in un cassetto come un’idea troppo bella per diventare vera. Eppure oggi che li leggiamo, ci accorgiamo che avevano già vinto. Perché la pubblicità che vale è quella che ti resta in testa. E anche se non ha mai avuto uno sponsor, il cavallo in biblioteca sta ancora correndo.
Cinema
Il prossimo James Bond berrà tequila? Con Alfonso Cuarón potrebbe succedere…
Il regista premio Oscar Alfonso Cuarón ha confermato le trattative per dirigere il prossimo film della saga di James Bond, ora nelle mani di Amazon MGM. Cosa succede quando l’eleganza britannica incontra la passione latina e se il genio dietro Roma prenderà davvero il timone?

Avete letto bene. Il celebre regista messicano Alfonso Cuarón ha rivelato di essere in trattativa per dirigere il prossimo capitolo dell’iconica saga di James Bond! Una notizia che ha scatenato entusiasmo e curiosità tra i fan del franchise. Dopo anni di eleganza british, intrighi internazionali e martini “agitati, non mescolati”, 007 potrebbe finalmente parlare… spagnolo?
Da Roma a Londra (passando per Città del Messico)
Cuarón, che non dirige un film dal 2018 — anno in cui ha trionfato agli Oscar con Roma — ha dichiarato:
“C’è effettivamente questo progetto in discussione e ho il desiderio, se dovesse accadere, di rivisitare questa storia a modo mio”.
Una dichiarazione che lascia intendere non solo un ritorno alla regia, ma anche un desiderio di reinventare Bond secondo la sua sensibilità cinematografica. E se pensiamo a quanto siano stati rivoluzionari film come Gravity o I figli degli uomini, il risultato potrebbe essere esplosivo.
Amazon MGM cambia le carte in tavola
Con l’acquisizione dei diritti della saga da parte di Amazon MGM, l’universo di 007 è pronto per una svolta epocale. I fan si aspettano innovazione, diversità e un tono meno “vecchia scuola”. Cuarón, con la sua visione umana e profonda, potrebbe essere la scelta perfetta per questa nuova era.
Ma chi sarà il prossimo Bond?
Ancora nessuna conferma sul volto che interpreterà James Bond, ma con Cuarón alla regia, c’è da aspettarsi un personaggio più sfaccettato, emotivamente complesso e, chissà, magari anche con radici culturali diverse. Un Bond meno freddo e più umano? Potremmo davvero essere di fronte al 007 più rivoluzionario di sempre.
Uno 007 latinoamericano? Sì, grazie!
Immagina le sequenze d’azione tra i mercati di Oaxaca, inseguimenti tra le piramidi maya o dialoghi intensi sullo sfondo del Día de los Muertos. Il tocco visivo e narrativo di Cuarón potrebbe arricchire l’universo di Bond con nuove prospettive culturali e visive.
Il ritorno di un maestro
Dopo anni di silenzio, Alfonso Cuarón potrebbe tornare dietro la macchina da presa con una delle saghe più amate al mondo. E se il progetto andasse in porto, ci aspetta un Bond mai visto prima: più passionale, più profondo, forse persino più reale.
Cinema
Altro che vampiri… Kristen Stewart ora è una donna sposata
L’attrice Kristen Stewart ha detto finalmente “sì” alla storica compagna Dylan Meyer dopo sei anni di amore, risate e ovuli surgelati. La cerimonia? Intima e senza red carpet, ma con tante emozioni. E ora? Il futuro profuma di famiglia (e forse pannolini).

Chi se la ricorda ai tempi di Twilight quando, con sguardo fisso e labbro morso, faceva sospirare adolescenti di mezzo mondo? Beh, Kristen Stewart oggi è cresciuta, è felicemente innamorata e – rullo di tamburi – è anche una donna sposata! La fortunata è Dylan Meyer, sceneggiatrice e compagna di vita da sei anni. Le due si sono dette “sì” in una cerimonia super privata a Los Angeles, lontana dai riflettori e dalle smanie hollywoodiane. Niente paparazzi, solo amore.
Una storia… da copione?
Il primo incontro tra Kristen e Dylan risale a ben nove anni fa su un set cinematografico. Ma, spoiler: non fu amore a prima vista. Il colpo di fulmine è arrivato solo nel 2019, durante un compleanno tra amici. Da lì, un crescendo di cuori, convivenza, anelli di fidanzamento e piani di famiglia.
La proposta (non indecente): “Siamo casual, ma molto innamorate”
Tre anni fa Dylan ha fatto la fatidica domanda e Kristen, con il suo tipico stile understatement, ha risposto: “Non potevo dire di no”. Le due avevano già annunciato che il matrimonio sarebbe stato intimo e un po’ fuori dagli schemi. Detto, fatto: niente castelli, niente location da favola, solo casa loro e tante emozioni vere.
Ovuli surgelati e sogni di famiglia
Già nel 2024, la Stewart aveva raccontato in un’intervista a Rolling Stone che lei e Dylan avevano deciso di congelare gli ovuli. “Non escludiamo nulla. Vogliamo tenerci aperte tutte le possibilità. Avere dei figli? Sì, lo voglio!” aveva detto, parafrasando le nozze. E sul parto? “Mi spaventa, ma la voglia di diventare madre è più forte.”
Futuro in rosa, magari con passeggino
Oggi Kristen Stewart non è solo un’attrice di successo, ma anche una donna che ha costruito un amore solido, senza cliché. Il matrimonio con Dylan Meyer è l’ennesimo passo verso un futuro autentico, che potrebbe includere pannolini, notti in bianco e risate in cucina.
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