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Cinema

Gwyneth Paltrow senza filtri: “Io e Timothée Chalamet? Sesso a volontà sul set”

L’attrice ironizza sulle scene di sesso con Chalamet nel nuovo film di Josh Safdie: “Facciamo tanto sesso, davvero tanto. Vengo da un’epoca in cui ci si spogliava e partiva la telecamera. Ho pensato: io ho 109 anni e lui 14…”

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    Gwyneth Paltrow torna a far parlare di sé e lo fa con la solita ironia pungente. L’attrice e imprenditrice ha deciso di rimettersi in gioco sul grande schermo con “Marty Supreme”, il nuovo film di Josh Safdie, accanto a Timothée Chalamet, il sex symbol più cerebrale di Hollywood. La storia ruota attorno a un mondo insolito, quello del ping pong negli Anni ’50, tra scommesse clandestine e passioni travolgenti. E proprio la passione è il tema su cui Gwyneth non ha risparmiato battute.

    “Quella scena diventata virale è solo un antipasto”, ha dichiarato l’attrice a Vanity Fair. “Voglio dire, facciamo molto sesso in questo film. Ce n’è tanto, davvero tanto”, ha ammesso senza mezzi termini. E ancora: “Lui è un sex symbol più cerebrale. È semplicemente una persona educata, cresciuta bene. Un uomo, stavo per dire ragazzo, che prende molto sul serio il proprio lavoro ed è un partner divertente”.

    Paltrow ha poi raccontato di un aneddoto sul set che ha fatto sorridere tutti: “Ora esiste una figura chiamata coordinatore di intimità, di cui ignoravo persino l’esistenza”. Quando la professionista le ha chiesto se fosse a suo agio con una scena, Gwyneth ha risposto spiazzandola: “Tesoro, io vengo da un’epoca in cui ci si spogliava, ci s’infilava nel letto e partiva la telecamera”.

    Alla fine l’intesa con Chalamet è stata tale che la Paltrow ha potuto congedare la coordinatrice: “Siamo a nostro agio, puoi fare pure un passo indietro. Non so come sia per chi inizia oggi, ma se qualcuno mi dicesse ‘Okay, ora lui metterà la mano qui’ come artista mi sentirei molto limitata”.

    La battuta più tagliente? “Ho pensato: ‘Va bene, fantastico. Io ho 109 anni e tu ne hai 14!’”. Insomma, tra ironia e scene hot, il ritorno di Gwyneth Paltrow al cinema è tutt’altro che noioso.

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      Cinema

      Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”

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        Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.

        L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.

        Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.

        Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».

        Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.

        Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.

        Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.

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          Cinema

          George Clooney, l’ultima vera star di Hollywood che non smette di credere nell’America

          Attore, regista e produttore, George Clooney resta uno dei volti più completi del cinema americano. Tra impegno politico, ironia e fascino intramontabile, racconta la sua visione del futuro degli Stati Uniti.

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          George Clooney

            George Clooney è, con ogni probabilità, una delle ultime vere star di Hollywood. Capace di muoversi con disinvoltura tra recitazione, regia e produzione, l’attore nato a Lexington, Kentucky, nel 1961 incarna l’idea stessa di versatilità. Dal dottor Ross di E.R. – Medici in prima linea ai ruoli più intensi di Syriana o Michael Clayton, Clooney ha saputo alternare blockbuster e cinema d’autore senza mai perdere fascino o credibilità.

            Fuori dal set, il suo impegno politico lo ha reso una figura di riferimento per il mondo progressista americano. Da sempre vicino al Partito Democratico, ha sostenuto le campagne di Barack Obama, Hillary Clinton e Joe Biden, oltre a impegnarsi attivamente in cause umanitarie come la difesa dei diritti umani in Sudan e la promozione della libertà di stampa.

            Poche settimane fa, l’attore è stato protagonista di uno degli incontri più seguiti della serie Actors on Actors di Variety, insieme alla collega Patti LuPone. Durante la conversazione, i due hanno discusso del futuro della democrazia americana, del ruolo dell’arte e del senso di responsabilità pubblica degli artisti.

            Clooney, pur non nascondendo le sue preoccupazioni, ha offerto una prospettiva ottimista: “Abbiamo vissuto tempi molto più difficili di questi. Nel 1968 ogni città americana era in fiamme, avevamo perso Martin Luther King e Bobby Kennedy. Eppure, nonostante tutto, siamo andati avanti.”

            L’attore ha sottolineato come oggi la sfida principale sia la moltiplicazione incontrollata delle fonti d’informazione: “Il problema non è solo cosa accade, ma come le persone scelgono di informarsi. Viviamo immersi nel rumore, e distinguere la verità dalle menzogne è diventato più difficile che mai.”

            Un messaggio velato anche a Donald Trump e ai populismi che, secondo Clooney, “sono destinati a svanire come sempre accade ai demagoghi.”

            Parallelamente, Clooney torna al cinema con Jay Kelly, nuova commedia drammatica diretta da Noah Baumbach, in uscita nelle sale americane il 19 novembre 2025 e su Netflix dal 5 dicembre. Nel cast anche Laura Dern, Adam Sandler, Billy Crudup, Riley Keough e Isla Fisher.

            A 64 anni, George Clooney continua a incarnare un’idea di Hollywood ormai rara: quella dell’attore che non si limita a interpretare, ma che usa la propria voce per riflettere sul mondo. E, forse, per cambiarlo un po’.

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              Cinema

              Massimo Boldi compie 80 anni e si confessa tra nostalgia, cinepanettoni, paure e nuovi sogni: «Da bambino facevo ridere tutti»

              Dal successo dei cinepanettoni all’omaggio a Paolo Villaggio, dal timore per gli 80 anni al desiderio di tornare sul set con facce nuove: Boldi ripercorre una vita «di risate, umiltà e ringraziamenti».

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                Ottant’anni e un premio alla carriera. Massimo Boldi li ha celebrati a Monte-Carlo, ospite di Ezio Greggio, convinto che la sua forza sia sempre stata «la scorrettezza nella commedia». «La patente te la dà il pubblico», dice, «solo se ti sceglie puoi dire e fare quel che vuoi». E confessa che a farlo più ridere, oggi, «sono le liti dei politici», perché in tv «non c’è più leggerezza: o cambi canale, o vai su Cine 34».

                L’inizio, i lavori, le paure
                Boldi ripensa all’origine di tutto: «A scuola facevo già divertire i compagni». Ma prima del cinema c’è stata la vita vera: «Facevo il fattorino, l’autista del conte Vistarino, il venditore della Motta. Tutti lavori umili». Oggi, arriva la paura del tempo: «Cerco di far finta che non passi, ma 80 sono tanti. Mi preoccupa un po’, spero vada avanti così». E poi il ruolo simbolo: «Max Cipollino è il bambino che è in me».

                I maestri, l’amicizia, le mancanze
                Il pensiero corre ai compagni di viaggio. «Mi manca Carlo Vanzina», ammette. Su Paolo Villaggio: «Con me rideva sempre». Su Christian De Sica: «Ci sentiamo. Ha deciso di fare l’attore serio e drammatico». E sul successo dei cinepanettoni non ha dubbi: «La gente si è sempre riconosciuta, si vedeva sullo schermo e si piaceva così».

                Il futuro che immagina
                Boldi ha ancora un sogno: «Vorrei ripartire da zero con un film pieno di giovani e facce nuove, da un libro famoso dei primi del ’900». E scherza sulla sua “scorrettezza”: «Se un vaffa fa ridere, lo dico. Quando ce vo’ ce vo’». Poi una rivelazione intima: «La sera, prima di dormire, mi faccio il segno della croce».

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