Cinema
Harvey Weinstein rompe il silenzio dal carcere: «Non ho mai toccato Gwyneth Paltrow. Rose McGowan? Solo un accordo»
Nella sua prima intervista dal carcere, Harvey Weinstein parla delle accuse ricevute da Gwyneth Paltrow e Rose McGowan. Rivendica la sua innocenza, riconosce di aver tradito la moglie ma insiste: «Non ho commesso quei crimini. Ho pagato McGowan per evitare un divorzio, non per zittirla».

Dopo anni di silenzio e due condanne per crimini sessuali, Harvey Weinstein torna a parlare. Lo fa dal carcere, in una lunga intervista concessa alla commentatrice politica Candace Owens, nella quale ripercorre le accuse mosse contro di lui da alcune delle attrici più note di Hollywood, in particolare Gwyneth Paltrow e Rose McGowan. E ribadisce un concetto chiaro: «Non sono colpevole».
Weinstein si dichiara vittima di un sistema giudiziario che avrebbe confuso comportamenti “scorretti” con atti criminali. «Ho commesso degli errori. Ho ferito la mia famiglia, i miei amici, ho tradito mia moglie. Ma non ho commesso quei crimini. Lo giuro davanti a Dio e alla mia famiglia», ha detto. A suo dire, sarebbe stato condannato due volte per colpa di una “macchina mediatica” e di un tribunale che non avrebbe voluto ascoltare le sue ragioni.
Tra i momenti più controversi dell’intervista, quello in cui parla delle due attrici che pubblicamente lo hanno accusato: Gwyneth Paltrow, che denunciò di essere stata molestata, e Rose McGowan, che parlò di un episodio avvenuto al Sundance Film Festival.
Su Paltrow, Weinstein cerca di ridimensionare tutto a una “relazione d’amicizia”. «Non l’ho mai toccata», dice. «Lei pensava fosse un rapporto abusivo. Ma ci sono foto in cui mi abbraccia in ospedale, quando pensavano che stessi per morire. Ai Golden Globe fece un discorso su di me. Nessuno glielo aveva chiesto. Mi ringraziò anche agli Oscar». Secondo lui, il loro legame si ruppe per motivi professionali: «Non mi piacque una sceneggiatura che aveva scritto col fratello Jake».
Quanto a Rose McGowan, l’ex produttore ammette per la prima volta di averle pagato 100.000 dollari. Ma spiega: «Non era per farla tacere, ma per non far sapere tutto a mia moglie. Avevo tradito, non volevo finire nei guai con la mia famiglia». E insiste: «È stato un accordo privato, non un insabbiamento».
Un tentativo maldestro di riscrivere la propria storia, o una difesa disperata? L’opinione pubblica, e i tribunali, hanno già risposto. Ma Weinstein continua a raccontare la sua versione. Dal carcere, dove sta scontando una condanna che potrebbe non lasciargli mai più la libertà.
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Cinema
Johnny Depp torna a Hollywood con Day Drinker: nuovo look e un cast stellare per il rilancio della star
Torna sul set completamente cambiato Johnny Depp dopo il periodo difficile dei processi e delle denunce con Amber Heard

Dopo anni turbolenti, Johnny Depp è pronto a riprendersi il palcoscenico che gli spetta. Non si tratta solo di un nuovo film, ma di un vero e proprio ritorno nel cuore di Hollywood, con un progetto che sa di rivincita: Day Drinker. Il film, diretto da Marc Webb (già regista di The Amazing Spider-Man e Biancaneve), segna il primo grande titolo mainstream per Depp dal 2018, quando interpretò Grindelwald in Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald.
E il ritorno è già sulla bocca di tutti, complici le prime immagini ufficiali rilasciate da Lionsgate. L’attore appare radicalmente trasformato: capelli lunghi sale e pepe, raccolti all’indietro con due ciocche che incorniciano il volto, barba folta grigia e occhi di un blu penetrante. In mano tiene un cocktail, lo sguardo minaccioso rivolto all’orizzonte. L’iconico Jack Sparrow è lontano anni luce: ora Depp veste i panni di un uomo misterioso, immerso in un noir che profuma di mare, inganni e redenzione.
Negli ultimi anni l’attore ha scelto progetti più intimisti, come il dramma storico Jeanne du Barry, che ha aperto l’ultimo Festival di Cannes, e Modi, biopic dedicato a Modigliani che ha diretto e prodotto. Ma Day Drinker segna una svolta netta: è il film più commerciale e supportato da uno studio importante da quando è stato ostracizzato da gran parte dell’industria cinematografica a seguito delle vicende legali con l’ex moglie Amber Heard.
Il film si annuncia come un thriller elegante ambientato tra gli yacht privati e le acque della costa spagnola. Depp interpreterà un uomo enigmatico il cui destino si intreccia con quello di una giovane barista (interpretata da Madelyn Cline, star emergente di Outer Banks) a bordo di un lussuoso yacht. Insieme, si ritroveranno coinvolti in uno scontro con un pericoloso criminale, interpretato da Penélope Cruz. Per Depp e Cruz si tratta della quarta collaborazione: i due hanno già condiviso il set in Blow, Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare e Assassinio sull’Orient Express.
Il cast, fresco e internazionale, include anche nomi amatissimi dal pubblico giovane. Ci saranno Manu Ríos e Arón Piper, volti noti della serie Netflix Élite, oltre a Juan Diego Botto (Los Europeos, Zorro) e Anika Boyle. Piper, in particolare, continua la sua ascesa nel cinema europeo dopo El Silencio e Il disordine che ti lasci alle spalle, mentre Ríos ha già lavorato con Pedro Almodóvar nel cortometraggio Strange Way of Life, accanto a Pedro Pascal ed Ethan Hawke.
Le riprese sono già iniziate in Spagna, e si prevede che il film possa arrivare nelle sale entro la fine del 2025. Un progetto che promette fascino, tensione, e una nuova fase della carriera per un attore che, tra luci e ombre, non ha mai smesso di far parlare di sé.
Se sarà un ritorno trionfale o solo una parentesi nella carriera tormentata di Depp, lo dirà il pubblico. Ma una cosa è certa: Day Drinker è molto più di un semplice film. È un messaggio, un segnale lanciato a un’industria che forse è pronta ad accoglierlo di nuovo.
Cinema
Jennifer Lawrence a Cannes: “La maternità ti rende un’aliena, ma i figli sono l’emozione più forte”
L’attrice premio Oscar Jennifer Lawrence incanta Cannes con Die My Love, il nuovo film di Lynne Ramsay che affronta senza filtri il trauma del post-partum. Accanto a lei, Robert Pattinson. Un’opera intensa e disturbante che divide pubblico e critica. Lawrence riflette sulla maternità, sulla trasformazione interiore e sul mestiere di attrice.

Il Festival di Cannes 2025 accoglie uno dei film più discussi dell’edizione: Die My Love, inquietante thriller psicologico firmato dalla regista scozzese Lynne Ramsay. La pellicola, interpretata da Jennifer Lawrence e Robert Pattinson, scava nel dolore invisibile del dopo parto, tra delirio, alienazione e identità frantumate. La Lawrence interpreta Grace, una giovane madre che precipita in una spirale emotiva e psichica devastante, isolata dal mondo e da se stessa. Il marito Jackson, musicista in fuga (interpretato da Pattinson), non riesce a comprenderla, incapace di afferrare la profondità del disagio che la consuma.
La maternità secondo Jennifer: “Ti cambia tutto”
In conferenza stampa, Jennifer Lawrence ha condiviso con il pubblico un sentito racconto personale: “Quando ho letto per la prima volta il romanzo da cui è tratto il film, ero appena diventata madre. E mi ha devastata. La maternità ti rende un’aliena. Nessuno ti prepara al silenzio, alla solitudine. Eppure, è l’emozione più forte che abbia mai provato”. La star americana, madre di due figli con il gallerista Cooke Maroney, spiega come questo nuovo capitolo della sua vita abbia cambiato radicalmente anche il suo approccio artistico: “Ogni scelta professionale ora passa attraverso di loro. Mi hanno aperto il cuore e affinato la sensibilità. Essere madre mi ha reso un’attrice migliore”.
Die My Love: quando il cinema racconta il post-partum senza filtri
Il film si muove tra realismo e allucinazione, raccontando una maternità disturbata e disturbante, con scene crude e simbolismi potenti. La regia di Lynne Ramsay, già acclamata per Ratcatcher e We Need to Talk About Kevin, affronta il tema con il suo stile spigoloso e poetico. La performance di Lawrence è viscerale, intensa, costruita su emozioni autentiche. “Giravo mentre ero incinta di quasi cinque mesi”, ha rivelato l’attrice. “Quella condizione mi ha permesso di sentire in profondità ciò che il mio personaggio attraversa: ansia, desiderio, paura, scomparsa”.
Robert Pattinson: “Essere padre mi ha trasformato”
Anche Robert Pattinson, da poco padre di una bambina con Suki Waterhouse, ha raccontato il suo cambiamento interiore: “Diventare genitore ti accende dentro. Ti dà una nuova energia, una nuova prospettiva. Il mio personaggio non capisce la sofferenza della moglie, e questa è la tragedia: non possiede gli strumenti per aiutarla”. Pattinson interpreta un uomo comune, travolto da un dolore che non sa decifrare. “È come cercare di tornare a un amore originario che però non esiste più. La sua incapacità diventa parte del problema”, ha spiegato l’attore.
Un film che divide Cannes
Die My Love ha lasciato il pubblico di Cannes diviso: c’è chi ha lodato il coraggio del racconto e la potenza interpretativa dei protagonisti, chi ha trovato il film disturbante e respingente. Ma nessuno è rimasto indifferente. Nel cuore del racconto, anche la figura di Pam (Sissy Spacek), madre di Jackson, che assiste impotente alla discesa della nuora nella follia. “È l’unica che vede davvero Grace”, racconta Lawrence. “Ma non può fare nulla. Porta con sé una gratitudine silenziosa e immensa: per quel nipote in arrivo che rappresenta una forma di speranza”.
Un’opera sul dolore e sulla rinascita
La metafora del fuoco, ricorrente nel film, rappresenta la rinascita. “Come Sandra Bullock in Gravity che esce dall’acqua, anche Grace cerca un nuovo inizio”, dice Lawrence. Un’immagine potente per raccontare il caos e la bellezza della trasformazione. Die My Love non è solo un film sulla maternità, ma su ciò che accade quando una donna perde se stessa e cerca, tra le macerie, di ritrovarsi. Un’opera coraggiosa, necessaria, che segna uno dei momenti più intensi di Cannes 2025.
Cinema
Palma d’oro d’onore a sorpresa per Denzel Washington: standing ovation a Cannes
Cinquanta anni di cinema, due Oscar e una carriera senza cedimenti: Denzel Washington ha ricevuto la Palma d’oro onoraria a sorpresa. Emozionato e commosso, ha accompagnato a Cannes il nuovo film di Spike Lee, Highest 2 Lowest, remake americano di Kurosawa. Domani è di nuovo a Broadway.

Andata e ritorno in giornata. O quasi. Denzel Washington è sbarcato a Cannes per la prima mondiale di Highest 2 Lowest e ne ripartirà in fretta, giusto in tempo per tornare in scena a New York, dove è protagonista di un Otello sold-out a Broadway. Ma prima di volare via, il festival gli ha riservato una sorpresa: la Palma d’oro onoraria alla carriera, consegnata poco prima della proiezione ufficiale.
«Sono emozionato. Una grandissima sorpresa per me essere qui, una volta ancora a Cannes, e ancora una volta con mio fratello Spike Lee», ha dichiarato Washington sul palco, accolto da una standing ovation del pubblico del Palais. A introdurlo, il direttore del festival Thierry Frémaux, che ha presentato un montaggio con le scene più iconiche della sua filmografia: da Malcolm X a Mo’ Better Blues, da Training Day a Glory, i due film che gli valsero l’Oscar.
È la prima volta che Denzel Washington mette piede a Cannes. Cinquant’anni di carriera e una lista di premi che potrebbe riempire da sola una bacheca. Ma non era mai stato sulla Croisette. A portarcelo è stato ancora una volta Spike Lee, con cui aveva già condiviso successi e ruoli memorabili.
Highest 2 Lowest è un remake in chiave contemporanea del classico giapponese Anatomia di un rapimento di Kurosawa. Nell’originale del 1963, tratto da King’s Ransom di Ed McBain, un industriale si trova coinvolto in un rapimento che non colpisce il figlio, ma quello del suo autista. Qui il protagonista è un magnate della musica, interpretato da Washington, alle prese con un sequestro che lo costringe a confrontarsi con scelte morali e perdite personali.
Accanto a lui, A$AP Rocky nel ruolo del detective e un cameo ricco di significato nella trama, che si muove tra lusso, identità afroamericana e dilemmi etici. Parte del set è costruito attorno alla collezione privata di arte black di Spike Lee, con opere di Basquiat e riferimenti musicali da James Brown ad Aiyana-Lee.
«C’è un dilemma morale al centro del film – ha detto Lee – qualunque cosa tu scelga, ci saranno conseguenze. È un anno in cui si vive pericolosamente». E in pieno stile Lee, c’è spazio anche per la politica: «Ho sentito De Niro parlare di Trump. Nemmeno Nixon aveva osato tanto. Negli anni Settanta gli artisti hanno cambiato la storia, e io credo che il cinema possa farlo ancora».
Il film segna il ritorno della coppia Lee-Washington dopo quasi vent’anni e arriva a Cannes fuori concorso. Ma il centro della serata resta il riconoscimento. Denzel Washington, 70 anni appena compiuti, ha ringraziato con semplicità e si è poi concesso ai fotografi con un sorriso misurato. Domani sarà di nuovo in scena. Ma per una sera, la Croisette è stata tutta sua.
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