Cinema
Jennifer Lawrence incanta Roma con “Die My Love”: “Non potevo dire di no a Scorsese?”
Dopo il debutto a Cannes, “Die My Love” arriva nella sezione Best Of della Festa del Cinema di Roma. Jennifer Lawrence, protagonista e produttrice, racconta un ruolo che definisce “il più complesso e poetico” della sua carriera.
Dopo l’anteprima mondiale allo scorso Festival di Cannes, Die My Love ha conquistato anche il pubblico della Festa del Cinema di Roma. Il film, diretto dalla regista scozzese Lynne Ramsay – già autrice di capolavori come E ora parliamo di Kevin e A Beautiful Day – sarà distribuito in Italia da MUBI a partire dal 27 novembre 2025. Protagonista assoluta è Jennifer Lawrence, che a Roma ha incantato pubblico e stampa con la sua interpretazione di una donna fragile, intrappolata tra amore, maternità e desiderio di autodistruzione.
Basato sull’acclamato romanzo Die, My Love (2012) della scrittrice argentina Ariana Harwicz, il film racconta la storia di Grace, una giovane madre che vive isolata nelle campagne del Montana insieme al marito Jackson (interpretato da Robert Pattinson) e al loro neonato. L’apparente serenità domestica lascia presto spazio a un abisso interiore: Grace scivola lentamente in una spirale di depressione post-partum, alienazione e delirio.
Un progetto nato da una “chiamata” di Scorsese
Durante la conferenza stampa romana, Lawrence ha raccontato com’è nato il film, rivelando un retroscena sorprendente:
“Avevo letto il romanzo di Harwicz e ne ero rimasta ossessionata. Poi Martin Scorsese mi disse che dovevo assolutamente produrlo. E, beh, a lui non si può certo dire di no”, ha raccontato sorridendo.
Il suggerimento del maestro americano si è trasformato in un progetto personale per Lawrence, che per la prima volta si è assunta la doppia responsabilità di attrice e produttrice. “Non volevo una trasposizione letterale del libro, ma una sua versione poetica. Quando ho capito che si trattava di un testo sull’intimità e la follia, ho pensato subito a Lynne Ramsay: nessuno meglio di lei sa raccontare l’oscurità dell’animo umano con delicatezza e potenza”, ha aggiunto l’attrice.
Una performance radicale
Nel film, Jennifer Lawrence offre una delle interpretazioni più intense e spiazzanti della sua carriera. Le scene che la ritraggono incinta sono state girate realmente durante la sua seconda gravidanza, un’esperienza che, come lei stessa ha dichiarato, ha reso la recitazione “più vera e vulnerabile”.
“Girare Die My Love è stato doloroso e liberatorio allo stesso tempo. È un film che parla della mente che crolla sotto il peso delle aspettative sociali, ma anche della bellezza feroce dell’amore materno”, ha spiegato.
La Lawrence, 35 anni, sembra oggi in una nuova fase della sua vita e della sua carriera. Dopo il successo planetario de Il lato positivo e Hunger Games, si è concentrata su progetti più intimi, lasciando la grande macchina hollywoodiana per dedicarsi a ruoli indipendenti e alla produzione.
Ramsay e la poetica del dolore
Lynne Ramsay, da parte sua, ha costruito un film che unisce realismo psicologico e simbolismo visivo. L’universo rurale del Montana si trasforma in un paesaggio mentale: la casa isolata diventa una prigione, la natura circostante un riflesso del tormento interiore di Grace.
Accanto a Lawrence e Pattinson, nel cast spiccano anche LaKeith Stanfield, Sissy Spacek e Nick Nolte, interpreti di un dramma corale che esplora i limiti della sanità mentale e dell’amore con una potenza emotiva quasi fisica.
Dalla fragilità alla rinascita
Alla domanda su come il film l’abbia cambiata, Jennifer Lawrence ha risposto con sincerità:ù
“Ho imparato che il dolore non è solo distruzione. È anche un modo per conoscersi. In fondo, Die My Love parla proprio di questo: dell’amore che ti consuma ma che, allo stesso tempo, ti tiene in vita”.
Il film è stato accolto a Roma con lunghi applausi e recensioni entusiaste. La critica ha lodato la performance della Lawrence, paragonandola a quella di Gena Rowlands in Una moglie di John Cassavetes — un riferimento che l’attrice stessa ha più volte evocato.
Con Die My Love, Jennifer Lawrence conferma di essere non solo una delle interpreti più talentuose della sua generazione, ma anche una produttrice capace di osare e di scegliere storie difficili. E forse, come ha detto lei con ironia, “quando Scorsese ti dice di fare un film, non serve altro per convincerti”.
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Cinema
Demi Moore e quel set “ingombrante”: «Ero incinta di otto mesi e Tom Cruise era in imbarazzo». Il retroscena su Codice d’onore
Durante un Q&A al New Yorker Festival con la scrittrice Jia Tolentino, Demi Moore racconta la sfida di conciliare maternità e set negli anni ’90. Sul set del cult con Tom Cruise, l’attrice era all’ottavo mese di gravidanza: «La bambina scalciava, ma ero serena. Era Hollywood a non esserlo». E lancia una riflessione: «Mi chiedevano di scegliere tra lavoro e figli, oggi so che non dovevo».
Ci sono interpretazioni che restano scolpite nella memoria collettiva, e poi ci sono i retroscena che raccontano molto più di una scena iconica. Demi Moore è tornata a parlare di Codice d’onore, film del 1992 che la vide lavorare accanto a Tom Cruise e Jack Nicholson, svelando un dettaglio inaspettato: durante le prove era incinta di otto mesi.
Un particolare che, a suo dire, avrebbe messo in forte imbarazzo proprio Cruise. «Credo che Tom stesse morendo dall’imbarazzo», ha rivelato durante una conversazione pubblica al New Yorker Festival moderata dalla giornalista Jia Tolentino. «Io stavo bene, anche se la bambina si muoveva un po’, ma mi sono resa conto che lui era un po’ a disagio».
Non una critica, quanto piuttosto la fotografia di un’epoca in cui Hollywood faticava a immaginare una donna incinta su un set — e ancor più come protagonista in un film di grande produzione. «È una delle tante cose che non avevano alcun senso», ha spiegato Moore. «Mi sono chiesta perché non potessi avere entrambe le cose: essere madre e continuare a lavorare».
Una domanda che all’epoca suonava quasi sovversiva. Moore ricorda quel periodo come un continuo equilibrio su un filo sottilissimo: il corpo che cambiava, la pressione post parto, le aspettative estetiche e professionali impossibili. «Ripensandoci oggi mi dico: “A cosa diavolo stavo pensando?”», sorride. «Non so cosa stessi cercando di dimostrare, ma devo ammettere che allora non avevo tutto il sostegno che ho ora».
Eppure, quell’esperienza è diventata parte della sua forza narrativa. Oggi, la protagonista di The Substance è simbolo di resilienza e libertà nel raccontare il corpo femminile senza filtri. La maternità non come limite, ma come potenza. «La verità è che mi hanno fatta sentire come se dovessi scegliere», ha detto. «E invece nessuna donna dovrebbe essere costretta a decidere tra carriera e figli».
La riflessione di Moore arriva in un momento in cui Hollywood — almeno a parole — celebra sempre più la complessità femminile. Ma ascoltandola si capisce una cosa: se oggi attrici e lavoratrici possono reclamare il diritto di essere madri senza perdere il proprio posto, è anche grazie a chi, con un pancione di otto mesi, ha deciso che la scena non si abbandona.
Nemmeno quando qualcuno, sul set, arrossisce e gira lo sguardo altrove.
Cinema
Whoopi Goldberg contro Donald Trump, attacco senza filtri in tv: “Non sei il nostro presidente, fai solo i tuoi interessi”
Whoopi Goldberg torna all’attacco di Donald Trump con un intervento che fa discutere. In diretta televisiva l’attrice premio Oscar mette in dubbio il ruolo dell’ex presidente, accusandolo di pensare solo a se stesso e di non rappresentare più gli americani. Un affondo politico durissimo, coerente con una lunga storia di scontri pubblici tra Hollywood e il tycoon.
Quando Whoopi Goldberg decide di parlare di politica, raramente usa mezze misure. E anche questa volta l’attrice e conduttrice non delude le aspettative. Le sue parole contro Donald Trump sono arrivate secche, dirette, senza alcun tentativo di smussare gli angoli. Un intervento che in poche ore ha fatto il giro dei media e dei social, rilanciando uno scontro che va avanti da anni.
L’attacco frontale in diretta
Whoopi Goldberg non ha girato intorno al punto. Rivolgendosi idealmente a Donald Trump, ha posto una domanda che suona come un atto d’accusa: «Cosa stai facendo per noi?». Subito dopo, l’affondo: «Non sei il nostro presidente, fai solo i tuoi interessi».
Ma è la frase successiva a incendiare definitivamente il dibattito: «Sei uno a cui piace farsi baciare il culo». Un’espressione volutamente brutale, che non lascia spazio a interpretazioni e che restituisce il clima di totale rottura tra l’attrice e il tycoon.
Una critica che va oltre l’insulto
Al di là del linguaggio colorito, il messaggio di Goldberg è chiaro e politico. L’attrice contesta a Trump non solo lo stile, ma la sostanza del suo operato e della sua figura pubblica. Secondo Whoopi, l’ex presidente non rappresenta più – o forse non ha mai rappresentato – l’interesse collettivo degli americani, ma solo un progetto personale fatto di potere, visibilità e tornaconto individuale.
È una critica che affonda le radici in un sentimento diffuso in una parte dell’opinione pubblica statunitense, soprattutto nel mondo dello spettacolo e della cultura, da sempre schierato in larga parte contro Trump.
Whoopi Goldberg, voce storica dell’anti-trumpismo
Non è certo la prima volta che Whoopi Goldberg si scaglia contro Donald Trump. Negli anni, la conduttrice di The View ha costruito una posizione netta e costante, fatta di interventi duri, prese di posizione pubbliche e scontri verbali ripetuti.
La sua forza comunicativa sta proprio nell’assenza di filtri. Goldberg non cerca il politicamente corretto, non addolcisce i concetti per renderli più digeribili. Parla come una cittadina arrabbiata prima ancora che come una celebrità, e questo le garantisce un seguito fedele ma anche una schiera di detrattori pronti ad accusarla di eccessi.
Trump e il rapporto con le star
Lo scontro tra Donald Trump e Hollywood è ormai un classico della politica americana contemporanea. Attori, musicisti e personaggi televisivi hanno più volte preso posizione contro di lui, mentre Trump ha risposto spesso attaccando direttamente le celebrità, accusandole di essere élite scollegate dalla realtà del Paese.
In questo quadro, l’intervento di Whoopi Goldberg si inserisce perfettamente. Non è un episodio isolato, ma l’ennesimo capitolo di una guerra culturale che va avanti da anni e che si riaccende ciclicamente, soprattutto nei momenti di maggiore esposizione mediatica del tycoon.
Un linguaggio che divide
Le parole di Goldberg hanno inevitabilmente diviso il pubblico. C’è chi applaude il coraggio e la schiettezza dell’attrice, vedendo nel suo intervento una denuncia necessaria. E c’è chi, al contrario, critica il linguaggio utilizzato, ritenendolo eccessivo e controproducente.
Ma proprio questo è il punto: Whoopi Goldberg non sembra interessata a piacere a tutti. Il suo obiettivo è colpire, scuotere, rendere esplicito un dissenso che altri esprimono in modo più diplomatico.
Politica come spettacolo, spettacolo come politica
Il caso Goldberg-Trump dimostra ancora una volta quanto, negli Stati Uniti, politica e intrattenimento siano ormai intrecciati in modo indissolubile. Una frase pronunciata in tv da un’attrice può avere un impatto mediatico paragonabile a quello di un comizio.
Whoopi Goldberg lo sa e gioca apertamente questa partita. Le sue parole non sono improvvisate, ma fanno parte di una narrazione coerente, costruita nel tempo, che la vede schierata senza ambiguità.
Donald Trump, dal canto suo, resta un bersaglio perfetto per questo tipo di attacchi: polarizzante, controverso, capace di attirare su di sé attenzione e reazioni estreme.
Alla fine, lo scontro non è solo tra un’ex star di Hollywood e un ex presidente. È lo specchio di un Paese spaccato, dove anche una battuta feroce diventa immediatamente materia politica. E dove una frase come quella di Whoopi Goldberg è destinata a far discutere molto più a lungo del tempo necessario a pronunciarla.
Cinema
George Clooney confessa: “Quel maledetto di Brad Pitt! Mi soffiò Thelma & Louise e ci ho messo anni a perdonarlo”
Nel 1991 Clooney e Pitt erano entrambi emergenti e in corsa per lo stesso ruolo. Pitt lo ottenne, diventò una star e Clooney non guardò il film per anni. Ora l’attore ammette: “Doveva farlo lui”. E Geena Davis rivela: “Ho scelto il ragazzo biondo”.
A volte il cinema scrive i suoi destini con un casting, un provino e un po’ di karma. E George Clooney, che oggi è uno degli uomini più potenti di Hollywood, non ha problemi a raccontare quando quel destino gli è passato davanti… con il volto perfettamente scolpito di Brad Pitt.
Parlando con Screen Rant, Clooney ha ricordato il provino più amaro della sua carriera: quello per Thelma & Louise, il film del 1991 di Ridley Scott che avrebbe lanciato Pitt nell’Olimpo del cinema. «Eravamo io e Brad. Entrambi in difficoltà, agli inizi. Lui ce l’ha fatta, io no. E sì, ero incazzato», ha confessato con la sua ironia elegante. «Non ho guardato il film per anni. Pensavo: “Quel maledetto…”».
Brad Pitt, in effetti, in quel ruolo di J.D. — jeans larghi, cappello da cowboy, sorriso da rapina — diventò immediatamente un’icona. «Poi l’ho rivisto e ho pensato: doveva farlo lui. Funziona così: certe cose sfuggono, ma per buone ragioni. Non puoi vivere pensando: “Quello dovevo farlo io”».
Una battuta d’altri tempi, eppure la storia del provino perfetto ha un retroscena ancora più gustoso. A raccontarlo è stata Geena Davis, protagonista del film. Ai microfoni del Graham Norton Show ha ricordato la “finalissima” per il ruolo di J.D.: Brad Pitt, George Clooney, Grant Show e Mark Ruffalo. Tutti belli, tutti bravi, tutti castani.
Finché non entra Pitt.
«Era così carismatico che mi ha mandato in tilt. Ho dimenticato tutte le battute. Pensavo soltanto: “Mamma mia, che talento”. Quando mi hanno chiesto una preferenza ho risposto subito: “Il ragazzo biondo!”».
Una scelta impulsiva che ha riscritto la carriera di tutti: Brad Pitt è diventato la star che conosciamo, Clooney avrebbe trovato la sua consacrazione qualche anno dopo, e Thelma & Louise è rimasto nella storia come un film cult capace di rigenerarsi a ogni generazione.
Oggi i due attori sono amici, complici sul set della saga di Ocean’s, e perfettamente consapevoli che a Hollywood le strade si incrociano, si perdono e poi tornano a unirsi. Ma Clooney quel sassolino se l’è tolto, con un sorriso che vale più di mille red carpet: «Per anni ho pensato: “Quel maledetto di Brad”…».
E in fondo, chi non l’avrebbe pensato?
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