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Cinema

“Non mi spaventano né gli errori né i 60 anni”: Alessandro Gassmann racconta la sua vita tra Vittorio, Eduardo e la Roma di oggi

Dalla sua capacità di reinventarsi agli aneddoti con Eduardo De Filippo, Alessandro Gassmann, prossimo ai 60 anni, parla di cinema, teatro, vecchiaia e della sua Roma: “Sto imparando a fermarmi e a concedermi del tempo. Mi auguro che la città torni ai romani, non solo ai pellegrini del Giubileo”

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    Alessandro Gassmann si avvicina a una nuova tappa della sua vita: i 60 anni. Un traguardo che affronta con serenità, riflettendo su ciò che lo distingue dal padre Vittorio, un’icona del cinema e del teatro italiano. “Mio padre non accettava l’errore. Abituato a vincere e a ottenere premi, lo viveva come un evento imperdonabile”, racconta. “Io, invece, sbaglio molto, mi riciclo e riparto. Credo di aver preso da mia madre, Juliette Mayniel: ha avuto tante vite, sempre riuscendo a ripartire, anche nei momenti più difficili”.

    Nonostante la pressione di un cognome pesante, Alessandro è riuscito a tracciare una strada tutta sua, mescolando cinema, teatro e impegno sociale. “Sono attore da 42 anni: ho fatto cose buone, altre medie, alcune brutte o bruttissime. Ma l’importante è saper ripartire, prendere le misure e adeguarsi”.

    Eduardo e Vittorio: i giganti del teatro

    Tra i ricordi più preziosi della sua infanzia, spiccano quelli legati a Eduardo De Filippo, che era spesso ospite di casa Gassmann. “Eduardo e mio padre erano molto amici, ma per un bambino la sua presenza non era affatto rassicurante. Era un uomo serio, inquietante, non certo uno con cui giocare a nascondino”, scherza.

    Ma il legame tra Eduardo e Vittorio era speciale: “Con lui mio padre assumeva un atteggiamento diverso. Lo amava e lo apprezzava tantissimo, forse perché si riconoscevano a vicenda. Entrambi appartenevano alla stessa stirpe: quella di chi non si accontenta mai”.

    Non è un caso che Alessandro si sia confrontato proprio con Eduardo dirigendo Questi fantasmi. “Mio padre si era cimentato con quest’opera, recitando accanto a Sophia Loren. Credo che avrebbe apprezzato la mia versione: era diretto nei giudizi, ma onesto nel riconoscere il lavoro degli attori”.

    Roma, la città di sempre

    Il legame con Roma, dove vive, è altrettanto forte. “La città è a soqquadro per i lavori del Giubileo, ma comincio a vedere qualche miglioramento”, ammette. “Ho attaccato tanto il sindaco Gualtieri, ma siamo in tregua: tornare a casa e trovare Viale Trastevere asfaltato è già un sollievo per chi gira in Vespa”.

    Per Alessandro, però, il vero desiderio è che Roma torni ai suoi cittadini. “Mi auguro che i lavori finiscano presto, così che la città sia restituita a chi la vive ogni giorno, non solo a chi viene per pregare. Rispetto profondamente il Giubileo, anche se, da non credente, ne subisco le conseguenze”.

    “Invecchiare? Non è un problema”

    Alla soglia dei 60 anni, Alessandro affronta con filosofia il passare del tempo. “Di invecchiare mi importa relativamente. Ho una donna che mi ama ancora tantissimo, non so perché, e io amo lei allo stesso modo. Sono fortunato”.

    Tra i regali che si concede, c’è il tempo per sé stesso. “Ho capito quanto sia importante fermarsi, cosa che prima mi risultava rarissima. Ora ogni tanto mi concedo momenti di pausa e li vivo con serenità”.

    Con una carriera ancora piena di progetti, tra cinema, teatro e regia, Alessandro Gassmann dimostra di aver ereditato non solo il talento, ma anche una straordinaria capacità di adattarsi e reinventarsi, qualità che lo rendono uno degli interpreti più interessanti del panorama italiano.

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      Cinema

      Checco Zalone torna al cinema con Buen Camino: «Basta lamentarsi del politicamente corretto, bisogna essere intelligentemente scorretti»

      A cinque anni da Tolo Tolo, Checco Zalone torna al cinema con Buen Camino, in uscita a Natale in mille copie con Medusa Film. Una storia comica e politicamente “intelligentemente scorretta” che porta un industriale viziato e narcisista sul Cammino di Santiago, nel tentativo di recuperare il rapporto con la figlia Cristal. Con lui, di nuovo, il regista Gennaro Nunziante e un cast che mescola volti italiani e internazionali.

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        «Invece di lamentarsi del politicamente corretto bisogna essere intelligentemente scorretti, io non avverto questo problema, l’avete visto nel film». Luca Medici, alias Checco Zalone, riassume così lo spirito di Buen Camino, la commedia che segna il suo ritorno nelle sale a cinque anni da Tolo Tolo. L’appuntamento è di quelli simbolici: uscita il 25 dicembre, giorno di Natale, in ben mille copie distribuite da Medusa Film.

        La nuova storia nasce ancora una volta dall’incontro tra la sua comicità e lo sguardo registico di Gennaro Nunziante, che torna dietro la macchina da presa e alla sceneggiatura, ricomponendo la coppia d’oro che aveva frantumato i record al botteghino, separata solo nel 2020 per Tolo Tolo.

        Politicamente corretto? Zalone sceglie l’“intelligente scorrettezza”

        Buen Camino non gira attorno ai temi sensibili, li attraversa. Nella sceneggiatura compaiono battute che sfiorano Gaza, Schindler’s List, l’11 settembre, territori dove molti comici oggi preferiscono non avventurarsi. Zalone invece rivendica una linea chiara: non si tratta di provocare a tutti i costi, ma di usare l’ironia per guardare le cose da un’angolazione diversa. Il bersaglio, come spesso accade nel suo cinema, è prima di tutto il protagonista stesso, con tutti i suoi vizi, le sue miserie e le sue ridicolaggini.

        Un ricco egomaniaco sul Cammino di Santiago

        Al centro del film c’è Checco, rampollo viziato ed egomaniaco di un industriale dei divani. Un uomo che ha tutto, tranne la voglia di lavorare. Invece di occuparsi dell’azienda, passa le giornate tra la fidanzata modella 25enne, una super villa piena di statue e quadri autocelebrativi, yacht e feste faraoniche. Sta organizzando un party con 800 invitati per i suoi 50 anni, quando il suo castello narcisista va in frantumi: l’ex moglie Linda (interpretata da Martina Colombari) lo chiama per dirgli che la figlia adolescente, Cristal (Letizia Arnò), è scomparsa.

        Checco la ritrova in Francia: la ragazza, in cerca di valori autentici, è pronta a iniziare il Cammino di Santiago di Compostela, ottocento chilometri di fatica, silenzio, incontri e strada. Nel tentativo di riportarla a casa in fretta, il padre decide di accompagnarla. È l’inizio di un pellegrinaggio che mette a nudo tutte le sue contraddizioni: l’uomo arriva sul percorso in Ferrari, trascinandosi dietro il suo mondo di comfort e privilegi dentro ostelli spartani, letti a castello, pasti semplici, imprevisti e ricoveri improvvisi.

        Il ritorno della coppia Zalone–Nunziante

        «Con Luca, la prima cosa che facciamo è chiederci chi è Checco oggi», racconta Gennaro Nunziante. In questa fase storica, la risposta è stata evidente: un ricco che si sente intoccabile, convinto di essere quasi una divinità. Il Cammino di Santiago diventa così il luogo del contrasto assoluto, dove la ricchezza smette di essere scudo e inizia a essere zavorra. «Da ricco lui si è considerato un Dio ma non si è mai messo alla ricerca di Dio», spiega il regista. Il viaggio, ovviamente, non è mai solo fisico: è un percorso di sgonfiamento dell’ego, tra umiliazioni comiche e piccole rinascite.

        Accanto a Zalone e Colombari, il film schiera anche Beatriz Arjona, Hossein Taheri e Alfonso Santagata, in un cast che mescola volti italiani e internazionali, pellegrini veri e personaggi sopra le righe, come da tradizione del suo cinema.

        Aspettative altissime al botteghino

        Sul fronte numeri, nessuna finta modestia. A produrre ci sono Indiana Production con Medusa, in collaborazione con Mzl e Netflix, e le prevendite – viene fatto notare – segnano già un forte interesse del pubblico. Zalone, come sempre, ci scherza sopra, ma il bersaglio è chiaro: «È inutile essere ipocriti… ci aspettiamo di fare i soldi», dice sorridendo. Poi la battuta sul collega più ingombrante che ci sia: «Questo James… come si chiama… Camerun – ironizza, storpiando James Cameron e il suo Avatar: Fuoco e cenere – dovrebbe svegliarsi il 26 e chiedersi: “Ma chi cazz… è ‘sto Zalone?”».

        Tra pellegrini veri e finti, preghiere, selfie, sarcasmo e inciampi, Buen Camino promette di riportare in sala quel mix di risate e fastidio buono che da anni accompagna il successo di Zalone. Il resto lo dirà la strada. E, questa volta, anche il botteghino di Natale.

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          Cinema

          Nella storia del cinema natalizio italiano non solo cinepanettoni

          Grande schermo e feste natalizie rappresentano un’accoppiata classica. Il mese di Dicembre è tradizionalmente quello in cui le uscite nelle sale si intensificano. Fra le celebrazioni cristiane, il Natale è notoriamente quella che si presta ad un uso più “profano” e divertente del tempo libero che ci riserva. Ma fatto non solamente di commedie pecorecce. Eccovi un piccolo elenco di qualche titolo particolare del passato.

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            Anche se gli americani, da maestri indiscussi nello sviluppo del cinema commerciale, sono ovviamente gli esponenti dell’industria audiovisiva che ha “fiutato” per prima l’affare, dando vita ad un numero enciclopedico di film dedicati alla festività… anche la nostra Italia si distingue per una produzione specifica. La cosa maggiormente sorprendente è che non si tratta solo dei cosiddetti cinepanettoni, che hanno rivoluzionato il modo di pensare e fare film sul Natale nel nostro Paese. Non ci credete? provate allora a dare un’occhiata ai titoli presentati in questo articolo…

            Natale al campo 119 (1947)

            Si tratta del primo film natalizio in assoluto prodotto nel nostro Paese, il secondo lungometraggio di finzione di Pietro Francisci, conosciuto anche all’estero per il suo lavoro nei mondi dei documentari e dei cortometraggi ed anche per alcune pellicole peplum, tanto in voga in quegli anni. Narra di un gruppo di soldati rimasti prigionieri nel campo 119, in California, sotto l’egida di un odioso sergente. Nel cast troviamo Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Peppino De Filippo e Massimo Girotti.

            Non è mai troppo tardi (1953)

            Non tutti gli adattamenti de Il canto di Natale di Dickens sono anglofoni, sappiatelo! Esiste anche una versione tutta italiana firmata da Filippo Walter Ratti, uno dei cineasti più misteriosi della nostra storia, dalla filmografia esigua, spesso realizzata sotto pseudonimi differenti. Il canovaccio è quello del racconto classico, anche se c’è (come si faceva spesso all’epoca) un triangolo amoroso, che vede il “nostro Scrooge” perdere l’amore della donna che amava a vantaggio del suo rivale. Nel cast troviamo un giovanissimo Marcello Mastroianni al fianco del grande Paolo Stoppa.

            Vacanze d’inverno (1959)

            Si tratta della prima pellicola famosa in questa lista. Una pellicola divisa in quattro episodi tutti quanti più o meno a tema amoroso, strutturati lungo una trama orizzontale che vede un ragioniere recarsi a Cortina d’Ampezzo con la figlia, dato che quest’ultima ha vinto un concorso. Siamo in pieno successo di Alberto, sull’onda lunga del clamore suscitato da Il seduttore, in cui l’attore romano ha gettato le basi per il successo da mattatore nella commedia italiana. Un film in cui l’uomo comune si ritrova nel mondo dei ricchi e, entusiasta, prova a diventare come loro, con una maggiore dose di scaltrezza. Considerabile er certi versi un antesignano dei cinepanettoni.

            Vacanze di Natale (1983)

            Il 983 è l’anno di Vacanze di Natale del compianto Carlo Vanzina, il primo cinepanettone ufficiale della storia del cinema. Che nasce come una specie di sequel / remake di Sapore di mare, uscito il medesimo stesso anno. Un film che nel nostro Paese abilitò le festività natalizie come microcosmo ideale per porre il comportamento dell’italiano medio sotto un’impietosa lente di ingrandimento. In modo da osservarlo nei dettagli, rendendolo specchio deformato (anzi, deforme, grottesco e demenziale) della società.

            Regalo di Natale (1986)

            Pupi Avati con Regalo di Natale ribalta il buonismo natalizio scegliendo Diego Abatantuono, uno dei volti più rappresentativi della commedia figlia dei Vanzina e non, affiancandolo a Carlo Delle Piane (che vinse la Coppa Volpi per l’interpretazione di questa pellicola). Un gruppo di amici si ritrova a giocare a poker la vigilia di Natale per spennare un ricco industriale su cui si sa poco o nulla, salvo poi vedere riaffiorare dal passato trascorsi, rimpianti e ferite aggravate da rimorso e nostalgia, che finiranno per dividerli. L’anti film di Natale per eccellenza, che da commedia si trasforma in thriller dei sentimenti.

            Parenti serpenti (1992)

            Anche questo film è caratterizzato da un nuovo approccio ai film di Natale. Monicelli riprendere il filo del microcosmo familiare per intavolare un trattato sull’Italia dell’epoca, aggiungendo un fondamentale livello in più, fondamentale per la narrazione: quello generazionale. Una delle fotografie più cupe e ciniche riguardo le derive del sistema famiglia in una società piccolo borghese.

            Botte di Natale (1994)

            Un revival del filone western che rese famoso il duo Terence Hill-Bud Spencer oltre ad essere l’ultima pellicola che li vede insieme. Si tratta di una pellicola fortemente anacronistica (siamo negli anni ’90), ma consapevole di esserlo e che quindi si lascia molto andare alla nostalgia, trovando nell’idea natalizia una modalità per guardare al futuro.

            Baci e abbracci (1999)

            Dopo l’eccellente Ovo sodo, Paolo Virzì torna al cinema guardando ad un film natalizio con l’idea di prendere una struttura già adoperata dai grandi nomi aggiornando, guardando oltreoceano, e un po’ anche personalizzando. Il suo è un film ambientato nel mondo proletario che nel momento di massima crisi smette di guardare all’esterno, capendo come la via per andare avanti sia già in loro possesso, solo che da soli è difficile vederla. Un lavoro ibrido, che riadatta L’ispettore generale di Gogol e pesca soprattutto dalla commedia hollywoodiana anni ’50, con un riferimento specifico a Frank Capra), anche se la matrice rimane rigorosamente nostrana.

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              Cinema

              Stufo di ‘Una poltrona per due’? Quest’anno sotto l’albero mettici i classici horror per un Natale fuori dagli schemi

              Se i film d’amore non vi piacciono e siete invece amanti del genere horror cosa potete guardare a Natale? Ecco i migliori film natalizi da guardare durante la feste!

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                A Natale non si vive di soli abbracci e biscotti allo zenzero! C’è chi ha scambiato l’albero di Natale con un albero delle streghe e chi al posto delle renne immagina demoni cornuti e serial killer con un debole per il rosso. Se per voi il Natale non è fatto di sorrisi e commozione, ma di ombre e risate nervose, ecco i classici film horror natalizi che trasformano la dolce atmosfera in un incubo avvolto in luci scintillanti.

                Santa’s Slay (2005)

                Cosa succede se Babbo Natale si stufa di essere buono? Un tempo il caro vecchio Santa era un demone furioso che perde una scommessa con un angelo e viene condannato a consegnare regali per mille anni. Ma quando la punizione finisce, scatta l’ora della vendetta! Babbo Natale (interpretato dal wrestler Bill Goldberg) smette di distribuire dolci e inizia a dispensare mazzate con ogni possibile utensile natalizio. Uno slasher condito di spirito festivo… e tanto sangue.

                Black Christmas (1974)

                Quando il Natale diventa uno slasher cult. In una confraternita femminile, mentre le decorazioni luccicano e le ragazze pianificano le feste, un misterioso psicopatico inizia a seminare terrore con telefonate agghiaccianti e morti raccapriccianti. Un capolavoro che ha ispirato generazioni di film horror. Proprio ciò che il Grinch guarderebbe tra un furto di regali e l’altro.

                Krampus (2015)

                Lascia il carbone, prendi un demone. Invece di Babbo Natale, arriva Krampus, l’incarnazione oscura della leggenda natalizia. Questo mostro mitologico punisce chi si dimentica del vero spirito del Natale con giocattoli assassini, elfi malvagi e biscotti allo zenzero demoniaci. Una dark comedy che fa riflettere: meglio lasciare il latte e i biscotti per sicurezza.

                Silent Night, Deadly Night (1984)

                Babbo Natale… con un’ascia. Un orfanello traumatizzato trasforma il costume di Babbo Natale in un pretesto per fare a pezzi chiunque gli capiti a tiro. Quando il Natale incontra i traumi infantili, il risultato è un classico splatter che non ha nulla a che fare con renne e fiocchi di neve.

                The Lodge (2019)

                Non fidarti mai della baita perfetta. Un Natale in montagna si trasforma in un incubo psicologico quando una famiglia si isola in una baita sperduta. Tra segreti, paranoia e atmosfere inquietanti, la neve diventa il sipario perfetto per un orrore glaciale. Se vi piace tremare non solo per il freddo, questo è il tuo film.

                Trasporto Eccezionale – Un racconto di Natale (2010)

                Altro che Polo Nord: Babbo Natale è un mostro. Dimentica il vecchio uomo barbuto. Qui Babbo Natale è un demone crudele intrappolato in un ghiacciaio, liberato per errore da alcuni cacciatori. Gli elfi non sono dolci aiutanti, ma piccoli psicopatici pronti a sacrificare chiunque. Un perfetto mix di folklore nordico e delirio cinematografico.

                Inside – À l’intérieur (2007)

                Un Natale da incubo… letteralmente. In Francia, una giovane donna incinta si ritrova intrappolata in casa durante la Vigilia, con una misteriosa intrusa che vuole… il suo bambino. Questo horror estremo, pieno di tensione e sangue, vi farà dimenticare i canti natalizi e la cioccolata calda.

                Better Watch Out (2016)

                Babysitter, luci di Natale e psicopatici. Una tranquilla serata natalizia si trasforma in un incubo per una babysitter alle prese con un ragazzino un po’ troppo affezionato. Una dark comedy piena di colpi di scena e con il giusto tocco di ironia per chi ama vedere il Natale sotto una luce… diversa.

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