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Cinema

La Warner non vuole far vedere il nuovo film di Clint Eastwood e lui si prende la rivincita

Una doppia soddisfazione per luna leggenda del cinema a stelle e strisce: la vittoria del suo candidato preferito e il responso positivo del botteghino al suo ultimo film, sul quale la Warner Bros. ha mostrato di non credere, limitandone la distribuzione.

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    Clint Eastwood, attore e regista fra i più famosi e longevi di Hollywood, si avvia a chiudere la sua leggendaria carriera con Giurato numero 2, un nuovo film che tratta dilemmi morali e personali. Il volto che ha incarnato il personaggio duro e imperturbabile nella Trilogia del dollaro di Sergio Leone ha goduto di una carriera lunga e prestigiosa, con oltre 3,8 miliardi di dollari guadagnati globalmente dai suoi film.

    La distribuzione è stata ridotta al minimo

    Adesso, a 94 anni, si trova a presentare quello che potrebbe essere il suo ultimo lavoro. Anche se la storica collaborazione con Warner Bros. sembra essere giunta a una conclusione brusca: il distributore ha infatti deciso di far girare Giurato numero 2 solo in poche sale, limitando di fatto la visibilità del film.

    La trama

    La pellicola narra la storia di Justin Kemp, interpretato da Nicholas Hoult, un affermato giornalista che conduce una vita apparentemente perfetta accanto alla moglie Ally (Zoey Deutch), in attesa del loro primo figlio. Tuttavia, un oscuro segreto tormenta Justin: tempo prima, ha accidentalmente investito e ucciso una giovane donna, credendo inizialmente che si trattasse di un cervo. Quando si trova a ricoprire il ruolo di giurato in un processo per omicidio che coinvolge un uomo accusato della morte della stessa ragazza, Justin si ritrova intrappolato in un grande dilemma: svelare la verità e rischiare di finire in carcere, privando il proprio figlio del padre o mantenere il segreto in nome della sua famiglia?

    I critici concordi

    I critici che hanno già visto il film di Clint Eastwood (da noi uscirà il prossimo 14 novembre), l’hanno descritto che si tratta di un buon film, sugli standard di quelli che il regista ha realizzato nei tempi d’oro della sua carriera da director negli anni ’90 e 2000. Nonostante la qualità del film, Warner Bros. ha scelto di relegarlo a un circuito limitato di proiezioni.

    Il perchè della decisione Warner e la reazione di Eastwood

    Una decisione legata ai risultati commerciali deludenti delle ultime opere di Eastwood, tra cui Cry Macho, che ha incassato solo 10 milioni di dollari a fronte di un budget di 30. L’attuale CEO di Warner Bros. ha messo in chiaro fin da subito che non avrebbe continuato a finanziare progetti non redditizi, sottolineando che, pur rispettando la carriera di Eastwood, la priorità rimane il business. In risposta, Eastwood ha scelto di non partecipare alla promozione del film, incluse le proiezioni al prestigioso AFI Fest di Los Angeles, lasciando che sia il film stesso a comunicare il suo messaggio.

    Le prime cifre d’incasso danno ragione alla leggendaria star

    Con l’elezione di Trump l’attore-regista si prende però una rivincita, in versione doppia. Non solo nelle urne, lui Repubblicano convinto fin dal 1951, quando si iscrisse nel registro del partito… ma anche in sala. Perché in quei pochi giorni e sale dove ha trovato accoglienza, gli incassi hanno sorriso a Giurato numero 2. Si parla di una cifra, in tre giorni, di circa 275mila dollari negli Usa, in 35 sale. Senza parlare del mercato internazionale, con 5 milioni di euro al debutto, 3 dei quali solo in Francia. Per alcuni si tratta di uno dei film più belli della sua strepitosa carriera, dal ritmo perfetto, dove nessuno esce impunito, con interpretazioni da applausi.

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      Cinema

      Katy Perry e Orlando Bloom si sono lasciati: “Niente più amore, ma ci unisce nostra figlia Daisy”

      Dopo settimane di speculazioni, è arrivato il comunicato ufficiale: Katy Perry e Orlando Bloom non stanno più insieme. Una rottura consensuale, dicono, con l’unico obiettivo condiviso di crescere con amore la figlia Daisy Dove, che compirà cinque anni ad agosto

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        È finita. Dopo otto anni di relazione, un fidanzamento da favola e una bambina nata nel 2020, Katy Perry e Orlando Bloom hanno messo la parola fine alla loro storia. La conferma è arrivata attraverso un comunicato congiunto diffuso dai portavoce di entrambi alla rivista People. “La coppia non è più sentimentalmente coinvolta ed è ora concentrata sulla co-genitorialità”, si legge.

        I segnali c’erano tutti. Lei in lacrime sul palco durante l’ultima tappa del suo Lifetimes World Tour in Australia, lui fotografato da solo — e troppo vicino a un’altra donna — durante il matrimonio di Jeff Bezos a Venezia. Poi, il silenzio. Fino a oggi.

        Niente nozze, ma una figlia da proteggere

        Insieme dal 2017, Katy e Orlando si erano conosciuti a un afterparty dei Golden Globe e si erano fidanzati nel 2019, il giorno di San Valentino. Il matrimonio, però, non è mai arrivato. Al contrario, è nata Daisy Dove, al centro adesso di un delicato equilibrio di famiglia allargata. “Continueranno a farsi vedere insieme come famiglia – continua la nota – poiché la loro priorità comune è, e sarà sempre, quella di crescere la figlia con amore, stabilità e rispetto reciproco”.

        Entrambi hanno già alle spalle relazioni importanti: lei è stata sposata con il comico Russell Brand, lui ha avuto un figlio, Flynn (oggi 14 anni), dalla top model Miranda Kerr. Ora si trovano a ripartire da zero, di nuovo.

        Un anno difficile per Katy Perry

        La separazione arriva in un momento complicato per la cantante, che sta attraversando un periodo in chiaroscuro anche sul piano professionale. Il suo ultimo album 143 non ha convinto il pubblico e nemmeno il tour mondiale ha ottenuto i risultati sperati, con molte date segnate da vendite fiacche.

        Nonostante tutto, Katy ha continuato a mostrarsi sul palco con il sorriso. Ma quel crollo emotivo ad Adelaide, le lacrime e il silenzio sui social non erano casuali. Era il preludio di ciò che oggi si è ufficialmente confermato.

        Fine di un amore sotto i riflettori

        Come spesso accade alle coppie famose, a logorarli non è stato solo il tempo, ma anche la pressione mediatica. Una storia d’amore vissuta tra i red carpet e gli stadi, con flash, rumors e aspettative. Eppure, almeno stando al comunicato, la chiusura è avvenuta nel rispetto reciproco. E questo, nel circo di Hollywood, è già una piccola notizia.

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          Cinema

          Michael Madsen, volto duro e cuore fragile del cinema americano, se ne va a 67 anni l’attore amato da Tarantino

          Addio a Michael Madsen, morto a 67 anni: lo sguardo da duro, la voce bassa, l’anima poetica. Indimenticabile Mr. Blonde di Le iene, simbolo del male che affascina, della violenza che balla. Con lui se ne va l’ultimo cowboy metropolitano del cinema di Tarantino.

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            Aveva lo sguardo di chi non chiede scusa, la voce di chi non ha bisogno di urlare, il fisico da cattivo e l’anima da poeta. Michael Madsen è morto a 67 anni, e con lui se ne va uno degli ultimi duri del grande schermo, quello che anche quando non parlava rubava la scena

            Indimenticabile Mr. Blonde in “Le iene”, vendicativo Budd in “Kill Bill”, fratello dimenticato di Beatrix Kiddo e alter ego sporco e malinconico di un’America che sapeva farsi amare mentre ti prendeva a calci. Era il volto che Quentin Tarantino ha scelto per raccontare la bellezza imperfetta del male, la sua parte più cool e disperata, quella che sa farti ballare un motivetto anni ’70 mentre taglia un orecchio con calma metodica.

            Eppure, dietro quella maschera da duro, c’era anche il volto rassicurante del patrigno tenero che in “Free Willy” aiutava un ragazzino a liberare un’orca dal suo destino da attrazione acquatica. Anche lì, occhi stanchi ma sinceri, mani grandi e movimenti misurati. Madsen era uno di quegli attori che non cercavano la luce ma che, per una strana legge gravitazionale, la attiravano.

            Non aveva bisogno di gridare per imporsi: bastava uno sguardo obliquo, una camminata lenta, una battuta detta sottovoce. Il suo carisma, ruvido come il suo timbro vocale, si portava dietro l’odore dei bar di provincia, dei motel di terza mano, delle giacche di pelle consumate. Non era una star da tappeto rosso: era un’icona da asfalto bollente. Sul set, Michael era un fuoriclasse con la stessa naturalezza con cui fuori dal set si trasformava in un disastro ambulante.

            Una carriera costellata di film cult e b-movie dimenticabili, di successi che brillavano anche grazie alla sua presenza e di scelte artistiche che sembravano fatte più con l’istinto che con la testa. Eppure, anche nei ruoli minori, riusciva sempre a restare impresso. Perché Madsen era una di quelle presenze che non puoi ignorare. Una scheggia di cinema purissimo, pericoloso, romantico. A renderlo ancora più umano c’era la vita vera, quella che non si monta e non si recita. Lì dove si fanno figli, si sbaglia, si beve troppo, si piange senza telecamere. E oggi che la sua voce si è spenta per sempre, resta quel mix di fascino e autodistruzione che lo ha reso unico. Non era l’attore perfetto. Era Michael Madsen. E tanto basta.

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              Cinema

              Charlize Theron snobbata da Bezos e Lauren Sanchez: “Loro fanno schifo, noi siamo a posto”

              Charlize Theron ironizza sul mancato invito al matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sanchez e poi affonda il colpo: “Penso che siamo le uniche a non aver ricevuto un invito. Ma loro fanno schifo”. E forse, tra jet privati e pacchianerie, non esserci è stato un colpo di fortuna.

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                A Venezia, il matrimonio da favola tra Jeff Bezos e Lauren Sanchez ha attirato mezza Hollywood. Star, miliardari, influencer, politici, e una discreta dose di pacchianeria si sono riversati in Laguna per quello che molti hanno definito l’evento del secolo. Tutti presenti, o quasi. Perché tra i grandi esclusi – e parecchio risentiti – c’era Charlize Theron. E l’attrice premio Oscar non ha perso l’occasione per farlo notare al mondo intero.

                Sabato scorso, durante l’annuale Block Party organizzato dalla sua fondazione benefica “Africa Outreach Project”, Charlize ha fatto una battuta che sapeva di rosicata, ma anche di velenosa ironia. «Penso che siamo le uniche persone a non aver ricevuto un invito», ha detto con un mezzo sorriso, ma il tono era tutt’altro che neutro.

                Difficile non cogliere il disappunto sotto l’ironia. Perché essere esclusi dal party del miliardario più chiacchierato del globo e dalla sua ex giornalista diventata regina del jet set, fa notizia. Ma Charlize ha rincarato la dose, andando ben oltre la stoccata: «Ma va bene, perché loro fanno schifo e noi siamo a posto». Un colpo basso, certo, ma che strappa applausi in un’epoca in cui dire quello che si pensa – soprattutto se scomodo – è diventato rivoluzionario.

                Il contesto, poi, era quanto mai significativo: non una première o un red carpet, ma un evento benefico dedicato alla salute e alla sicurezza dei giovani sudafricani. Una serata sobria e impegnata, lontana anni luce dai festeggiamenti barocchi messi in piedi dalla coppia Bezos-Sanchez.

                E dire che gli invitati al matrimonio non mancavano di peso: Leonardo DiCaprio con Vittoria Ceretti, Tom Brady, Oprah Winfrey, Ivanka Trump e Jared Kushner, senza dimenticare il clan Kardashian al completo. Sembrava la versione terrestre del Met Gala con budget illimitato e gusto opinabile.

                Nel tripudio di sfarzo, champagne e gondole, forse Charlize Theron ha avuto davvero poco da rimpiangere. Tra i gossip di laguna e l’aria da girarrosto veneziano, la sua assenza potrebbe essere stata una benedizione. E lei lo sa bene. Tanto che, tra una stilettata e un applauso solidale, ha ringraziato il pubblico presente: «Grazie per aver dedicato del tempo a partecipare, soprattutto quando il mondo sembra bruciare».

                Charlize 1 – Feste pacchiane 0.

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