Cinema
Scopri con noi i film delle feste preferiti dai personaggi famosi
Vi siete mai chiesti cosa guardano i vip durante le feste, spaparanzati nei salotti buoni delle loro case? Perchè, oltre agli appuntamenti mondani, Natale è anche divano, copertina e dolci: la giusta atmosfera per una maratona di film natalizi e non, un rituale che fa parte delle abitudini anche di tanti personaggi famosi.
Natale, per i personaggi che amiamo, non è solo divismo e appuntamenti mondani. Anche per loro rappresenta la giusta atmosfera per riscoprire il calore della famiglia e, perchè no, regalarsi una maratona di film in questi ultimi scampoli di festività.
Per Serena Rossi la magia di Mary Poppins
Per Serena Rossi il film di Natale del cuore è Mary Poppins, che l’attrice ha doppiato ne Il ritorno di Mary Poppins. Racconta l’attrice napoletana: “E’ molto più di un classico Disney, è una tradizione per me perché mi ricorda momenti bellissimi. Con tutta la mia famiglia ci mettevamo vicini vicini sotto la coperta davanti alla tv”.
Amendola si riguarda
Anche per Claudio Amendola il Natale fa rima con tradizione. Il film del cuore è Vacanze di Natale: un vero e proprio cult degli anni 80, targato fratelli Vanzina, che lo vede tra i protagonisti al fianco di Jerry Calà, Christian De Sica, Guido Nicheli, Stefania Sandrelli e Karina Huff.
Beppe Fiorello alla ricerca di emozioni
Durante le feste c’è chi sceglie film più emotivi, come Beppe Fiorello: “io guardo sempre C’era una volta in America (film del 1984 di Sergio Leone)”, perché “contiene il tema della famiglia e dell’amicizia. Per me Natale non è solo l’albero”.
La Ramazzotti va al cinema
Nessun film di Natale invece per Micaela Ramazzotti: “Per me c’è solo il 26 dicembre, il giorno in cui si va al cinema a vedere i film in programmazione nelle sale”, spiega l’attrice.
Un classico per De Luigi
Fabio De Luigi no perde l’occasione per riguardare Una poltrona per due, cult del 1983 di John Landis con protagonisti Eddie Murphy e Dan Aykroyd. In casa Zampaglione si guarda Parenti Serpenti di Mario Monicelli: “perché è una commedia che regala dei momenti meravigliosi, tipo la scena con Alessandro Haber con il passapomodoro”, racconta il cantante dei Tiromancino.
Tim Burton e le sue straordinarie fantasie sono la scelta di Elisabetta Pellini
L’attrice Elisabetta Pellini, nelle sale con Buio come il cuore diretto da Marco De Luca, sceglie le straordinarie fantasie firmate da Tim Burton: “Tra i miei film del cuore ci sono Big Fish e La fabbrica di cioccolato. Al di là del Natale il cinema è unione e intrattenimento”.
Matilde Gioli rivede Macaulay Culkin
Anche per Matilde Gioli natale tradizionale con la visione di Mamma, ho perso l’aereo (del 1991 diretto da Chris Columbus) perché: “empatizzo molto con Kevin (interpretato da Macaulay Culkin), e poi amo le musiche, la scenografia, il piano delle trappole per i cattivi, che sono dei comici”. Stesso film anche per Luì e Sofì dei Me Contro Te che, nella loro lista delle pellicole da guardare durante le feste, prevedono “vari cinepanettoni, come Vacanze di Natale.
Il classico dei classici per Paolo Calabresi
La pellicola del cuore diell’indimenticabile Biascica di Boris è La vita è meravigliosa del 1946 diretto da Frank Capra con James Stewart: “Il protagonista è George Bailey, ha quattro figli e crede di non essere in grado di potercela fare a sostenere tutto sulle sue spalle. Vuole farla finita, finché un angelo non gli mostra come sarebbe stata la sua vita se non fosse mai nato. Si non può pensare una storia più bella di questa?!”.
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Cinema
Quentin Tarantino torna davanti alla macchina da presa: sarà protagonista del film di Charlotte Gainsbourg Only What We Carry
Il film, diretto e interpretato da Charlotte Gainsbourg, è descritto come una meditazione sull’amore e la perdita. Mentre Tarantino valuta il suo ultimo film da regista, si prepara anche lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood con Brad Pitt e David Fincher.
Quentin Tarantino torna sul set, ma questa volta non per dirigere. Il regista americano, autore di capolavori come Pulp Fiction e C’era una volta a… Hollywood, ha accettato di recitare nel nuovo film di Charlotte Gainsbourg, Only What We Carry, già in fase di post-produzione. Una sorpresa per i fan del cineasta, che non appariva come attore in un progetto non suo dal lontano 1996, quando fu diretto dall’amico Robert Rodriguez in Dal tramonto all’alba.
Nel film della Gainsbourg, Tarantino interpreta John Percy, un personaggio enigmatico che riemerge improvvisamente nella vita dei protagonisti e riapre ferite antiche. Secondo Deadline, la pellicola sarà «una meditazione sull’amore, la perdita e il coraggio silenzioso necessario per andare avanti». Le riprese si sono concluse e il progetto promette un tono intimista, molto diverso dal cinema esplosivo e pulp del regista americano.
Per Tarantino, si tratta di una parentesi atipica, mentre il mondo del cinema attende ancora di sapere quale sarà il suo decimo e ultimo film da regista. Negli ultimi mesi, si era parlato con insistenza di The Movie Critic, una storia ambientata nella California degli anni Settanta, dedicata a un critico cinematografico realmente esistito. Il progetto, però, è stato momentaneamente accantonato, segno che il regista sta ancora riflettendo su come congedarsi dal grande schermo.
Nel frattempo, Tarantino non resta fermo. È infatti coinvolto nella scrittura e produzione de Le avventure di Cliff Booth, lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood, che sarà diretto da David Fincher per Netflix e vedrà ancora protagonista Brad Pitt nel ruolo dello stuntman più iconico del suo cinema.
Il ritorno in scena come attore sembra confermare una verità che Tarantino stesso ha spesso raccontato: il suo amore per il cinema non conosce confini, né ruoli. Dopo trent’anni di regia, è tornato a recitare. Forse per ricordare a tutti che, qualunque sia il suo ultimo film, Quentin Tarantino non smetterà mai di essere un personaggio da film.
Cinema
I dieci film di Halloween più belli di sempre: tra cult immortali e brividi d’autore, la notte delle streghe va in scena
Non serve attendere la mezzanotte per rabbrividire: basta un divano, una coperta e la giusta maratona di film. Dieci titoli perfetti per chi ama l’horror, ma anche per chi cerca solo un po’ di magia nera in alta definizione.
Cominciare da Halloween di John Carpenter (1978) è quasi obbligatorio. Il respiro di Michael Myers, la colonna sonora ipnotica, la notte infinita di Haddonfield: il film che ha inventato l’horror moderno. Poi The Exorcist (1973), con la sua tensione metafisica e la bambina posseduta che ancora oggi non perde potenza. Insieme, rappresentano il lato sacro e profano della paura.
E per chi vuole la perfezione estetica, The Shining di Stanley Kubrick (1980) resta un incubo da museo: corridoi, labirinti e una follia che cresce piano, fino a divorare tutto.
L’incubo che fa sorridere
C’è anche un Halloween più giocoso, ma non meno iconico. Beetlejuice (1988) e The Nightmare Before Christmas (1993) portano la firma di Tim Burton, che ha trasformato il gotico in poesia pop. Fantasmi innamorati, zucche cantanti e atmosfere dark fiabesche che si guardano con un bicchiere di vino in mano, non con gli occhi chiusi. Hocus Pocus (1993) aggiunge la nota ironica: streghe, scope e risate per chi vuole festeggiare senza traumi.
Il brivido d’autore
Negli anni Duemila la paura si è fatta più intima. The Babadook (2014) è l’esempio perfetto: un film che non fa solo paura, ma parla di dolore, lutto e amore. In chiave opposta, Sweeney Todd (2007) di Tim Burton — ancora lui — mescola musical, sangue e vendetta con eleganza teatrale. E per chi ama i miti, Nosferatu (1922) è la radice di tutto: il vampiro silenzioso che ha ispirato un secolo di cinema.
La notte perfetta
Dieci film, dieci modi diversi di vivere Halloween. Dall’orrore puro alla favola macabra, dal gotico espressionista al rock del barbiere di Fleet Street. Perché la paura, quando è raccontata bene, non serve a fuggire ma a restare incantati.
E nella notte del 31 ottobre, sotto la luce tremolante delle candele, il vero brivido è quello che accompagna il primo fotogramma: quando il buio dello schermo somiglia un po’ troppo a quello fuori dalla finestra.
Cinema
Eva Murati, la prima attrice italiana creata con l’intelligenza artificiale: debutta sul red carpet di Roma e parla ai giornalisti
Occhi magnetici, sorriso perfetto e voce sintetizzata: Eva Murati è la prima attrice italiana interamente generata con l’intelligenza artificiale. Il progetto, sostenuto da EDI Effetti Digitali Italiani, esplora il confine tra creatività umana e tecnologia.
Ha calcato il red carpet come una star consumata, sorridendo ai flash e concedendo interviste come se fosse nata per questo. Ma Eva Murati, protagonista del cortometraggio The Last Image, non esiste. O meglio: non esiste in carne e ossa. È la prima attrice italiana interamente generata con l’intelligenza artificiale, una creazione che segna un nuovo capitolo nel rapporto tra cinema e tecnologia.

Dietro di lei c’è HAI – Human & Artificial Imagination, il laboratorio creativo che ha realizzato il progetto con il supporto di EDI Effetti Digitali Italiani, una delle aziende leader europee nel campo dei visual effects.
Il cortometraggio, diretto da Frankie Caradonna e prodotto da Film Affair, è il primo esperimento nazionale in cui l’intelligenza artificiale è coinvolta in tutte le fasi: scrittura, fotografia, montaggio e post-produzione. Ma non per sostituire l’uomo — per affiancarlo.

Sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma, Eva Murati si è comportata come una vera interprete: ha rilasciato dichiarazioni ai giornalisti («Sono felice di essere a Roma, città della Dolce Vita, film preferito di mia nonna») e ha posato per i fotografi con un’eleganza quasi inquietante nella sua perfezione. Un esercizio di stile che lascia intravedere il futuro del cinema digitale.




The Last Image racconta un mondo prossimo al collasso, dove le immagini diventano l’ultimo ricordo dell’umanità. Un tema che dialoga con la stessa esistenza della sua protagonista, nata da un algoritmo ma modellata da mani umane. Oltre cinquanta professionisti — sceneggiatori, artisti visivi, tecnici e programmatori — hanno lavorato fianco a fianco con le macchine, dimostrando che la creatività artificiale può essere uno strumento, non un rivale.
Il risultato è un cortometraggio che interroga, più che stupire: quanto è reale ciò che ci emoziona? E quanto siamo pronti ad accettare un volto sintetico sullo schermo, se riesce a farci sentire qualcosa di autentico?
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