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Cinema

Stefania Sandrelli senza freni: «Con Brass troppo è troppo. Paoli? Un adorabile bugiardo»

Dalla proposta di Tinto Brass per “Miranda” al legame con Gino Paoli, passando per la complicità con Mastroianni e la stima per Depardieu: Stefania Sandrelli si racconta senza pudori e con la leggerezza di chi ha vissuto mille vite sul set e fuori.

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    Stefania Sandrelli non ha mai avuto paura di dire quello che pensa. E anche oggi, alla soglia di una carriera che l’ha resa mito del cinema italiano, continua a regalare ricordi e confessioni senza filtri. «Dopo La chiave, Tinto Brass voleva fare il bis e mi propose Miranda», racconta. «Ma quando è troppo è troppo. E io dissi di no». Una scelta che ancora oggi rivendica: nonostante il successo planetario del film, per lei il limite era stato raggiunto.

    Nella sua vita privata non sono mancate le pagine da romanzo. Con Gino Paoli, ricorda, fu amore travolgente ma complicato: «Era un adorabile bugiardo. Che avesse una moglie lo seppi da mia zia, a cui risposi: ma io mica me lo devo sposare». Una storia che ha fatto epoca e che ancora oggi Sandrelli racconta con un sorriso ironico, senza rimpianti né sensi di colpa.

    Altrettanto memorabile l’intesa con Marcello Mastroianni, con cui ha condiviso set e momenti privati: «Mi somigliava, un po’ c’era e un po’ ci faceva. Non ci prendevamo sul serio. Mi piaceva la sua indolenza, quando si addormentava nelle pause. Io invece ero più esuberante: pattinavo, ballavo, brigavo. Lui era di una bellezza che faceva paura, ma io ero una ragazzina e lui un po’ anziano per me».

    E non sono mancati i grandi rifiuti. «Ho detto no a Il padrino di Coppola. Lui è il cinema, ma la parte era identica a Sedotta e abbandonata. Gli dissi: sono la vergine nazionale, non posso diventare la vergine internazionale». Una battuta che è rimasta nella memoria di Hollywood e che racconta meglio di mille interviste il suo carattere.

    Oggi, tra cinema, televisione e piattaforme, Sandrelli continua a divertirsi: «Per Sky ho fatto un episodio di Call my agent, interpretavo me stessa». Con la stessa ironia con cui, parlando di Depardieu, sorprende ancora: «È un bestione, ma con un lato gentile che pochi conoscono».

    Il suo segreto? Prendere la vita come viene, con passione e leggerezza. Senza mai smettere di ridere di sé stessa e delle sue avventure, sul set e fuori.

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      Cinema

      Caterina Murino, la Bond Girl diventa mamma a 48 anni: «Siamo pazzi di gioia per Demetrio Tancredi»

      L’attrice sarda, indimenticata protagonista di Casino Royale, ha dato alla luce il suo primo figlio con il compagno Édouard Rigaud.

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        Un sorriso che vale più di mille parole, una culla e un nome che sembra già scritto nella poesia: Demetrio Tancredi. È così che Caterina Murino, 48 anni da compiere a settembre, ha annunciato sui social la nascita del suo primogenito. L’attrice sarda, icona internazionale grazie al ruolo da Bond Girl accanto a Daniel Craig in Casino Royale, ha condiviso con i fan la gioia più intima: diventare madre per la prima volta insieme al compagno, l’imprenditore francese Édouard Rigaud.

        «Siamo pazzi di gioia», ha scritto, allegando uno scatto tenerissimo che ritrae la manina del piccolo stretta alla sua. Parole semplici, che hanno subito scatenato un’ondata di affetto da parte di amici, colleghi e follower. Ma, come spesso accade, non sono mancate anche le voci critiche, concentrate sull’età dell’attrice. Alcuni hanno sottolineato i “rischi” di una maternità tardiva, ma lei aveva già chiarito tempo fa il suo pensiero: «Non c’è un momento giusto per diventare madre. È un percorso personale, e ognuno lo affronta quando lo sente possibile».

        La sua risposta, elegante e ferma, sembra essere proprio la nascita di Demetrio Tancredi: una scelta d’amore che supera qualsiasi tabù. Del resto, Murino ha costruito la sua carriera rompendo schemi e affrontando con naturalezza la sfida di imporsi nel cinema internazionale partendo da Cagliari, passando per Parigi e Londra. Ora, con la stessa determinazione, vive la sua nuova dimensione familiare.

        La notizia ha colpito anche il mondo dello spettacolo: molti colleghi hanno inviato messaggi di auguri, sottolineando come l’arrivo del bambino sia un segnale di speranza e libertà di scelta per tante donne. Un tema, quello della maternità oltre i quaranta, sempre più attuale e discusso, ma che Murino ha trasformato in un messaggio positivo.

        Nel frattempo, la vita lavorativa dell’attrice non si ferma: tra set internazionali e impegni in Francia e in Italia, Caterina Murino continuerà a dividersi tra cinema e televisione. Ma da oggi il ruolo più importante resta uno: quello di mamma.

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          Cinema

          Giuliana De Sio: «I sentimenti? Faccio fatica a trovarli. La mia infanzia è stata un campo minato»

          Dal padre assente alla madre alcolista, dai tre aborti alla rapina a mano armata: la De Sio parla senza filtri e ricorda quando Andreotti le scrisse dopo un David di Donatello.

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            Sul palco è intensa e magnetica, nella vita ammette di avere un rapporto complicato con i sentimenti. Giuliana De Sio, impegnata a Torino nelle prove di Cose che so essere vere di Andrew Bovell, confessa: «Con il sentimentalismo non troppo bene. Mi procura problemi rintracciare i sentimenti. Ci vorrebbe uno speleologo dell’anima».

            Un’infanzia segnata da fratture profonde. «Mio padre se ne andò che avevo 11 anni, mia madre era alcolista, molesta, a tratti violenta. Non ci sentivamo accuditi. Ho sempre cercato una famiglia che non ho avuto». Con la sorella Teresa oggi i rapporti sono più sereni: «Abitiamo nella stessa strada a Roma, ci sentiamo ogni giorno. Una conquista recente».

            La maternità, desiderata ma mai arrivata, è un’altra ferita: «Ho avuto tre aborti spontanei. Doloroso, ma riesco a metabolizzare gli eventi negativi. Non li faccio tornare nella mia testa, tranne quando qualcuno me li mette davanti».

            Il cinema l’ha amata e tradita: «Con Cattiva di Carlo Lizzani ho avuto il ruolo più bello della mia vita, pensavo si aprisse una nuova stagione. Invece sono arrivati ruoli minori che non ho accettato. In tv ho fatto di tutto, da La Piovra a Il bello delle donne».

            Non manca l’ironia, come nel ricordo di un David di Donatello: «Dissi che Andreotti mi sembrava un politico spiritoso. Mi scrisse una lettera, e lo fece di nuovo quando fui vittima di una rapina a mano armata». E sul passo “folle” di Ballando con le stelle: «Mi ha fatto capire di me più di 30 anni di analisi. Fisicamente un disastro, ho dovuto operarmi al tendine e ho smesso di giocare a tennis, ma dal punto di vista antropologico un grande studio».

            Tra palco e vita privata, la De Sio resta fedele alla sua cifra: tragicomica, combattiva, allergica alle bugie comode. Anche quando parlano di sentimenti.

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              Cinema

              Sharon Stone: «Weinstein mi toccò il sedere, lo scagliai via. Io e mia sorella abusate da mio nonno, mia madre mi diceva cose terribili»

              Sharon Stone, 66 anni, non si risparmia: «Non sono una che può prendersi. Dopo Basic Instinct ero considerata una barzelletta, con Casinò ho toccato l’apice e poi più nulla. A quei tempi, se eri donna e ti succedeva qualcosa, eri finita». Parole dure anche contro Weinstein: «Mi ha molestata e strattonata più volte».

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                Sharon Stone non ha mai avuto paura di usare la verità come arma. E nell’intervista al Guardian lo conferma ancora una volta: brutale, spiazzante, scomoda. L’attrice di Basic Instinct, 66 anni, ha attraversato Hollywood come un uragano e adesso, con l’ironia tagliente di chi ha visto troppo, mette in fila i suoi fantasmi: le violenze in famiglia, le molestie subite da Harvey Weinstein, il marchio infamante di un film diventato cult ma anche boomerang, l’ictus che l’ha quasi uccisa.

                Il racconto parte da una ferita recente: la morte della madre Dot. «Se ne è andata qualche mese fa, ma ho avuto bisogno di tempo per parlarne. Dovevo sbollire le sensazioni furiose con cui reagisco sempre alla morte», confessa. Poi, con una risata amara, rievoca gli ultimi giorni di vita della donna: «Negli ultimi giorni mi avrà detto “Ti prendo a calci nella f…” probabilmente quaranta volte. Delirava. E quando l’ultima cosa che tua madre ti dice prima di morire è: “Parli troppo, mi fai venire voglia di suicidarmi”, e tutta la stanza ride, pensi solo che abbia esagerato ancora una volta. Ma lei era così: non riusciva a trovare tenerezza e pace dentro di sé».

                Stone conosce bene la violenza domestica. Nel 2021, con il memoir Il bello di vivere due volte, ha raccontato l’incubo vissuto da bambina: «Io e mia sorella siamo state abusate da mio nonno materno, un molestatore violento e pedofilo. Mia madre stessa è stata picchiata da lui dall’età di cinque anni fino a quando, a nove, fu mandata a fare la domestica». Le cicatrici di quella famiglia si sono trascinate per generazioni: «Le sorelle di mia madre erano cinque. Solo lei è sopravvissuta oltre i cinquant’anni. Le altre hanno avuto vite spezzate o malattie mentali dovute agli abusi».

                La Stone non si tira indietro quando le viene chiesto se anche lei sia stata molestata direttamente. «Sì. E quando l’ho scritto, molti mi hanno accusata di raccontare storie non mie. Ma non era così: non ho mai fatto nomi che non fossero di persone che hanno fatto del bene. Raccontavo la mia storia, punto».

                Dalla famiglia agli abusi nel sistema Hollywood. Sharon Stone non ha mai nascosto lo scontro con Harvey Weinstein: «Mi ha toccato il sedere, l’ho scagliato dall’altra parte della stanza. Non sono una di quelle che può prendersi. Non sono quella che stupri o molesti, né quella a cui chiedi un massaggio. Sono quella che ti dice di toglierti di torno. Ma sono anche quella che lui ha strattonato e schiaffeggiato più volte, cercando di imporsi». L’attrice ricorda un episodio durante un evento benefico: «Cercò di portarmi via il microfono, di farmi chiudere un affare con un suo amico. Mi ribellai: “Sei un truffatore, Harvey, toglimi quelle cazzo di mani di dosso”. Non provò a stuprarmi, ma usò violenza fisica».

                Poi c’è la pietra miliare della sua carriera: Basic Instinct. Il thriller del 1992 la trasformò in icona globale, ma anche in bersaglio. «Per un lungo periodo ero considerata una barzelletta. Quella scena delle gambe accavallate mi ha segnata. Mi dissero che non si sarebbe visto nulla, invece usarono tutto. Pensai di far causa, ma alla fine lasciai la scena perché era fedele al personaggio». L’eco del film fu devastante: «Recitai in Casinò di Scorsese, ottenni una nomination all’Oscar, e poi basta. Nessuna proposta. A volte penso sia colpa della mia eccessiva bravura».

                Stone lo racconta con un filo di orgoglio, ma anche con amarezza. «Quando ricevi una nomination e il più grande attore vivente – Robert De Niro – no, si crea uno squilibrio che il sistema non tollera. Dopo Casinò per me si è chiuso tutto».

                Come se non bastasse, nel 2001 arrivò l’ictus: «Sanguinamenti cerebrali per nove giorni. Mi diedero l’1% di possibilità di sopravvivenza. Dovetti imparare di nuovo a camminare, parlare, leggere. Ma a quei tempi, come donna, se ti succedeva qualcosa, eri finita. Non ti perdonavano la malattia. Era come se avessi fatto qualcosa di sbagliato».

                Per anni le offerte di lavoro si ridussero a comparsate di poco conto. «Mi proponevano solo ruoli umilianti. A un certo punto decisi che non avrei più lavorato. O meglio: che non avrei accettato ruoli che non mi piacessero. Il che equivaleva a non lavorare».

                Eppure Sharon Stone non si è mai piegata. «Ho perso tanto, ma non ho perso me stessa. Non mi sono mai lasciata comprare, non mi sono mai lasciata zittire». Oggi, tra nuovi film e serie, si gode una seconda vita artistica, con la stessa fierezza di sempre. «Dopo tutto quello che ho passato – dice – anche un bicchiere vuoto può avere un lato positivo: può sempre essere riempito».

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