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Cinema

Trump e il piano per Hollywood: “La riporterò all’età dell’oro”. Voight, Gibson e Stallone i suoi ambasciatori

Donald Trump vuole rimettere mano a Hollywood. E, in perfetto stile trumpiano, lo fa con un proclama roboante: l’industria cinematografica americana è “grande ma travagliata”, ha perso terreno a favore di altri paesi, e serve un rilancio epico. Il piano? Tre ambasciatori speciali direttamente dal gotha del cinema action e conservatore: Jon Voight, Mel Gibson e Sylvester Stallone.

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    L’annuncio è arrivato su Truth Social, con il consueto tono magniloquente: “Questi tre talenti saranno i miei occhi e le mie orecchie, farò quello che suggeriscono. Hollywood tornerà più grande e forte di prima!” Un endorsement che trasforma tre stelle in emissari personali del presidente eletto, con il compito di riportare l’industria americana ai fasti del passato.

    Hollywood made in Trump

    Che il presidente abbia un conto aperto con il mondo dello spettacolo non è un segreto. La mecca del cinema, roccaforte liberal, non ha mai nascosto la sua ostilità nei suoi confronti. Lui, da parte sua, ha sempre ricambiato con accuse di “decadenza”, “woke culture” e “declino economico”. Ora, con Voight, Gibson e Stallone, prova a mettere un piede dentro il sistema.

    L’idea di Trump è chiara: Hollywood deve tornare “americana” e smetterla di perdere colpi rispetto ai concorrenti esteri. Secondo il tycoon, negli ultimi anni l’industria ha ceduto troppo spazio a produzioni straniere, compromettendo il primato a stelle e strisce. E chi meglio di tre veterani dell’action per invertire la rotta?

    Oscar a rischio dopo il disastro

    Intanto, mentre Trump pianifica il futuro di Hollywood, il presente resta incerto. Il devastante incendio che ha colpito la città ha lasciato un bilancio tragico, con morti e migliaia di sfollati. E ora la notte degli Oscar, prevista per il 2 marzo, è appesa a un filo.

    L’Academy resiste, ma il Sun ricorda che un eventuale annullamento sarebbe un evento senza precedenti in 100 anni di storia. Nel frattempo, secondo il Drudge Report, c’è già un “piano B”: un’edizione ridotta e all’aperto, come accadde nel primo anno di pandemia.

    Uno scenario che si scontra con la grandiosa visione trumpiana: mentre il tycoon sogna di riportare Hollywood all’età dell’oro, la realtà impone scelte ben più drammatiche.

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      Cinema

      A Giorgia proposero un film erotico: Tinto Brass voleva lei per “La guardiana del faro”

      Sembra una scena uscita da una puntata di “Ai confini della realtà”, invece è un episodio vero: Giorgia, una delle voci più raffinate della musica italiana, racconta di essere stata contattata da Tinto Brass per interpretare un film erotico intitolato “La guardiana del faro”. Una proposta inattesa, mai diventata realtà ma rimasta come una curiosa parentesi nel suo passato artistico.

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        Ci sono retroscena che, quando emergono, fanno sobbalzare anche i fan più preparati. E quello raccontato da Giorgia appartiene decisamente alla categoria “imprevedibili”. La cantante, simbolo di eleganza vocale e riservatezza, ha rivelato che anni fa le fu proposta una parte in un film erotico. Non un film qualunque: un progetto firmato da Tinto Brass, il regista che ha costruito un’intera carriera tra trasgressione, cult di genere e icone sensuali.

        Il titolo provvisorio, “La guardiana del faro”, fa già sorridere per la distanza siderale dal mondo musicale e artistico di Giorgia. Un contrasto così netto che la stessa cantante, raccontandolo, ha ammesso di aver pensato di trovarsi dentro una dimensione parallela. Brass, del resto, non è nuovo a scelte inaspettate: nella sua lunga carriera ha sempre cercato volti magnetici e personalità forti, anche dove nessuno si sarebbe aspettato di trovarle.

        La proposta arrivò in un momento in cui Giorgia era già affermata, ma ancora lontana dall’aura “intoccabile” che ha acquisito negli ultimi anni. Eppure, nonostante il fascino curioso della situazione, la cantante non prese mai seriamente in considerazione l’idea: l’universo brassiano, con la sua estetica provocatoria e il suo immaginario senza filtri, era troppo distante dalla sua sensibilità artistica. Così l’episodio rimase una parentesi divertita, da raccontare solo molti anni dopo.

        A distanza di tempo, però, quella proposta rivela anche un altro aspetto: la cifra di Giorgia come artista, sempre coerente con sé stessa e con un’immagine costruita sulla voce e sull’intensità, mai sullo scandalo. Non ha mai inseguito scorciatoie, né cavalcato provocazioni che avrebbero potuto garantirle visibilità immediata. Ha preferito, allora come oggi, la via della musica.

        Difficile immaginare cosa sarebbe stato “La guardiana del faro” con Giorgia protagonista, e forse è proprio questa distanza a rendere l’aneddoto irresistibile. Una sorta di sliding doors improbabile che la cantante ha attraversato con un sorriso e una scrollata di spalle. E che oggi diventa uno di quei retroscena pop perfetti da tirare fuori quando si vuole ricordare che anche le carriere più lineari, ogni tanto, sfiorano territori inattesi.

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          Cinema

          Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”

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            Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.

            L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.

            Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.

            Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».

            Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.

            Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.

            Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.

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              Cinema

              Demi Moore e quel set “ingombrante”: «Ero incinta di otto mesi e Tom Cruise era in imbarazzo». Il retroscena su Codice d’onore

              Durante un Q&A al New Yorker Festival con la scrittrice Jia Tolentino, Demi Moore racconta la sfida di conciliare maternità e set negli anni ’90. Sul set del cult con Tom Cruise, l’attrice era all’ottavo mese di gravidanza: «La bambina scalciava, ma ero serena. Era Hollywood a non esserlo». E lancia una riflessione: «Mi chiedevano di scegliere tra lavoro e figli, oggi so che non dovevo».

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              Demi Moore

                Ci sono interpretazioni che restano scolpite nella memoria collettiva, e poi ci sono i retroscena che raccontano molto più di una scena iconica. Demi Moore è tornata a parlare di Codice d’onore, film del 1992 che la vide lavorare accanto a Tom Cruise e Jack Nicholson, svelando un dettaglio inaspettato: durante le prove era incinta di otto mesi.

                Un particolare che, a suo dire, avrebbe messo in forte imbarazzo proprio Cruise. «Credo che Tom stesse morendo dall’imbarazzo», ha rivelato durante una conversazione pubblica al New Yorker Festival moderata dalla giornalista Jia Tolentino. «Io stavo bene, anche se la bambina si muoveva un po’, ma mi sono resa conto che lui era un po’ a disagio».

                Non una critica, quanto piuttosto la fotografia di un’epoca in cui Hollywood faticava a immaginare una donna incinta su un set — e ancor più come protagonista in un film di grande produzione. «È una delle tante cose che non avevano alcun senso», ha spiegato Moore. «Mi sono chiesta perché non potessi avere entrambe le cose: essere madre e continuare a lavorare».

                Una domanda che all’epoca suonava quasi sovversiva. Moore ricorda quel periodo come un continuo equilibrio su un filo sottilissimo: il corpo che cambiava, la pressione post parto, le aspettative estetiche e professionali impossibili. «Ripensandoci oggi mi dico: “A cosa diavolo stavo pensando?”», sorride. «Non so cosa stessi cercando di dimostrare, ma devo ammettere che allora non avevo tutto il sostegno che ho ora».

                Eppure, quell’esperienza è diventata parte della sua forza narrativa. Oggi, la protagonista di The Substance è simbolo di resilienza e libertà nel raccontare il corpo femminile senza filtri. La maternità non come limite, ma come potenza. «La verità è che mi hanno fatta sentire come se dovessi scegliere», ha detto. «E invece nessuna donna dovrebbe essere costretta a decidere tra carriera e figli».

                La riflessione di Moore arriva in un momento in cui Hollywood — almeno a parole — celebra sempre più la complessità femminile. Ma ascoltandola si capisce una cosa: se oggi attrici e lavoratrici possono reclamare il diritto di essere madri senza perdere il proprio posto, è anche grazie a chi, con un pancione di otto mesi, ha deciso che la scena non si abbandona.

                Nemmeno quando qualcuno, sul set, arrossisce e gira lo sguardo altrove.

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