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Cinema

Venezia 81: trionfa Pedro Almodóvar con “La stanza accanto”, un inno alla libertà di fine vita

La Mostra d’arte cinematografica di Venezia si conclude con il Leone d’Oro al maestro spagnolo. La serata regala sorprese, premiando anche il cinema italiano e omaggiando l’interpretazione intensa di Vincent Lindon.

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    La ottantunesima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia si è chiusa con un riconoscimento che segna un momento storico per il cinema: Pedro Almodóvar ha conquistato il Leone d’Oro con il suo primo film in lingua inglese, La stanza accanto.

    Un film sul fine vita

    Un’opera densa di significato, in cui Julianne Moore e Tilda Swinton interpretano due donne che affrontano la delicata tematica della libertà di fine vita e dell’eutanasia. Almodóvar, da sempre maestro nel raccontare le sfumature più intime dell’animo umano, firma così un film manifesto, destinato a far discutere e a lasciare il segno.

    Nicole Kidman via per la morte della madre

    La serata di premiazione, come di consueto, non è stata priva di colpi di scena. Tra questi, l’assenza di Nicole Kidman, costretta a volare in Australia a causa della recente scomparsa della madre, che ha lasciato un vuoto durante la cerimonia. Ma l’emozione ha continuato a scorrere sul palco del Lido, dove sono stati assegnati altri prestigiosi riconoscimenti.

    Leone d’Argento

    Il Leone d’Argento ha illuminato il cinema italiano con il film Vermiglio della regista Maura Delpero, una storia che ha saputo toccare il cuore del pubblico e della critica. Delpero, già acclamata per i suoi lavori precedenti, conferma il suo talento con un’opera che esplora tematiche profonde e attuali.

    La Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile è andata a Vincent Lindon, che ha commosso con la sua intensa performance nel ruolo di un padre alle prese con il dramma di un figlio che si avvicina pericolosamente al mondo dei neonazisti. La sua interpretazione, carica di dolore e determinazione, ha toccato le corde più profonde del pubblico, meritandogli questo prestigioso riconoscimento.

    Nella sezione Orizzonti, il giovane attore italiano Francesco Gheghi è stato premiato per il suo ruolo in Familia, un film che affronta un tema simile a quello del film di Lindon, ma da un punto di vista completamente diverso. Gheghi, con la sua interpretazione, ha saputo dare voce a una generazione in cerca di risposte in un mondo sempre più complesso.

    Altri premi importanti sono stati assegnati a The Brutalist di Brady Corbet, una pellicola che ha saputo sorprendere per la sua audacia stilistica, e a I’m Still Here di Walter Salles, premiato per la migliore sceneggiatura, che ha dimostrato ancora una volta l’abilità narrativa del regista brasiliano.

    Questa edizione della Mostra di Venezia si chiude dunque all’insegna della qualità, con film che hanno saputo esplorare tematiche complesse e attuali, regalando al pubblico emozioni forti e spunti di riflessione. Un segno tangibile che il cinema, nonostante le difficoltà del periodo, continua a essere un potente mezzo di espressione e di esplorazione del mondo e dell’animo umano.

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      Cinema

      Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”

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        Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.

        L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.

        Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.

        Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».

        Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.

        Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.

        Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.

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          Cinema

          Quentin Tarantino torna davanti alla macchina da presa: sarà protagonista del film di Charlotte Gainsbourg Only What We Carry

          Il film, diretto e interpretato da Charlotte Gainsbourg, è descritto come una meditazione sull’amore e la perdita. Mentre Tarantino valuta il suo ultimo film da regista, si prepara anche lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood con Brad Pitt e David Fincher.

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            Quentin Tarantino torna sul set, ma questa volta non per dirigere. Il regista americano, autore di capolavori come Pulp Fiction e C’era una volta a… Hollywood, ha accettato di recitare nel nuovo film di Charlotte Gainsbourg, Only What We Carry, già in fase di post-produzione. Una sorpresa per i fan del cineasta, che non appariva come attore in un progetto non suo dal lontano 1996, quando fu diretto dall’amico Robert Rodriguez in Dal tramonto all’alba.

            Nel film della Gainsbourg, Tarantino interpreta John Percy, un personaggio enigmatico che riemerge improvvisamente nella vita dei protagonisti e riapre ferite antiche. Secondo Deadline, la pellicola sarà «una meditazione sull’amore, la perdita e il coraggio silenzioso necessario per andare avanti». Le riprese si sono concluse e il progetto promette un tono intimista, molto diverso dal cinema esplosivo e pulp del regista americano.

            Per Tarantino, si tratta di una parentesi atipica, mentre il mondo del cinema attende ancora di sapere quale sarà il suo decimo e ultimo film da regista. Negli ultimi mesi, si era parlato con insistenza di The Movie Critic, una storia ambientata nella California degli anni Settanta, dedicata a un critico cinematografico realmente esistito. Il progetto, però, è stato momentaneamente accantonato, segno che il regista sta ancora riflettendo su come congedarsi dal grande schermo.

            Nel frattempo, Tarantino non resta fermo. È infatti coinvolto nella scrittura e produzione de Le avventure di Cliff Booth, lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood, che sarà diretto da David Fincher per Netflix e vedrà ancora protagonista Brad Pitt nel ruolo dello stuntman più iconico del suo cinema.

            Il ritorno in scena come attore sembra confermare una verità che Tarantino stesso ha spesso raccontato: il suo amore per il cinema non conosce confini, né ruoli. Dopo trent’anni di regia, è tornato a recitare. Forse per ricordare a tutti che, qualunque sia il suo ultimo film, Quentin Tarantino non smetterà mai di essere un personaggio da film.

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              Cinema

              I dieci film di Halloween più belli di sempre: tra cult immortali e brividi d’autore, la notte delle streghe va in scena

              Non serve attendere la mezzanotte per rabbrividire: basta un divano, una coperta e la giusta maratona di film. Dieci titoli perfetti per chi ama l’horror, ma anche per chi cerca solo un po’ di magia nera in alta definizione.

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                Cominciare da Halloween di John Carpenter (1978) è quasi obbligatorio. Il respiro di Michael Myers, la colonna sonora ipnotica, la notte infinita di Haddonfield: il film che ha inventato l’horror moderno. Poi The Exorcist (1973), con la sua tensione metafisica e la bambina posseduta che ancora oggi non perde potenza. Insieme, rappresentano il lato sacro e profano della paura.
                E per chi vuole la perfezione estetica, The Shining di Stanley Kubrick (1980) resta un incubo da museo: corridoi, labirinti e una follia che cresce piano, fino a divorare tutto.

                L’incubo che fa sorridere

                C’è anche un Halloween più giocoso, ma non meno iconico. Beetlejuice (1988) e The Nightmare Before Christmas (1993) portano la firma di Tim Burton, che ha trasformato il gotico in poesia pop. Fantasmi innamorati, zucche cantanti e atmosfere dark fiabesche che si guardano con un bicchiere di vino in mano, non con gli occhi chiusi. Hocus Pocus (1993) aggiunge la nota ironica: streghe, scope e risate per chi vuole festeggiare senza traumi.

                Il brivido d’autore

                Negli anni Duemila la paura si è fatta più intima. The Babadook (2014) è l’esempio perfetto: un film che non fa solo paura, ma parla di dolore, lutto e amore. In chiave opposta, Sweeney Todd (2007) di Tim Burton — ancora lui — mescola musical, sangue e vendetta con eleganza teatrale. E per chi ama i miti, Nosferatu (1922) è la radice di tutto: il vampiro silenzioso che ha ispirato un secolo di cinema.

                La notte perfetta

                Dieci film, dieci modi diversi di vivere Halloween. Dall’orrore puro alla favola macabra, dal gotico espressionista al rock del barbiere di Fleet Street. Perché la paura, quando è raccontata bene, non serve a fuggire ma a restare incantati.
                E nella notte del 31 ottobre, sotto la luce tremolante delle candele, il vero brivido è quello che accompagna il primo fotogramma: quando il buio dello schermo somiglia un po’ troppo a quello fuori dalla finestra.

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