Spettacolo
Federica Nargi: “Voglio vincere Ballando”. E sul matrimonio con Alessandro Matri… ecco la verità
L’ex Velina è determinata a trionfare nella nuova edizione dello show di Rai 1, ma le nozze con il compagno Alessandro Matri? In un’intervista con Caterina Balivo a La Volta Buona, Federica ha rivelato il segreto della loro lunga relazione e il perché il matrimonio non è una priorità.

Federica Nargi è una delle protagoniste più amate della nuova edizione di Ballando con le Stelle. In coppia con il ballerino professionista Luca Favilla, l’ex Velina sta dimostrando il suo talento sulla pista da ballo, con una determinazione che non lascia dubbi: vuole vincere. Ospite di Caterina Balivo nel programma La Volta Buona, Federica ha parlato della sua esperienza nel talent di Rai 1, del sostegno del suo compagno di vita, l’ex calciatore Alessandro Matri, e ha fatto chiarezza sulle tanto chiacchierate nozze.
La sfida di Ballando
L’esperienza a Ballando con le Stelle è arrivata per Federica “nel momento giusto” della sua vita. Nonostante il percorso appena iniziato, la Nargi non ha nascosto la sua ambizione di arrivare fino in fondo e, magari, vincere. “Certo, ovvio che vorrei vincere,” ha dichiarato, “mi sto divertendo tantissimo e con Luca mi trovo molto bene”. L’ex Velina, che ha sempre dimostrato una grande passione per la danza, ha trovato un partner ideale in Luca Favilla, che ha elogiato le sue doti: “Le coreografie che sto facendo fare a Federica sono molto difficili, ma so che può farle, per questo spingo”.






La sfida, quindi, è aperta e la coppia Nargi-Favilla sembra intenzionata a non farsi intimidire dalla competizione, puntando dritta al trofeo.
Il sostegno di Alessandro Matri
Se in pista Federica è concentrata sulla gara, nella vita privata può contare sul supporto del suo compagno, Alessandro Matri. La coppia, che sta insieme da 16 anni e ha due figlie, ha sempre mantenuto un profilo basso sulle questioni private. “Alessandro è il mio primo sostenitore,” ha raccontato Federica, “ci siamo conosciuti in una discoteca a Milano, ed è nato tutto da lì. Oggi abbiamo due figlie meravigliose e stiamo insieme da 16 anni. Il matrimonio? Non ne parliamo, stiamo bene così.”
Le nozze non sembrano quindi essere una priorità per la coppia. Stuzzicata da Caterina Balivo sulla possibilità che Matri faccia una proposta di matrimonio in stile Giovanni Terzi e Simona Ventura, proprio a Ballando, Federica ha risposto con la sua consueta riservatezza: “Non credo, siamo sempre stati molto riservati sulla nostra storia e ci va bene così”.

Una storia d’amore riservata
La storia d’amore tra Federica Nargi e Alessandro Matri è stata sempre vissuta lontano dai riflettori, nonostante entrambi siano due volti noti nel mondo dello spettacolo e dello sport. Dopo tanti anni insieme e due figlie, Sofia e Beatrice, la coppia ha scelto di mantenere la propria privacy, rimanendo lontana dai gossip e dalle copertine scandalistiche. “Non ci interessa metterci in mostra, siamo una famiglia semplice e ci piace vivere le nostre emozioni lontano dalle telecamere,” ha spiegato Federica.




Un legame solido e sincero
La riservatezza, tuttavia, non ha impedito alla Nargi di raccontare alcuni momenti significativi del loro rapporto. “Alessandro è sempre stato al mio fianco, mi ha sostenuto nelle mie scelte professionali e nella mia vita quotidiana. È un uomo meraviglioso e un padre presente,” ha detto, ribadendo la solidità di un legame che si è rafforzato negli anni. Nonostante le continue domande sulle nozze, la coppia sembra non sentirne la necessità, preferendo vivere il loro amore senza imposizioni sociali o aspettative mediatiche.
“Abbiamo trovato un nostro equilibrio, e non c’è bisogno di un anello per dimostrare quanto ci amiamo,” ha concluso la Nargi, lasciando intendere che, per ora, la priorità rimane la loro serenità familiare e il successo nel programma di danza.

Un’avventura che segna un nuovo capitolo
L’avventura a Ballando con le Stelle rappresenta per Federica Nargi non solo una sfida personale, ma anche un modo per dimostrare quanto la sua determinazione possa portarla lontano. “Ho sempre amato mettermi alla prova e Ballando è un’esperienza che mi permette di farlo a pieno,” ha detto. E chissà, magari questa nuova sfida potrebbe anche portare a una svolta imprevista nella sua vita personale. Per ora, la Nargi continua a brillare sulla pista da ballo, sostenuta dall’affetto dei suoi fan e dalla presenza costante di Alessandro e delle loro figlie, in un percorso che promette emozioni e sorprese.
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Televisione
Sanremo, ultimatum Rai: o il Comune abbassa le pretese o il Festival trasloca a Torino (con rischio flop pubblicitario)
Il cda di Viale Mazzini è spaccato, il Comune di Sanremo non molla sulle richieste economiche e il rischio di perdere il marchio storico preoccupa anche gli inserzionisti: un “piano B” fuori dalla Riviera potrebbe ridurre appeal e incassi.

Sanremo, capitale della canzone italiana, rischia di perdere il suo Festival. Nelle ultime ore, la tensione tra il Comune e la Rai è salita alle stelle. Sul tavolo, una trattativa complicata e logorante per l’edizione 2026, con l’ultimatum di Viale Mazzini che scadrà la prossima settimana. Se non si troverà un accordo, il Festival della Canzone Italiana è pronto a fare le valigie. E la destinazione più probabile, ormai non è più un mistero, si chiama Torino: città già collaudata con l’Eurovision Song Contest, con infrastrutture moderne e studi televisivi pronti a ospitare la macchina più complessa della tv italiana.
Dietro le quinte, la partita è politica, economica e di immagine. Ieri sera l’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi, ha aggiornato il cda spiegando lo stato della trattativa con il Comune ligure. La fotografia è impietosa: richiesta economica giudicata “elevata” da Viale Mazzini, cda spaccato, consiglieri che contestano persino la decisione di partecipare al bando pubblico indetto da Sanremo. «Se si partecipa – mormorano alcuni – si accettano le condizioni». E quelle condizioni, oggi, sono considerate indigeste.
L’errore, secondo i falchi interni, è stato proprio quello di cedere alla paura che qualche altro competitor – magari un gruppo privato – si presentasse al bando. Ma il risultato è stato l’opposto di quello sperato: la procedura ha irrigidito il Comune e complicato i margini di trattativa. Da Palazzo Bellevue trapela fastidio: «Avete partecipato, ora rispettate le regole», è il sottotesto che filtra dalle stanze del sindaco Alessandro Mager.
Per Mager, perdere il Festival non sarebbe solo uno smacco politico: significherebbe scatenare la furia di albergatori, commercianti e affittuari, già in allarme per un possibile trasloco. Un colpo diretto a quell’indotto che, in una settimana di Festival, fa girare milioni tra hotel, ristoranti e case vacanza. Eppure, anche per la Rai, l’ipotesi di un addio alla città dei fiori rischia di trasformarsi in un autogol di proporzioni storiche.
Il brand “Sanremo” non è solo una location: è il cuore dell’evento. Traslocare a Torino – per quanto logisticamente efficiente – significherebbe rompere un legame che dura da oltre settant’anni. E, soprattutto, lanciare un messaggio rischioso agli inserzionisti. L’ombra che aleggia nei corridoi di Viale Mazzini è chiara: un “piano B” potrebbe essere percepito come un ridimensionamento del Festival, con un impatto diretto sulle vendite pubblicitarie. E i numeri in ballo non sono uno scherzo: 67 milioni di euro di ricavi lo scorso anno, record assoluto.
Gli sponsor comprano Sanremo per quello che rappresenta, non solo per i milioni di spettatori. Cambiare città potrebbe spostare equilibri, ridurre la magia e, di conseguenza, lo spazio percepito per i messaggi commerciali. Ed è proprio su questa incognita che il cda Rai si divide: meglio cedere alle richieste del Comune, pur salate, o rischiare di scalfire il mito pur di risparmiare quei 3,5 milioni di differenza tra bando, percentuale su pubblicità ed eventi collaterali?
Il paradosso è tutto qui: la Rai cerca di tagliare i costi rispetto alle edizioni precedenti, mentre il Comune di Sanremo, forte della sua unicità, rilancia sulle cifre e non arretra. Nel frattempo, si ragiona già sul cronoprogramma: ultimatum in scadenza, ipotesi Torino pronta, ma la sensazione è che la resa dei conti si giocherà tutta nella prossima settimana.
Nella città dei fiori, intanto, cresce la tensione politica. Se la trattativa saltasse, per il sindaco Mager la poltrona vacillerebbe. E mentre gli hotel temono cancellazioni e i commercianti vedono sfumare l’oro di febbraio, a Roma il cda Rai prepara il piano d’emergenza. Il messaggio che filtra è chiaro: o Sanremo si piega, o Sanremo si perde.
La verità, però, è che per entrambe le parti la posta in gioco è altissima. Il Festival è molto più di uno show: è un generatore di immagine, economia e identità nazionale. Perderlo o spostarlo significherebbe cambiare la storia della tv italiana. E a oggi, la certezza è una sola: sul futuro del palco più famoso d’Italia, la musica è tutt’altro che scritta.
Cinema
Hollywood riscopre il passato: boom dei “legacy sequel” al cinema
Non sono semplici continuazioni né veri remake. I “legacy sequel” rilanciano vecchi franchise con nuovi personaggi, accanto ai volti storici. Un’operazione nostalgica… ma con una logica ben precisa.

Negli ultimi dodici mesi, le sale cinematografiche hanno visto una vera e propria invasione di legacy sequel: pellicole che riprendono la storia di un film cult a distanza di almeno dieci anni, spesso anche venti o trenta. Solo nel 2024 sono arrivati sugli schermi Final Destination: Bloodlines, 28 anni dopo, Il Gladiatore 2, Beetlejuice Beetlejuice, Twisters, Un tipo imprevedibile 2, Karate Kid: Legends e So cosa hai fatto. Entro fine anno arriveranno anche Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo e Tron: Ares. Persino in Italia, Un altro Ferragosto di Paolo Virzì ha raccolto l’eredità di Ferie d’agosto, uscito nel 1996.
Ma cosa sono davvero i legacy sequel? Non esattamente sequel tradizionali, perché spesso si svolgono molti anni dopo gli eventi del primo film e introducono nuovi protagonisti. E nemmeno remake, perché tengono conto della storia originale e riportano in scena i personaggi iconici, con gli stessi attori quando possibile. Sono un modo intelligente per sfruttare il potenziale emotivo e commerciale di un brand, rivolgendosi sia ai fan storici che a un pubblico più giovane.
Il caso che ha definito questo filone è stato Star Wars: Il risveglio della Forza (2015), primo episodio della nuova trilogia targata Disney. Ha stabilito un modello replicato poi in decine di produzioni: l’arco temporale della narrazione corrisponde a quello reale, le vecchie glorie fungono da mentori, i temi sono ripresi ma aggiornati, e le colonne sonore iconiche vengono rielaborate in chiave più sottile.
Negli anni successivi, il mercato ha visto proliferare titoli di questo tipo: Creed, spin-off di Rocky, Blade Runner 2049, Ghostbusters: Legacy, Matrix Resurrections, Doctor Sleep (erede di Shining), Top Gun: Maverick e tanti altri. Questi film si presentano come grandi eventi, alimentati dalla nostalgia ma anche da un forte senso di continuità narrativa.
A differenza di un classico sequel come Bridget Jones – Un amore di ragazzo, uscito nel 2024 e ambientato pochi anni dopo Bridget Jones’s Baby, i legacy sequel puntano tutto sul fattore tempo e sul passaggio di testimone tra generazioni.
In televisione il fenomeno è meno diffuso, anche perché la natura della serialità richiede un altro tipo di fruizione. Tuttavia, ci sono eccezioni significative come Twin Peaks – Il ritorno (2017), arrivato ben 26 anni dopo la seconda stagione, e And Just Like That…, seguito diretto di Sex and the City.
Il precursore di questo formato è però molto più lontano: Il colore dei soldi (1986), con Paul Newman che riprendeva il ruolo de Lo spaccone (1961) accanto a un giovane Tom Cruise. Anche Il grande inganno (1990), con Jack Nicholson, continuava il racconto di Chinatown del 1974. All’epoca però il pubblico e la distribuzione non erano pronti a valorizzare quella che oggi è diventata una strategia narrativa e commerciale di grande successo.
Oggi, tra revival nostalgici e rinnovati slanci creativi, i legacy sequel sono il ponte perfetto tra il cinema che fu e quello che verrà.
Musica
Mogol e l’aldilà: Lucio Battisti, se ci sei batti un colpo…
Il paroliere Mogol racconta di aver ricevuto, per interposta persona, una richiesta da parte di Lucio Battisti, scomparso nel 1998: un’ultima canzone per lui…

Uno dei più grandi parolieri, Giulio Rapetti conosciuto da tutti come Mogol, a 88 anni sta vivendo un periodo di “nuova giovinezza”. O di… rinascita, come titola il suo nuovo libro. La Rinascita, edito da L’Altra Metà, rappresenta una sorta di vademecum di “prevenzione primaria”, un insieme di indicazioni che dovrebbe permettere alla gente di non ammalarsi
La prevenzione passa inevitabilmente per la conoscenza
Dice Mogol: «Salute e conoscenza sono connesse tra loro. Il libro che ho scritto con il contributo scientifico di Giovanni Scapagnini, Emanuele De Nobili, Carlo Massullo, Antonio Mistretta, Maria Pontillo, Fabiana Superti e la collaborazione editoriale di Giuseppe Cesaro, nasce con l’intento di suggerire soluzioni per individuare ciò che fa bene e ciò che fa male; ciò che attraverso la Conoscenza indica la strada per non ammalarsi. E’ un trattato di prevenzione primaria. Un progetto che ho particolarmente a cuore».
Mettendo in collegamento spirito e corpo
E a giudicare dal suo stato attuale, le indicazioni del libro su di lui funzionano, eccome! Un’ora di palestra al giorno, con lo sviluppo di esercizi che neanche i suoi figli riescono a replicare. Anche se sconta un errore alimentare del quale fu “colpevole” la madre, alla fine della guerra: «Finite le nostre ristrettezze, mia madre mi diede così tanta carne rossa che mi ha ostruito le arterie. Ma ora ho quattro bypass e sto meglio di prima».
Il silenzio come stimolo per la riflessione interiore
In Umbria Mogol trent’anni fa ha realizzato un progetto ambizioso: un piccolo borgo che ospita la sua scuola per autori. Un luogo che stimola l’ispirazione creativa ma anche una profonda riflessione sui grandi temi che ogni persona si porta nel cuore, morte compresa. Non a caso questo luogo rappresenta anche l’arrivo del cosiddetto “cammino dei borghi silenti”, un percorso fra natura, storia e cultura, un emozionante percorso ad anello lungo 86 chilometri, che si snoda sulle pendici settentrionali dei Monti Amerini. La caratteristica principale che contraddistingue questo cammino è il fascino del silenzio, che dai boschi di lecci e castagni, fino alle mura antiche dei piccoli paesi, sembra abbracciare e comprendere ogni cosa. Stimolando il viandante all’ascolto del silenzio che lo circonda, facendo un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio.
Il rapporto di Mogol con la morte
Rapetti, nella sua lunga carriera, ha firmato due bellissimi brani sulla morte. Uno, direttamente dedicato alla moglie Daniela Gimmelli, Dormi amore. Dove il paroliere, parlando in prima persona, s’immagina come potrà tornare a farle visita una volta che sarà morto: “Come un vento con gli alberi, vedrai/ muoverò/ sfiorerò le ginestre/ giù per mille sentieri/ Dormi amore/ non ti svegliare/ no, non temere/ con altre mani ti accarezzerò”.
Lo spirito di Lucio
L’altro pezzo si intitola L’arcobaleno, caratterizzato da una storia che ha qualcosa di ultraterreno: due persone, tra di loro sconosciute (una è una medium) gli hanno raccontato di aver ricevuto segnali precisi da parte dello spirito di Lucio Battisti. Il cantautore o, meglio… il suo spirito, chiedeva attraverso di loro che l’amico sodale di un tempo scrivesse in sua vece alcuni versi d’addio che lui non aveva avuto il tempo di realizzare.



Alcune immagini di un fortissimo sodalizio, sia professionale che umano
La folgorazione su una melodia di Gianni Bella
L’amico e collega Gianni Bella (fratello di Marcella Bella, ndr) un giorno al pianoforte gli fa sentire l’abbozzo di una melodia appena composta. Mogol ha una folgorazione, capendo che proprio quella è l’ispirazione giusta, scrivendo per conto di Battisti quel famoso saluto: “Io sono sparito poi così d’improvviso/che non ho avuto il tempo di salutare/ istante breve, ancor più breve/ se c’è una luce che trafigge il tuo cuore…. Son diventato, sai, tramonto di sera/ e parlo come le foglie d’aprile/ e vivrò dentro ad ogni voce sincera… Mi manchi tanto amico caro, davvero/ e tante cose son rimaste da dire/ ascolta sempre e solo musica vera/ e cerca sempre se puoi di capire…”.
L’amico di una vita
Su Battisti racconta: «E’ morto troppo giovane. Quando è stato ricoverato gli feci recapitare una lettera in ospedale. “Spero che i giornali esagerino sulla gravità delle tue condizioni” – scrivevo – “e comunque chiama…”. So per certo che gli arrivò attraverso un dottore, e che lui si mise a piangere leggendola. È stato il nostro ultimo contatto».
Tutto è più chiaro per chi ha fede
Uomo religioso e non superstiziono, afferma che non scherzerebbe mai con questo genere di cose. Prima della sessione in palestra, ogni mattina si reca nella chiesetta in stile romanico che ha fatto costruire nel borgo per pregare la Madonna. La fede riesce a far intravedere una spiegazione sul mistero della morte: «La morte fa parte della vita. Direi anzi che è più difficile nascere che morire. Io sono credente, dunque sono sereno. Ho fiducia che Lui mi accoglierà. Se poi dovrò fare qualche anno di Purgatorio, va bene, lo farò. Ma non è detto, magari Dio è anche più misericordioso di quanto pensiamo…».
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