Spettacolo
la Lucarelli non perdona: “Chiara Ferragni? Influencer morta!”
La penna graffiante di Selvaggia Lucarelli non risparmia nessuno, e questa volta è Chiara Ferragni a finire nel mirino. Secondo Lucarelli, l’era della Ferragni come influencer di successo è giunta al termine.

Continua senza sosta la campagna di demolizione di Chiara Ferragni e Fedez da parte di Selvaggia Lucarelli. La giornalista, fresca di uscita con il suo libro ‘Il vaso di Pandoro’, non ha perso l’occasione per lanciare frecciate anche in TV. Durante il suo intervento su La7 a Piazzapulita, la penna graffiante ha sparato a zero sugli ormai “FerragnEX”.
Selvaggia Lucarelli affonda Chiara Ferragni
Nel corso della puntata, parlando con Corrado Formigli, la Lucarelli non ha fatto sconti ai Ferragnez. “Credi che Chiara Ferragni non tornerà a galla sui social, non potrà fare questo lavoro in futuro?”, ha chiesto il conduttore. La risposta di Selvaggia è stata tagliente: “Intanto mi verrebbe da dire… quale lavoro, Corrado? Io credo una cosa, che Chiara Ferragni non abbia ancora realizzato che Chiara Ferragni (inteso come personaggio dei social e influencer) è morta, nel senso che quella che esisteva prima non potrà esistere mai più. Lei dovrebbe ripartire da zero, non può pensare di recuperare, diciamo così, il suo ruolo sui social come era prima”.
“Mai più come prima”
Il concetto, espresso con forza in diretta TV, è stato poi dettagliato ulteriormente: “Io quando penso a lei, penso ad una sorta di prestigiatore, di mago che è sul palco. Sta facendo una magia, incanta tutti per due, quattro ore, tutti le credono, tutti credono a quello che sta facendo. Ad un certo punto si scopre la doppia cucitura della manica, il doppiofondo del cilindro e s’intravede la carta o il topolino”, ha proseguito la Lucarelli. “Non puoi più chiedere al tuo pubblico di continuare a crederti e andare avanti con il tuo numero come se niente fosse. Devi cambiare numero. Io credo che lei non possa più fare l’influencer come l’ha fatta prima, ma, naturalmente, non credo che non abbia una seconda opportunità. Tra l’altro credo che disponga di molti soldi, quindi possa gestirli in molti modi, può fare l’imprenditrice molto bene”.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Musica
La figlia di David Bowie debutta in musica, in nome del padre
Lexi Jones, figlia di David Bowie e Iman, lancia il suo primo album “Xandri”, un mix tra pop, indie ed elettronica. Un’opera che fonde sperimentazione, introspezione e ricordi del padre. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul debutto musicale di questa giovane artista.

Dopo mesi di indizi pubblicati su Instagram, tra teaser musicali e video d’infanzia, Lexi Jones ha pubblicato il suo primo album in studio, intitolato Xandri. La figlia ventiquattrenne di David Bowie e Iman Abdulmajid entra così ufficialmente nel mondo della musica, proponendo un sound originale che unisce pop, indie ed elettronica. L’album, composto da 12 tracce, rappresenta un viaggio emotivo e artistico, tra atmosfere oniriche e una forte carica personale. La copertina dell’album, che mostra due volti uniti alla stessa testa ma in tensione verso la separazione, simboleggia il dualismo tra identità e distacco.
Il significato del titolo
Il titolo dell’album non è casuale. Xandri deriva dalla parola greca per “difensore dell’umanità”, un riferimento che suggerisce la volontà di Lexi di raccontare esperienze intime e universali al tempo stesso. Il suo lavoro fonde sperimentazione sonora con un forte senso di nostalgia, rendendo omaggio all’eredità artistica del padre pur tracciando una strada autonoma.
Il ricordo di David Bowie
Nel 2022, Lexi ha condiviso su Instagram un toccante video in cui, da bambina, canta Somewhere Over the Rainbow seduta in grembo a suo padre. Nella didascalia ha scritto: “Il mio Mago di Oz”, un tributo affettuoso al legame indissolubile con Bowie. Nata il 15 agosto 2000, Lexi è l’unica figlia nata dal matrimonio tra David Bowie e Iman, un’unione iniziata a Firenze nel 1992 e durata fino alla scomparsa del cantante nel 2016, a causa di un tumore al fegato.
Un percorso segnato dal dolore
Nel 2024, Lexi ha pubblicato un testo personale sui social in cui racconta la difficile elaborazione del lutto: “Ho confuso la vita con la sopravvivenza quotidiana. Nel tentativo di colmare un vuoto gigantesco mi sono lasciata travolgere da tossine e veleni”. Cresciuta a New York, oggi vive a Los Angeles, dove lavora come modella e si dedica a musica e arte visiva. La perdita del padre ha avuto un impatto profondo: “Ho ferito le persone che amavo per far provare agli altri almeno una parte del mio dolore”, ha confessato.
Una nuova voce da seguire
Con questo disco, Lexi Jones dimostra di avere tutte le carte in regola per ritagliarsi uno spazio autentico nel panorama musicale contemporaneo. Un debutto ricco di significati, tra memoria, crescita e ricerca di sé. La figlia del Duca Bianco è pronta a brillare di luce propria.
Cinema
9 settimane e 1/2?!? Ma va… sono bastati solo 6 giorni a Mickey Rourke per essere espulso dal reality
Dal ring di The Wrestler al ring verbale di Celebrity Big Brother UK, l’ex sex symbol anni ’90 Mickey Rourke si è guadagnato un’uscita di scena anticipata e rumorosa. Tra battute infelici, tensioni e polemiche, il reality britannico ha detto “ciao ciao” al divo ribelle, a tempo di record.

L’attore da tempo ci ha abituati alle uscite di scena teatrali, ma questa volta ha superato sé stesso. Bastano appena sei giorni nella casa del Celebrity Big Brother UK per trasformare il suo ritorno in tv in un caso mediatico che neppure il miglior sceneggiatore di Hollywood avrebbe osato immaginare.
Quell’infelice uscita omofoba
A 72 anni, l’attore noto per le sue performance in 9 settimane e ½ e The Wrestler, si è lanciato con foga (e forse poca lucidità) nel vortice del reality più seguito d’Oltremanica. Ma invece di conquistare il pubblico con storie di redenzione o inedite fragilità da icona decadente, ha preferito optare per il filone “tormentone trash”, inanellando una serie di uscite infelici culminate con una frase giudicata omofoba rivolta a JoJo Siwa, giovane cantante e influencer americana.
Durante una conversazione apparentemente innocua, Rourke ha chiesto a JoJo se preferisse “i ragazzi o le ragazze”. Lei, con la naturalezza di chi non ha nulla da nascondere, ha risposto di avere una compagna non binaria. La replica dell’attore? «Se rimango più di quattro giorni, non sarai più gay». Boom! Il tempo di far girare la clip sui social e l’internet è esploso come un popcorn scaduto nel microonde.
Le scuse pubbliche a nulla sono servite
Nonostante le sue scuse pubbliche — goffe, vagamente imbarazzate, e probabilmente suggerite dal suo agente — la produzione non ha avuto dubbi: cartellino rosso e porta aperta. Come se non bastasse, Rourke aveva già collezionato un richiamo per atteggiamenti aggressivi e un vivace alterco con il concorrente Chris Hughes, confermando che la casa del Grande Fratello Vip non è esattamente il posto ideale per lui. Forse nemmeno il pianeta Terra lo è, in certi giorni.
Si accomodi all’uscita
Il comunicato ufficiale del programma è stato l’equivalente reality del “non sei tu, siamo noi”: sobrio, professionale, ma con un chiaro messaggio tra le righe – Mickey, vai a fare il ribelle altrove. I produttori hanno sottolineato l’importanza di creare un ambiente rispettoso e inclusivo. Parole che sembrano scontate, ma che diventano fondamentali quando il confine tra “personaggio sopra le righe” e “comportamento inaccettabile” viene superato senza troppi complimenti.
I limini naturali dell’ironia
Così, Rourke ha fatto le valigie e se n’è andato. Niente nomination, niente televoto. Solo un biglietto di sola andata per l’uscita laterale. Il pubblico si divide: c’è chi lo difende evocando il “politically correct impazzito” e chi, giustamente, sottolinea che l’ironia ha dei limiti, specie quando diventa offensiva e fuori tempo massimo. Mickey forse voleva fare il ribelle anche stavolta, ma ha dimenticato una regola base della tv di oggi: puoi essere controverso, ma non puoi essere irrispettoso. E il confine, oggi più che mai, non è sottile.
Musica
Canta il silicio: quando l’intelligenza artificiale scrive canzoni (e le fa pure meglio di noi)
Le macchine non solo parlano: ora cantano, compongono e ti fanno pure il jingle. Mentre artisti e autori si dividono tra entusiasmo e panico, Spotify inizia a popolarsi di canzoni nate da prompt e algoritmi.

Un tempo bastavano una chitarra, un cuore spezzato e un bicchiere di vino per scrivere una canzone. Oggi basta una riga di testo e un’intelligenza artificiale connessa a un generatore musicale. Scrivi qui: “Vorrei una ballata indie sull’abbandono, con un ritornello che spacca”. Et voilà, parte il brano. Accordi, armonia, testo, voce sintetica. In meno tempo di quanto ti serve per trovare il plettro.
Le AI generative musicali stanno facendo irruzione nel mondo della musica con lo stesso tatto con cui un dj entra in chiesa. Strumenti come Suno, Udio, Mubert o Boomy consentono a chiunque – anche al più stonato dei bipedi – di creare canzoni da zero. Senza sapere nulla di teoria musicale, senza suonare uno strumento, senza nemmeno alzarsi dalla sedia. E il risultato? Spesso sorprendentemente credibile. Altre volte, disturbante. Ma comunque virale.
Su Spotify esistono già migliaia di brani pubblicati da “artisti” che non esistono: sono stati scritti da un algoritmo e caricati da utenti che sperano nel miracolo dell’algoritmo. Alcuni incassano anche. Perché alla fine, il pubblico spesso non distingue – e forse neanche vuole farlo – tra un brano umano e uno sintetico, purché sia catchy.
Il punto è: chi sta tremando davvero sono autori, compositori, musicisti, arrangiatori. Gente che ha studiato, che ha fatto gavetta nei locali con i neon bruciati, che ha imparato a mettere in rima dolore e melodia. Per loro, vedere un codice Python sfornare una ballad struggente in 30 secondi è un pugno nello stomaco. O forse una pugnalata nel portafogli.
C’è chi urla al sacrilegio: “La musica è anima, non codice”. C’è chi invece si adegua e inizia a usare l’AI come co-autore silenzioso, magari per superare il blocco creativo o per generare bozze da sistemare a mano. E poi ci sono i produttori che, da sempre attenti al rapporto qualità/prezzo, iniziano a chiedersi se davvero servano sei autori per un ritornello che dice ‘baby baby baby’.
Cosa ci aspetta? Album interi generati in pochi minuti? Festival con cantanti sintetici? Jingle pubblicitari fatti da IA in stile trap-melodico? Tutto è possibile. E in parte sta già accadendo.
Nel frattempo, la musica continua. Umana o artificiale, purché funzioni.
E magari – chissà – fra poco anche l’AI scoprirà quanto è difficile scrivere una canzone che dica davvero qualcosa. Ma se ci riesce prima di noi, forse un paio di domande dovremmo farcele.
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