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Musica

“Andrea è un uomo straordinario con una schiera di angeli custodi”, parla la moglie di Bocelli

Veronica Bocelli descrive suo marito Andrea come un uomo competitivo con sé stesso, determinato a superare ogni ostacolo. Sin da bambino, Andrea ha sempre cercato di dimostrare il proprio valore, affrontando sfide anche rischiose. “È vivo per miracolo,” racconta Veronica, sottolineando come il tenore abbia sempre avuto una forza interiore straordinaria. Se crediamo agli angeli custodi, Andrea ne ha un’intera schiera che lo ha protetto nei momenti più difficili della sua vita.

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    Una della cose della quali va più fiero Andrea Bocelli è la sua Foundation, che nasce dal desiderio del tenore di offrire agli altri le stesse opportunità che gli sono state concesse. “Andrea non ama la parola ‘give back’, come se dovesse restituire qualcosa di rubato. Lui vuole semplicemente condividere ciò che ha ricevuto,” spiega Veronica Bocelli.

    Cosa fa la ABF

    La Andrea Bocelli Foundation si impegna in progetti educativi e assistenziali, portando speranza a comunità in difficoltà. Tra le iniziative più significative troviamo la costruzione di scuole in zone colpite da disastri naturali e programmi di sostegno per giovani talenti.

    L’amore tra loro: un legame indissolubile

    L’amore tra Andrea e Veronica è nato in modo immediato e travolgente. “Reputo il nostro il matrimonio più veloce della storia, perché viviamo insieme dal giorno in cui ci siamo conosciuti,” racconta Veronica con ironia. Un amore autentico, fatto di complicità e sostegno reciproco.

    Una vita di famiglia tra poesia e quotidianità

    Nonostante la fama internazionale, Andrea e Veronica vivono una vita familiare semplice e autentica. “Ci chiamano Sandra e Raimondo. Lui mi scrive poesie, io gli porto il caffè ogni mattina e mi preoccupo di come si veste,” scherza Veronica. Quando non sono in tour, la loro priorità è la famiglia, evitando ristoranti e mondanità per godersi il calore domestico. L’incredibile storia di Andrea Bocelli è fatta di talento, determinazione e un cuore grande. La sua musica incanta il mondo, mentre la sua fondazione lascia un segno concreto nella vita di molte persone. Un esempio di come il successo possa trasformarsi in generosità e ispirazione per il futuro.

    Il loro primo incontro nel 2002

    ​La loro storia d’amore è un racconto affascinante di incontri casuali, intese immediate e una connessione profonda che ha resistito alla prova del tempo. Il loro primo incontro risale al 2002, durante una festa alla quale, ironicamente, nessuno dei due aveva inizialmente intenzione di partecipare. Veronica, allora ventenne, e Andrea, di venticinque anni più grande, si trovarono immersi in una conversazione che avrebbe cambiato per sempre le loro vite. Secondo quanto riportato da Veronica in un’intervista a Vanity Fair, il loro incontro fu caratterizzato da un’immediata sintonia. Nonostante la differenza d’età, sentirono subito una connessione speciale. Veronica ha raccontato che Andrea la corteggiò in modo rapido ma intenso, tanto che poco dopo decisero di andare a vivere insieme. Questo colpo di fulmine li portò a costruire una relazione solida e duratura. ​

    Il loro reciproco regalo: Virginia

    Nel corso degli anni, Andrea e Veronica hanno affrontato insieme numerose sfide, sia personali che professionali. La loro collaborazione si è estesa oltre la sfera privata, con Veronica che ha assunto un ruolo significativo nella gestione della carriera di Andrea. Questo ha rafforzato ulteriormente il loro legame, permettendo loro di condividere esperienze uniche e di supportarsi a vicenda in ogni aspetto della vita. ​Una relazione coronata dalla nascita della loro figlia, Virginia, nel 2012, e successivamente dal matrimonio nel 2014. Questi eventi hanno segnato tappe importanti nel loro percorso insieme, consolidando una famiglia unita e affiatata. ​

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      Billie Eilish fulmina i miliardari (con Zuckerberg in sala): «Date i vostri soldi a chi ne ha bisogno»

      Billie Eilish, 23 anni, donerà 11,5 milioni di dollari a enti contro fame e cambiamento climatico. Premiata agli Innovator Awards del Wall Street Journal, ha invitato il pubblico – tra cui Mark Zuckerberg e Priscilla Chan – a sostenere chi è in difficoltà: «Il mondo è buio, servono empatia e aiuto». Applausi in sala. Tranne uno.

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        Billie Eilish non ha scelto la via diplomatica. Dal palco del Museum of Modern Art di New York, dove ha ricevuto il Music Innovator Award agli Innovator Awards del Wall Street Journal, la popstar ha rivolto un appello diretto ai miliardari: «Se avete soldi, sarebbe fantastico usarli per cose buone, magari darli a chi ne ha bisogno».

        Un invito pronunciato davanti a una platea che di certo non fatica a pagare l’affitto. Tra gli ospiti, nomi da rubrica finanziaria: Mark Zuckerberg e Priscilla Chan, Hailey Bieber, George Lucas, Spike Lee, Ben Stiller. E proprio Zuckerberg, racconta People, sarebbe rimasto immobile mentre tutto il MoMA applaudiva.

        Eilish ha parlato con il tono di chi non intende fare sermoni, ma nemmeno girarsi dall’altra parte. «Siamo in un momento in cui il mondo è davvero brutto e davvero buio», ha detto. «Le persone hanno bisogno di empatia e aiuto più che mai, soprattutto nel nostro Paese». Poi la frase che ha acceso la sala: «Vi voglio bene, ma ci sono alcune persone qui che hanno molti più soldi di me. Se siete miliardari, perché lo siete? Senza odio, ma sì, date via i vostri soldi, piccolini».

        La cantante, 23 anni, non si limita alle parole. Nei giorni scorsi è trapelata la decisione di donare 11,5 milioni di dollari a organizzazioni impegnate contro fame e cambiamento climatico. Un gesto che ha fatto rumore quanto il suo discorso.

        Zuckerberg e la moglie erano presenti perché quest’ultima ha ricevuto il riconoscimento come Innovatrice della Filantropia nella Scienza 2025 per il lavoro della Chan Zuckerberg Initiative, che sostiene la ricerca medica e ha promesso di devolvere in beneficenza il 99% delle azioni Meta.

        Un incontro simbolico tra due mondi: da una parte la beneficenza come progetto miliardario a lungo termine, dall’altra la provocazione schietta di una popstar che parla alla sua generazione e chiede immediatezza, responsabilità, partecipazione.

        New York ha applaudito. E qualcuno ha scelto il silenzio.

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          Musica

          Quando la musica fa paura: i videoclip più inquietanti e perturbanti della storia che ancora oggi ci perseguitano

          Freud lo chiamava Unheimlich, Mark Fisher lo ha ripensato come attrazione per l’ignoto: quel “perturbante” che destabilizza e seduce. Dagli anni ’80 in poi, la musica ha scelto di mostrarlo, portandolo nel mainstream con immagini sinistre, simbolismi disturbanti e atmosfere che ancora oggi fanno vibrare l’inconscio collettivo. Halloween è il momento perfetto per riaprire quella porta.

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          musica fa paura

            Dal sogno al delirio: quando il pop scopre l’inquietudine
            C’è stato un momento in cui i videoclip non erano solo ornamento, ma laboratorio psichico. La postmodernità ha sdoganato l’Unheimlich freudiano e l’ha portato sullo schermo: incubi, deformazioni, desiderio e repulsione mescolati in estetiche che hanno segnato generazioni. Mark Fisher lo ha spiegato bene: il fascino del perturbante non nasce dal piacere della paura, ma dalla tensione verso ciò che sfugge al noto. La musica lo ha reso spettacolo, catarsi e shock visivo. La ninna nanna velenosa dei Cure in Lullaby, con Robert Smith intrappolato nella ragnatela di un incubo infantile, è l’archetipo di questa svolta: minaccia, poesia, ansia e fascinazione.

            Dalla carne al simbolo: orrore glamour e angoscia pop
            Con gli anni ’90 il perturbante diventa linguaggio dominante. Sweet Dreams di Marilyn Manson trasforma la cover degli Eurythmics in un rito iniziatico di deformazione e violenza rituale. Ava Adore degli Smashing Pumpkins diventa un viaggio tra cliniche folli, set gotici e tableaux vivants decadenti. Poi arriva il sole malato di Black Hole Sun dei Soundgarden: sorrisi tirati, innocenza corrotta, borghesia che implode sotto la luce irreale. In Heart-Shaped Box i Nirvana mescolano simbolismo religioso, colori acidi e morte annunciata. È un’estetica che non urla: fissa, sussurra, ipnotizza.

            Il corpo, la macchina, il mostro
            Verso la fine del decennio il perturbante cambia pelle. Hey Boy Hey Girl dei Chemical Brothers racconta un trauma con ossa danzanti e nightclub spettrali. Breathe dei Prodigy mette in scena insetti, viscere e un clown demoniaco in un bagno claustrofobico. Bowie in Little Wonder diventa alieno tra creature deformi, mentre i Nine Inch Nails con Closer elevano la carne e l’orrore a installazione oscura e sacrilega, tra cuori pulsanti e allucinazioni da laboratorio infernale. Il culmine è Come to Daddy di Aphex Twin: bambini-dèmone, periferie post-apocalittiche, un’entità che esce dalla TV e la frase «I want your soul» come mantra. È l’orrore puro che diventa cultura.

            In fondo, Halloween lo ricorda ogni anno: abbiamo paura, sì. Ma certe volte ci piace restarci dentro ancora un po’.

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              Beatles forever: 55 milioni di euro di fatturato nel 2025 per la Apple Corps. Yoko Ono, Paul McCartney, Ringo Starr e Olivia Harrison ancora soci in parti uguali

              I conti 2024-2025 della Apple Corps Limited confermano l’incredibile potenza economica del marchio Beatles. Fatturato a 55 milioni di euro e utili da 4 milioni. I quattro soci – McCartney, Starr, Olivia Harrison e Yoko Ono – mantengono ciascuno il 25% delle quote. Per la vedova Lennon anche un gettone “ad personam”, mai chiarito nel dettaglio.

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                Non c’è fine alla Beatlemania. Cinquantasei anni dopo l’ultima esibizione sul tetto della sede di Savile Row, i Beatles restano un marchio che fattura come una multinazionale. La Apple Corps Limited – la holding fondata nel 1963 come The Beatles Limited – ha chiuso il bilancio 2024-2025 con un fatturato lordo vicino ai 50 milioni di sterline (circa 55 milioni di euro). Una cifra da record per una società che continua a gestire il mito dei Fab Four, tra diritti musicali, licenze, merchandising e progetti audiovisivi.

                La cassaforte di Liverpool
                La società, con sede a Londra, è oggi divisa in quattro quote perfettamente uguali: il 25% a Yoko Ono, 92 anni; il 25% a Paul McCartney, 83; il 25% a Ringo Starr, 85; e il restante 25% a Olivia Harrison, 77, vedova di George, tramite un trust familiare. Ciascun socio siede nel consiglio di amministrazione – per la quota Lennon in due: Yoko e il figlio Sean Ono Lennon, 49 anni – e partecipa ai dividendi, pari a 3,4 milioni di sterline ciascuno, oltre a fee personali da 4,3 milioni.

                Ma tra i dettagli più curiosi del bilancio, firmato il 23 ottobre 2025 dal direttore Bruce Grakal, storico legale di Ringo Starr, c’è un’annotazione che non passa inosservata: la società ha riconosciuto un pagamento “extra” di 850 mila sterline a Yoko Ono, dopo i 500 mila del 2024 e i 4,1 milioni del 2023. Un “bonus personale” di cui non è mai stata spiegata la natura, probabilmente legato ad accordi interni tra gli eredi.

                L’industria del mito
                Dal 2020, i quattro nuclei familiari hanno incassato complessivamente oltre 100 milioni di sterline tra provvigioni e dividendi. I ricavi netti – pari a 32 milioni di sterline – sono in crescita rispetto all’anno precedente (26,6 milioni), mentre gli utili, poco sotto i 4 milioni, risultano in lieve calo per l’aumento dei costi legati a un nuovo progetto cinematografico in sviluppo.

                Un dato che conferma come i Beatles restino, oltre che leggenda culturale, una macchina industriale perfetta. Tra ristampe, documentari, diritti digitali e revival, il “marchio Liverpool” continua a generare ricchezza, dimostrando che l’amore — e i profitti — per i Fab Four non passano mai di moda.

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