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Musica

Si chiama Bruce Springsteen lo zio Paperone del rock

Rocker spesso impegnato a cantare gli ultimi e i diseredati, ha comunque messo da parte una fortuna con dischi e concerti. Lo dice l’autorevole testata Forbes, che gli fa i conti in tasca.

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    Di recente Forbes ha parlato di Bruce Springsteen. Che il popolarissimo mensile edito in tutto il mondo si prepari ad una svolta musicale?!? No, tranquilli… le notizie pubblicate erano legate all’ammontare della fortuna che il cantante di Born in the USA è riuscito ad accumulare nella sua lunga carriera. Una carriera caratterizzata da successi, record, premi e attestazioni di ogni genere. Volete sapere quanto ha guadagnato e quanti milioni di dischi ha venduto in questi decenni? Proseguite nella lettura!

    Successo e fedeltà

    Il Boss è una specie di Re Mida. Il cantautore americano, erede in versione rock del menestrello politico Woody Guthrie, secondo un articolo pubblicato dal bisettimanale Forbes, negli ultimi anni avrebbe accumulato una vera e propria fortuna. Successo e fedeltà incondizionata da parte del pubblico sono ingredienti che da sempre accompagnano la carriera dell’ex working class hero più famoso d’America.

    La vendita del suo catalogo musicale nel 2021

    Gli ultimi anni per il Boss sono stati piuttosto turbinosi per i suoi problemi di salute ma anche particolarmente redditizi. Avendo venduto a Sony Music nel 2021 il proprio catalogo per circa 500 milioni di dollari, lo ha messo al riparo da qualsiasi problema finanziario, lui e almeno due generazioni avanti. Senza contare gli incassi dei concerti (un suo show costa agli organizzatori circa 1 milione di dollari, sui quali poi – al netto delle spese – avviene la spartizione tra lui e la band) e di tutto quello che è successo negli ultimi tre anni.

    Che patrimonio!

    Il suo patrimonio attuale è di circa 1,1 miliardi di dollari. Cifra mirabolante che lo colloca ufficialmente nel club dei miliardari, peraltro in buona compagnia: da poco l’avrebbe raggiunto il collega britannico Paul McCarney.

    Quanti dischi ha venduto in tutto il mondo

    In un percorso discografico che si avvia a raggiungere i 60 anni di attività, Springsteen ha venduto oltre 140 milioni di album in tutto il mondo. 65 milioni dei quali sarebbero stati venuti solo in America, mentre la restante parte in tutto in ogni angolo del pianeta, per una rockstar che è riuscita ad incarnare i fermenti e le aspirazioni non solo dei suoi conterranei.

    A 64 anni puntuale sul palco

    Settantaquattro anni ed ancora in pista, salendo sul palco per concerti lunghissimi e caratterizzati da esecuzioni memorabili, in grado di infiammare il pubblico presente. Uno degli artisti più “piratati” di sempre, con la diffusioni di centinaia di dischi bootleg (non autorizzati) che riportano le registrazioni dei suoi concerti in giro per il mondo. Ed a breve sarà il protagonista anche di un docufilm ispirato alla sua vita e alla sua sfavillante carriera.

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      Musica

      Sabrina Salerno: «Ho venduto la mia fisicità, era marketing. Il tumore mi ha resa più cinica»

      Dagli esordi sfrontati con Cecchetto al boom di Boys boys boys, Sabrina Salerno oggi ha 57 anni e parla con lucidità di sé. «Non ho il fuoco sacro della musica, ma ho saputo usare quello che avevo. E oggi, dopo un tumore, ho capito quanto conti il corpo. E quanto pesa essere sempre “quella bomba sexy”».

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        A 17 anni era, parole sue, «una stronzetta presuntuosa». Oggi ne ha 57, un passato da icona sexy e un presente fatto di consapevolezza e cicatrici. Sabrina Salerno si racconta nel modo più diretto possibile: senza veli, ma stavolta non sul palco, bensì nell’anima.

        «Avevo un’autostima pazzesca. A un giornalista che mi chiese se sarei mai arrivata al successo come una certa star, risposi: “Ne avrò il triplo”». E in effetti, con Sexy Girl prima e Boys boys boys poi, il successo arrivò. Ma Sabrina non si è mai illusa di essere un’artista “sacra”: «Il successo è arrivato in maniera casuale. Non sono De Gregori. Magari sarei stata più felice a fare il medico».

        Fin da adolescente, il suo corpo è stato bersaglio di attenzione e giudizi. «A 12 anni nascondevo il seno con le braccia. Poi ho capito che lo sguardo degli uomini era sessuale. All’inizio faticavo ad accettarlo, poi l’ho trasformato in un’arma: ho venduto la mia fisicità, è stato marketing».

        Un marketing che ha pagato, ma a caro prezzo. «Più sei bella ed esponi il corpo, più devi dimostrare di valere. Gli uomini non ricevono lo stesso trattamento. Nessuno va a criticare Brad Pitt sotto i post». E su Elodie: «Ha talento. Ma si spoglia, quindi va attaccata. Sono solo scuse per aggredire le donne».

        Nonostante l’immagine da sex symbol, Sabrina si descrive come riservata, empatica, con un forte senso della famiglia. E anche pudica: «Ho respinto tanti corteggiatori, anche star mondiali. Ma non dirò mai chi sono, non sopporto chi va in giro a raccontare i fatti suoi».

        Quanto al corpo, è tutto vero. «Non mi sono mai rifatta il seno. Se lo avessi fatto lo direi. Sono favorevole alla chirurgia, ma se migliora, non se trasforma».

        E poi c’è il tumore, la parte più dura. «Seguo terapie da cinque anni, prendo una pastiglia che ha tutti gli effetti collaterali possibili. Ma vado in palestra ogni giorno. L’esercizio fisico è la mia medicina». E conclude: «Mi ha cambiata. Sono diventata più cinica. Non sono migliorata».

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          Musica

          Lucio Corsi vince tutto alle Targhe Tenco: miglior album, miglior canzone e un sogno chiamato “d’autore”

          Lucio Corsi si aggiudica le due Targhe Tenco più prestigiose: miglior album in assoluto e miglior canzone con Volevo essere un duro. Premi anche a La Niña, Anna Castiglia, Ginevra Di Marco e Caroline Pagani. La consegna dal 23 al 25 ottobre all’Ariston.

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            Il 2025 è decisamente l’anno di Lucio Corsi. Dopo il successo a Sanremo e all’Eurovision, il cantautore toscano si prende anche le Targhe Tenco, vincendo le due categorie più ambite: miglior album in assoluto e miglior canzone singola, entrambe con Volevo essere un duro, brano manifesto del suo stile eclettico e poetico. Un riconoscimento che lo consacra come nuova voce di riferimento nella canzone d’autore italiana.

            «Sono onorato, grazie mille. Sogno un futuro in cui questa rassegna abbia la stessa visibilità del festival di Sanremo», ha scritto Corsi sui suoi social. E non è solo una frase di circostanza: da sempre il cantautore guarda alla musica d’autore come a una missione, più che a un mestiere.

            I premi sono stati assegnati da una giuria di 241 esperti tra giornalisti, critici musicali, autori e operatori del settore. Una comunità trasversale che ogni anno riconosce le voci più significative del panorama cantautorale.

            Tra i vincitori anche La Niña, con Furèsta, miglior album in dialetto: «Forse è merito della lingua in cui il disco è nato — quel napoletano che porta addosso il suono di tutto il Mediterraneo», ha scritto, dedicando il premio al suo pubblico.

            La Targa per l’opera prima va ad Anna Castiglia con Mi piace, mentre Ginevra Di Marco conquista la sezione interpreti con Kaleidoscope, un lavoro che attraversa sonorità e culture con la sua voce unica. Il miglior album a progetto è Pagani per Pagani, prodotto da Caroline Pagani, omaggio delicato e colto a Nino Pagani.

            Le Targhe saranno consegnate durante il Premio Tenco, in programma dal 23 al 25 ottobre al Teatro Ariston di Sanremo. Sarà, come ogni anno, l’occasione per celebrare la musica che non rincorre le mode, ma racconta il mondo con parole pensate e suoni veri.

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              Massimo Ranieri e l’infanzia al Pallonetto: «Mamma ci lavava nella bagnarola. Non sapevo nuotare, dal ponte mi ci buttavano»

              Lontano dal palcoscenico e dai riflettori, Massimo Ranieri ricorda l’infanzia difficile a Napoli, tra fame, dignità e improvvisati concerti con il mare come platea: «Cantavo per bisogno, per fame. Mi mettevano sul ponte, io non sapevo nuotare»

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                Massimo Ranieri, al secolo Giovanni Calone, torna a parlare di sé con la sincerità di chi non ha mai dimenticato da dove viene. In un’intervista al Corriere della Sera, il cantante partenopeo ripercorre l’infanzia vissuta nei vicoli del Pallonetto di Santa Lucia, a Napoli. Una casa minuscola, una sola stanza per tutti: «Io e mio fratello Aniello dormivamo in fondo al lettone, di traverso. In inverno mettevo i piedi contro il sedere di papà per scaldarmi. Niente bagno, solo un cesso. Mamma ci lavava nella bagnarola».

                Giuseppina, la madre, era una donna forte. «La chiamavano la carabiniera. Ci diceva: “Andate a faticare”. A sette anni facevo il vinaio in una grotta. Portavo quartini di vino agli operai, prendevo 200 lire a settimana. Si dice: “A famm fa asci ’o lupo da dint’ ‘o bosco”».

                La musica arriva quasi per caso. O meglio, per necessità. «Mi mettevano sul ponte di Castel dell’Ovo e mi dicevano: “O canti o ti buttiamo in acqua”. Io non sapevo nuotare. La gente lanciava le monete e i miei amichetti le raccoglievano. Poi si divideva tutto».

                La paura dell’acqua l’ha tenuta a lungo. «Ho imparato a nuotare a 40 anni, ma solo dove si tocca. Tre bracciate, poi basta».

                E i sogni? «Non ne avevo. La sera ero talmente stanco. Cantavo ai matrimoni, nei ristoranti. Tornavo a casa alle nove e mezza, mangiavo quello che c’era. Poi sveglia alle sette per andare a scuola».

                Il padre lavorava all’Italsider. «Una sera lo sentii dire a mamma: “Giuseppì, ho preso 40 mila lire. È andata bene”». Era un’altra Italia. Un’Italia dove si lavorava duro e si sperava il minimo. Ma da quella fatica, da quella miseria, è nato Massimo Ranieri. E con lui una delle voci più potenti e vere della canzone italiana.

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