Connect with us

Musica

Damiano David senza filtri: “Silverlines’ è il primo passo della mia vita da solista”

Il frontman dei Maneskin lancia il suo primo progetto personale. “È il primo giorno della mia vita”, annuncia sui social. Il brano, prodotto dal cantautore e produttore inglese Labrinth, sarà disponibile dal 27 settembre.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Damiano David, la voce graffiante e carismatica dei Maneskin, si prepara a un debutto che ha già fatto salire l’attesa alle stelle: il 27 settembre uscirà “Silverlines”, il suo primo singolo da solista. Per il frontman della band romana, che ha conquistato le platee internazionali con la sua energia e il suo stile inconfondibile, questo progetto rappresenta un passo importante e personale.

    L’annuncio è arrivato tramite i suoi profili social, con un messaggio che non lascia dubbi sul significato che questa avventura ha per lui: “Ho viaggiato in tutto il mondo per trovare la mia voce, solo per finire dove tutto è iniziato… oggi è il primo giorno della mia vita”. Una dichiarazione che sa di rinascita e di evoluzione artistica, a dimostrazione della voglia di esplorare nuove sonorità e sfide creative, senza dimenticare le radici.

    “Silverlines”, prodotto dal talentuoso Labrinth, segna una collaborazione prestigiosa e un cambio di registro per Damiano, che con i Maneskin ha portato il rock italiano ai vertici delle classifiche globali. La scelta di lavorare con un artista come Labrinth, noto per il suo sound innovativo e le collaborazioni con artisti del calibro di Sia e Zendaya, lascia presagire un pezzo ricco di contaminazioni e sperimentazioni.

    La notizia ha già acceso l’entusiasmo dei fan, che hanno inondato i social con messaggi di supporto e curiosità. Il percorso di Damiano, iniziato con le performance da busker per le vie di Roma, lo ha portato a calcare i palchi più prestigiosi del mondo, dai festival europei al successo planetario dell’Eurovision. Con i Maneskin ha rivoluzionato la scena musicale, sfidando i pregiudizi e portando una ventata di freschezza e provocazione che non si vedeva da tempo.

    Ora, con “Silverlines”, Damiano promette di mostrarci una versione di sé ancora più intima e autentica. Un’occasione per ascoltare la sua voce, non solo nel senso musicale, ma anche emotivo, in un brano che si preannuncia come una sorta di viaggio interiore.

    L’appuntamento è fissato per il 27 settembre, quando “Silverlines” vedrà la luce e Damiano, per la prima volta, si presenterà al pubblico senza la sua band, ma con la stessa passione e determinazione che lo hanno reso una delle figure più iconiche della musica contemporanea. E, come lui stesso ha detto, questo è solo l’inizio di un nuovo capitolo tutto da scoprire.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Musica

      Giorgia frena sui rumors di Sanremo: “Non mi ha chiamato nessuno, mi manca solo quello!”

      In diretta a Rds, Giorgia ha messo fine alle indiscrezioni: “Non so da dove sia partita questa voce. Non mi ha contattato nessuno e nessuno mi ha proposto nulla. Con tutti gli impegni che ho, mi manca solo quello”. Intanto si prepara all’uscita del nuovo album G.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Nessuna chiamata, nessuna trattativa, nessun palco dell’Ariston in vista. Giorgia, ospite di Rds, ha smentito con decisione i rumors che la volevano al fianco di Carlo Conti come co-conduttrice del prossimo Festival di Sanremo. La cantante, reduce dal successo del tour e in attesa dell’uscita del suo nuovo album G, ha preferito chiarire subito: “Ho letto questa cosa che girava ma non è vero niente. Non mi ha chiamato nessuno, nessuno mi ha detto niente. Non so da dove sia partita questa voce, anche perché mi manca solo quello”.

        Un commento che mescola ironia e realismo, come nel suo stile. Giorgia non nasconde di essere lusingata dall’affetto del pubblico, ma mette i piedi per terra: “Sanremo è sempre una grande avventura, ma adesso sono concentrata sul disco, sugli impegni con X Factor e sul tour. Fare la co-conduzione sarebbe impossibile, non fisicamente ma mentalmente. Non riesco a immaginarmi in quel ruolo”.

        Le voci erano partite dopo alcune indiscrezioni circolate online che la indicavano come nome forte accanto al nuovo direttore artistico Carlo Conti. La cantante, che proprio sul palco dell’Ariston ha costruito parte della sua carriera, ha voluto però chiudere il capitolo prima che diventasse un caso.

        Con l’album G in uscita il 7 novembre, Giorgia si prepara a un autunno intenso. “Questo disco è un ritorno alle origini, un viaggio personale tra voce e verità”, ha raccontato. “Dopo trent’anni di musica ho imparato che non serve fare tutto, ma solo quello che senti davvero”.

        E per ora, sul palco di Sanremo, preferisce restare spettatrice. “Il Festival l’ho fatto e vissuto in mille modi, ma non ho nostalgia di quell’adrenalina. Adesso mi godo il mio tempo, la mia famiglia e la musica. Per il resto, come dico sempre, se ci sarà da salire su un palco, lo farò solo per cantare”.

          Continua a leggere

          Musica

          Annie Lennox, la scoperta a 70 anni: “Convivo con l’ADHD, ma è anche un superpotere”

          La storica voce degli Eurythmics rivela di aver ricevuto solo di recente la diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Un tassello che spiega molti aspetti della sua creatività e della sua sensibilità artistica.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

          Annie Lennox

            A settant’anni compiuti, Annie Lennox ha deciso di raccontare una scoperta che ha cambiato il modo in cui guarda a sé stessa: la cantante soffre di ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La rivelazione è arrivata durante un’intervista a Woman’s Hour, programma della BBC Radio 4, dove la leggendaria voce di Sweet Dreams (Are Made of This) ha condiviso con serenità la sua esperienza, definendola una sorta di “rivelazione tardiva ma liberatoria”.

            «Non è una cosa facile con cui convivere», ha ammesso, «ma è anche un superpotere. Mi ha aiutata a capire perché vedo e sento le cose in modo così intenso».

            Una mente sempre in movimento

            Durante la conversazione con la conduttrice Emma Barnett, Annie Lennox ha descritto la propria percezione del mondo con un’immagine vivida: «Sono come una gazza ladra. Osservo tutto, ogni dettaglio mi attrae. Sono estremamente sensibile». È stato proprio questo modo di vivere la realtà — curioso, frenetico, attento alle sfumature — a portarla a chiedersi se ci fosse qualcosa di più dietro la sua costante “iperattenzione emotiva”.

            La diagnosi di ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) ha dato un nome a quella che lei stessa definisce una “mente sempre in movimento”. Si tratta di una condizione neurodivergente, cioè di una diversa modalità di elaborare informazioni, emozioni e stimoli. Non una malattia, ma una variazione del neurosviluppo, al pari di autismo e dislessia.

            «Mi è stato spiegato come funziona la mia mente e come funziona quella delle persone che condividono questa condizione», ha raccontato. «È stata una rivelazione, ma anche un sollievo: finalmente ho compreso molte cose del mio passato e del mio modo di essere».

            Dalla fragilità alla forza creativa

            Per Lennox, l’ADHD non è mai stato un ostacolo alla carriera, anzi: «Credo che porti con sé una certa brillantezza», ha detto sorridendo. «Non sto dicendo di essere brillante, ma ammetto che ho sempre aspirato a esserlo, attraverso la musica, le parole, la performance. Forse è proprio l’energia dell’ADHD ad avermi dato quella spinta costante a creare».

            E in effetti, ripensando alla sua carriera, il filo rosso della curiosità e della ricerca è evidente. Dagli anni Ottanta con gli Eurythmics, al fianco di Dave Stewart, fino ai progetti solisti più intimi e impegnati, Lennox ha sempre dimostrato una sensibilità fuori dal comune, capace di fondere pop e introspezione, sensualità e denuncia sociale.

            Oggi, alla luce della diagnosi, interpreta molti aspetti della sua vita con uno sguardo nuovo: «Forse la mia iperattività mentale, quella sensazione di non riuscire mai a spegnere il cervello, è la stessa forza che mi ha tenuto viva e creativa per tutti questi anni».

            Una condizione spesso sottovalutata

            L’ADHD negli adulti è un tema di cui si parla ancora poco, anche nel mondo scientifico. Spesso la diagnosi arriva in età avanzata, soprattutto tra le donne, perché i sintomi possono manifestarsi in modo più sottile rispetto agli uomini.

            Tra i segnali più comuni ci sono distrazione, impulsività, difficoltà a organizzarsi, insonnia e iperfocalizzazione su interessi specifici. In molti casi, le persone imparano a sviluppare strategie di compensazione per gestire questi tratti, riuscendo a mantenere una vita piena e di successo.

            La diagnosi, spiegano gli esperti, è clinica e si basa su una valutazione accurata condotta da psicologi o neuropsichiatri, che analizzano la storia personale e comportamentale del soggetto secondo i criteri del Manuale diagnostico DSM-5. Non esistono test univoci, ma un percorso multidisciplinare che include colloqui, osservazioni e, se necessario, test cognitivi e neurologici.

            La serenità di una nuova consapevolezza

            Per Annie Lennox, scoprire di avere l’ADHD non è stato un colpo, ma un passo verso una nuova forma di autocomprensione. «Non è una diagnosi che ti definisce, ma ti aiuta a capire chi sei davvero. Ho sempre cercato di canalizzare la mia energia nel creare, e ora so da dove veniva quella spinta».

            Oggi l’artista britannica vive con leggerezza la sua scoperta, trasformandola in un messaggio di accettazione e di forza: «Ogni mente è unica. E se la mia è un po’ più caotica del normale, va bene così. È anche per questo che la musica, per me, è sempre stata casa».

              Continua a leggere

              Musica

              Jack Osbourne: “Mio padre non voleva che la gente provasse pena per lui. Lo trovava ridicolo”

              Dalla malattia al libro scritto fino a due giorni prima di morire, Jack Osbourne ripercorre la parabola finale del padre. “Era frustrato perché non riusciva più a stare in piedi, ma non ha mai smesso di ridere. Roger Waters? Un idiota del cazzo, geloso. Mio padre lo ascoltava sempre”.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Jack Osbourne ha dovuto dividere suo padre con il mondo. “Era sempre in tour”, racconta il figlio minore di Ozzy in un’intervista a Rolling Stone UK. “Posso dire d’averlo conosciuto davvero solo da adulto, ai tempi di World Detour, quando giravamo l’America insieme. È stato l’ultimo periodo in cui stava bene”. Quel tempo sereno finì nel 2019, con la caduta domestica che aggravò i sintomi del Parkinson e diede inizio a un calvario durato anni.

                Di quell’esperienza parla oggi nel documentario Ozzy: No Escape from Now e nel libro postumo Last Rites, cui il cantante ha lavorato fino a due giorni prima della morte. “Ci siamo chiesti se fosse giusto pubblicarlo – spiega Jack – ma era il suo desiderio. Non farlo sarebbe stato un torto. Papà non aveva rimpianti. Ha vissuto una vita incredibile, e scrivere era il suo modo per dire: ‘Ok, sono stato malato, ma non provate pena per me’. Lo trovava ridicolo”.

                Il figlio ricorda un uomo che non si arrendeva. “Era frustrato perché non riusciva ad alzarsi, ma lavorare lo faceva sentire vivo. Quando registrava un disco o faceva il podcast con noi era felice. Nei periodi di inattività si abbatteva. Si sentiva utile solo quando creava qualcosa”.

                L’ultimo concerto, Back to the Beginning, ha avuto per la famiglia un sapore agrodolce. “È stato come un funerale in vita. C’era una perfezione divina e al tempo stesso strana. Lui era felice: aveva rivisto amici di trent’anni prima, fan, colleghi. E nella sua Birmingham era come chiudere un cerchio”.

                Anche nei momenti peggiori Ozzy restava Ozzy: ironico, rumoroso, indisciplinato. “Gli bastava una battuta con la parola ‘cazzo’ per ridere come un pazzo. Dopo l’incidente era diventato più tranquillo, ma non meno se stesso. Continuava a sparare la musica a dieci miliardi di decibel. Passava da Michael Jackson ai Pink Floyd, e questo rende ancora più assurde le parole di Roger Waters. Che idiota del cazzo. Penso sia solo gelosia: mio padre lo stimava e lo ascoltava sempre”.

                Le operazioni fallite restano una ferita aperta. “Quella prima, in particolare, ha peggiorato tutto. È la maledizione dei medici di Los Angeles: hanno paura di dire la verità. Da quell’intervento è andato tutto a rotoli”.

                Oggi Jack vive tra America e Inghilterra, vicino alla madre Sharon. “Sta bene non stando bene. Sta cercando di capire da dove ripartire. Ma è circondata d’amore e papà non avrebbe voluto vederla triste. Detestava la pietà, diceva sempre: ‘Guardate avanti’”.

                Alla fine, resta l’eredità di un uomo che ha attraversato mezzo secolo di rock senza perdere la sua fame. “Molti diventano rockstar, lui lo è stato davvero. Non si è mai fermato, non ha mai avuto paura di cambiare. Non c’è decennio in cui non abbia lasciato il segno. E quando scrive, nell’ultimo capitolo, ‘Ho avuto una vita rumorosa. Ora sono pronto per un po’ di silenzio’, io so che lo credeva davvero. Solo che quel silenzio, adesso, fa un rumore assordante”.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù