Musica
De André ai rapitori: «Potevate prendere Guccini». Il lato ironico e profondo di Faber, a 85 anni dalla nascita
Un’ironia tagliente anche nei momenti più drammatici, una musica che continua a parlare a generazioni diverse e un’eredità culturale che va oltre le canzoni. Fabrizio De André avrebbe compiuto 85 anni e a Montecitorio è andato in scena un omaggio alla sua arte, con il racconto inedito di Dori Ghezzi e il ricordo di chi lo ha conosciuto.

Potevate prendere Guccini. È con questa frase che Fabrizio De André rispose ai suoi rapitori nel 1979, mentre era nelle mani dell’Anonima Sequestri sarda. A raccontarlo è Dori Ghezzi, sua compagna di una vita, che in occasione dell’omaggio per gli 85 anni dalla nascita del cantautore ha ricordato il celebre episodio. «Uno dei rapitori disse che preferiva Guccini. Fabrizio gli rispose: ‘Potevate prendere lui, allora’», ha raccontato tra sorrisi e nostalgia.
Un’ironia che non lo ha mai abbandonato, nemmeno nei quattro mesi di prigionia. E che, forse, dice tutto su di lui: un artista che sapeva affrontare anche il dolore con un distacco beffardo e un pensiero sempre lucido. Ma De André non si limitò a scherzarci su: pochi mesi dopo scrisse L’indiano, un album che mostrava una solidarietà inaspettata nei confronti dei suoi stessi sequestratori. «Anche loro erano vittime, come gli indiani d’America», ha spiegato Ghezzi. Un punto di vista che lasciò il segno, tanto che, secondo lei, qualcosa cambiò davvero: «Dopo quel disco i rapimenti non sono più accaduti. A qualcosa è servito, si sono un po’ vergognati».
A Montecitorio, la Sala della Regina ha ospitato l’evento Ma tu rimani, buon compleanno Faber, voluto dalla Presidenza della VII Commissione Cultura e organizzato da AssoConcerti. Un omaggio che ha visto la partecipazione di istituzioni, artisti, addetti ai lavori e persino studenti delle scuole superiori. Perché De André non è solo storia, ma anche presente.
A ricordarlo, tra gli altri, è stata la vicepresidente della Camera Anna Ascani, che ha confessato di aver suonato in una cover band dedicata a lui quando aveva 17 anni. Un segnale chiaro di come la sua musica continui a parlare alle nuove generazioni. Lo dimostra anche il vincitore di Sanremo 2025, Olly, che nella serata dei duetti ha portato sul palco dell’Ariston un brano di De André, segno che la sua eredità musicale è più viva che mai.
Eppure, al di là delle celebrazioni istituzionali, chi lo ha conosciuto davvero sa che Faber non è mai stato solo un cantautore. Il sottosegretario Gianmarco Mazzi, che ha lavorato con lui per anni, lo ha ricordato con affetto: «Passava per uomo autorevole e serioso, invece era una persona molto simpatica, autoironica e di grande dolcezza d’animo».
Il presidente della Commissione Cultura, Federico Mollicone, ha invece sottolineato il valore letterario della sua opera: «Se oggi siamo qui non è solo perché ha scritto capolavori ancora ascoltati da tutti, ma perché è stato un evocatore di mondi, un raccontatore di storie uniche e universali».
Per chi lo ha vissuto da vicino, come Bruno Sconocchia, il suo ex manager, il suo contributo va ben oltre la musica: «Ci ha lasciato un’eredità culturale e sociale centrata sulla capacità critica, l’attenzione per il diverso e l’emarginato, la ricerca di giustizia e libertà».
E poi c’è il De André più intimo, quello che non amava raccontare se stesso nelle sue canzoni. «Non ha mai voluto cantarsi addosso, tranne forse in Hotel Supramonte», ha spiegato Ghezzi. «Degli amori non parlava, se non di quelli passati. Oppure sembrava raccontasse vite di altri e invece era lui. Possibile, ma non ho mai voluto scoprirlo neanche io».
Forse, in fondo, è proprio questo il segreto di De André: riuscire a raccontare l’umanità senza mai esporre troppo se stesso. Continuare a vivere attraverso le sue storie, senza bisogno di spiegarsi. E, anche a 85 anni dalla sua nascita, restare più attuale che mai.
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Musica
Ed Sheeran realista: Se non facessi il musicista sarei… vergine!
In rete è apparso un video, postato da Ed Sheeran, dove l’artista britannico fa una confessione quantomeno coraggiosa. Un divertimento estemporaneo o un’abile trovata promozionale?

Un video che è diventato virale in pochissimo tempo. Quello dove la popstar Ed Sheeran sui suoi canali pubblica una clip estremamente auto-ironica che, ad oggi, conta più di 20 milioni di visualizzioni. Che oltretutto la dice lunga sul livello di popolarità del rosso cantautore.
Un’ammissione piuttosto coraggiosa
Nella clip si vede lui seduto sul pavimento di uno stadio gigante, dove si trova attualmente nel bel mezzo del suo tour europeo Mathematics. Girandosi verso la telecamera confessa: “Se non fossi un musicista, sarei vergine”. E se lo dice lui… perchè non credergli. Sheeran non è certo il propotipo del bellone alla Ricky Martin. Anche se dalla sua, come effettivamente ammette, c’è la capacità di scrivere canzoni che scaldano i cuori di tanti fan. Contenti loro…
600mila biglietti polverizzati in un’ora
La telecamera inquadra successivamente un enorme schermo led nello stadio, rivelando che Sheeran stava giocando a Pokémon Stadium. Un video fatto per divertirsi e basta o una azzeccata trovata pubblicitaria da agenzia? Le visualizzazioni comunque parlano chiaro e la “missione” può dirsi brillantemente terminata. Il musicista ha recentemente confermato di aver venduto 600.000 biglietti in soli 60 minuti per il suo ultimo tour musicale Per questo motivo, ha aggiunto una serie di nuove date per la sua attuale tournée. Neanche il tempo di concludere quello attuale, che terminerà il 7 settembre alla Merkur Spiel-Arena di Dusseldorf, dopo 168 show e un incasso superiore ai 650 milioni di dollari, che Ed Sheeran ha già annunciato un nuovo tour. Il rosso cantautore di Halifax, visto in Italia lo scorso mese (il 14 giugno si è esibito allo Stadio Olimpico di Roma con l’unica data di quest’anno del suo “+–=÷× Tour”), ha svelato i primi appuntamento del “The loop tour”, così come ha scelto di battezzare la tournée che partirà il prossimo gennaio. La serie di concerti partirà dal Go Media Stadium di Auckland, in Nuova Zelanda, il 16 gennaio 2026: undici gli appuntamenti annunciati per ora, tutti in Oceania. Sheeran si esibirà – tra le altre città- a Sydney (13 e 15 febbraio, Accord Stadium), Brisbane (20 e 21 febbraio, Suncorp Stadium) e Melbourne (26 e 27 febbraio, Marvel Stadium).
“Comincerò un nuovo tour il prossimo anno, intitolato ‘The loop tour’. Nuovo palco, nuovi trucchi, nuovo allestimento, nuove canzoni e tutti i classici aggiunti alla scaletta”, ha fatto sapere Ed Sheeran.
Qualcosa su di lui
Vero nome Edward Christopher Sheeran, il suo stile musicale prevalentemente pop con elementi folk, soul e contemporary R&B, oltre a forti influenze derivanti dalla musica tradizionale irlandese. Ha ottenuto grande successo e popolarità in America del Nord, Oceania ed Europa, soprattutto nel Regno Unito, suo paese natale, dove ha infranto svariati record di vendite. Il suo primo album del 2011 è stat certificato sette volte disco di platino. Molto attivo nel mondo delle attività benefiche, Sheeran è anche un apprezzato compositore, tanto da essere divenuto autore di brani per diversi artisti. Fra i numerosi premi vinti, vi sono 4 Grammy Award e 6 BRIT Award. Secondo l’autorevole rivista americana Forbes, con un patrimonio personale stimato in 57 milioni di dollari, nel 2015 Ed Sheeran ricopriva la posizione numero 27 fra le celebrità più ricche del pianeta. Due anni dopo Times lo nomina fra le 100 personalità più influenti del pianeta.
Musica
Gino Paoli: “La mia polemica con le cantanti che mostrano il culo e con Elodie? Non sapevo chi fosse”
“Non volevo offendere Elodie. Semplicemente il mio era un discorso generale. Poi mia moglie mi ha mostrato una sua foto. È una bella donna”.

Il vecchio Gino Paoli, novantuno anni portati come un pirata in pensione, apre il baule dei ricordi e ci infila dentro di tutto: bordelli viola, puttane innamorate, whisky, sigarette, tentativi di suicidio e polemiche pop. Intervistato da Aldo Cazzullo, il cantautore che ha scritto l’inno generazionale del desiderio, Il cielo in una stanza, spara senza filtro.
«Un anno e mezzo fa dissi che un tempo avevamo Mina e Vanoni, adesso emergono le cantanti che mostrano il culo», ricorda. «Non ce l’avevo con nessuna in particolare. Giuro che non sapevo chi fosse Elodie. Poi mia moglie mi ha mostrato una sua foto: è una bella donna».
Il cantautore di Genova sorride, seduto a tavola con la moglie Paola, la figlia Amanda e la suocera Leda, 93 anni, che prepara ancora le tagliatelle come se il tempo fosse rimasto fermo. Padre e figlia hanno gli stessi occhi. Amanda racconta: «Tutte le volte che andavo da Maurizio Costanzo scoppiava a ridere: “Non ti offendere Amanda, ma sembri Gino Paoli con la parrucca”».
Poi si apre la porta del bordello dei ricordi. «Sì, Il cielo in una stanza era proprio quella stanza. Ebbi un amoretto con una puttana. Mi piaceva tanto e io piacevo a lei. Andai in quella stanza due, tre, quattro volte. Fino a quando finii i soldi». E allora il giovane Gino si inventò ladro: «Rubai i libri a mio padre, una vecchia enciclopedia che rivendetti. Così potei rivederla ancora qualche volta. Poi le dissi: questa è l’ultima volta. E lei: “Ma no, vieni lo stesso!”. La prendevo al mattino e giravamo come due fidanzati. Poi arrivò la decisione: lei doveva lasciare Genova e mi chiese di seguirla. Ci pensai seriamente, ma prevalse il senso del dovere. Non l’ho mai più rivista».
E l’orgasmo di quella canzone immortale? «È il momento in cui entra l’armonica», ride lui.
L’uomo che voleva spararsi al cuore («Avevo tutto, il successo, le donne, e non sentivo più nulla. Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte») non ha mai superato la morte del figlio Giovanni, e oggi si concede alla vita con un cinismo da sopravvissuto. Il segreto per arrivare a 90 anni in forma? «Con lo stile di vita più malsano possibile. Ho fumato per decenni due pacchetti di sigarette al giorno e bevuto una bottiglia di whisky. L’ho detto a un convegno di gerontologi e mi hanno applaudito dieci minuti. Il mio medico mi vuole rigare la macchina».
Tra Elodie, i bordelli di Genova, le puttane dal cuore tenero e un cielo che ancora profuma di desiderio proibito, Gino Paoli resta fedele al suo personaggio: un vecchio ragazzo che non ha mai fatto pace con la vita, e per questo è ancora vivo.
Musica
Ozzy Osbourne, la morte assistita? Il biografo sgancia la bomba: “Ha scelto l’eutanasia per non soffrire”
Ozzy è morto davvero per cause naturali? Nessuna indicazione sul luogo o sulla dinamica del decesso. Ora la biografia di Ken Paisli rilancia l’ipotesi della dolce morte: “Aveva paura della sofferenza, non della fine. E ha sempre detto che non voleva morire come suo padre”. Gli indizi ci sono.

Ozzy Osbourne è morto. Ma come è morto davvero il Principe delle tenebre? È questa la domanda che scuote oggi il mondo del rock. Perché, a pochi giorni dall’annuncio della famiglia, arriva una rivelazione che cambia tutto: Ozzy avrebbe scelto l’eutanasia per evitare la sofferenza.
A insinuarlo è Ken Paisli, autore del libro Ozzy – La storia, in uscita il 6 agosto. Una bomba sganciata con fredda lucidità: “Non temeva la morte, ma il dolore. E credo che sia riuscito a evitarlo”, scrive Paisli, ricordando un’intervista del 2022 in cui Ozzy dichiarava: “Se hai una malattia terminale, è giusto poter decidere. Ho visto mio padre morire tra atroci dolori. Io non voglio finire così”.
Ozzy lottava da anni con il Parkinson, e da mesi era visibilmente peggiorato. Ma lunedì, poco prima dell’annuncio, sui suoi social è apparsa un’immagine che ora suona come un addio: una foto davanti al camerino del suo ultimo concerto a Birmingham, sotto una scritta chiara: “The final show”. Lo show finale.
Poi, il buio. Il comunicato diffuso dalla famiglia parla solo di “morte avvenuta circondato dall’amore”, nessun dettaglio su dove sia avvenuta, nessun accenno alle cause. Nessun ospedale, nessun testamento artistico. Solo silenzio.
Un silenzio che pesa. E alimenta la tesi del biografo: una scelta consapevole, intima, lucida. Non una fuga, ma un atto di controllo. Ozzy, che ha sempre vissuto al limite, potrebbe aver deciso di chiudere la partita a modo suo, evitando la tragedia del lento decadimento fisico.
Un gesto estremo. Ma profondamente coerente con la sua leggenda.
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