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Musica

Fedez contro le regole: spoiler sul duetto a Sanremo, e ora rischia ancora grosso. Il rapper ci ricasca?

Fedez e Sanremo, un rapporto tormentato con il regolamento: il rapper avrebbe svelato il nome della band con cui duetterà, violando ancora una volta le regole. Dai social ai palchi dell’Ariston, l’ennesima fedezzata rischia di trasformarsi in un caso mediatico, ma i fan si domandano: possibile che Carlo Conti lo perdoni di nuovo?

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    Fedez e le regole: una storia d’amore mai nata. Il rapper più discusso d’Italia ci ricasca, aggiungendo un nuovo capitolo al suo romanzo personale intitolato “Come infrangere i regolamenti di Sanremo senza nemmeno accorgersene”. Questa volta, il problema non è una strofa condivisa per sbaglio su Instagram, come accadde nel 2021 con “Chiamami per nome”, ma un presunto spoiler sul duetto che lo vedrà protagonista nella serata delle cover del Festival di Sanremo 2025. Insomma, sembra che Fedez abbia una relazione complicata con le regole, e anche quest’anno non ha resistito alla tentazione di mettere i piedi nel proverbiale piatto dell’Ariston.

    Secondo All Music Italia, Fedez avrebbe involontariamente fatto trapelare il nome della band che lo accompagnerà sul palco: i Fuckyourclique, un gruppo underground composto da Disa, Kimyo e Pupis, attivi dal 2018. L’indiscrezione non è stata confermata ufficialmente, ma se fosse vera, sarebbe l’ennesima dimostrazione che il rapper non ha imparato nulla dal pasticcio di quattro anni fa. All’epoca, la sua ingenuità gli era quasi costata la squalifica dal Festival, evitata solo grazie a un colpo di generosità del direttore artistico Amadeus. Ma si sa, sbagliare è umano, perseverare è… beh, da Fedez.

    Eppure, c’è qualcosa di straordinariamente prevedibile in questa vicenda. Perché, in fondo, cosa sarebbe Sanremo senza almeno una fedezzata a scaldare i motori della polemica? Il Festival, ormai, non è solo musica e fiori, ma anche un campo minato di regolamenti, strategia e comunicazione. E Fedez, in questo, sembra sempre pronto a mettersi nei guai, come se avesse un radar speciale per individuare il modo più creativo di infrangere le regole.

    Le reazioni non si sono fatte attendere. Mentre i fan del rapper sono già pronti a difenderlo a spada tratta, altri storcono il naso, ricordando che Sanremo è prima di tutto una competizione, e le regole vanno rispettate. Ma Fedez, si sa, è un maestro nel trasformare ogni potenziale guaio in una mossa di marketing. Cosa importa se una leggerezza potrebbe costargli qualche malumore tra gli addetti ai lavori? L’importante è far parlare di sé, e su questo non c’è dubbio che l’abbia già vinta.

    La domanda, però, resta: Amadeus lo grazierebbe di nuovo, qualora l’indiscrezione fosse confermata? Cosa farà invece il nuovo direttore artistico Carlo Conti? E, soprattutto, quanto può continuare a sfidare il sistema prima che qualcuno decida di metterlo seriamente alla prova? Certo, per ora tutto rimane nell’ambito del “forse”. Ma con Fedez al timone, possiamo stare certi di una cosa: qualsiasi sia l’esito, non mancheranno le scintille. E se il Festival è sinonimo di emozioni e sorprese, almeno in questo Fedez non ha mai deluso.

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      Musica

      Addio a Sandro Giacobbe: si è spento a 75 anni il cantautore di “Signora mia”, voce gentile della musica italiana degli anni Settanta e Ottanta

      Sandro Giacobbe, autore di successi che hanno segnato intere generazioni, è morto a 75 anni. Da oltre dieci anni combatteva contro un tumore che aveva affrontato con dignità e ironia. Dai primi trionfi con “Signora mia” e “Gli occhi di tua madre” fino alle collaborazioni recenti, Giacobbe ha attraversato decenni di musica italiana lasciando un repertorio intenso, popolare e riconoscibile. Lascia la moglie e i figli Andrea e Alessandro.

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        Sandro Giacobbe si è spento nella sua casa di Cogorno, vicino a Genova. Aveva 75 anni e da tempo lottava contro un tumore che aveva affrontato con lucidità e una forza discreta, condividendo negli ultimi mesi alcuni passaggi della malattia con il pubblico. Cantautore appartato, amato per la sua voce limpida e per la capacità di raccontare sentimenti e fragilità, Giacobbe è stato una presenza costante nella musica italiana dagli anni Settanta in poi.

        Nato nel 1949, aveva conquistato le classifiche nel 1974 con “Signora mia”, brano che divenne un successo nazionale e che entrò anche nella colonna sonora del film di Lina Wertmüller Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. Due anni dopo arrivò il terzo posto al Festival di Sanremo con “Gli occhi di tua madre”, una delle sue interpretazioni più note. Seguì una stagione di popolarità intensa, con canzoni che hanno accompagnato generazioni di ascoltatori.

        La sua carriera non si era mai interrotta. Nel tempo Giacobbe aveva alternato nuove produzioni, collaborazioni e presenze televisive, mantenendo un legame profondo con la sua Genova. Nel 2020 aveva realizzato con Don Backy il brano “Genova”, una dichiarazione d’amore alla città. E ancora, nel 2023, aveva inciso “Lettera al gigante”, scritto dal figlio Andrea, segno di una storia familiare che attraversava anche la musica.

        La malattia lo aveva costretto a rallentare, ma non a perdere il suo tono sereno. Qualche mese fa, ospite di Domenica In, aveva parlato con sincerità del percorso affrontato insieme alla moglie Marina Peroni, accanto a lui dal 2010. Con delicatezza e un sorriso che non voleva spegnersi, aveva mostrato le conseguenze della terapia, raccontando la paura, la stanchezza, ma anche il coraggio con cui aveva cercato di vivere ogni giorno.

        Oggi il mondo della musica ricorda un artista gentile, lontano dagli eccessi, capace di lasciare un segno con canzoni che hanno attraversato decenni di storia italiana. La sua voce, dolce e riconoscibile, resta nelle melodie che ha consegnato al pubblico e nel ricordo di chi l’ha conosciuto, ascoltato e amato.

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          Musica

          Fiorello lancia Giorgia verso Sanremo 2027: nasce in diretta il sogno di un Festival “utopistico” che fa impazzire già i social

          Durante una chiacchierata in diretta, Fiorello propone a Giorgia di prendere in mano la direzione artistica di Sanremo 2027. Lei scherza, lui rilancia, e tra battute e mezze promesse il pubblico intravede l’ipotesi di un Festival completamente diverso, “utopistico”, come lo definisce la cantante. Una suggestione che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più.

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            Sanremo non dorme mai, nemmeno quando il prossimo Festival è ancora lontano. E così basta un botta e risposta tra Fiorello e Giorgia per scatenare un turbine di ipotesi, meme e sogni collettivi. Tutto nasce da un’idea buttata lì con l’entusiasmo che solo Fiore può permettersi: Giorgia direttrice artistica di Sanremo 2027. Una suggestione che accende immediatamente la fantasia del pubblico.

            Il momento in cui nasce il “Sanremo utopistico”
            Giorgia, col suo stile elegante e autoironico, prende la palla al balzo: «Tu ci saresti? Quando parli di questo Sanremo ipotetico, impossibile, utopistico…». Una risposta che non chiude, anzi apre. Perché invece di liquidare l’idea, la cantante ci gioca, la rigira, la rende improvvisamente plausibile. È un attimo e la rete impazzisce.

            Fiorello rilancia e spiazza tutti
            La replica dello showman è immediata: «Ne parliamo, Giorgia. Se ci sei tu magari mi viene lo sghiribizzo». È la frase che sposta l’asticella: non è più una battuta, non è più una fantasia dei fan. È un “chissà”. È un “forse”. Ed è abbastanza perché la macchina del Festival inizi simbolicamente a muoversi, come fosse già quasi gennaio.

            Perché la proposta ha fatto breccia
            L’idea funziona perché mette insieme due mondi che il pubblico ama: l’autorevolezza musicale di Giorgia e la follia creativa di Fiorello. Un Sanremo guidato da una delle voci più iconiche della musica italiana avrebbe un profilo totalmente nuovo, più tecnico, più emozionale. E con Fiore che entra in scena “a sghiribizzi”, il potenziale di spettacolo sarebbe altissimo.

            Il sogno collettivo dei fan
            Per ora, ovviamente, è solo una chiacchiera. Un gioco. Ma a Sanremo i giochi, a volte, diventano realtà molto più in fretta del previsto. E l’idea di un’edizione utopistica firmata Giorgia ha già acceso un entusiasmo che nessun comunicato ufficiale potrebbe generare. Basta un lampo, un dialogo leggero, e il 2027 sembra già dietro l’angolo.

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              Sanremo, il paradosso degli esclusi: il cast che avrebbe fatto esplodere il Festival è rimasto fuori dalla porta dell’Ariston

              Ogni anno il totonomi scatena il pubblico, ma questa volta la sensazione è più netta: il Festival avrebbe potuto avere un cast alternativo potentissimo, fatto proprio di chi non è stato selezionato. Voci consolidate, talenti pop, cantautori generazionali e outsider di qualità: il paradosso degli esclusi apre un vero dibattito sulla direzione artistica.

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                Sanremo ha un suo rito crudele: la lista degli esclusi. Quest’anno, però, quel parterre di nomi sembra una lineup da Festival vero, capace di muovere pubblico, streaming e narrazioni. Anna Tatangelo, Alex Britti, Nina Zilli, Mr. Rain, Carl Brave, Fred De Palma, Frah Quintale, Il Tre, Chiara Galiazzo, Benji & Fede, Venerus, Aiello, Amara, Emma Nolde, La Niña, California, Sarah Toscano: un elenco che, messo insieme, somiglia più a una compilation di hit potenziali che a un cestino dei rifiuti.

                La forza commerciale (e pop) degli esclusi

                Basta leggere i nomi per capire il peso specifico del gruppo. Mr. Rain è reduce da classifiche e sold-out, Carl Brave ha modellato il pop contemporaneo, Frah Quintale è un riferimento generazionale. Fred De Palma domina le estati italiane, mentre Nina Zilli e Alex Britti restano voci riconoscibili che il Festival ha sempre saputo valorizzare. Persino la parte “emergente” spinge forte: Venerus, Amara, Emma Nolde e La Niña rappresentano ciò che la nuova musica italiana sta diventando. In termini puramente musicali, il cast alternativo regge — e talvolta batte — quello ufficiale.

                Una domanda inevitabile: perché lasciarli fuori?

                Le logiche del Festival restano complesse: equilibri di generi, quote televisive, esigenze narrative, disponibilità di ospiti e promozioni discografiche. Eppure la sensazione è che questa volta l’Ariston abbia perso un’occasione. Un cast “giovane ma non troppo”, pop ma anche d’autore, mainstream ma con un’anima, avrebbe potuto intercettare un pubblico trasversale. Il rischio, invece, è che a vincere sia la prevedibilità. E che gli esclusi, uniti senza volerlo, diventino la prova che Sanremo non sempre fotografa il meglio della musica italiana, ma ciò che al momento conviene mostrare.

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