Musica
Gabry Ponte racconta: ecco come “Tutta l’Italia” è diventata il jingle di Sanremo 2025
Se Sanremo 2025 ha avuto una colonna sonora indimenticabile, il merito è anche di Tutta l’Italia, la hit di Gabry Ponte che ha accompagnato l’ultima edizione del Festival come jingle ufficiale. Un successo inaspettato, nato quasi per caso, e reso possibile dall’intuizione di Carlo Conti. Il conduttore e direttore artistico della kermesse ha creduto nel brano fin da subito, dandogli una visibilità senza precedenti. Oggi, la canzone non solo è un tormentone, ma è anche riuscita a conquistare il San Marino Song Contest, diventando il brano che rappresenterà la Repubblica del Titano all’Eurovision Song Contest 2025, in programma a Basilea dal 13 al 17 maggio.
A raccontare la genesi del pezzo è stato lo stesso Gabry Ponte, svelando che la canzone, in realtà, non era stata pensata per Sanremo. “L’abbiamo scritta immaginando il concerto di San Siro di giugno, come un inno per quell’evento. Se senti il testo, parla proprio di quello: ci siamo immaginati lo stadio pieno, tutta l’Italia che salta su questa musica”. Poi, quasi per caso, il brano è arrivato alle orecchie di Carlo Conti, che ha immediatamente intuito il potenziale della traccia. “Non direttamente da me, ma a lui il pezzo è piaciuto. Ci siamo parlati e c’è stata, per un attimo, l’idea di portarlo in gara. Ma il problema era sempre lo stesso: io non canto, quindi sarebbe stato complicato pensare a una partecipazione ufficiale”, ha spiegato Ponte.
A confermare la versione è stato lo stesso Conti, che ai microfoni di Fanpage.it ha raccontato la sua intuizione. “Me l’aveva presentata per la gara, ma lui è un dj e non si capiva chi potesse cantarla. Anche sul palco, la voce era quasi anonima, infatti con lui c’era un cantante mascherato (Andrea Bonomo, ndr). Era un brano fortissimo, quindi ho deciso di usarlo come sigla, e forse così ha avuto ancora più successo: è diventato un tormentone assoluto”.
Alla fine, l’idea vincente è stata quella di utilizzarlo come jingle, evitando di affidarlo ad altri artisti per non snaturarne l’essenza. “Carlo mi ha proposto di essere ospite al Festival e di utilizzare il pezzo come sigla. Non avevo ben capito cosa intendesse, anche perché storicamente Sanremo non ha una sigla. Ma poi ho accettato, perché Sanremo è Sanremo, e Carlo ha un fiuto incredibile”, ha raccontato il dj.
Ponte ha capito l’impatto della canzone fin dalla prima sera della kermesse: “Dell’invadenza di questa canzone all’interno del Festival me ne sono accorto subito. È stato bellissimo vedere tutto il pubblico reagire in quel modo”. Un successo che lo stesso artista attribuisce alla lungimiranza di Conti: “È stato uno dei primi a crederci. Ha sentito il pezzo e ha detto ‘Questa è una hit pazzesca’. L’ha sostenuta e promossa con grande entusiasmo. È grazie a lui e ai fan se oggi il brano è arrivato dove è arrivato”.
Ora, con l’Eurovision all’orizzonte, Tutta l’Italia è pronta a far ballare anche l’Europa. Il percorso di questa canzone, iniziato quasi per caso, si prepara a scrivere un nuovo capitolo.
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Musica
Rkomi nei teatri: la rinascita di Mirko Martorana tra musica, confessione e catarsi
Al Teatro Augusteo di Napoli, l’artista milanese annulla le distanze col pubblico e mette in scena un concerto che è anche un racconto esistenziale. Tra monologhi, improvvisazioni e vecchie hit, Rkomi cerca la verità dietro la fama.
Un concerto che è anche un esperimento
Non è un semplice tour, e nemmeno un classico spettacolo teatrale. Mirko nei teatri, il nuovo progetto live di Rkomi, è qualcosa di più difficile da definire: un esperimento artistico, un rito collettivo, una messa in scena del proprio cambiamento. Dopo l’esordio al Teatro degli Arcimboldi di Milano, la tappa al Teatro Augusteo di Napoli ha confermato l’intento: abbattere le convenzioni del concerto e riportare il contatto umano al centro dell’esperienza musicale.
Sul palco, con lui, una formazione dal respiro jazz e rock: Marco Spaggiari alla direzione musicale e alle tastiere, Lorenzo Pisoni al basso, Eugenio Cattini alla chitarra, Elia Pastori alla batteria, Daniele Raimondi ai fiati e Marika Palluzzi ai cori. Un ensemble che accompagna Rkomi in una scaletta divisa in atti, dove la musica si intreccia a lunghi monologhi e riflessioni personali.
Dal successo alla decostruzione di sé
Mirko Martorana, classe 1994, ha costruito in pochi anni una carriera travolgente: dal rap milanese di Io in terra fino al successo di massa di Taxi Driver, il disco più venduto in Italia nel 2021. Ma proprio quel trionfo ha innescato un processo inverso: la voglia di smontare, di tornare a qualcosa di più intimo, autentico, fragile.
Lo si capisce già dai primi minuti dello spettacolo. L’artista entra in sala dalle ultime file, attraversando il pubblico prima di salire sul palco. Un gesto simbolico, quasi teatrale: il percorso fisico diventa metafora di un ritorno alle origini, alla vicinanza con chi ascolta. “Volevo ritrovare il contatto umano che nei palazzetti si perde”, ha dichiarato in una recente intervista.
A Napoli, l’atmosfera è densa e partecipata. Dopo Io in terra, l’energia esplode con l’arrivo a sorpresa di Ernia, che duetta su Vorrei e Acqua calda e limone. Ma la vera novità sta nella costruzione narrativa: ogni parte del concerto corrisponde a una fase della vita di Rkomi, dal desiderio di emergere fino alla crisi d’identità post-fama.
Una messa in scena emotiva e fisica
Nel primo atto, l’artista abbatte letteralmente la “quarta parete”: invita il pubblico ad alzarsi, si muove tra le poltrone, canta sostenuto dalle mani dei fan. L’intervento delle maschere di sala, accorse per riportare ordine, diventa parte involontaria dello spettacolo. Poi la scena cambia: appare una gabbia, dentro la quale Rkomi intona Mai più, simbolo di prigionia e liberazione.
I momenti più intensi arrivano con Il ritmo delle cose, Apnea e Cancelli di mezzanotte, dove la voce si intreccia alle luci e agli strumenti in un crescendo emotivo. Il pubblico canta, ma ascolta anche, in silenzio, i monologhi dell’artista: frammenti di memoria, confessioni sul prezzo del successo, riflessioni sulla vulnerabilità e sulla necessità di “disimparare a compiacere”.
Il senso di un ritorno
Mirko nei teatri è più di un tour: è una dichiarazione d’intenti. Dopo anni in cui la musica urban italiana ha cercato solo la spettacolarità, Rkomi sceglie la lentezza, il contatto, la narrazione. È un modo per riconnettersi non solo al pubblico, ma anche a sé stesso.
Alla fine dello show, mentre le luci si abbassano e il pubblico resta in piedi, si ha la sensazione di aver assistito non a un concerto, ma a una confessione collettiva. Rkomi non ha solo portato la sua musica nei teatri: ha portato la sua storia, con tutte le contraddizioni, le cadute e le rinascite.
Come dice lui stesso in uno dei monologhi: “Dovevo fermarmi per capire cosa volevo davvero. A volte, per ritrovarsi, bisogna perdersi”.
Musica
Elodie infiamma Milano: coreografia ultra-saffica con Megan Ria e Franceska Nuredini, baci e strusciate sul palco.
Performance fisica e dichiaratamente sensuale sul palco: Megan Ria e Franceska Nuredini si scambiano baci e carezze, Elodie risponde con il suo repertorio più audace. Il pubblico del Forum applaude, i social si dividono tra chi parla di libertà artistica e chi accusa la star di puntare solo sulla provocazione.
Milano ha accolto Elodie con l’energia delle grandi occasioni e lei, come da copione, ha scelto di alzare la temperatura. Al Forum la cantante ha costruito uno show fatto di ritmo, luci, coreografie serrate e un’estetica dichiaratamente erotica. Al centro della scena, un momento destinato a far discutere: Megan Ria e Franceska Nuredini, due delle sue ballerine, si sono lasciate andare a una sequenza ultra-saffica tra baci, strusciate e contatti ravvicinati.













La platea ha reagito tra ovazioni e telefoni alzati, consapevole che la cantante romana non ama la timidezza scenica. La sensualità è il suo linguaggio, e negli ultimi anni lo ha rivendicato con forza.
Baci sul palco e social divisi
La scena ha infiammato il pubblico presente e, inevitabilmente, i social. Tra chi applaude la libertà espressiva e chi parla di eccesso, i commenti non si sono risparmiati.
“Che bomba scenica”, scrivono i fan. “È pop, è show, è femminilità che si prende lo spazio”.
Tra i detrattori, invece, c’è chi sostiene che dietro le coreografie provocanti ci sia poco altro: «Elodie non sa cantare e nasconde tutto con queste sceneggiate da cubista», si legge online.
Un refrain che accompagna da tempo la cantante, spesso al centro di dibattiti sulla linea sottile tra arte, sensualità e marketing.
Libertà artistica o puro scandalo?
La “Beyoncé del quartaccio”, come qualcuno l’ha soprannominata negli anni, continua a muoversi sul filo — e non teme l’equilibrismo. I suoi show mescolano pop internazionale, coreografie fisiche e una femminilità muscolare, lontana dalle mezze misure.
E mentre le ballerine si scambiavano baci sul palco, lei danzava con la sicurezza di chi sa che ogni gesto finirà analizzato, divorato e discusso. Strategia o convinzione? Forse entrambe.
Quello che è certo è che Elodie resta una delle performer italiane più commentate, nel bene e nel male. E a giudicare dal clamore, al Forum di Milano l’obiettivo — far parlare, emozionare, dividere — è stato centrato.
Senza frenate, senza filtri. Proprio come piace a lei.
Musica
Zucchero perde metà degli incassi e chiude in rosso: crollano i ricavi della sua società musicale
Il fratello Lucio, amministratore unico, mostra i conti: svanisce l’utile da 3,9 milioni dell’anno precedente. La società resta solida grazie agli investimenti finanziari, tra titoli di Stato, obbligazioni e certificati derivati “a titolo speculativo”. Dal rimborso chilometrico ai fondi, la macchina Fornaciari frena ma non si ferma.
«Porca l’oca, c’ho la pelle d’oca». È facile immaginare che Adelmo Fornaciari l’abbia pronunciata davvero, quella battuta diventata verso di canzone, quando il fratello Lucio — amministratore unico della Zucchero & Fornaciari Music srl — gli ha mostrato i conti dell’esercizio 2024. I numeri raccontano una frenata brusca: ricavi in caduta da 10,29 a 4,75 milioni di euro e il passaggio da un utile da 3,93 milioni a una perdita da 279.199 euro. Una scivolata pesante per una delle società musicali più solide del panorama italiano, finita così fuori dalla top ten del settore.
Non si tratta di un crollo strutturale, sottolineano i documenti societari, ma di un anno segnato da un netto ridimensionamento delle attività dopo stagioni particolarmente ricche. La società, partecipata dal cantante al 99,5% e dal fratello allo 0,5%, produce, distribuisce e promuove opere musicali, curando anche tutta la fase di lancio e promozione dei progetti discografici.
Bilancio in rosso, cuscinetto in cassaforte
La perdita è stata assorbita dalle riserve accumulate negli anni: la società è patrimonialmente robusta e può contare su investimenti finanziari consistenti. Nella nota integrativa compaiono 205mila euro di titoli di Stato, oltre un milione in obbligazioni e circa 926mila euro tra fondi e azioni. A questi si aggiungono 249mila euro di derivati, che Fornaciari specifica non essere strumenti di copertura, ma investimenti acquistati “a titolo speculativo o per temporanei impieghi di liquidità”. Come dire: Zucchero non rinuncia a prendersi qualche rischio neppure in Borsa.
Musica, conti e chilometri
La gestione operativa resta nelle mani del fratello Lucio, musicista anche lui, che percepisce un compenso amministrativo da 124.430 euro l’anno. E i conti rivelano un particolare domestico: 16.632 euro di rimborso chilometrico, pari a circa 1.386 euro al mese, a testimoniare una gestione diretta e continua dell’attività, lontana dall’immagine romantica del contabile chiuso in ufficio.
Zucchero, intanto, resta un marchio globale e i conti in rosso di un anno non cancellano una carriera che ha attraversato decenni vendendo milioni di dischi e riempiendo arene. La parentesi contabile ha acceso una spia, ma la macchina musicale — e finanziaria — di Fornaciari è ancora molto lontana dal fermarsi.
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