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Musica

Jovanotti inizia il countdown per il suo ritorno all’attività live, previsto per marzo 2025

Lorenzo Cherubini è pronto a tornare, con un nuovo singolo e soprattutto con un tour: a marzo 2025 avrà inizio il “PalaJova”, con una grande voglia da parte sua di far tornare a ballare e a cantare con il consueto, trascinanete entusiasmo.

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    Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è un simbolo positivo della musica italiana. Sempre la parola giusta al momento giusto, nei testi delle canzonicome negli interventi pubblici. Dopo il brutto incidente che lo ha visto coinvolto a luglio 2023, Jovanotti è pronto a tornare, con un nuovo singolo e soprattutto con un tour. A marzo 2025 avrà inizio il PalaJova e l’artista ne parla in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui ha svelato dei dettagli curiosi, si è raccontato apertamente, pensandosi mentalmente già al prossimo marzo. Con una voglia incontenibile di tornare ad incontrare i suoi fan.

    L’incidente sulle due ruote

    Jovanotti ama andare in bicicletta… ma a luglio 2023 a Santo Domingo è stato protagonista di un violento incidente: «Andavo in bicicletta su una strada asfaltata da due giorni, c’era un dosso non segnalato, ho fatto un volo sbagliato. Ho visto il piede al contrario, la clavicola fuori. Ambulanza. Ospedale più vicino. Poi ospedale più attrezzato. Il femore non si era rotto; si era sbriciolato. In particolare il trocantere, ovvero la parte curva dell’osso. Mi hanno operato alla bell’e meglio. Ma non potevo tornare in Italia: nessuna compagnia aerea mi voleva imbarcare, il rischio di embolia o di trombosi era troppo alto. Così sono rimasto a Santo Domingo un mese».

    Il rientro in Italia

    Poi il ritorno in Italia e la nuova operazione: «Mi facevano lastre, risonanze, e vedevo facce preoccupate. Avevo una gamba quattro centimetri più corta dell’altra. Bisognava ricostruire l’osso, ma prima dovevo aspettare sei mesi: al trocantere sono attaccati i tendini e i muscoli, ed era tutto vivo. Mi hanno operato da sveglio. Otto ore di anestesia totale erano troppe. Sentivo le martellate; ma era come se le dessero a un altro». È ancora alle prese con la fisioterapia: «La faccio per bene e non mi pesa. Sveglia alle sei, prima sessione di un’ora e mezza. Leggo, scrivo, suono, mangio, guardo il lago Trasimeno che luccica laggiù sotto il sole. Poi la seconda sessione. Per marzo sarò in forma».

    Di nuovo in tour

    Dopo un periodo che lo ha allontanato inevitabilmente dal palco, Jovanotti è pronto per tornare sotto la luce dei riflettori: «A marzo 2025 riprendo a suonare. Tournée nei Palasport. PalaJova. Sono curioso di provare la macchina, di vedere come funziona il mio corpo nuovo».

    Quella memorabile estate del 1976

    Da qualche giorno, intanto, è uscito il suo nuovo singolo Montecristo, che contiene un riferimento all’estate 1976: «Ho scelto il 1976 perché a dieci anni inizi a farti un’idea della vita, e un po’ anche per la rima. Da piccolo mio babbo Mario mi regalò un libro sulla tecnica del disegno, con una dedica, l’unica che mi abbia mai scritto: “A mio figlio Lorenzo, perché scopra se ha davvero la stoffa dell’artista”. Io l’ho regalato a mia figlia Teresa, quando lasciò medicina per studiare arte».

    Il fratello morto

    Jovanotti ha due fratelli, uno di loro purtroppo scomparso in un incidente di volo: «Bernardo e Umberto, che è morto a 46 anni, caduto con l’aereo che stava collaudando per conto di un amico. È stato lui a iniziarmi alla musica, ai cantautori». Il suo ricordo è indelebile: «Io lo rivedo tutti i giorni. Mi sto dimenticando le sue mani, la sua voce, perché certe cose bisogna lasciarle andare; ma noi due siamo sempre insieme. Come diceva il babbo, a Umberto partiva un treno al giorno: il clarinetto, la chitarra, le donne… Era un cristiano vero, andava a messa ogni domenica, girava con la Bibbia in macchina, tutta sottolineata. Ora quella Bibbia ce l’ho io».

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      Musica

      May Pang, la donna che Yoko Ono spinse tra le braccia di John Lennon: «Con lui è stato meraviglioso, il mio maestro»

      Tra il 1973 e il 1975 May Pang fu amante, confidente e musa di Lennon, in un rapporto voluto da Yoko Ono stessa. Nel film la donna racconta la sua verità: la passione con John, i tradimenti, gli abusi, la reunion con McCartney e il ritorno forzato del musicista alla moglie. Un triangolo che ha segnato la storia dei Beatles.

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        «So che non ero l’unica donna che amava. Amava Cynthia, amava Yoko e sì, amava anche me». Con queste parole May Pang sintetizza la sua relazione con John Lennon, durata 18 mesi tra il 1973 e il 1975. Un amore controverso, nato su spinta di Yoko Ono, la moglie dell’ex Beatle, che un giorno le disse: «Vorrei che tu uscissi con lui, perché so che ha bisogno di qualcuno gentile come te».

        È questa la storia al centro del documentario The Lost Weekend: A Love Story, andato in onda su Sky Arte, in cui l’ex assistente sinoamericana, nata a New York nel 1950 da una famiglia di immigrati, racconta i retroscena di un rapporto segnato da passione, contraddizioni e dolore.

        Assunta alla Apple Records a 21 anni, May Pang entra presto nella vita della coppia Lennon-Ono come assistente personale. All’inizio il ruolo è chiaro: occuparsi di telefonate, spese, promozione e dettagli quotidiani. Ma i rapporti tra John e Yoko si incrinano, tra aborti, tensioni politiche e l’ombra costante dell’espulsione dagli Stati Uniti. In quel contesto, è la stessa Yoko a spingere Lennon verso la giovane collaboratrice.

        Pang ricorda di essere rimasta scioccata dalla proposta, ma il corteggiamento del musicista fu insistente. «Mi baciò nell’ascensore dello studio, senza che potessi oppormi. Prima che me ne accorgessi, John Lennon mi aveva incantata». Così iniziò quella che Lennon definì «the Lost Weekend», un periodo che durò quasi due anni e che per lui rappresentò una rinascita creativa.

        Insieme a May, Lennon registra l’album Rock’n’Roll, si riavvicina al figlio Julian e all’ex moglie Cynthia, frequenta Elton John, Phil Spector, Ringo Starr. Il 28 marzo 1974, in una sessione a Los Angeles, avviene persino un’ultima reunion con Paul McCartney: i due ex Beatles suonano insieme Stand by me, prima e unica volta dopo lo scioglimento della band.

        May Pang racconta un John affettuoso, ma anche segnato da alcol e droghe, capace di gesti violenti nei suoi confronti. «Come amante era meraviglioso, è stato il mio maestro», confessa, ma ricorda anche episodi di aggressività. E soprattutto le telefonate quotidiane di Yoko Ono, dieci, quindici al giorno, a ribadire un controllo mai davvero interrotto.

        Il loro legame sembrava destinato a durare oltre quel periodo. Ma nel 1975, con il pretesto di una terapia antifumo, Yoko convince John a rientrare a casa. «Yoko mi ha permesso di rientrare», fu la laconica spiegazione di Lennon a May. Poco dopo nacque Sean, unico figlio della coppia.

        Non fu un addio definitivo: Pang ammette che negli anni successivi ci furono ancora incontri intimi. Il 25 maggio 1980 Lennon le telefonò da Cape Town per dirle che avrebbe voluto tornare con lei. Sei mesi dopo, l’8 dicembre, Mark David Chapman lo uccise davanti al Dakota Building. «Non è mai finita. La vita ha deciso per me», commenta oggi May Pang, con una lacrima sul volto.

        Dopo la morte di Lennon, la ex assistente ha scritto due libri (Loving John nel 1983 e Instamatic Karma nel 2008), ha sposato il produttore Tony Visconti e avuto due figli. È ancora in contatto con Julian Lennon e Cynthia Powell. Con Yoko Ono, prevedibilmente, no.

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          Musica

          Sinéad O’Connor diventa cinema: in arrivo il biopic sulla vita dell’icona irlandese che sfidò la musica, la politica e la Chiesa cattolica

          La sceneggiatura firmata da Stacey Gregg e la produzione di Ie: Entertainment, Nine Daughters e See-Saw Films promettono un ritratto potente della cantante di Nothing Compares 2 U, tra musica e battaglie civili. Un omaggio alla donna che ha trasformato la fragilità in forza e la provocazione in arte.

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            Sinéad O’Connor torna a far parlare di sé, questa volta sul grande schermo. A due anni dalla sua scomparsa, l’icona irlandese sarà al centro di un biopic che ne racconterà la vita, dagli anni difficili dell’infanzia fino alla consacrazione come una delle voci più potenti e scomode della musica mondiale. La notizia arriva da Variety, che anticipa i dettagli di una produzione in fase avanzata di sviluppo.

            Alla regia è stata chiamata Josephine Decker, già dietro il film Shirley, capace di trasformare il ritratto di un’artista in una riflessione intima e disturbante. La sceneggiatura sarà firmata dalla scrittrice irlandese Stacey Gregg, garanzia di uno sguardo autentico sulle radici culturali e sociali di Sinéad. A sostenere il progetto ci sono tre case di produzione di peso: Ie: Entertainment, già produttrice del documentario Nothing Compares del 2022; Nine Daughters, nota per Lady Macbeth e God’s Creatures; e See-Saw Films, che ha portato agli Oscar Il discorso del re e Il potere del cane.

            Il film punterà i riflettori sugli anni giovanili della cantante, cresciuta a Dublino in un contesto familiare segnato da dolore e repressione. Sarà raccontato il suo ingresso nell’industria musicale, tra le prime band e il debutto da solista, fino al successo planetario con Nothing Compares 2 U. Ma il biopic non si limiterà al talento: centrale sarà la figura di una donna capace di sfidare le convenzioni, rompere i silenzi sugli abusi e denunciare apertamente le ipocrisie della Chiesa cattolica e dello Stato irlandese.

            Sinéad O’Connor non è stata solo una voce: è stata un simbolo. Dalle apparizioni televisive controverse, come lo strappo della foto del papa in diretta, alle scelte personali che hanno messo in crisi il sistema musicale, la sua parabola resta il ritratto di un’artista che non ha mai separato l’arte dall’impegno civile.

            Il biopic si propone di restituire la complessità di una figura fragile e combattiva, capace di ispirare intere generazioni con il coraggio delle sue scelte. Un racconto che promette di essere, al tempo stesso, un atto d’amore e una dichiarazione politica.

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              Musica

              Gigi D’Alessio, la nuova vita tra musica e tv: «Ora mi godo la serenità»

              A 58 anni il cantautore partenopeo è al culmine della carriera: stadi pieni, show in prima serata e un pubblico trasversale che lo sostiene. Dopo dieci edizioni lascia The Voice, ma senza strappi: “Mi prendo una pausa, è tempo di nuove esperienze”.

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              Gigi D’Alessio

                Gigi D’Alessio si racconta a cuore aperto sulle pagine di la Repubblica e traccia un bilancio di una carriera che oggi, a 58 anni, appare nel suo momento più alto. Amatissimo dal pubblico, protagonista in televisione e in grado di riempire gli stadi, il cantautore partenopeo confessa di aver finalmente raggiunto quella serenità che per lungo tempo gli era mancata.

                Uno dei passaggi più discussi riguarda il suo addio a The Voice. Dopo dieci edizioni da coach, D’Alessio ha deciso di fermarsi: «Non c’è stato alcuno strappo con la Rai – spiega –. Sto bene sia di qua che di là. Semplicemente non voglio ripetermi: mi prendo un paio d’anni sabbatici». Antonella Clerici, che ha guidato il talent, ha accolto con dispiacere la notizia, pur senza rancori, consapevole di perdere un amico e un professionista amatissimo dal pubblico.

                Il futuro lo vedrà protagonista su Canale 5, accanto a Vanessa Incontrada, in un nuovo show. «Oggi mi cercano tutti, non solo in tv – aggiunge –. Nella musica vogliono duettare con me e continuo a suonare davanti a stadi gremiti». Eppure non sempre è stato così. Per anni D’Alessio è stato etichettato come cantante “di serie B”, vittima di pregiudizi e snobismo. «Ti stroncano prima ancora di ascoltarti – racconta –. Per qualcuno ero solo pop napoletano. Ma ho fatto gavetta, non ho mai mollato. La mia vittoria era vedere la gente che veniva ai concerti».

                A dargli forza, anche legami importanti. Come quello con Silvio Berlusconi, che lo volle al suo matrimonio simbolico con Marta Fascina: «Mi chiese di cantare le canzoni napoletane che amava tanto. Era un rapporto di amicizia sincera, non gli ho mai chiesto nulla, se non una volta di aiutarmi a trovare un medico per mio fratello». Oppure quello con Pippo Baudo, a cui ha dato l’ultimo saluto pochi giorni fa in Sicilia: «Era come un padre, non passava settimana senza una telefonata per un consiglio. Mi mancherà: era il timbro sul passaporto».

                E poi Diego Armando Maradona, conosciuto nel 1987 e frequentato fino agli ultimi anni di vita. «Ho passato con lui un paio di settimane a Dubai per un documentario – ricorda –. Diego era un uomo solo, nonostante la folla intorno. Mi voleva bene perché non gli ho mai chiesto nulla. Mi faceva tenerezza».

                Oggi, padre di sei figli, amico di grandi personaggi e protagonista della musica italiana, D’Alessio può dirlo senza esitazioni: ha superato i giudizi e si gode un pubblico che non lo ha mai abbandonato.

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