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Musica

“Le critiche sanremesi mi sono sembrate bullismo”: Rkomi non ci sta e sbotta

Il cantante riflette sull’esperienza sanremese durante un’intervista: tra ironie social e giudizi poco piacevoli, emerge una critica sul modo in cui viene trattata l’originalità artistica

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    A due mesi dalla conclusione del Festival di Sanremo 2025, Rkomi torna a parlare della sua partecipazione e dell’ondata di commenti ironici che lo ha travolto sui social. Ospite del podcast Passa dal BSMT di Gianluca Gazzoli, l’artista milanese racconta il suo punto di vista su quanto accaduto. Soffermandosi sul tema della derisione mediatica e sull’importanza di rispettare le espressioni artistiche personali.

    “Un’esperienza da rivalutare”

    Il Festival di Sanremo rappresenta per ogni artista un importante palcoscenico, ma anche un banco di prova mediatico. Ne sa qualcosa Rkomi, che ha partecipato all’edizione 2025 con il brano Il ritmo delle cose. A distanza di settimane, il cantante ha condiviso le sue riflessioni sull’esperienza vissuta, parlando apertamente di alcuni aspetti che lo hanno fatto riflettere. Durante l’intervista, Rkomi ha spiegato che, pur avendo cercato di vivere l’evento con leggerezza, non ha potuto ignorare le numerose prese in giro ricevute per il modo in cui ha cantato, accusato da molti utenti di utilizzare un “tono in corsivo”.

    Ironia o bullismo? Le parole dell’artista

    “C’è stata una sorta di bullismo nei miei confronti”, ha dichiarato senza mezzi termini. Rkomi ha fatto riferimento ai meme circolati in rete e ai commenti sarcastici sulla sua pronuncia, che secondo molti utenti sembrava affettata o caricaturale. “Ripensandoci, non è stato piacevole – ha aggiunto – anche se ormai sono abbastanza grande da lasciarmi scivolare certe cose addosso”. Nonostante il tentativo di sdrammatizzare, il cantante ci ha voluto a sottolineare come la discussione attorno alla sua performance si sia concentrata quasi esclusivamente su questo dettaglio stilistico, oscurando il significato e il lavoro dietro la canzone.

    Un messaggio sul rispetto dell’arte

    “Mi sembra assurdo che, con tutte le cose importanti che si potrebbero dire, ci si fermi solo a questo”, ha commentato. Per Rkomi, il rischio è quello di ridurre l’arte a oggetto di scherno, dimenticando che ogni scelta stilistica nasce da una precisa visione artistica. Le sue parole aprono un dibattito più ampio sulla libertà espressiva e sulla tendenza, sempre più diffusa, a banalizzare le performance attraverso il filtro dei social. Un invito, il suo, a superare la superficialità dei meme e a guardare con più attenzione al messaggio che ogni artista cerca di trasmettere.

    Diritto all’unicità

    Rkomi si conferma come una delle voci più originali e controcorrente del panorama musicale italiano. La sua testimonianza non è solo uno sfogo personale, ma anche uno spunto di riflessione sul rapporto tra pubblico, media e artisti. Sanremo, per lui, è stata una tappa significativa, nonostante tutto: un’occasione per portare sul palco la propria visione e, oggi, per difendere il diritto all’unicità.

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      Musica

      Sanremo, il paradosso degli esclusi: il cast che avrebbe fatto esplodere il Festival è rimasto fuori dalla porta dell’Ariston

      Ogni anno il totonomi scatena il pubblico, ma questa volta la sensazione è più netta: il Festival avrebbe potuto avere un cast alternativo potentissimo, fatto proprio di chi non è stato selezionato. Voci consolidate, talenti pop, cantautori generazionali e outsider di qualità: il paradosso degli esclusi apre un vero dibattito sulla direzione artistica.

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        Sanremo ha un suo rito crudele: la lista degli esclusi. Quest’anno, però, quel parterre di nomi sembra una lineup da Festival vero, capace di muovere pubblico, streaming e narrazioni. Anna Tatangelo, Alex Britti, Nina Zilli, Mr. Rain, Carl Brave, Fred De Palma, Frah Quintale, Il Tre, Chiara Galiazzo, Benji & Fede, Venerus, Aiello, Amara, Emma Nolde, La Niña, California, Sarah Toscano: un elenco che, messo insieme, somiglia più a una compilation di hit potenziali che a un cestino dei rifiuti.

        La forza commerciale (e pop) degli esclusi

        Basta leggere i nomi per capire il peso specifico del gruppo. Mr. Rain è reduce da classifiche e sold-out, Carl Brave ha modellato il pop contemporaneo, Frah Quintale è un riferimento generazionale. Fred De Palma domina le estati italiane, mentre Nina Zilli e Alex Britti restano voci riconoscibili che il Festival ha sempre saputo valorizzare. Persino la parte “emergente” spinge forte: Venerus, Amara, Emma Nolde e La Niña rappresentano ciò che la nuova musica italiana sta diventando. In termini puramente musicali, il cast alternativo regge — e talvolta batte — quello ufficiale.

        Una domanda inevitabile: perché lasciarli fuori?

        Le logiche del Festival restano complesse: equilibri di generi, quote televisive, esigenze narrative, disponibilità di ospiti e promozioni discografiche. Eppure la sensazione è che questa volta l’Ariston abbia perso un’occasione. Un cast “giovane ma non troppo”, pop ma anche d’autore, mainstream ma con un’anima, avrebbe potuto intercettare un pubblico trasversale. Il rischio, invece, è che a vincere sia la prevedibilità. E che gli esclusi, uniti senza volerlo, diventino la prova che Sanremo non sempre fotografa il meglio della musica italiana, ma ciò che al momento conviene mostrare.

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          Musica

          X Factor esplode: Gabbani contro Achille Lauro, lite feroce in semifinale. E Jake La Furia lo avverte: “Mi dovete tenere stasera, Lauro è un mestierante!”

          La semifinale si trasforma in un ring: Gabbani difende i suoi concorrenti, Lauro lo punzecchia senza sosta, Giorgia tenta la pace e Jake La Furia smorza i toni come un guru zen del rap. Intanto i fan si chiedono: è scontro vero o strategia per incendiare la finale?

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            La ricetta per una semifinale esplosiva c’è tutta: un talent infuocato, due giudici agli antipodi e una finale che incombe. E così X Factor, alla vigilia dell’ultimo atto a Napoli, ha servito la sua porzione più piccante dell’anno. Il botto arriva giovedì, durante una puntata nata per celebrare i concorrenti e finita per certificare il gelo tra Francesco Gabbani e Achille Lauro.

            La scintilla si accende già con la prima esibizione del team Gabbani. Tellynonpiangere, poi eliminato, si trova in mezzo a un fuoco incrociato: Lauro lo definisce “non al livello degli altri”, aggiungendo che “non sorprende”. Gabbani ribatte: “Per fortuna il pubblico non la vede come te”. La risposta di Lauro è un colpo secco: “Io non cerco consenso, ho un cervello, penso, parlo”. Il ragazzo commenta uscendo di scena: “Mi sembrava di essere tra due genitori che litigano”.

            È solo l’antipasto.

            Lo scontro vero arriva con PierC, la punta di diamante di Gabbani e tra i quattro finalisti. Lauro gli ricorda che l’inedito è stato meno ascoltato del previsto e, dopo una Bohemian Rhapsody intensa e un po’ scoordinata, gli sussurra un velenoso: “Evita i saltelli”. Gabbani esplode: “Non hai più argomentazioni. PierC, non permettere a nessuno di dirti di non fare ciò che senti”. Lauro lo deride: “Addirittura! Non fare un saltello… era un consiglio. Non sarà che sei troppo dentro la gara?”.

            Lo studio si accende. Giorgia prova a riportare tutti sulla terra: “Che palle questo testosterone, basta litigare”. Ma il clima resta teso, e PierC scoppia in lacrime.

            Poi spunta il fuorionda. Jake La Furia — la voce che non ti aspetti — prende da parte Gabbani e gli offre la spiegazione più onesta della serata: “Mi dovete tenere stasera. Ascoltami, Lauro è un mestierante. Tu ci stai andando a finire dentro. Sbattitene, ci sono già passato”.

            Una frase che fotografa l’atmosfera di un gruppo che, quest’anno, ha dovuto digerire dinamiche nuove. Gabbani, con la sua energia bonaria, ha spostato equilibri consolidati; Lauro, con il suo stile da guastatore elegante, sembra godere nello punzecchiarlo; Jake fa da paciere, Giorgia da madre spirituale del format.

            Il risultato? Una semifinale memorabile e un interrogativo che rimbalza ovunque: odio vero o strategia perfetta a poche ore dalla finale?

            Stasera la risposta potrebbe arrivare direttamente dal palco.

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              Anna Pepe, la ragazza che ha ribaltato il rap e i conti: tour sold out, 4 milioni di copie e una società che macina milioni

              Dai sold out in tutta Italia ai 6 miliardi di streaming, passando per una Baddie srl capace di generare oltre 2 milioni in pochi mesi: Anna Pepe è il nuovo fenomeno dell’industria musicale, con numeri che mettono in fila nomi come Annalisa, Elodie e Giorgia.

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                Negli ultimi quindici giorni ha riempito i palazzetti di mezza Italia. Mantova il 16 novembre, poi Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Roma e infine Padova e Torino. Un tour fulmineo, tutto sold out, che certifica quello che ormai è evidente a chiunque osservi anche distrattamente il panorama musicale italiano: Anna Pepe è la star assoluta della Generazione Z, la voce femminile rap più ascoltata della penisola e un fenomeno industriale che non accenna a rallentare.

                A 21 anni, con oltre 4 milioni di copie vendute e 6 miliardi di ascolti complessivi, Anna ha già conquistato 8 dischi d’oro e 39 platino, numeri che fino a pochi anni fa sarebbero sembrati fantascienza per un’artista così giovane. Ma il dato più sorprendente non riguarda solo la musica: è il modo in cui Anna ha trasformato il suo percorso artistico in un’impresa che macina utili e batte in efficienza nomi ben più navigati.

                Il 14 febbraio 2024, mentre l’Italia festeggiava San Valentino, la rapper registrava alla Camera di commercio di Milano la sua società: Baddie srl. Da quella scatola operativa, il 28 giugno, è uscito il primo album registrato in studio, Vero Baddie, lo stesso titolo del tour che sta portando migliaia di ragazzi sotto un palco. Risultato? In dieci mesi la società ha incassato 2,172 milioni di euro. Una performance che sfiora il fatturato di Annalisa nello stesso anno (2,79 milioni), supera di slancio quello di Elodie (1,386 milioni) e doppi quello di Giorgia (893mila euro). Ma soprattutto: Anna ha generato 717.237 euro di utile netto. Un abisso rispetto ai 163mila di Elodie e ai 107mila di Giorgia.

                Una parte del merito va anche all’assetto societario. L’80% della Baddie srl è suo. Il restante è equamente diviso tra i genitori: Cristian Pepe, ex centrocampista dello Spezia poi diventato DJ, e Stella Sanvitale, artista poliedrica attiva tra pittura, illustrazione, scultura e fotografia. Una famiglia che ha saputo trasformare un talento naturale in un progetto strutturato, solido e già molto più redditizio di molte realtà consolidate dell’industria musicale italiana.

                A colpire non è solo la rapidità della scalata, ma la sicurezza con cui Anna si muove in un mercato che di solito divora i giovani talenti. Lei, invece, sembra aver trovato il modo di tenere insieme numeri, credibilità e un immaginario che parla perfettamente ai ragazzi. Il futuro, a questo punto, è già iniziato. E corre veloce quanto i suoi beat.

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