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Musica

Non avevo l’età… e neanche la simpatia degli altri! Lo racconta Gigliola Cinquetti

Vincitrice a Sanremo da ragazzina, la Cinquetti rievoca oggi i tempi del suo fare musica di allora. Tracciando il suo personaggio che allora veniva etichettato sì di talento ma anche di antipatia.

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    Nell’ormai lontamo 1964 trionfava a Sanremo con Non ho l’età (Per amarti). Due anni dopo arriverà il secondo trionfo due anni con Dio, come ti amo. Una ragazzina perbene trasformatasi in un personaggio che le stava un po’ stretto, col quale dopo 60 anni Gigliola Cinquetti è arrivata alla pacifica convivenza: «Oggi ci siamo ricongiunte, siamo una cosa sola, anche se ai tempi si riunì addirittura la casa discografica con un problema da affrontare: ero antipatica».

    Il disprezzo di Luigi Tenco

    Una volta Luigi Tenco (dandole del lei, altri tempi, altro stile…) le disse: «La odio. Lei rappresenta tutto quello che detesto. È falsa, ipocrita, perbenista». I manager della sua casa discografica di allora le dicevano: «Sforzati di essere simpatica, fai vedere che sei come le altre, allegra e vivace come tutti i giovani…». Ma lei, consapevole che un certo disprezzo non avrebbe intaccato la sua personalità, faceva finta di niente, comprendendo lucidamente l’atmosfera di quegli anni: se ti esponi devi stare al gioco, accettando che gli altri pensino di te qualcosa che non corrisponde alla realtà.

    Presentando il suo libro autobiografico

    La cantante veronese – ma anche attrice e conduttrice tv – durante la presentazione del suo libro A volte si sogna (edito da Rizzoli), si è lasciata andare ai ricordi, che naturalmente hanno molto a che fare anche col festival di Sanremo.

    L’intervista

    Lei ritiene Non ho l’età (Per amarti) una canzone ancora attuale?

    Eccome. Nel testo c’è un forte significato femminista. È la storia di una ragazza che non accetta di vivere un rapporto che non sia alla pari, con un uomo che vorrebbe essere il suo pigmalione. Niente prevaricazioni o supremazie, già allora immaginavo una relazione che trovasse il suo equilibrio nella parità.


    Ai tempi come si poneva nei confronti del successo che la investì?

    Ero come congelata, per difesa. “Si vive una volta sola”, ripeteva mio padre. Mi suonava come qualcosa di terroristico: se sbagli a giocarti l’ultima carta, ti sei fatto fuori la vita. Che ansia. Adesso osservo, e finalmente respiro. Pasolini diceva che il successo è l’altra faccia della persecuzione. Può esaltare, dare delle soddisfazioni, qualche vanità. Appena l’hai ottenuto, è complesso da gestire. Sei come un bersaglio. Poi per fortuna evapora e rimane altro. Quell’altro, oggi, è dolce. Capisco il privilegio di esser stata popolare e il mio presente è come una ricaduta morbida, un distillato, un nettare di cui mi nutro con grande naturalezza.

    Lei è stata grande amica delle sorelle Bertè, sia di Loredana che di Mimì. Nel libro racconta che una volta Loredana fece da babysitter a suo figlio Giovanni…

    L’avevo messo sul passeggino, stava per uscire a Campo de’ Fiori con Gemma, una ragazza che mi aiutava come baby sitter. Arriva Loredana: “Te lo porto a spasso io!” dice. Tornarono dopo ore, col bambino che dormiva beato, lui che non riposava mai, tutto imbrattato di gelato. E Gemma vestita da pop star, con minigonna e stivaloni. “Guarda come te li ho trasformati, ora sì che sono felici”. Le risposi: “Bene, la prossima volta porta via me allora!”.

    Come giudica le canzoni attuali?

    Io le definisco… tormentoni tormentati! Vorrei meno vittimismo nei testi amorosi e un po’ più di sana gioia spensierata. Sono verbosi, troppe parole. Che a dirla tutta faccio fatica a capire, anche per questo forse non ne colgo in profondità l’essenza. Manca il refrain, quella frase che ti entra dentro e non ti molla il cuore. Che siano le classiche “pulci” che facciamo noi, arrivati a una certa età? Può essere. Forse la verità è un’altra».

    A cosa si riferisce?

    Abbiamo perso quella fame di emozioni che avevamo da giovani. L’animo e la memoria sono ormai piene. Con sincerità le dico che, a noi anziani, il “nuovo musicale” non è che ci coinvolga poi troppo. Non credo un granché a chi se ne dice entusiasta.

    Lei ha sempre rappresentato a suo modo un modello, quello di persona libera, in grado di mettere al primo posto le sue necessità e poi la carriera. Oggi come si sente?

    Una donna in cerca dell’emozione. È un lusso che voglio concedermi. Quella che nasce dai rapporti umani, fatta di storie, calore, persone. Cerco il viaggio, come ho fatto per tutta la vita, spostandomi dalla Francia al Giappone, dalle cascate del Niagara al Cile, sempre con la curiosità di conoscere tradizioni diverse.

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      Musica

      Emma Marrone domina con “Brutta Storia”: il singolo vola in classifica e conquista Sarah Toscano ed Elisa

      La canzone di Emma Marrone non solo guida le chart italiane, ma scatena un effetto domino tra artiste che decidono di reinterpretarla: Sarah Toscano ed Elisa hanno già reso omaggio al brano, trasformandolo in un piccolo cult condiviso. Un successo che cresce ogni ora, tra streaming, cover spontanee e un entusiasmo che sembra inarrestabile.

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        “Brutta Storia” non è solo l’ultimo singolo di Emma Marrone: è la canzone che sta ribaltando le classifiche e infiammando il pop italiano. Lanciato da poche settimane, il brano ha scalato le chart con una velocità che ha sorpreso persino i fan più ottimisti, diventando il pezzo più ascoltato del momento e un trend fisso sui social.

        La consacrazione in vetta alle classifiche
        La corsa del singolo è inarrestabile: streaming alle stelle, radio che lo programmano a ripetizione e una community online che ne amplifica ogni passaggio. “Brutta Storia” ha il tiro emotivo dei pezzi migliori di Emma, quelli che mescolano energia, vulnerabilità e una scrittura che ti resta addosso. La scelta di rilasciarlo a fine anno ha fatto il resto: un titolo forte, un ritornello che spacca e un mood perfettamente in linea con questi mesi sospesi tra bilanci e ripartenze.

        Sarah Toscano e il primo omaggio virale
        Tra le prime a renderle omaggio c’è stata Sarah Toscano, che ha reinterpretato il brano in una versione intima e potente. Una cover che ha fatto subito il giro del web, convincendo tutti che “Brutta Storia” è quel tipo di canzone capace di cambiare forma senza perdere un grammo della sua forza. La giovane cantante ha trasformato il pezzo in un confessionale emotivo che ha emozionato la stessa Emma.

        E poi arriva Elisa: il sigillo d’autore
        Se Sarah ha acceso la miccia, Elisa ha messo il timbro della consacrazione. La sua interpretazione — elegante, pulita, quasi sospesa — ha dato al singolo una nuova dimensione, come sempre accade quando decide di prestare la voce ai brani che le parlano davvero. L’effetto è stato immediato: “Brutta Storia” si è trasformata in un fenomeno condiviso, un pezzo che unisce generazioni e stili.

        Un fenomeno pop che cresce ogni ora
        La forza di “Brutta Storia” non sta solo nella melodia o nel testo, ma nella capacità di evocare qualcosa di universale. Emma ha centrato un punto emotivo che vibra allo stesso modo nelle playlist dei ventenni e nelle casse degli adulti. Le reinterpretazioni delle colleghe hanno amplificato l’eco del brano trasformandolo in un mini-caso della musica pop italiana. E la sensazione, guardando gli ascolti e la velocità delle condivisioni, è che la storia — brutta o bella — sia appena iniziata.

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          Musica

          Tiziano Ferro, “Sono un grande”: il ritorno della verità dopo la tempesta

          Pubblicato il 24 ottobre con Sugar Music, Sono un grande racconta due anni di vita vissuta tra crisi, ansia, amore e paternità. “Mi vergogno di alcune parole, ma non le ho cambiate. La verità è il mio unico obbligo verso chi mi ascolta.”

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          Tiziano Ferro

            Tiziano Ferro torna con un nuovo album e una nuova consapevolezza. Sono un grande — uscito venerdì 24 ottobre — è il settimo lavoro in studio dell’artista, anticipato dal singolo Cuore rotto. Un disco intimo e coraggioso che segna non solo il passaggio a una nuova etichetta, la Sugar di Caterina Caselli, ma anche l’inizio di una fase personale diversa, dopo il divorzio dall’ex marito Victor Allen e anni di silenzio forzato.

            Il cambio di etichetta, spiega Ferro all’Ansa, è nato quasi per caso: “Io e Universal ci siamo accorti che il contratto era scaduto… come il latte”, racconta con ironia. “Nessuno se n’era accorto, né io né loro. E così quello che doveva succedere, non è successo.”

            Ma questo disco, nato “quasi per caso”, è diventato la sua forma di terapia. “Dentro c’è tutto ciò che è accaduto in questi due anni, un grande disastro ma non solo”, spiega il cantautore in una nota. Le undici tracce di Sono un grande parlano di amore finito, attacchi di panico, paura e speranza, e lo fanno con una sincerità a tratti spiazzante.

            Nel brano Quello che si capisce, Ferro lascia spazio alla rabbia e alla delusione: “Ci sono frasi molto forti, alcune delle quali oggi un po’ mi imbarazzano, ma non le ho volute cambiare”, ammette. “Volevo che il racconto restasse vivo e reale.” I versi — “Chiamali i soccorsi se hai il coraggio, spiegagli questi anni da ostaggio” — sono un ritratto diretto e vulnerabile del dolore che segue la fine di un amore.

            Il titolo dell’album, Sono un grande, non è un atto di presunzione, ma un modo per ritrovare forza dopo l’autodistruzione. “Non è megalomania,” spiega Ferro. “È più un autoconvincimento, un modo per ricordarmi che se sono ancora qui, forse un motivo c’è.”

            In Fingo e spingo, l’artista riflette invece sul rapporto con la fama: “La tua gente ti aspetta e ti rispetta con la stessa voglia del primo giorno… c’è chi si fida di te, che tu li possa curare.” Una frase che rivela tutto il peso di chi è diventato, nel tempo, una figura di riferimento per molti fan.

            La lotta con l’ansia è raccontata in 1-2-3, un brano uptempo che trasforma l’esperienza del panico in energia musicale: “Conto fino a tre, non svengo più,” canta, rievocando le tecniche che usa davvero per gestire le crisi.

            Il disco si chiude con un tocco di tenerezza in Le piace, dedicata alla figlia Margherita: “Quando crolla dal sonno su me e crollo anch’io… quando ballo e lei balla, però non si sa mai.”

            Intervistato da Il Messaggero, Ferro ha parlato apertamente anche del rapporto con l’ex marito: “Siamo in buoni rapporti, nessuna guerra. Potrei portare via i bambini, ma sarebbe cattiveria, e non me la sento.” Parole che confermano la volontà di non trasformare la fine di un amore in un campo di battaglia.

            Oggi Tiziano vive a Los Angeles, dove si occupa dei figli e continua a scrivere: “Mi ritrovo incastrato qui, come un cretino,” dice con amarezza, “ma forse da questo silenzio è nato l’album più sincero della mia vita.”

            Con Sono un grande, Tiziano Ferro chiude un cerchio e ne apre un altro. Dopo la tempesta, non c’è trionfo né redenzione: solo un uomo che prova, finalmente, ad accettarsi per quello che è.

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              X Factor, volano schiaffi metaforici: Viscardi stravolge Gino Paoli e Achille Lauro perde la pazienza

              A X Factor è andato in scena uno dei dibattiti più accesi della stagione: Viscardi porta una versione jazz di Il cielo in una stanza che manda su tutte le furie Achille Lauro, convinto che l’esperimento abbia “svuotato il sentimento” del brano di Gino Paoli. Paola Iezzi, sua coach, replica accusandolo di “ignoranza musicale”, mentre Gabbani prova a nobilitare l’arrangiamento evocando Chet Baker. Risultato: scintille, irritazione e un momento televisivo che farà discutere.

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                A X Factor capitano serate tranquille, e poi capitano quelle in cui un concorrente riesce a scatenare un putiferio con tre minuti di musica. È il caso di Viscardi, che ha portato sul palco una versione jazzata — molto jazzata — de Il cielo in una stanza di Gino Paoli. Un esperimento ardito, quasi provocatorio, che ha polarizzato la giuria come non accadeva da settimane.

                Achille Lauro, notoriamente il giudice più incline alle rivisitazioni, questa volta non ha fatto sconti. Appena terminata l’esibizione, ha gelato lo studio: «Sapete quanto io ami Viscardi e quanto ami gli esperimenti, ma questo in particolare è sbagliato. Questa interpretazione ha svuotato il sentimento di questa canzone». Un giudizio netto, definitivo, quasi un cartellino rosso artistico.

                A quel punto Paola Iezzi, coach del giovane concorrente, non ha resistito e ha risposto con un affondo che ha subito infiammato l’atmosfera: «Era un mio desiderio portarla così. È una reazione così ignorante la tua. Permettimi, ma stai facendo una figuraccia, te ne renderai conto quando rivedrai questo video». Parole cariche, una stilettata diretta che ha fatto mormorare il pubblico.

                Ma la serata non era ancora finita. Jake La Furia ha provato a raddrizzare la situazione, sostenendo che la critica di Lauro fosse comprensibile. Sembrava un tentativo di riportare equilibrio, almeno finché Gabbani non ha aggiunto il suo contributo poetico: «Questa è una versione dichiaratamente jazz, è una rivisitazione credibile. A me hai fatto venire in mente Chet Baker».

                È bastato quel nome per mandare Lauro su tutte le furie. Si è irrigidito, ha scosso la testa e ha sbottato: «Baker? Non scomodare certi personaggi, ti prego. Era una versione cantata bene, ma a me della voce non frega un cavolo!».

                Il clima, da lì in poi, è diventato incandescent­­e. Un piccolo caso musicale in diretta, una collisione fra poetiche opposte: chi rivendica la libertà assoluta della reinterpretazione, chi difende il culto dell’originale e chi si affida ai paragoni illustri per salvarne una versione al limite del sacrilego.

                Viscardi, nel mezzo, ascoltava tutto con l’espressione di chi capisce di aver fatto centro, nel bene e nel male. E forse è proprio questo il punto: in un talent dove tutto rischia di assomigliarsi, a volte basta una dissonanza per accendere la notte.

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