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Musica

The Busking Contest: boom di emozioni e talento, con ospite d’eccezione Andrea Cerrato

A Lavagna il primo contest italiano dedicato ai musicisti di strada entra nel vivo con semifinali e finale: protagonista un “busker digitale” amatissimo sul web. Semifinali il 31 luglio e 1 agosto, gran finale il 2 in Piazza Marconi: tra i giudici e performer, Andrea Cerrato, cantautore star con oltre un milione di follower

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    L’estate musicale ligure si accende con The Busking Contest, il primo concorso in Italia interamente dedicato ai musicisti di strada e cantautori itineranti. Dopo le tappe di selezione a Rapallo e Chiavari, ora è tempo di semifinali e gran finale a Lavagna (GE): appuntamento da non perdere giovedì 31 luglio e venerdì 1 agosto (ore 21:15), quando otto talenti provenienti da tutta Italia si sfideranno in Piazza Guglielmo Marconi.

    Sul palco si alterneranno:

    • Angelo Desideri (Torino)
    • Barbo Piano (Fano)
    • Ema (Bogliasco)
    • Musica Muta (Perugia)
    • Nori (Roma)
    • Priscilla (Milano)
    • Simone Villa (Torino)
    • Sidewalk (Brescia)

    La giuria tecnica – composta da Cance (direttrice artistica), Aldo Mistrangelo, Marco Pagliettini, Rossana Bribò e Andrea Plebe – si unirà al voto del pubblico via QR code. I quattro migliori accederanno alla finale di sabato 2 agosto. Dove un membro speciale arricchirà lo spettacolo: Andrea Cerrato, cantautore, performer e content creator dall’anima da strada, star del web con oltre un milione di follower.

    Protagonista di uno spettacolare percorso, Cerrato ha iniziato come busker, portando in strada, locali e festival le sue canzoni. Il suo progetto itinerante del 2016, “La marea dei sogni tour”, l’ha visto condividere palchi con artisti come Negrita, Deep Purple e Marlene Kuntz. Oltre a esibirsi sul famoso palco del Primo Maggio a Roma. Nel 2024 il suo primo tour nei club ha fatto registrare tutti sold-out, bissando a Milano e Roma.

    Sabato, oltre a esibirsi, Cerrato siederà in giuria e porterà la sua visione moderna del busking. “È un onore far parte di questa finale”, ha scritto sui social, dimostrando grande entusiasmo per un evento che unisce performance live e interazione digitale.

    La finale conta su una giuria d’eccellenza:

    • Gennaro De Rosa, direttore artistico di Music for Change e presidente di Musica contro le mafie APS
    • Enrica Corsi, ideatrice del Premio Bindi e del Festival della Parola Reloaded
    • un giurato scelto tra il pubblico e una giuria virtuale composta dai partner: Ferrara Buskers Festival, Di Strada in Strada e Di Piazza in Piazza.

    In palio premi importanti: 1.000 € al vincitore, esibizioni in festival nazionali come Ferrara Buskers, Di Strada in Strada e Di Piazza in Piazza, oltre a riconoscimenti locali (CIV Lavagna, Busker Zueno) e una menzione speciale dedicata a Roberto Pettinaroli, storico giornalista del territorio.

    Già premiato nel 2023 da Lab Liguria! Trasformare Idee in Progetti, The Busking Contest si conferma appuntamento di riferimento per la musica di strada e per chi cerca il palco vero, in mezzo alla gente.

    Ultima chiamata:

    • Semifinali: 31 luglio e 1 agosto, ore 21:15, Piazza Guglielmo Marconi (Lavagna)
    • Finale: 2 agosto, stessa location, con Andrea Cerrato ospite e giurato

    Grazie al main sponsor Edile Ramasco Portofino e a un network di partner (Comune di Lavagna, CIV Lavagna, festival musicali, media e social), la kermesse promette serate di confronto, emozione e musica autentica.

    Per scoprire il programma completo, i dettagli sugli artisti e votazioni, visita: www.thebuskingcontest.it

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      Musica

      Ozzy Osbourne è morto: il Principe delle Tenebre ha chiuso gli occhi sul mondo che ha incendiato

      John Michael “Ozzy” Osbourne, voce e anima dei Black Sabbath, è morto circondato dalla sua famiglia. Aveva sfidato tutto – la povertà, le dipendenze, la malattia – diventando l’icona assoluta del rock oscuro. L’ultimo saluto in pubblico solo dieci giorni fa, nella sua città, con i Sabbath riuniti per Back to the beginning.

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        Ozzy Osbourne è morto. La notizia è arrivata come un pugno nello stomaco di chiunque abbia mai gridato in macchina su Paranoid, abbia pogato su Iron Man, abbia trovato nella sua voce il rifugio più sporco e sincero di sempre. Aveva 76 anni. A dare l’annuncio è stata la famiglia, con parole che pesano come pietra: «È con una tristezza che le parole non possono esprimere che dobbiamo annunciare che il nostro amato Ozzy Osbourne è mancato questa mattina. Era con la sua famiglia, circondato dall’amore». A pochi giorni di distanza dall’ultimo, epico concerto dei Black Sabbath a Birmingham – la sua Birmingham – il Principe delle Tenebre ha chiuso gli occhi. E con lui se ne va un’epoca.

        Quel concerto, Back to the beginning, resterà scritto in eterno nei libri del rock. Il 5 luglio 2025, Ozzy era salito sul palco sostenuto da una struttura progettata per permettergli di cantare nonostante il Parkinson. Aveva la voce graffiante di sempre, lo sguardo incendiato, le mani tremanti e un sorriso dolente che sembrava già un addio. Accanto a lui, per l’ultima volta, i suoi fratelli d’armi: Tony Iommi, Geezer Butler, Bill Ward. Con loro anche Metallica, Slayer, Rob Zombie. E una folla che sapeva di assistere a un pezzo di storia. «È il mio regalo a Birmingham», aveva detto Ozzy, con le lacrime in gola.

        John Michael Osbourne nasce il 3 dicembre 1948 in una delle tante periferie grigie dell’Inghilterra postbellica. Dislessico, balbuziente, cresciuto tra sei figli in una casa dove mancava tutto tranne l’ingegno per sopravvivere. Fa mille lavori – muratore, idraulico, macellaio – ma nessuno gli somiglia. A 20 anni, con tre sbandati della sua zona, fonda una band. Si chiamano Polka Tulk Blues Band, poi Earth, poi – ispirati da un horror di Mario Bava – Black Sabbath. È l’inizio di un urlo che cambierà per sempre la musica.

        Nel 1970 esce Black Sabbath, il primo album. È il 13 febbraio, venerdì. Nasce l’heavy metal. Ozzy diventa il profeta del disagio, voce di tutte le ansie e le furie represse di una generazione. Con War Pigs, Children of the Grave, Sabbath Bloody Sabbath scolpisce un suono che è nero, duro, sacro. Ma Ozzy è anche altro: è follia pura. È l’uomo che morde un pipistrello sul palco, che sniffa formiche, che si autodistrugge con una precisione metodica. Lo cacciano dai Sabbath nel 1979. Lui affonda. E poi rinasce.

        Grazie a Sharon Arden – figlia del manager della band, che diventerà sua moglie e colonna – Ozzy mette insieme un gruppo solista con un chitarrista sconosciuto: Randy Rhoads. Con lui incide due capolavori: Blizzard of Ozz e Diary of a Madman. Rhoads muore a 25 anni, in un incidente aereo. Ozzy sopravvive. Pubblica dischi immortali come No More Tears e Ozzmosis, lancia l’Ozzfest, crea un impero. E diventa anche un personaggio televisivo, grazie al reality The Osbournes su MTV: urla, piatti rotti, ma anche lacrime e vulnerabilità.

        Dietro le quinte, combatte con i mostri. Alcol, depressione, tentativi di suicidio. Una diagnosi tremenda nel 2020: morbo di Parkinson. Da lì in poi, è un lento addio, anche se lui non smette mai di lottare. Pubblica due dischi struggenti – Ordinary Man e Patient Number 9 – che sanno di saluto. Nel frattempo, Sharon gli resta accanto, affrontano insieme nuove prove, ricadute, operazioni. I figli – Aimée, Kelly e Jack – crescono tra riflettori e ferite. Ma Ozzy resta il centro. Il cuore nero e pulsante della famiglia.

        Eppure, fino all’ultimo, non si arrende. Back to the beginning è la sua sfida finale. Seduto su un trono, canta come se non ci fosse un domani. Perché lo sa: non ci sarà. E il pubblico lo sa con lui. «Finché ci saranno ragazzi che avranno bisogno di sfogare la loro rabbia, l’heavy metal sopravviverà». Questa frase la disse anni fa. Ora suona come un testamento.

        Ozzy Osbourne è stato tutto: animale da palco, clown tragico, profeta del buio, padre, marito, martire, sopravvissuto. Nessuno come lui ha mostrato cosa significhi essere fragili e immortali allo stesso tempo. Nessuno ha trasformato l’orrore in arte con così tanta verità. Nessuno ha camminato sul filo del ridicolo e della grandezza come lui, senza mai cadere davvero.

        Oggi il rock è in lutto. Non solo il metal: tutta la musica perde una delle sue voci più feroci e commoventi. E noi, che con quella voce siamo cresciuti, oggi ci sentiamo un po’ più soli. Ciao Ozzy. Le tenebre, senza di te, faranno meno rumore.

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          Musica

          Ghali prende la patente a 32 anni: «Meglio tardi che mai». E i fan lo prendono in giro (con affetto)

          Con una foto orgogliosa e un sorriso largo, Ghali ha annunciato di aver superato finalmente l’esame per la patente. Una notizia che ha scatenato l’ironia dei fan, tra citazioni dei suoi brani e meme affettuosi. E lui, come sempre, ci ha riso sopra.

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            A 32 anni, tra un concerto e l’altro, Ghali ce l’ha fatta: ha finalmente preso la patente. Il traguardo, raggiunto in pieno tour estivo, è stato celebrato con un post social semplice e diretto: una foto con il documento in mano e una frase che dice tutto, «Meglio tardi che mai». Il sorriso che sfoggia è quello di chi ha appena spuntato una voce rimasta troppo a lungo nella lista delle cose da fare.

            Il cantante, impegnato in questi mesi con date in tutta Italia, è riuscito a ritagliarsi il tempo per completare il percorso di scuola guida, superare l’esame finale e mettere le mani – legalmente – su un volante. E la notizia, neanche a dirlo, ha fatto subito il giro del web.

            Ma se Ghali ha mostrato entusiasmo, i fan non sono stati da meno. Anzi. Nei commenti sotto il suo post su Instagram, si è scatenata l’ironia. In tanti hanno ricordato il testo di Liberté, in cui lui cantava: «Ti vengo a prendere in macchina anche senza patente». Ora il ritornello ha tutto un altro significato, come ha sottolineato un utente: «Finalmente puoi venire a prenderci… ma stavolta senza rischiare la multa!».

            C’è chi ha scherzato sul fatto che «è la prima foto decente mai vista su una patente» e chi ha condiviso esperienze simili: «Anch’io l’ho presa a 36, siamo anime gemelle!». Altri, più poetici, hanno fatto notare che «si sentono già le gomme che fischiano», preannunciando forse una nuova fase musicale targata on the road.

            Il post, oltre all’annuncio automobilistico, è stato anche l’occasione per ripercorrere gli ultimi momenti della vita dell’artista: spiagge, backstage, sfilate, risate con gli amici. Ora, a tutto questo, si aggiunge anche il piacere di guidare. E chi lo sa, magari nel prossimo videoclip ci sarà anche una macchina vera, non più solo metaforica.

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              Musica

              Patty Pravo: “Ho provato tutte le droghe tranne la coca. E ho fatto io la prima mossa col mio ragazzo di 35 anni”

              Dai cinque matrimoni (non voluti) alla storia con Simone Folco, dagli acidi ai “no” al lifting, fino alla stoccata a Elodie: la divina del Piper, oggi 77enne, non ha perso il vizio di dire quello che pensa. E lo fa ancora una volta, senza filtri. Con un solo dogma: essere sé stessa, sempre

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                C’è chi invecchia e si imbalsama. E c’è Patty Pravo. L’anima ribelle del Piper, oggi settantasettenne, non solo canta ancora in tour, ma lo fa rivendicando ogni eccesso, ogni scelta, ogni deviazione dalla retta via. «Ho provato tutte le droghe, tranne la coca», confessa con la naturalezza di chi ha vissuto tutto, senza mai giustificarsi. «Ma allora eravamo felici. Non era autodistruzione. Era libertà».

                E che la libertà sia il suo unico comandamento lo dimostra da sempre. A partire dai cinque matrimoni: «Non ero io a volerli. Erano gli altri che volevano sposarmi. Per me non cambiava nulla». Oggi nella sua vita c’è Simone Folco, stilista di 35 anni, di 43 più giovane. «È da 13 anni che mi accompagna. Ho fatto io la prima mossa: gli ho detto “domani alle 16 ti aspetto da me”. Gli abiti che indosso in scena li crea lui. Ha talento». Amore? Forse. O qualcosa che va oltre. «Siamo legati da un affetto profondo. La differenza d’età? Chiedetelo a lui. Io non me ne curo».

                I figli? Nessun rimpianto. «Si può vivere senza. Con Gordon, il mio primo grande amore, ci abbiamo pensato. Ma poi ho immaginato la culla attaccata alla batteria mentre lui suonava… Una follia. E ho lasciato perdere».

                Ribelle, sì, ma non per posa. «Camminavo scalza per Roma. Tutti mi parlavano della sua bellezza, ma io venivo da Venezia. Ero amica di Mario Schifano, per me era come un fratello». È lì che nasce Patty, con un nome venuto fuori da un piatto di spaghetti tra ragazze inglesi e citazioni dantesche. È lì che la nota il patron del Piper: «Mi ha chiesto se sapevo cantare. Gli ho voltato le spalle e ho continuato a ballare. Il giorno dopo mi ha richiamata: contratto RCA e si parte».

                Da allora è stata tutto: icona, scandalo, musa. Boncompagni le scrive Ragazzo triste sul Raccordo anulare. Fogli lascia i Pooh per lei. «Ma prima e dopo di lui ho avuto altri due amori. Quando sono tornata, ho sposato Franco Baldieri in pigiama e pelliccetta. Poi Paul Martinez, e dopo ancora Jack Johnson». Al cinema ha detto no per colpa dei contratti discografici. «Mi voleva De Sica. Anche Antonioni. Sono certa che avrei avuto successo anche lì».

                La chirurgia? «Qualche iniezioncina, ma niente lifting. Troppa fatica. Ci vogliono due mesi per riprendersi». Si piace ancora? «Mi piacerebbe se qualche uomo mi fischiasse dietro. Ma cammino per strada e tutti vogliono un selfie. Va bene così».

                E le nuove artiste? Patty osserva, non sempre convinta. Elodie? «Brava, ma alla sua età io ero diversa. Lei si fa vestire dagli altri. Io ho fatto di me quello che volevo. Ci vuole più personalità. Oggi si fanno dire cosa devono indossare». Giorgia? «Mi sta simpatica. Fuma Marlboro rosse come me». Vasco? «Lo adoro. Abbiamo la stessa anima. Da stronzi».

                Del Piper e della Bambola non rinnega nulla. «Nel ’68 era un inno femminista. Le donne mi fermano ancora per ringraziarmi». X Factor? «Mai. Ti impacchettano, ti fanno fare quello che vogliono loro. Io non avrei mai potuto». Il politically correct? «A volte è solo ipocrisia».

                E poi c’è Venezia, la sua città. Anche sul matrimonio miliardario di Bezos ci tiene a dire la sua: «Che male c’è se arrivano i ricchi a dare una mano? Lui almeno ha rispettato la città. Altri turisti la invadono e rompono tutto».

                Ora è in tournée con Ho provato tutto. E davvero ha provato tutto. Ma quello che davvero non ha mai fatto è tradire sé stessa. «La trasgressione? È mostrarsi per quello che si è. Io non me la prendo mai. Troppa fatica».

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