Musical
Gesù è donna, nera e queer: Cynthia Erivo infiamma il palco e i benpensanti
Cynthia Erivo interpreterà Gesù in Jesus Christ Superstar per tre serate all’Hollywood Bowl di Los Angeles. Una scelta artistica che ha scatenato reazioni indignate in ambienti conservatori, ma anche applausi per il coraggio e la libertà espressiva. Un celebre musical che continua a dividere.

Quando l’arte osa, i nervi scoperti della società reagiscono. È quello che sta accadendo con la scelta della britannica Cynthia Erivo, attrice nera, queer e pluripremiata, per il ruolo di Gesù nella nuova versione teatrale di Jesus Christ Superstar. Lo show, in programma dal 1 al 3 agosto 2025 all’Hollywood Bowl di Los Angeles, ha acceso i riflettori prima ancora di andare in scena. Che Cynthia Erivo sia Gesù è una provocazione? Forse. Ma è anche una celebrazione della libertà artistica, della diversità e del diritto di riscrivere i miti alla luce del presente. E se Jesus Christ Superstar continua a far discutere dopo oltre 50 anni, forse è perché dice ancora qualcosa di profondamente vero.
Un dna provocatorio
La decisione, comunque, ha provocato una vera e propria esplosione di polemiche, specialmente da ambienti conservatori che l’hanno definita «blasfema» e «irrispettosa». Eppure non è la prima volta che il musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice fa discutere. Anzi, la provocazione è nel suo DNA.
La risposta di Cynthia
Cynthia Erivo non si è fatta intimidire. Alla bufera ha risposto con classe e sarcasmo:
«È solo un musical. L’ambiente più gay del mondo», ha dichiarato a Billboard, sottolineando quanto sia insensato attaccare un’interpretazione teatrale che non vuole essere teologica ma artistica. L’attrice, celebre per il suo ruolo in Wicked, ha aggiunto: «Non si può accontentare tutti. Io canterò fino allo sfinimento, e spero che chi verrà lo faccia con lo spirito giusto: quello dello spettacolo».
Non è la prima volta
Già nel 2020 Cynthia Erivo aveva preso parte a una versione tutta al femminile del musical, interpretando Maria Maddalena. Stavolta si mette nei panni del protagonista assoluto, guidata dal regista Sergio Trujillo e con la direzione musicale di Stephen Oremus. Al suo fianco, nel ruolo di Giuda, ci sarà la rockstar Adam Lambert.
Nato per scandalizzare
Jesus Christ Superstar nasce nel 1969 come concept album registrato in Liguria, e già allora fece tremare i benpensanti. Con Ian Gillan (la voce dei Deep Purple) nei panni di Gesù, raccontava gli ultimi giorni di Cristo in chiave rock, con atmosfere psichedeliche, Maddalena sensualissima e un Giuda tormentato. Quando debuttò a Broadway e al West End, le proteste non mancarono. La BBC bandì l’album, mentre negli USA si organizzavano picchetti fuori dai teatri con cartelli che gridavano allo scandalo religioso. Eppure il musical ha resistito al tempo, trasformandosi in cult.
Dal 1973 al 2025: una storia che continua a far rumore
Nel 1973 arrivò il film cult diretto da Norman Jewison, girato in Israele. Poi decine di versioni: tra le più note, quella del 2018 con John Legend nei panni di Gesù e Sara Bareilles come Maddalena, trasmessa live per Pasqua su NBC. La scelta di Cynthia Erivo è solo l’ultima, coraggiosa evoluzione di un’opera che vive di rottura e rilettura. E che oggi, più che mai, si conferma viva e necessaria.
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Musical
Tra musical sold out e accuse di terrorismo, il caso Mangione incendia l’America: l’ombra dell’agenda trumpiana
Un musical satirico e già esaurito racconta la detenzione di Luigi Mangione insieme a Sam Bankman-Fried e Sean Combs. Intanto la giudice Garnett ammonisce i procuratori: “Basta dichiarazioni alla stampa”. La tensione cresce, tra clamore mediatico, rischi per il processo e una nazione divisa.

Luigi Mangione non ha ancora avuto un processo, ma ha già un musical tutto suo. E questo, negli Stati Uniti del 2025, dice molto più di mille editoriali. A giugno debutterà infatti a San Francisco “Luigi: The Musical”, uno spettacolo satirico ambientato nella cella in cui il 27enne è detenuto da mesi con l’accusa più grave: l’omicidio del CEO di UnitedHealthcare, Brian Thompson, colpito a morte in quello che la procura definisce “un agguato con finalità terroristiche”. Lo spettacolo, che racconta la sua storia insieme a quelle di altri due detenuti celebri — Sam Bankman-Fried, il mago caduto delle criptovalute, e Sean “Diddy” Combs, invischiato in uno scandalo sessuale — è già sold out da settimane. Cinque repliche, tutte esaurite.
Sembra un paradosso: un uomo accusato di omicidio, che rischia la pena capitale, diventa figura di culto a teatro. Ma negli Stati Uniti di oggi, dove la spettacolarizzazione della giustizia ha superato da tempo il punto di non ritorno, è tutto perfettamente coerente. Lo spettacolo non vuole glorificare Mangione, spiegano i produttori, ma usarne la parabola per riflettere sul rapporto malato tra fama, potere e istituzioni. Il protagonista, inchiodato a una cella, dialoga con i due compagni di reclusione su sanità, finanza e intrattenimento. Un trio grottesco e fin troppo attuale. Non è un caso se, nella locandina, i tre detenuti sono raffigurati come santi medievali in un trittico laico dai toni beffardi.
Mentre gli spettatori fanno la fila per i biglietti, nelle aule dei tribunali si prepara un dramma ben più reale. Il 26 giugno 2025 Luigi comparirà a New York per un’udienza preliminare sul procedimento statale. Ma è quello federale, in programma per il 5 dicembre, a fare più paura: include l’accusa di omicidio aggravato e stalking, con la possibilità — concreta — che venga chiesta la pena di morte. La tensione è altissima, e non solo per la gravità delle accuse. A preoccupare, negli ambienti legali e mediatici, è il clima attorno al processo, che rischia di esplodere sotto il peso delle dichiarazioni pubbliche.
Lo scorso 25 aprile, la giudice Margaret Garnett ha preso la parola durante un’udienza al tribunale federale di Manhattan per rivolgere un richiamo formale ai procuratori. “Evitate ogni dichiarazione pubblica che possa compromettere il diritto dell’imputato a un processo equo”, ha detto rivolgendosi direttamente al procuratore ad interim Jay Clayton, con il compito di trasmettere l’avvertimento alla procuratrice generale Pam Bondi. Il riferimento non era casuale. Proprio Bondi, fedelissima dell’ex presidente Trump, aveva descritto l’omicidio come “un’esecuzione a sangue freddo, un atto che incarna la degenerazione del crimine politico”. Una frase da comizio, che secondo la difesa mina l’imparzialità della giuria e alimenta una narrazione colpevolista a tutto vantaggio di Bondi stessa, ora accreditata tra i nomi forti dell’amministrazione Trump 2.0.
La giudice è stata netta: la linea del distretto vieta dichiarazioni pregiudizievoli prima del processo. Ma il confine tra giustizia e propaganda, oggi, sembra sottile come carta velina. L’impianto accusatorio ruota attorno al presunto movente ideologico di Mangione, considerato vicino ad ambienti radicali ostili al sistema sanitario privato. L’uccisione di Thompson, secondo l’FBI, sarebbe stato un atto dimostrativo contro le grandi compagnie di assicurazione, considerate emblema di un sistema iniquo. Ma fuori dalle aule, la vicenda ha preso una piega diversa: il volto di Luigi è diventato virale, la sua immagine campeggia su t-shirt, murales, meme. Una deriva che preoccupa.
La difesa punta a ottenere l’annullamento del processo statale e a contenere i danni in quello federale. L’obiettivo non dichiarato ma evidente è evitare la pena di morte. In assenza di precedenti penali, e con la possibile presenza di disturbi mentali da valutare, i legali tenteranno di costruire un profilo meno minaccioso del killer spietato dipinto dall’accusa. Ma ogni mossa pubblica rischia di alimentare il paradosso: più si parla di Mangione, più la sua figura cresce, più la giustizia si allontana.
È il grande dilemma dell’America contemporanea, dove la giustizia si gioca spesso prima nei talk show che nei tribunali. Dove il processo mediatico precede quello penale. Dove l’arte si appropria dei mostri per trasformarli in miti, e la società applaude con una mano mentre con l’altra invoca la forca. In questo contesto, Luigi Mangione non è solo un imputato. È un sintomo. E forse anche un esperimento, su cui si misurerà la tenuta delle istituzioni. Il sipario si alza. Ma non è detto che finisca con un applauso.
Musical
“Mi ha salvato la musica”. Mika a tutto tondo prima dei David di Donatello
Il cantautore ha trasformato le sue fragilità in forza, costruendo una carriera basata su arte, creatività e autenticità. Ai David di Donatello, celebrerà il potere del cinema e il suo impatto culturale.

Da bambino non riusciva a leggere e scrivere, ha vissuto mesi senza parlare, eppure ha trasformato la sua fragilità in arte. Mika, il cantautore e performer internazionale, sarà il conduttore dei David di Donatello il prossimo 7 maggio su Rai 1, accanto a Elena Sofia Ricci, portando sul palco poesia, eleganza e autenticità.
Un’infanzia difficile
A otto anni, Mika era dislessico, aveva difficoltà scolastiche e fu espulso. Per sette mesi non parlò, isolandosi in un mondo di suoni e colori che lo aiutò a esprimersi. Fu allora che cominciò a cantare, trovando nel Covent Garden di Londra una realtà parallela dove poter essere sé stesso. “Mi sono ritrovato in queste scatole magiche dove il mondo diventava un’altra cosa.” Ma il ritorno a scuola non cancellò il suo nuovo rifugio creativo. L’amore per la musica, il teatro e la fantasia divennero strumenti per superare gli ostacoli e costruire un’identità forte. Figlio di madre libanese e padre americano, cresciuto tra Parigi e Londra, Mika è riuscito ad assimilare ogni cultura in cui ha vissuto. Dagli Stati Uniti ha preso la praticità e il coraggio di parlare di business. Dall’Inghilterra la disciplina e la sete di conoscenza. Dalla Francia l’arte del dibattito e il gioco delle parole. Dal Libano il colore, l’emozione e una dolce follia malinconica.
L’arte come resistenza… e rinascita
Mika non vede la musica solo come intrattenimento, ma come una forma di artigianato, una scelta di resistenza contro la superficialità. “È la parte artistica che preferisco. È ciò che mi dà stabilità mentale e mi protegge dagli sguardi degli altri.” Questa sua spiccata sensibilità lo ha portato a condurre i David di Donatello durante i quali, ne siamo certi, esalterà il suo stile curato e poetico. Una celebrazione di star ma anche degli artigiani del cinema quelli che rendono possibile la magia sul grande schermo.
Cinema e cantautori le passioni di Mika
Prima ancora di imparare l’italiano, Mika si innamorò della cultura cinematografica e musicale del nostro Paese. Ha scoperto cantautori come Tenco, De André e Battiato solo dopo aver studiato la lingua, ma il cinema italiano lo aveva già conquistato. “Non avevo bisogno di parlare italiano per capire il vostro cinema: questa è la prova di un dialogo universale.” Per Mika, il cinema ha un potere straordinario, capace di essere leggero, poetico, politico e rivoluzionario.
Musical
Aggiungi un Posto a Tavola festeggia 50 anni: l’intramontabile musical torna con una nuova magia pre natalizia!
Dal 29 novembre 2024 al Teatro Brancaccio di Roma debutta l’ottava edizione della fortunata commedia musicale con la regia originale di Garinei e Giovannini.

Compie 50 anni m non li dimostra per nulla. “Aggiungi un Posto a Tavola” la commedia musicale più amata dagli italiani, dal 29 novembre 2024 torna sul palco del Teatro Brancaccio di Roma con l’ottava edizione. Il capolavoro scritto da Pietro Garinei e Sandro Giovannini, insieme a Jaja Fiastri, con le musiche immortali di Armando Trovajoli, si ripresenta nella sua forma originale, ma con un cast e una produzione rinnovati. La regia, sempre ispirata all’idea originale di Garinei e Giovannini, è affidata a Marco Simeoli, veterano della compagnia.
Una storia d’amore, fede e… una colomba indimenticabile!
La commedia, andata in scena per la prima volta nel 1974 con l’indimenticabile e forse inarrivabile, come qualità artistica, Johnny Dorelli nel ruolo di Don Silvestro, racconta con ironia e poesia le vicende di un parroco di paese a cui Dio (la celebre “voce di lassù”) affida l’incarico di costruire un’arca per salvare la comunità da un secondo diluvio universale. Tra equivoci, amori non corrisposti e momenti di straordinaria comicità, la storia celebra valori come l’accoglienza, l’amicizia e la capacità di affrontare con speranza anche le sfide più grandi. In questa speciale edizione, il protagonista Don Silvestro sarà interpretato da Giovanni Scifoni, affiancato dalla stella dello spettacolo italiano, Lorella Cuccarini, nel ruolo di Consolazione. L’orchestra, rigorosamente dal vivo, sarà diretta dal maestro Maurizio Abeni.
Le novità del cinquantenario di Aggiungi un Posto a Tavola
Per celebrare i 50 anni di vita sono previsti eventi e incontri presso il teatro Brancaccio. Da dicembre a gennaio, il Teatro ospiterà un’esposizione con materiali storici, video e testimonianze che ripercorrono mezzo secolo di successi. L’8 dicembre è prevista una serata d’onore. Dopo lo spettacolo Aggiungi un Posto a Tavola riunirà artisti e personalità delle varie edizioni per rendere omaggio al genio creativo di chi ha reso possibile questo capolavoro. Questa edizione vedrà la partecipazione di Sofia Panizzi (Clementina), Francesco Zaccaro (Toto), Francesca Nunzi (Ortensia), e un ensemble di 16 performer. I costumi e le scenografie, rispettosi dell’eleganza del progetto originale di Giulio Coltellacci, sono stati adattati da Francesca Grossi e Gabriele Moreschi, con il doppio girevole e l’iconica arca pronti a stupire.
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