Personaggi e interviste
Ambra Angiolini e la figlia Jolanda in piazza a Milano per Gaza: da “Non è la Rai” al corteo con la kefiah
Ambra Angiolini, icona generazionale dai tempi di “Non è la Rai”, è tornata sotto i riflettori non per un film o uno show, ma per la sua scelta di scendere in piazza. A Milano ha sfilato con la figlia Jolanda, lontana dai clamori ma decisa a mostrare che la battaglia per i diritti si combatte anche con la testimonianza personale.
Diecimila persone hanno riempito le strade di Milano in un corteo segnato da slogan, bandiere e pioggia battente. In mezzo alla folla, senza telecamere a seguirla passo per passo, Ambra Angiolini ha scelto di esserci. Non da sola, ma insieme a sua figlia Jolanda, ventun anni, compagna inseparabile in una manifestazione che ha assunto subito un valore simbolico.
Non un’apparizione mondana, ma un gesto politico e civile. Ambra lo ha spiegato chiaramente: «Cosa posso insegnare d’altro a mia figlia, se non questo di fondamentale? Lottare per le cose giuste, non rincorrere la comodità ma i diritti di tutti». E ha aggiunto: «La differenza la fa chi può dire: io c’ero».
Non è la prima volta che madre e figlia sfilano insieme, ma stavolta il contesto ha reso tutto più carico di significato. In un corteo pacifico, la loro presenza ha incarnato una generazione che non resta a guardare. «Manifestiamo da cittadine libere – ha detto Ambra – abbiamo un modo di dire la nostra pacato, anche se combattivo. Gli insulti non ci appartengono».
Un cambio d’immagine netto per chi la ricorda ragazzina negli anni Novanta, quando a “Non è la Rai” il suo volto simboleggiava la leggerezza televisiva e il suo entusiasmo si prestava perfino a battute a favore di Silvio Berlusconi, con il celebre sfottò su Occhetto e Satana. Da allora molto è cambiato: oggi quella stessa Ambra indossa la kefiah e porta la sua voce accanto a chi invoca la fine della guerra.
Il contrasto è forte e inevitabile: la ragazzina che ballava davanti alle telecamere ora si muove tra cartelli e slogan politici. Non recita, agisce. Non fa spettacolo, rivendica. Nelle sue parole emerge una maturità che non si nutre di proclami ma di esempi concreti: «I figli devono vedere i genitori non solo parlare, ma agire in prima persona».
Accanto a lei Jolanda, sempre più presenza pubblica, ma senza scivolare nell’ostentazione. La giovane, figlia di Francesco Renga, cammina al fianco della madre e condivide il messaggio: un impegno che non ha bisogno di riflettori, ma che parla al cuore di chi crede ancora che la piazza sia uno spazio vivo di democrazia.
E mentre Ambra sottolinea che «la pace è un’utopia, ma è quella che ci fa continuare a camminare», la sua metamorfosi si compie sotto gli occhi di tutti. Non più solo attrice, non più solo conduttrice, ma donna che sceglie di stare dove crede sia giusto. Una trasformazione che sorprende e divide, ma che non lascia indifferenti.
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Personaggi e interviste
Martina Colombari dopo le confessioni del figlio Achille Costacurta: «È stato intenso, ma prima di parlarne con voi devo farlo con lui»
Un rapporto ricucito con fatica, un percorso di rinascita condiviso: “Ora il cammino è iniziato e, anche se non è facile, va finalmente nella direzione giusta”
Dopo le forti rivelazioni di Achille Costacurta, il figlio di Martina Colombari e Billy Costacurta, arriva la risposta della madre. L’ex Miss Italia, visibilmente emozionata, ha commentato le parole del figlio, che nel podcast One More Time aveva raccontato senza filtri la sua adolescenza difficile, segnata da abusi, droga, TSO e tentativi di suicidio.
«È stato un weekend intenso – ha detto Martina – perché è uscito il podcast di mio figlio Achille. Poi con calma magari ne parliamo, ma prima voglio farlo con lui. Non so mai come pormi di fronte a questa sua fragilità…».
«Prima voglio parlarne con lui»
Colombari ha parlato con tono pacato ma emozionato, tra orgoglio e sollievo. «Non devo aggiungere altro, ma sì, mi piacerebbe confrontarmi con voi, dopo averlo fatto con lui. È difficile trovare le parole giuste, ma sono felice di vederlo finalmente più sereno». Un sorriso, stavolta sincero, ha accompagnato la riflessione di una madre che ha attraversato la tempesta e intravede ora la quiete.
Le rivelazioni di Achille: «Ho iniziato a spacciare, poi ho tentato il suicidio»
Nel podcast condotto da Luca Casadei, Achille, oggi ventunenne, ha raccontato il momento in cui tutto è crollato: «Ho iniziato a spacciare e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. In comunità ho provato a suicidarmi bevendo sette boccettine di metadone. Nessun medico sa spiegarmi perché io sia ancora vivo».
Il giovane ha parlato anche della diagnosi di Adhd, arrivata solo un anno fa: «L’ho scoperto a maggio dell’anno scorso in una clinica svizzera. Mi dissero: “Ti sei auto-curato con la droga”. È stato come ricevere una chiave per capire chi sono».
Il nuovo equilibrio con i genitori
Achille ha spiegato come anche i genitori abbiano intrapreso un percorso parallelo: «Da quando hanno fatto un corso genitoriale sull’Adhd, il nostro rapporto è cambiato. Prima, se litigavamo, spaccavo le porte. Ora non succede più, perché sanno come dirmi un no».
Una crescita condivisa, che oggi unisce una famiglia passata attraverso il dolore ma capace di ritrovare una forma di armonia.
Un abbraccio che vale più di mille parole
Solo pochi giorni fa, all’Auditorium del Foro Italico, Achille era in prima fila per applaudire la madre impegnata in una performance di danza. Martina, scesa dal palco, lo ha abbracciato con una commozione che raccontava più di qualsiasi intervista: la forza di una madre e la rinascita di un figlio.
Personaggi e interviste
Virginia Raffaele replica a Belen Rodriguez: “La mia imitazione non era volgare. Le offese sono altre”
Botta e risposta nel mondo dello spettacolo tra Belen Rodriguez e Virginia Raffaele. Dopo le critiche della showgirl argentina, che aveva definito “volgarotta” la sua imitazione, la comica ha replicato con calma: “Credo di non aver offeso nessuno, le offese sono altre”. Poi la citazione di Chaplin: “Quando un personaggio viene imitato vuol dire che è veramente grande”.
Virginia Raffaele ha scelto la via dell’ironia per rispondere alle accuse di Belen Rodriguez, che in un’intervista aveva definito “volgarotta” la sua imitazione. Una polemica scoppiata dopo l’ultima apparizione della comica, che aveva portato sul palco una versione esagerata e autoironica della showgirl argentina, suscitando risate e qualche malumore.
“Credo di non aver offeso nessuno, le offese sono altre”, ha dichiarato la Raffaele, mettendo fine alle polemiche con il tono elegante e misurato che da sempre la contraddistingue. Nessuna frecciata, solo una riflessione sul senso stesso dell’imitazione, che secondo lei deve essere sempre “un gioco di specchi, mai una caricatura cattiva”.
La comica ha poi voluto citare Charlie Chaplin, ricordando le sue parole: “Quando un personaggio viene imitato vuol dire che è veramente grande”. Un omaggio all’arte dell’imitazione, ma anche un messaggio indiretto a Belen, che nel corso degli anni è diventata a tutti gli effetti un’icona della tv italiana.
Nel frattempo, sui social, i fan si sono schierati in massa con Virginia, sottolineando la leggerezza e l’intelligenza delle sue parole. “Non c’è volgarità nel talento, solo in chi non sa riconoscerlo”, ha scritto qualcuno.
La Raffaele, dal canto suo, sembra intenzionata a chiudere qui la vicenda: nessun rancore, solo la consapevolezza che ogni imitazione, quando è fatta con rispetto, è un tributo più che una presa in giro. E con la sua solita classe, riesce ancora una volta a trasformare una polemica in una lezione di stile.
Personaggi e interviste
Achille Costacurta, il racconto shock al podcast: “Ho preso sette boccettine di metadone per suicidarmi”.
Nel podcast One More Time Achille Costacurta ricorda l’adolescenza tra droghe, ricoveri forzati e violenza, fino al tentativo di suicidio a 15 anni: “Mi hanno salvato, non so come sia vivo”. La svolta in Svizzera, la diagnosi di ADHD e il legame ritrovato con i genitori.
La storia di Achille Costacurta non è un racconto patinato. È una discesa nel buio e una lenta risalita, narrata con lucidità nel podcast One More Time di Luca Casadei. “Ho iniziato a fumare a 13 anni, al compleanno dei 18 ho provato la mescalina”, racconta. Una spirale di abusi, scontri con la realtà e con la legge: “Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7 in un anno”.
TSO, disperazione e il buio più profondo
Non risparmia nulla, nemmeno i momenti più duri. “A Milano ho trovato due dottori cattivissimi che mi hanno legato al letto per tre giorni… urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato e mi dovevo fare la pipì addosso”. Un dolore quegli anni che tocca anche la famiglia: “L’unica volta che ho visto piangere mio padre è stata quando gli chiedevo di andare a fare l’eutanasia, perché non provavo più nulla”.
Il punto più basso arriva a 15 anni e mezzo. Arresti, comunità, isolamento. E la fuga verso l’estremo: “Prendo le chiavi dell’infermeria, sette boccettine di metadone. Le bevo tutte. Volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta… nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.
La Svizzera e la diagnosi che cambia tutto
La svolta arriva dopo. “Quando sono arrivato in clinica mi hanno detto: ‘Se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto’”. In Svizzera scopre l’ADHD. “Tu ti volevi auto-curare con la droga”, gli dicono i medici. Una frase che gli rimane impressa. Anche i genitori partecipano a un corso specifico: “Da lì non è mai più successo niente, perché loro sanno come dirmi un no”.
Una nuova consapevolezza
Oggi Achille ha 21 anni e guarda avanti: “Sono fiero di me. Non mi vergogno di quello che mi è successo, perché sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi, ma a farne tesoro”.
Non uno slogan motivazionale, ma una verità conquistata, passo dopo passo. E, come dice lui, “grazie a chi non ha smesso di esserci”.
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