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Personaggi e interviste

Dalle fiction di successo alle accuse: Garko e De Sio rompono il silenzio sull’era Ares, tra compromessi e pressioni

A distanza di anni, il mito dorato delle serie Ares mostra crepe profonde: Gabriel Garko parla di una “gabbia” da cui non poteva uscire, mentre Giuliana De Sio rivela pressioni inquietanti, dal finto rapimento chiesto per promuovere una fiction fino al diktat su relazioni pilotate.

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Gabriel Garko

    Le fiction Ares hanno segnato un’epoca. Per anni, titoli come L’Onore e il Rispetto, Il peccato e la vergogna, Pupetta e tante altre hanno catalizzato milioni di spettatori davanti alla tv, costruendo divi e consacrando personaggi. Ma a distanza di tempo, i racconti di chi quel mondo lo ha vissuto da protagonista svelano il rovescio della medaglia: compromessi, pressioni e minacce che oggi, forse, aiutano a leggere sotto una luce diversa quell’impero.

    Il primo a riaprire il vaso di Pandora è stato Gabriel Garko. Ospite di Da Noi… a Ruota Libera su Rai 1, l’attore ha parlato senza mezzi termini di una “gabbia” in cui è rimasto rinchiuso per anni. «Sono dovuto scendere a compromessi», ha ammesso, con la voce incrinata dal peso dei ricordi. Un riferimento nemmeno troppo velato al sistema che lo aveva trasformato in sex symbol nazionale, imprigionandolo però in un’immagine costruita a tavolino, difficile da scalfire.

    Parole che hanno trovato eco pochi giorni dopo in un’altra testimonianza dirompente. Giuliana De Sio, intervistata da Peter Gomez a La Confessione, ha raccontato un episodio che ancora oggi definisce “allucinante”. L’attrice ha ricordato una richiesta assurda che le sarebbe stata fatta da Alberto Tarallo, il produttore al centro della galassia Ares: «Mi chiese di fingere un rapimento per promuovere una fiction. E quando dissi no, arrivarono altre pressioni: “Ti devi fidanzare con questa persona”. Non era più lavoro, era manipolazione».

    Le sue parole non si fermano lì. «C’era chi minacciava di distruggere chiunque osasse ribellarsi. Quando decisi di andare via, mi dissero che la mia carriera sarebbe finita. E infatti, da quel momento, ho lavorato quasi solo in teatro».

    Un racconto amaro, che stride con l’immagine patinata delle fiction Ares, veri fenomeni di costume negli anni d’oro delle generaliste. Sullo sfondo resta la figura di Tarallo, regista occulto di dinamiche che oggi emergono dai ricordi dei protagonisti.

    Due voci diverse, ma unite da una comune sensazione di oppressione: quella di essere stati ingabbiati in un sistema che prometteva fama e popolarità, ma a caro prezzo. E che oggi, a distanza di anni, lascia dietro di sé più di un’ombra.

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      Personaggi e interviste

      Costantino Vitagliano, dalla gloria al dolore: “Posso morire in pochi secondi, ma la mia vita è stata piena”

      Dai guadagni milionari ai riflettori spenti, fino alla diagnosi che gli ha cambiato l’esistenza: Costantino Vitagliano si confessa da Monica Setta. “Ho avuto la fortuna di poter aiutare i miei genitori, vengo da una vita di sacrifici e questo mi ha reso pronto anche al dolore”.

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        Costantino Vitagliano, l’uomo che per primo trasformò il trono di “Uomini e Donne” in un fenomeno nazionale, oggi combatte con una malattia che lo accompagna come un’ombra costante. “Posso morire in pochi secondi”, ha rivelato con voce ferma a Monica Setta, spiegando che dovrà assumere farmaci a vita per tenere sotto controllo una condizione che definisce una vera spada di Damocle. Una confessione che ha spiazzato i fan, abituati a ricordarlo come il bello e dannato che negli anni Duemila faceva impazzire le platee televisive.

        Ma la malattia, per quanto dura, non ha tolto a Costantino la lucidità né la capacità di guardarsi indietro senza rimpianti. “Guadagnavo cifre da capogiro, ma non ho sofferto quando i tempi sono cambiati perché ho fatto tanti step, non sono esploso all’improvviso. Vengo da una vita di sacrifici. Ho avuto la fortuna di poter aiutare i miei genitori”, ha raccontato, mettendo a nudo l’uomo oltre il personaggio.

        Un racconto di resilienza che parte dalle periferie, dove è cresciuto tra sacrifici e sogni semplici, fino ad arrivare agli anni d’oro della sua carriera, quando ogni suo gesto finiva sui giornali e i cachet salivano vertiginosamente. Poi, inevitabilmente, la parabola del successo ha rallentato, e Vitagliano ha saputo affrontare anche quel momento: “Non ho mai vissuto crolli traumatici, perché non mi sono mai illuso che potesse durare per sempre. La vita è fatta di cicli”.

        Oggi la sua sfida non è più davanti alle telecamere, ma nella quotidianità scandita dalle cure. “Non ho paura di raccontarmi – ha spiegato – perché la malattia fa parte di me. È un compagno scomodo, ma mi ricorda ogni giorno che la vita è preziosa”.

        L’ex tronista non rinnega nulla: dagli amori da copertina alla fama improvvisa, fino ai momenti difficili. Con la consapevolezza di chi ha visto entrambe le facce della medaglia, Vitagliano affronta il futuro con la forza di chi non vuole smettere di vivere, anche sapendo di avere accanto una minaccia silenziosa.

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          Ilenia Pastorelli tra pigrezza, invidie e bonifici: “Io a letto tutto il giorno, ma se pagano mi spoglio”

          Da concorrente del Grande Fratello a musa di Gabriele Mainetti e Carlo Verdone: la parabola di Ilenia Pastorelli non è stata indolore. Tra accuse di immeritato David, paragoni ingombranti e il “venticello dell’invidia”, l’attrice oggi risponde con sarcasmo e leggerezza.

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          Pastorelli

            Altro che diva inarrivabile: Ilenia Pastorelli preferisce il letto. Lo ha detto senza mezzi termini: «Io starei tutto il giorno a letto, sono super pigra». Un’auto-descrizione che è già manifesto, perché l’ex concorrente del Grande Fratello ha sempre avuto un rapporto complicato con la fama.

            E pensare che proprio dal reality, vent’anni fa, è iniziata la sua carriera. Un trampolino insolito che le ha cambiato la vita, ma non nel modo in cui speravano i coinquilini: «Quando sono uscita ricordo che quelli che stavano con me nella Casa si sentivano arrivati. Io invece mi sono sentita al contrario. Ho pensato di dover iniziare tutto daccapo».

            La chiamata inaspettata arriva da Gabriele Mainetti, che la vuole come protagonista in Lo chiamavano Jeeg Robot. È il film che la consacra e le fa vincere un David di Donatello, ma non senza strascichi velenosi: «Molti ritenevano fosse ingiusto. Il venticello dell’invidia l’ho sentito. Non dalle candidate al premio, ma da quei ragazzi che studiavano da tanti anni e non sono riusciti a fare nemmeno un film». Tradotto: le colleghe zitte, i teatranti rosicavano.

            Poi l’investitura pesante, firmata Carlo Verdone, che la definì “la nuova Anna Magnani”. Un complimento che la Pastorelli prende e ribalta con disincanto: «Verdone ha sempre creduto molto in me, ma quando mi ha paragonato ad Anna Magnani ha esagerato, è impossibile. Non ce ne saranno mai più».

            E siccome il gossip vuole la sua parte, la romana ci mette del suo parlando delle scene di nudo: «Non è che sia proprio entusiasta o che mi svegli la mattina contenta di andare a girare una scena in cui mostro tutto. Ma se arriva il bonifico, va bene». Una battuta che spazza via anni di pudori finti e conferma il suo stile: diretto, spigoloso e un po’ brutale.

            Insomma, pigra sì, ma solo sul divano. Sul set e nella vita Ilenia Pastorelli ha dimostrato di avere le spalle larghe: regge paragoni impossibili, sopporta l’invidia e ride persino dei propri nudi. E questo, nel dorato mondo del cinema italiano, vale più di mille premi.

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              Ambra Angiolini e la figlia Jolanda in piazza a Milano per Gaza: da “Non è la Rai” al corteo con la kefiah

              Ambra Angiolini, icona generazionale dai tempi di “Non è la Rai”, è tornata sotto i riflettori non per un film o uno show, ma per la sua scelta di scendere in piazza. A Milano ha sfilato con la figlia Jolanda, lontana dai clamori ma decisa a mostrare che la battaglia per i diritti si combatte anche con la testimonianza personale.

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                Diecimila persone hanno riempito le strade di Milano in un corteo segnato da slogan, bandiere e pioggia battente. In mezzo alla folla, senza telecamere a seguirla passo per passo, Ambra Angiolini ha scelto di esserci. Non da sola, ma insieme a sua figlia Jolanda, ventun anni, compagna inseparabile in una manifestazione che ha assunto subito un valore simbolico.

                Non un’apparizione mondana, ma un gesto politico e civile. Ambra lo ha spiegato chiaramente: «Cosa posso insegnare d’altro a mia figlia, se non questo di fondamentale? Lottare per le cose giuste, non rincorrere la comodità ma i diritti di tutti». E ha aggiunto: «La differenza la fa chi può dire: io c’ero».

                Non è la prima volta che madre e figlia sfilano insieme, ma stavolta il contesto ha reso tutto più carico di significato. In un corteo pacifico, la loro presenza ha incarnato una generazione che non resta a guardare. «Manifestiamo da cittadine libere – ha detto Ambra – abbiamo un modo di dire la nostra pacato, anche se combattivo. Gli insulti non ci appartengono».

                Un cambio d’immagine netto per chi la ricorda ragazzina negli anni Novanta, quando a “Non è la Rai” il suo volto simboleggiava la leggerezza televisiva e il suo entusiasmo si prestava perfino a battute a favore di Silvio Berlusconi, con il celebre sfottò su Occhetto e Satana. Da allora molto è cambiato: oggi quella stessa Ambra indossa la kefiah e porta la sua voce accanto a chi invoca la fine della guerra.

                Il contrasto è forte e inevitabile: la ragazzina che ballava davanti alle telecamere ora si muove tra cartelli e slogan politici. Non recita, agisce. Non fa spettacolo, rivendica. Nelle sue parole emerge una maturità che non si nutre di proclami ma di esempi concreti: «I figli devono vedere i genitori non solo parlare, ma agire in prima persona».

                Accanto a lei Jolanda, sempre più presenza pubblica, ma senza scivolare nell’ostentazione. La giovane, figlia di Francesco Renga, cammina al fianco della madre e condivide il messaggio: un impegno che non ha bisogno di riflettori, ma che parla al cuore di chi crede ancora che la piazza sia uno spazio vivo di democrazia.

                E mentre Ambra sottolinea che «la pace è un’utopia, ma è quella che ci fa continuare a camminare», la sua metamorfosi si compie sotto gli occhi di tutti. Non più solo attrice, non più solo conduttrice, ma donna che sceglie di stare dove crede sia giusto. Una trasformazione che sorprende e divide, ma che non lascia indifferenti.

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