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Personaggi e interviste

I più piccoli hanno un nuovo idolo su YouTube: il suo nome è Carolina Benvenga

Il suo è un successo che parte da lontano. Dalla TV al web, Carolina Benvenga si è affermata come una delle figure più amate dell’intrattenimento per bambini. Il suo ultimo successo, il singolo Superpapi, ha conquistato YouTube, confermando la sua capacità di unire musica, teatro e digitale in un format perfetto per i più piccoli.

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    Carolina Benvenga è attualmente uno dei volti più amati della TV per bambini in Italia. Nata nel 1990 a Roma, la sua carriera ha preso il via con il programma La posta di YoYo su Rai Yoyo, che conduce dal 2012. Grazie al suo talento, è diventata il volto di Lo Zecchino d’Oro nelle ultime edizioni, guadagnandosi l’affetto di un pubblico sempre più ampio.

    La svolta digital

    Il suo percorso, però, non si è fermato alla televisione. Con l’avvento del digitale, Carolina ha saputo cogliere l’opportunità di espandere la sua presenza sul web, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno per bambini.

    Superpapi, la hit che ha conquistato il “tubo”

    L’ultimo exploit di Carolina Benvenga è Superpapi, una canzone dedicata alla festa del papà che ha scalato le classifiche di YouTube Italia. Il video ufficiale ha sfiorato il milione di visualizzazioni in una settimana, contendendosi la vetta della sezione musicale con artisti ben più noti. Non è un caso: la sua capacità di creare contenuti freschi e coinvolgenti per il pubblico più giovane è ormai un marchio di fabbrica. La sua discografia è in continua espansione: dopo tre album realizzati con Topo Tip, l’ultimo progetto Christmas Dance con Carolina ha consolidato ulteriormente il suo ruolo di artista per bambini.

    Fra teatro e cartoni animati: un’artista a 360 gradi

    Oltre alla musica e alla TV, Carolina Benvenga ha portato il suo talento anche a teatro, con due tour natalizi di grande successo dal titolo Un Natale Favoloso a Teatro. La sua versatilità l’ha resa una delle poche figure in grado di spaziare tra diversi media, mantenendo sempre alta l’attenzione dei piccoli spettatori. Di recente, ha anche prestato la voce al personaggio di Lucy in Cattivissimo Me 4, confermando la sua presenza anche nel mondo del doppiaggio.

    Il paragone con cristina d’avena e il rapporto con i bambini

    Con un canale YouTube da oltre 1,2 milioni di iscritti e video che superano i 60 milioni di visualizzazioni, Carolina Benvenga è spesso paragonata a Cristina D’Avena. Lei, però, riconosce la differenza: “Cristina è stata la voce delle nostre generazioni, io intrattengo i bambini come attrice, conduttrice e ballerina. Spero che un giorno i miei piccoli fan si ricorderanno di me e delle mie canzoni”.

    Conscia della propria responsabilità

    Il suo impegno nel mondo dell’intrattenimento per bambini non è solo una scelta artistica, ma anche una responsabilità: “Entrando nel mondo dei più piccoli devi fare scelte precise, perché loro ti vedono sempre nello stesso modo. Non puoi deluderli”. Grazie a questa filosofia, la Benvenga ha costruito un legame autentico con il suo pubblico, conquistando un posto speciale nel cuore di milioni di bambini e relativi genitori.

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      Personaggi e interviste

      Virginia Raffaele replica a Belen Rodriguez: “La mia imitazione non era volgare. Le offese sono altre”

      Botta e risposta nel mondo dello spettacolo tra Belen Rodriguez e Virginia Raffaele. Dopo le critiche della showgirl argentina, che aveva definito “volgarotta” la sua imitazione, la comica ha replicato con calma: “Credo di non aver offeso nessuno, le offese sono altre”. Poi la citazione di Chaplin: “Quando un personaggio viene imitato vuol dire che è veramente grande”.

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        Virginia Raffaele ha scelto la via dell’ironia per rispondere alle accuse di Belen Rodriguez, che in un’intervista aveva definito “volgarotta” la sua imitazione. Una polemica scoppiata dopo l’ultima apparizione della comica, che aveva portato sul palco una versione esagerata e autoironica della showgirl argentina, suscitando risate e qualche malumore.

        “Credo di non aver offeso nessuno, le offese sono altre”, ha dichiarato la Raffaele, mettendo fine alle polemiche con il tono elegante e misurato che da sempre la contraddistingue. Nessuna frecciata, solo una riflessione sul senso stesso dell’imitazione, che secondo lei deve essere sempre “un gioco di specchi, mai una caricatura cattiva”.

        La comica ha poi voluto citare Charlie Chaplin, ricordando le sue parole: “Quando un personaggio viene imitato vuol dire che è veramente grande”. Un omaggio all’arte dell’imitazione, ma anche un messaggio indiretto a Belen, che nel corso degli anni è diventata a tutti gli effetti un’icona della tv italiana.

        Nel frattempo, sui social, i fan si sono schierati in massa con Virginia, sottolineando la leggerezza e l’intelligenza delle sue parole. “Non c’è volgarità nel talento, solo in chi non sa riconoscerlo”, ha scritto qualcuno.

        La Raffaele, dal canto suo, sembra intenzionata a chiudere qui la vicenda: nessun rancore, solo la consapevolezza che ogni imitazione, quando è fatta con rispetto, è un tributo più che una presa in giro. E con la sua solita classe, riesce ancora una volta a trasformare una polemica in una lezione di stile.

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          Personaggi e interviste

          Achille Costacurta, il racconto shock al podcast: “Ho preso sette boccettine di metadone per suicidarmi”.

          Nel podcast One More Time Achille Costacurta ricorda l’adolescenza tra droghe, ricoveri forzati e violenza, fino al tentativo di suicidio a 15 anni: “Mi hanno salvato, non so come sia vivo”. La svolta in Svizzera, la diagnosi di ADHD e il legame ritrovato con i genitori.

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            La storia di Achille Costacurta non è un racconto patinato. È una discesa nel buio e una lenta risalita, narrata con lucidità nel podcast One More Time di Luca Casadei. “Ho iniziato a fumare a 13 anni, al compleanno dei 18 ho provato la mescalina”, racconta. Una spirale di abusi, scontri con la realtà e con la legge: “Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7 in un anno”.

            TSO, disperazione e il buio più profondo
            Non risparmia nulla, nemmeno i momenti più duri. “A Milano ho trovato due dottori cattivissimi che mi hanno legato al letto per tre giorni… urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato e mi dovevo fare la pipì addosso”. Un dolore quegli anni che tocca anche la famiglia: “L’unica volta che ho visto piangere mio padre è stata quando gli chiedevo di andare a fare l’eutanasia, perché non provavo più nulla”.

            Il punto più basso arriva a 15 anni e mezzo. Arresti, comunità, isolamento. E la fuga verso l’estremo: “Prendo le chiavi dell’infermeria, sette boccettine di metadone. Le bevo tutte. Volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta… nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.

            La Svizzera e la diagnosi che cambia tutto
            La svolta arriva dopo. “Quando sono arrivato in clinica mi hanno detto: ‘Se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto’”. In Svizzera scopre l’ADHD. “Tu ti volevi auto-curare con la droga”, gli dicono i medici. Una frase che gli rimane impressa. Anche i genitori partecipano a un corso specifico: “Da lì non è mai più successo niente, perché loro sanno come dirmi un no”.

            Una nuova consapevolezza
            Oggi Achille ha 21 anni e guarda avanti: “Sono fiero di me. Non mi vergogno di quello che mi è successo, perché sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi, ma a farne tesoro”.

            Non uno slogan motivazionale, ma una verità conquistata, passo dopo passo. E, come dice lui, “grazie a chi non ha smesso di esserci”.

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              Personaggi e interviste

              Giorgia sul caso delle “sorelle di chat”: «Insultare non è femminista». La cantante interviene

              Parlando con Il Fatto Quotidiano, l’artista commenta l’indagine che riguarda tre attiviste accusate di stalking e diffamazione: «Tempo violento, non avrei voglia né modo di insultare nessuno».

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              Giorgia

                Il dibattito sulle forme di attivismo digitale e sui confini dell’azione politica torna al centro della cronaca. La Procura di Monza ha iscritto nel registro degli indagati tre attiviste, Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene, nell’ambito di un’indagine per stalking e diffamazione. Un gruppo definito in rete come “le sorelle di chat”, accusato di aver messo nel mirino alcune persone con campagne ritenute aggressive e reiterate. Il caso alimenta il confronto su toni, linguaggi e responsabilità, soprattutto nel campo del femminismo contemporaneo e dei social network.

                Giorgia: «Non c’è femminismo nell’insulto»

                A intervenire è Giorgia, che sul Fatto Quotidiano ha espresso il suo punto di vista. «Non trovo niente di femminista nell’insultare le persone», afferma. La cantante ricorda la sua formazione in un ambiente femminile forte e coeso: «Sono cresciuta in un ambiente di donne che si sono sempre rimboccate le maniche. Mia madre era una femminista gentile: mi dava libri, mi spiegava, parlava. È stato un esempio». L’artista sottolinea di non riconoscersi in dinamiche di aggressione verbale: «Non rientra nella mia educazione comprendere come possa essere ideologico riunirsi e insultare persone a prescindere».

                “Un tempo violento”

                Per Giorgia il problema va oltre il singolo caso e riguarda il clima del dibattito pubblico: «Diciamo che questo è un tempo molto violento. Io non ce l’avrei il tempo di stare a insultare. Non ci arrivo, non credo che ci sia nulla di femminista in questo». Una posizione che riporta il discorso sul terreno del confronto di idee e non dello scontro permanente, soprattutto in un’epoca in cui la visibilità digitale può amplificare toni eccessivi e polarizzazioni.

                Il confronto interno al movimento

                L’indagine e le parole della cantante accendono una discussione anche dentro il mondo femminista, dove da tempo convivono approcci diversi: dal linguaggio militante più duro a forme di attivismo empatico e dialogico. La giustizia farà il suo corso, ma il tema resta aperto: come difendere diritti e istanze senza trasformare l’arena social in una piazza punitiva. Per Giorgia la strada passa dalla fermezza, non dall’insulto.

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