Lifestyle
Il tuo nuovo amico VIP? Sfoggialo sui social, ma solo a pagamento!
Se pensavi di poter ottenere un video saluto dai tuoi VIP preferiti senza spendere un centesimo, ti sbagliavi di grosso! Ormai anche il privilegio di ricevere un messaggio personalizzato da una celebrità ha un prezzo, e i tariffari partono da soli 5 euro. Chi l’avrebbe mai detto?

Le foto con i personaggi famosi sono da sempre un trofeo ambito, ma con l’avvento dei social, queste si sono trasformate in autentiche videodediche. Le richieste piovono sulle caselle private delle star di TV, cinema, musica e sport, che si trovano sommerse di domande per video auguri, specialmente per occasioni come gli 18esimi, i matrimoni e le lauree.
Gli Stati Uniti hanno già fatto di questa pratica un vero e proprio business, con molti VIP che chiedono cifre astronomiche per concedere un saluto video. Anche in Italia, il trend sta guadagnando terreno, con un tariffario che parte da soli 5 euro e arriva fino a 100 euro. Al momento, una ventina di personaggi noti hanno aderito a questa nuova moda.
Tra i più richiesti, spiccano Victoria Silvstedt e Heather Parisi, che chiedono rispettivamente 90 e 100 euro per un saluto, devolvendo le somme in beneficenza. Marco Ardemagni, dalla calda voce di Rai Radio 2, richiede 50 euro per una dedica in quartine, mentre Eva Grimaldi, Giovanni Ciacci e Marco Melandri si accontentano di 20 euro. Elisabetta Coraini, invece, offre saluti a 25 euro. Generalmente si va dai 10 dollari richiesti dalle star di TikTok, che hanno un pubblico troppo giovane per poter chiedere di più, a Tommy Lee, il batterista della band metal Mötley Crüe, che ne chiede 368. In mezzo ci sono Ronn Moss, l’attore diventato famoso come Ridge nella soap opera Beautiful, che si fa pagare 80 dollari, Sarah Drew, l’attrice che interpreta la dottoressa Kepner in Grey’s Anatomy, che fa un video per 184 dollari e Mischa Barton, la Marissa di The O.C, che ne chiede 138.
Ma attenzione alle sorprese! Si dice che alcuni personaggi avrebbero utilizzato questi servizi per fingere amicizie altrimenti inesistenti. È diventata virale qualche tempo fa la polemica sul video messaggio sfoggiato dal calciatore Andrea Petagna su Instagram, apparentemente proveniente dalla leggenda del basket NBA Dennis Rodman. “Tutti ti vogliono bene Andrea! Rispetto”, dice Rodman nel video dopo essersi sperticato in complimenti per il calciatore”. Non male visto che queste considerazioni arrivano da una star della pallacanestro mondiale. Ma in tanti hanno sospettato che dietro a quei saluti ci fosse tutt’altro. Un bel pagamento, ovviamente, considerando che sul sito di Rodman il prezzo per un video è di 600 euro.
Insomma, se hai qualche euro da spendere e desideri un saluto speciale da parte del tuo VIP preferito, non esitare a sborsarlo! Dopotutto, dice il proverbio, chi trova un amico trova un tesoro!
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Società
Bunker per ricchi: la nuova corsa al rifugio antiatomico (mentre lo Stato guarda altrove)
Dal conflitto in Ucraina alle minacce nucleari, passando per le “follie” di Trump e Putin: la paura spinge sempre più italiani benestanti a costruirsi un rifugio antiatomico. Le aziende del settore parlano di un +30% solo negli ultimi mesi. Ma mentre i bunker privati crescono, lo Stato resta a guardare.

Tira una brutta aria. E c’è chi, letteralmente, si scava un buco per sparire sottoterra. La corsa al bunker privato in Italia non è più roba da cospirazionisti o prepper americani, ma una realtà che cresce di anno in anno, spinta da un mix letale: paura, instabilità globale e disponibilità economica. Ecco allora che sempre più italiani benestanti si rivolgono a ditte specializzate per farsi costruire un rifugio sotto casa, a prova di fine del mondo. O quasi.
Il boom è confermato dai numeri. ItalBunker, una delle aziende leader nel settore, segnala un’impennata del 30% nelle richieste negli ultimi mesi. Da inizio guerra in Ucraina, le richieste sono aumentate del 200%. «Ormai ci chiamano ogni giorno – racconta Angelo Cavalieri, ingegnere dell’azienda – famiglie, imprenditori, società, tutti vogliono sapere come farsi un bunker nel giardino o in cantina».
Ma c’è una regola base: la prima cosa del bunker è non parlare del bunker. Si firmano accordi di riservatezza, i progetti vengono segretati o addirittura distrutti. «Nessuno vuole far sapere che si sta preparando a una guerra nucleare – dice Cavalieri – e la privacy è fondamentale».
A trainare il business sono soprattutto le famiglie facoltose e le aziende in zone considerate “sensibili”: vicino a aeroporti militari, caserme, confini. La fascia di prezzo, del resto, taglia fuori i più: per costruire un rifugio antiatomico di circa 50 metri quadri, servono almeno 150-200 mila euro. Ma c’è anche chi alza l’asticella: «Stiamo realizzando un bunker di 170 metri quadri che supera il milione di euro», rivela Salvatore Fugazzotto di MioBunker.
Le strutture sono veri e propri appartamenti sotterranei: camere da letto, scorte alimentari, impianti di decontaminazione, bagni con doccia, sistemi di ventilazione, pompe per l’acqua. E ovviamente una zona fitness, perché anche in un’apocalisse, il fisico va mantenuto. I modelli più sofisticati includono serre idroponiche per coltivare ortaggi e persino vasche di acquaponica per l’allevamento di pesci.
Ma non solo emergenze: i bunker, in tempo di pace, diventano sale giochi per bambini, caveau per opere d’arte o rifugi di lusso per paranoie discrete. Alcuni, racconta Cavalieri, «ci hanno chiesto stanze per custodire barche, quadri, addirittura una jeep». Il senso di sicurezza, spiegano gli imprenditori del settore, oggi è merce rara e preziosa.
Un altro nome del settore, Bariblock, si concentra sulle costruzioni a prova di radiazioni, con particolare attenzione al settore ospedaliero e medicale. Ma le richieste di informazioni per bunker privati, anche da loro, sono in forte aumento. E intanto, sempre più italiani si domandano: perché dobbiamo pagarceli da soli?
La domanda è lecita. Perché se è vero che Bruxelles ha indicato come necessaria una mappa dei rifugi pubblici in ogni Paese europeo, in Italia la situazione è desolante. «Non esistono rifugi pubblici funzionanti – denuncia Fugazzotto – ci stupisce che lo Stato non abbia mai pensato di contattarci per realizzarli. La protezione dovrebbe essere un diritto, non un lusso per chi se lo può permettere».
Nel frattempo, i bunker privati proliferano. In silenzio, nel sottosuolo. Senza sirene d’allarme, ma con tutte le comodità moderne. Il paradosso è evidente: mentre si parla di giustizia sociale, c’è chi si prepara a sopravvivere al collasso globale con palestra, sala cinema e orto bio a cinque metri di profondità.
Per tutti gli altri, beh… c’è sempre la speranza.
Libri
Woody Allen scrittore a novant’anni: in arrivo il suo primo romanzo, tra nevrosi e sarcasmo
Il regista newyorkese, a pochi mesi dai novant’anni, debutta nella narrativa lunga: protagonista un alter ego ansioso e tragicomico, in una storia che somiglia molto a tutte le sue

Se fosse un suo film, sarebbe l’inquadratura iniziale: un uomo di mezza età, ebreo, colto, nevrotico, seduto su una sedia di psicanalista che lo ascolta solo per finta. Ma non è un film: è il primo romanzo di Woody Allen, in uscita il 24 settembre in contemporanea mondiale. In Italia sarà La nave di Teseo a pubblicarlo, con il titolo Che succede a Baum?. Un esordio tardivo, certo – il regista compirà 90 anni il prossimo 30 novembre – ma anche la prova che Allen, a dispetto delle polemiche e dei declini annunciati, non ha mai smesso di raccontare.
Il protagonista del libro è Ascher Baum, scrittore e drammaturgo newyorkese, ovviamente ebreo, nevrotico, consumato dall’ansia e sull’orlo di perdere la testa. Una parodia dell’intellettuale urbano, tradizione in cui Allen ha sempre nuotato come un pesce: tra Freud, Philip Roth, Kafka, e lui stesso. Baum è, insomma, l’ennesimo doppio alleniano: goffo, insicuro, brillante, tenero, sarcastico fino all’autodistruzione. Un personaggio che – parola di Elisabetta Sgarbi – “entrerà nel pantheon dei suoi caratteri memorabili”.
L’annuncio arriva come una bomba (piccola, arguta, ma pur sempre bomba) nel mondo dell’editoria internazionale. Per anni si era favoleggiato su un romanzo di Allen. Lui ha sempre scritto, certo: raccolte come Rivincite, Senza piume, Effetti collaterali, Pura anarchia, l’autobiografia A proposito di niente, tutte ristampate da La nave di Teseo. Ma questa è la prima volta che si cimenta con la narrativa lunga, con un impianto romanzesco classico. E c’è da scommettere che, dietro la comicità, ci sia anche una riflessione sul fallimento, sull’identità, sull’arte che non consola. Proprio come accade nei suoi film migliori.
La casa editrice americana, Post Hill Press, presenta Che succede a Baum? come una satira brillante sul mondo letterario e sul declino della celebrità. Baum, infatti, vede il proprio editore abbandonarlo, le recensioni diventare tiepide, il prestigio sfumare. Una crisi creativa e personale che ricorda molto da vicino le atmosfere di Crimini e misfatti, Midnight in Paris o Hollywood Ending. Ma la cifra è sempre quella: pungente, ironica, intellettuale, con “una prosa elegante e distesa, con tratti comici”, come garantisce l’editore italiano.
A tradurlo in italiano sarà Alberto Pezzotta, già al lavoro su Zero Gravity e A proposito di niente, e uno dei massimi conoscitori del lessico e dello humour alleniano. “Questo romanzo – dice Sgarbi – non è il primo né l’ultimo, è semplicemente il suo romanzo. Che più suo non potrebbe essere.”
In tempi in cui i registi autobiografici sembrano farsi piccoli per sparire, Allen – il più autobiografico di tutti – raddoppia su carta, tra nevrosi e sarcasmo. Niente cinepresa, niente battute affidate a Diane Keaton o Mia Farrow: stavolta è solo Baum a parlarci. E siamo certi che avrà tanto, tantissimo da dire. Anche perché Woody, in fondo, non ha mai davvero smesso di scrivere.
Cucina
Parmigiana leggera un corno: anche d’estate la melanzana si tuffa nel pomodoro e gode come sempre
Dalla versione classica e bollente a quella fredda con stracciatella e basilico, la parmigiana d’estate resta la regina dei piatti italiani. Fritta, grigliata, scomposta o alla napoletana: ogni casa ha la sua liturgia, e guai a toccarla.

C’è un momento preciso in cui la parmigiana smette di essere solo un piatto e diventa una posizione esistenziale: è quando fuori ci sono 32 gradi, il ventilatore tossisce, il forno arroventa l’aria e tu, con un gesto da martire del gusto, scegli di prepararla lo stesso. Perché la parmigiana d’estate non è più una semplice pietanza: è un atto di fede. O meglio, di gola.
Melanzane, pomodoro, mozzarella, basilico. E sopra tutto, un profumo che sa di Sud, di domeniche lunghe, di madri e nonne che “oggi solo due forchettate” e intanto ti affogano l’anima nel ragù. Ma con l’arrivo del caldo, anche lei, la regina, si reinventa. E si divide in almeno cinque correnti di pensiero.
1. La classica (o integralista): fritta, afosa, irresistibile
La melanzana si frigge. Punto. Al forno sì, ma solo dopo. Niente cotture light, niente rivisitazioni: qui si frigge in olio bollente, si stratifica con sugo e mozzarella e si inforna fino a quando il bordo non caramella. È pesante, è rovente, è uno schiaffo al fegato e un abbraccio al cuore. Si mangia tiepida, o il giorno dopo, da sola o col pane. E se non si unge il piatto, non è parmigiana.
2. La grigliata (per chi ci crede ancora)
Versione estiva, più gentile ma non meno dignitosa. Le melanzane si affettano sottili e si grigliano, una a una, come in una Via Crucis gastronomica. Poi si compongono a strati con mozzarella (meglio fiordilatte, ben scolato) e sugo fresco di pomodoro appena saltato con aglio e basilico. Si può evitare il forno: basta lasciarla riposare in frigo e mangiarla fredda. Funziona. Ma guai a chiamarla parmigiana davanti a una nonna del Sud.
3. La scomposta (figlia di MasterChef)
Melanzane a cubetti saltate in padella, quenelle di ricotta o stracciatella, pomodorini confit, gocce di pesto, crumble di pane. Esteticamente perfetta, ma a rischio bestemmia. È buona, sia chiaro. Ma è un’altra cosa. Come il gelato al basilico: interessante, ma non chiamiamolo basilico.
4. La napoletana (con l’uovo dentro, e chi si azzarda a dire niente)
A Napoli la parmigiana ha le uova sbattute tra gli strati. Non sempre, ma spesso. E c’è chi aggiunge anche il salame. In pratica, una bomba calorica che però ha senso anche d’estate. Soprattutto se la mangi fredda, come si fa il giorno dopo, tagliata a quadrotti, con la crosticina che scricchiola sotto i denti e il pomodoro che ha avuto il tempo di sposarsi con tutto. Matrimonio perfetto.
5. La light (o “salutista da terrazza”)
Melanzane cotte al vapore (già qui qualcuno storce il naso), pomodorini crudi, fiocchi di latte o yogurt greco, basilico e un filo d’olio. Freschissima, veloce, ottima per chi vuole restare in forma. Ma diciamocelo: è un’altra cosa. Una bellissima insalata di melanzane, ma non una parmigiana. Lei, la vera, la riconosci perché ti chiede un sorso di vino rosso, una fetta di pane e mezz’ora di riposo sul divano dopo averla mangiata.
Il trucco della nonna: mai usare mozzarella troppo fresca. Va lasciata a sgocciolare in frigo per almeno tre ore. O vi ritroverete un lago al centro della teglia. E se proprio volete una parmigiana perfetta, fatela riposare. Come la vendetta, è un piatto che dà il meglio di sé freddo o tiepido. O, meglio ancora, il giorno dopo.
E allora sì, anche con 35 gradi all’ombra, mentre l’insalata vi fissa dal piatto di fianco, voi affondate la forchetta nella parmigiana e capite che certe passioni, d’estate, non si spengono. Anzi, si sciolgono. Con la mozzarella.
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