Personaggi e interviste
La libidine di sperperare una fortuna. Ma anche qualche rimpianto per Jerry Calà
Jerry Calà si racconta in una lunga intervista tra retroscena privati e scelte professionali che ancora oggi fanno discutere. Dalla storia con Mara Venier agli anni d’oro (e ai conti in rosso), fino al rimpianto più grande: aver detto no a Silvio Berlusconi. Un viaggio sincero nel dietro le quinte di un’icona del cinema comico italiano.
Non è da tutti ammettere tranquillamente di aver buttato via una fortuna. Ma Jerry Calà, con l’onestà che lo ha sempre contraddistinto, lo dice senza giri di parole
“Abbiamo sperperato tantissimi soldi. Lavoravo da dieci anni e mi sono accorto che non avevo quasi nulla in banca”
Lui non è solo un attore comico. È un pezzo di cultura pop italiana che oggi guarda al passato con ironia, ma anche con lucidità. E la sua confessione non è una resa: è un promemoria per chi sogna lo spettacolo senza conoscerne il prezzo.
Consigliato male
Intervistato di recente da Repubblica, l’attore ha ripercorso le tappe di una carriera brillante ma anche segnata da ingenuità, sprechi e qualche consiglio sbagliato. Colpa anche di una gestione un po’ naïf dei guadagni nei tempi de I Gatti di Vicolo Miracoli: “Non solo per colpa nostra, ma anche per la gente che avevamo intorno”, ha detto.
L’amore per Mara Venier: “Mi ha salvato dalla follia”
Non poteva mancare un passaggio sull’ex compagna di vita e ancora oggi grande amica, Mara Venier. “Una donna importantissima, mi ha impedito di perdere la testa”, confessa Calà con affetto sincero. I due, pur avendo imboccato strade diverse, conservano un legame solido, fatto di ricordi, stima e aneddoti: “Avevamo giri diversi: uscivamo col salumiere, col panettiere… era tutto più semplice”.
Il no a Berlusconi, un rimpianto amaro
Tra i momenti più sorprendenti dell’intervista, il rifiuto a Silvio Berlusconi, che lo voleva come volto televisivo per alcuni show su Mediaset. Ma Calà – all’epoca convinto dai puristi del cinema – rifiutò.
“Ti mettevano in testa caate tipo ‘se fai cinema non puoi fare televisione’. E io, come uno stroo, dissi di no. Col senno di poi…”.
Un’occasione persa che avrebbe potuto cambiare il corso della sua carriera, anche dal punto di vista economico.
Si riparte: salute, famiglia e uno spettacolo teatrale
Nonostante tutto, Calà oggi si dice sereno. Dopo i problemi fisici degli anni scorsi, è tornato sul palco con il tour teatrale Non sono bello… ma piaccio, che racconta la sua carriera in chiave ironica.
“Mi basta svegliarmi ogni giorno accanto ai miei cari. La salute è già una fortuna”.
Il tempo delle follie è finito, ma il Jerry Calà che tutti amano – quello del “Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi” – c’è ancora. Solo con un po’ più di saggezza.
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Personaggi e interviste
Roberto Bolle laureato honoris causa: “La danza è il mio linguaggio universale”
Il riconoscimento premia l’impegno di Bolle nel trasformare la danza in un linguaggio capace di unire arte, emozione e società. “Un’arte che parla a tutti e che insegna la bellezza come forma di cultura condivisa”, ha detto il ballerino.
L’Università di Firenze ha conferito a Roberto Bolle la laurea magistrale honoris causa in “Pratiche, linguaggi e culture della comunicazione”, riconoscendogli un ruolo unico nella diffusione della cultura attraverso il corpo e il movimento.
Nella motivazione ufficiale si legge che l’onorificenza premia “l’impegno appassionato nell’esaltare la capacità comunicativa della danza”, un’arte che Bolle ha saputo portare fuori dai teatri e dentro la vita delle persone. L’étoile, che da anni incanta il pubblico internazionale, viene celebrato come “interprete di una concezione dell’arte come veicolo di cultura, emozioni e socialità”, capace di contribuire “al processo di crescita culturale e artistica del nostro Paese”.
Durante la cerimonia, tenutasi nell’Aula Magna dell’Ateneo, Bolle ha ringraziato con emozione: «Ricevere questo riconoscimento è un onore immenso. Ho sempre creduto che la danza fosse un linguaggio universale, capace di comunicare senza bisogno di parole. È un ponte tra culture, generazioni e sensibilità diverse».
Nel suo discorso, l’artista ha ricordato il valore della disciplina e della dedizione che la danza richiede, ma anche la libertà che regala a chi la vive con autenticità. «Ho avuto la fortuna di trasformare la mia passione in una missione culturale. Credo che l’arte debba essere condivisa, accessibile, capace di ispirare e di unire».
Con progetti come Roberto Bolle and Friends e Danza con me, il ballerino ha saputo avvicinare il grande pubblico alla danza classica, rompendo le barriere di un’arte spesso percepita come elitaria.
Oggi, a 49 anni, Bolle non è solo un simbolo di eccellenza artistica, ma anche un ambasciatore culturale che continua a portare l’Italia sul palcoscenico del mondo. E questa laurea, più che un punto d’arrivo, sembra una nuova tappa nel suo viaggio tra arte, bellezza e comunicazione.
Personaggi e interviste
È morto a 18 anni Evan Delogu, fratello di Andrea: la tragedia in moto che spezza una famiglia
Evan Oscar Delogu, figlio di Walter e fratellastro della conduttrice Andrea, è morto sul colpo dopo aver perso il controllo della moto in via Vittor Pisani. Inutili i tentativi di rianimazione. Sui social, la commozione di amici e fan.
Aveva solo diciotto anni, il tempo di un’estate appena finita e la vita davanti. Evan Oscar Delogu è morto nel pomeriggio di sabato a Bellaria, in un terribile incidente stradale. Figlio di Walter Delogu — ex autista di Vincenzo Muccioli, storico fondatore di San Patrignano — e fratellastro della conduttrice televisiva Andrea Delogu, Evan ha perso il controllo della sua moto, una Benelli 750, in via Vittor Pisani, una strada tranquilla che nel giro di pochi istanti si è trasformata nel luogo di una tragedia.
Secondo le prime ricostruzioni della Polizia Locale, l’incidente è avvenuto intorno alle 15.40. Il ragazzo stava percorrendo il rettilineo quando, per cause ancora da chiarire, ha sbandato violentemente finendo prima contro un palo della luce e poi contro un secondo, a bordo strada. L’impatto è stato devastante: nonostante indossasse il casco, le ferite riportate sono risultate fatali.
Sul posto sono arrivati in pochi minuti i soccorritori del 118, che hanno tentato a lungo di rianimarlo, ma ogni tentativo è stato inutile. Evan è morto praticamente sul colpo.
La notizia ha scosso Bellaria e tutta la Romagna. Tantissimi i messaggi di cordoglio sui social, anche per la sorella Andrea, che ha sempre condiviso con il fratello un legame profondo, fatto di affetto e orgoglio.
Ma le parole più struggenti sono quelle del padre Walter, affidate ai social poche ore dopo la tragedia: «Il cuore a volte batte anche se è morto… Grazie a tutti per la vostra vicinanza. Voglio che si ricordi così il nostro bambino. Addio, Evan. Il tuo papà e la tua mamma».
Un messaggio che racchiude tutto il dolore di un genitore di fronte a un destino che non ha spiegazioni.
Evan era un ragazzo pieno di vita, appassionato di motori e di musica, cresciuto tra Rimini e Bellaria, in una famiglia che aveva fatto della rinascita e della resilienza la propria storia. La stessa forza che ora servirà, ancora una volta, per sopravvivere all’assenza più ingiusta.
Personaggi e interviste
Kasia Smutniak nel mirino dei cattolici polacchi: «È favorevole all’aborto, non può interpretare la Vergine Maria»
Il regista australiano ha iniziato le riprese in Italia del sequel della Passione di Cristo. La scelta di Kasia Smutniak come Madonna ha scatenato la destra polacca, che contesta le sue posizioni pro-choice. Il Pis, partito del presidente Duda, ha scritto alla produzione per protestare.
«E’ favorevole all’aborto, non può interpretare il ruolo della Vergine Maria». questa la polemica che ha investito l’attrice Kasia Smutniak, finita nel mirino dei cattolici tradizionalisti della Polonia, Paese di cui è originaria.
Il regista e attore Mel Gibson ha affidato a Smutniak il ruolo della madre di Gesù nel film «La resurrezione», seguito della «Passione di Cristo» diretto nel 2004 dalla star australiana. Le riprese sono già iniziate e – come nel caso della «Passione» – si svolgeranno in Italia, a Cinecittà, a Matera e in Puglia. Anche per questo Mel Gibson ha inserito nel cast nomi del cinema italiano: Riccardo Scamarcio vestirà i panni di Ponzio Pilato mentre – per l’appunto – per Maria è stata scelta Kasia Smutniak, polacca di origine ma che in Italia ha percorso quasi tutta la sua carriera.
La scelta, tuttavia, non è andata a genio all’ala più tradizionalista dei cattolici di Polonia. Ad accendere le polveri è stato il sito PolskiiRadi.pl con queste parole: «Non è un mistero che Smutniak abbia pubblicamente sostenuto il diritto all’aborto, criticando in più occasioni le leggi della Polonia e ritenendole un pericolo per i diritti delle donne». I media conservatori ritengono dunque incompatibili queste opinioni con il ruolo di un personaggio sacro come la Madonna. Più avanti di tutti si è spinto il Pis, il partito di destra a cui appartiene il presidente della repubblica Andrej Duda, ha scritto alla produzione del film protestando.
In Polonia l’aborto è consentito ma la legge che lo regola è tra le più restrittive d’Europa. L’interruzione della gravidanza è infatti permessa solo quando sono a rischio la salute e la vita della donna. O quando questa è rimasta vittima di uno stupro. Queste restrizioni hanno indotto numerose donne polacche a rivolgersi a cliniche all’estero per vedersi garantiti l’aborto e la loro libera scelta.
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