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Personaggi e interviste

Marco Baldini: «Oggi ho solo 29 euro sul conto. Fiorello non mi perdona»

In un’intervista al Corriere della Sera, Marco Baldini svela che il gioco d’azzardo era solo una copertura per un guaio più grande. Oggi lavora in tv e radio locali, ma sul conto ha appena 29 euro. E sul suo ex amico Fiorello ammette: «Non mi perdonerà mai».

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    Marco Baldini torna a parlare della sua vita, dei successi travolgenti, delle cadute rovinose e di un’amicizia che non potrà mai essere ricucita. Una storia segnata da scelte sbagliate, errori imperdonabili e una verità che per anni è rimasta nascosta dietro un alibi fin troppo comodo.

    Per tutti, la sua rovina è stata il gioco d’azzardo, quella ludopatia che lo ha trascinato nel baratro, costringendolo a bruciare denaro, opportunità e relazioni. Ma oggi, l’ex conduttore radiofonico confessa che la verità è un’altra. L’azzardo non è stato l’origine di tutto, ma una conseguenza. Un racconto di disperazione, di bugie e di una spirale da cui è stato impossibile uscire senza perdere tutto.

    Il grande inganno: la ludopatia come scusa

    «Non incolpo nessuno, l’errore è stato mio» dice Baldini al Corriere della Sera, con un’amarezza che lascia intuire il peso di anni vissuti sul filo del rasoio. Spiega che la storia del gioco d’azzardo compulsivo è stata una messa in scena, una strategia legale per salvarsi da qualcosa di molto più pericoloso.

    «Per pararmi da un guaio peggiore – e qui non posso andare molto oltre – con il mio avvocato ci inventammo la storia del gioco d’azzardo compulsivo. Era l’unica scappatoia».

    Quel “guaio peggiore” di cui non può parlare apertamente lo ha trascinato in una truffa connessa a un giro malavitoso. Una situazione da cui ha cercato di uscire in ogni modo, ma che lo ha portato a imboccare la strada sbagliata.

    E così, paradossalmente, la ludopatia è diventata una realtà. «Chiesi sei mesi di tempo per scrivere un libro sul gioco d’azzardo, ma in realtà mi dovevo documentare perché ne sapevo poco o niente. E documentandomi, ci sono caduto dentro davvero».

    Da quel momento, tutto è precipitato. La narrazione dell’uomo divorato dai debiti e dalla dipendenza dal gioco è diventata l’unica che il pubblico conosceva. Perfino il cinema ne ha fatto un film, consolidando l’idea di un Baldini schiavo della sua ossessione.

    L’addio alla carriera, l’addio agli amici

    Oggi il suo conto in banca ha un saldo che fotografa perfettamente la sua parabola discendente: 29 euro. Lavora saltuariamente in tv e in radio locali, ma è ben lontano dai fasti di un tempo.

    «C’è stata un’epoca in cui ero fuori dal mondo, vivevo in condizioni precarie, ho dormito anche in macchina» racconta, senza cercare giustificazioni.

    Ma la perdita più dolorosa è stata un’altra: Fiorello, l’amico di sempre, non gli ha più concesso un’altra possibilità.

    «Mi ha aspettato un sacco di tempo, poi quando ha visto che non c’era più ciccia ha detto basta».

    Un legame che ha resistito a tutto, ma non all’ennesima delusione.

    Gli amici rimasti e un nuovo amore

    Non tutti, però, gli hanno voltato le spalle. Baldini riconosce che c’è chi gli è rimasto vicino, anche nei momenti più difficili. Linus, che definisce «un amico vero», Claudio Cecchetto, che gli ha insegnato tutto, e Amadeus, di cui dice di essere sinceramente felice per il successo.

    E poi c’è un amore che gli ha dato una nuova prospettiva. Una donna più giovane di 26 anni che lo ha aiutato a rimettersi in piedi. «È la mia ancora di salvezza» ammette, lasciando intravedere un briciolo di speranza per il futuro.

    Forse non ci saranno ritorni trionfali né riappacificazioni epiche. Ma Marco Baldini è ancora qui, consapevole di aver sbagliato tutto, ma deciso a non arrendersi del tutto.

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      Personaggi e interviste

      Barbara D’Urso, svolta poetica dalle vacanze: “Il mare è casa mia, Barbara lascia il posto a Carmelita”

      Il nuovo post social di Barbara D’Urso divide e incuriosisce: niente polemiche, niente frecciate, solo un lungo pensiero sul mare, sul sole d’inverno e su quella parte di sé che chiama affettuosamente “Carmelita”. Il messaggio è chiaro: serenità ritrovata, gratitudine e voglia di prendersi il proprio tempo, lontano dai clamori televisivi.

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        Barbara D’Urso ha lasciato alle spalle le luci scintillanti di Ballando con le Stelle, dove si è rimessa in gioco fra giudizi, applausi e discussioni, e ha scelto una narrazione completamente diversa. Adesso mostra una versione più intima, meno rumorosa, dichiarando apertamente che quel mare, quell’orizzonte e quel vento che profuma di salsedine rappresentano la sua vera casa.

        “Barbara lascia il posto a Carmelita”

        Nel suo messaggio social, Barbara gioca anche con la sua doppia identità pubblica e privata. Scrive che “Barbara lascia il posto a Carmelita”, quasi a voler dire che l’immagine televisiva resta fuori e rimane la donna, con le sue fragilità e le sue gratitudini. Parole che, inevitabilmente, suonano come una presa di distanza dalle tensioni degli ultimi anni e come una rivendicazione di libertà personale.

        Tra poesia, nostalgia e strategia comunicativa

        Il post è anche un gesto comunicativo preciso. Linguaggio caldissimo, immagini sensoriali, sottotesto emotivo fortissimo. Un modo per rinsaldare il rapporto con il pubblico, ricordando che dietro la figura televisiva esiste una persona che cerca silenzio, luce, mare e affetto. E che, nonostante tutto, continua a rimanere al centro dell’attenzione.

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          Personaggi e interviste

          Veronica Ruggeri, la confessione choc: “A Milano senza soldi ho persino rubato la carta igienica a Mediaset”

          Ospite del podcast Vox On Air, Veronica Ruggeri ha ricordato il periodo in cui, appena arrivata a Milano, faceva fatica perfino a permettersi la vita quotidiana. “Arrancavo”, ha detto, ammettendo di aver persino portato via la carta igienica dagli uffici Mediaset perché non riusciva a sostenere le spese. Pranzi e cene in azienda, zero uscite, solo lavoro e resistenza: “Avevo 21 anni, era dura, ma volevo farcela”.

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            Ruggeri non usa giri di parole: vivere a Milano con pochi soldi significa combattere ogni giorno. Anche per chi oggi appare realizzato e sicuro, l’inizio è stato tutt’altro che glamour. “Era difficile riuscire a sostenere quella vita”, ha ammesso, spiegando come ogni euro dovesse essere calcolato.

            La confessione che fa discutere

            Il passaggio più forte è quello che ha fatto il giro dei social. “Spero che Pier Silvio Berlusconi non ascolti questo podcast”, scherza lei, prima di raccontare l’episodio della carta igienica portata via dagli uffici Mediaset. Un gesto estremo, simbolo di una sopravvivenza quotidiana fatta di espedienti e di un contesto economico che non perdona.

            Vivere a Mediaset per risparmiare

            Per contenere i costi Ruggeri mangiava in azienda sia a pranzo sia a cena, restava lì il più possibile, rinunciando a uscite e divertimenti. Nessun lusso, solo lavoro e determinazione. “Non uscivo praticamente mai, ma volevo costruire qualcosa”, racconta. Una testimonianza che mostra il lato nascosto del mondo televisivo: dietro il successo, anni di sacrifici.

            Dal bisogno alla carriera

            Oggi Ruggeri è uno dei volti più riconoscibili de Le Iene, ma la sua storia ricorda che niente è arrivato per caso. Quella che potrebbe sembrare una confessione imbarazzante diventa invece il manifesto di una generazione che prova a resistere in una città spietata, dove talento e sacrificio devono correre più veloci del costo della vita.

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              Personaggi e interviste

              Alberto Angela rompe il tabù del “per sempre in Rai”: ascolti in calo e un futuro che non è più scontato

              «Mio padre diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi»: con questa frase, affidata a La Stampa, Alberto Angela apre scenari fino a ieri impensabili. Con ascolti non più irresistibili e un clima mediatico più nervoso del solito, il divulgatore più amato della tv italiana lascia intravedere la possibilità di un futuro lontano dal servizio pubblico.

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                Per una vita Alberto Angela è stato percepito come un pilastro immovibile della Rai, erede naturale – e amatissimo – della grande stagione della tv culturale costruita da Piero Angela. Oggi, però, il quadro non appare più così granitico. Il divulgatore ha rotto uno dei tabù più intoccabili: l’idea che la sua carriera fosse indissolubilmente legata al servizio pubblico.

                “Io non sono mio padre”: il cambio di paradigma

                Intervistato da La Stampa, Angela è stato chiarissimo: «Se lavorerò fino all’ultimo come mio padre? Sì. Non penso di andare in pensione. Mio padre però diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi». Parole che pesano, perché arrivano in un momento delicato, con un contratto biennale “in attesa di rinnovo” e un contesto televisivo che sta cambiando rapidamente, tra politica, budget e strategia editoriale.

                Il nodo ascolti e l’aria che tira in Viale Mazzini

                Negli ultimi mesi, i numeri di share hanno mostrato segnali meno brillanti rispetto alle stagioni d’oro. Non un tracollo, ma abbastanza da alimentare discussioni interne e riflessioni sul futuro del marchio Angela in Rai. E in un’azienda dove gli equilibri sono sempre sensibili, basta poco perché un simbolo diventi improvvisamente un “tema” da gestire.

                Carriera, libertà e un futuro aperto a tutto

                Angela non parla di rottura, ma di realismo. Sottolinea che i tempi sono cambiati, che il rapporto con la Rai resta forte ma non più eterno per definizione. È il segno di una fase nuova: meno appartenenza assoluta, più libertà, più consapevolezza del proprio valore in un mercato in cui oggi anche la divulgazione culturale è contesa e corteggiata.

                La domanda che resta

                Lui dice che continuerà “finché si potrà”. Tradotto: finché condizioni, ascolti e contratti lo permetteranno. Il pubblico, intanto, osserva. La Rai ascolta. E per la prima volta, l’idea che Alberto Angela possa fare televisione altrove non appare più fantascienza, ma un’ipotesi concreta che qualcuno, a Viale Mazzini, farebbe bene a non sottovalutare.

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